La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo LVII

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Capitolo LVII

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Capitolo LVII.

Del pellegrinaggio a Nostra Donna di Tortosa, e come avvenne che la Reina s’agginocchiasse davanti i miei camelotti.


Durante queste cose, un giorno essendo io davanti l’ Re gli domandai congedo d’andare in pellegrinaggio a Nostra Donna di Tortosa, ch’era allora molto in nomea, e ci aveva gran quantità di pellegrini per ciascun giorno, conciossiachè si diceva ch’egli fosse il primiero altare ch’unqua si [p. 227 modifica]facesse nell’onore della gran Madre di Dio. E faceva Nostra Donna de’ miracoli grandi a meraviglia; intra li quali ella ne fece uno d’un pover uomo ch’era fuori di suo senno ed indemoniato, perch’egli aveva il maligno spirito entro suo corpo. Ed avvenne per un giorno, ch’egli fu ammenato a quell’altare di Nostra Donna di Tortosa; ed in così che gli amici suoi, i quali aveanlo ammenato là, pregavano a Nostra Donna ch’ella gli volesse ricovrare sanità e guerigione, il diavolo che la povera creatura aveva in corpo, parlò e disse: Nostra Donna non è punto qui; ella è in Egitto per aiutare al Re di Francia ed ai Cristiani che oggi arrivano in Terra Santa contro tutta Pagania che li attende sulla piaggia a cavallo. E fu messo in iscritto il giorno in che il diavolo profetò questi motti, e fu lo scritto apportato al Legato che era col Re di Francia, il quale mi disse dappoi che a quel giorno appunto noi eravamo arrivati in terra d’Egitto. Ed io son certano che della buona Dama Santa Maria ci ebbe colà per noi gran bisogno.

Il Re molto volentieri mi diè congedo di andare a quel pellegrinaggio, e m’incaricò ch’io gli comprassi per cento lire di camelotti di diversi colori ch’egli voleva donare ai Cordiglieri quando noi saremmo ritornati in Francia: e allora io pensai in mio core ch’egli non dimorerebbe più guari lungamente a rivenirsene di qua mare. E quando io fui a Tripoli, là ov’era il luogo del mio pellegrinaggio, vi feci la mia oblazione a Dio e a Nostra Donna di Tortosa, e poi appresso vi comperai li camelotti che [p. 228 modifica]il Re m’avea comandato d’incettarvi. Il che vergendo i miei Cavalieri mi domandarono che voleva farne? ed io lor diedi a credere che ne faceva incetta per mio guadagno.

Appresso che noi fummo là arrivati, il Principe di quella terra, il quale seppe ch’io era partito dall’oste del Re di Francia, venne al davanti di noi, e ci fece molto grande onore, e ci offrì de’ grandi doni; donde umilmente lo ringraziammo, e non volemmo niente prendere, fuor che di reliquie, ch’io apportai al Re co’ suoi camelotti. E sappiate che la Reina aveva bene udito novelle ch’io era stato in pellegrinaggio, e che aveva apportate delle reliquie. Ora io le inviai per uno de’ miei Cavalieri quattro pezze di camelotto di quelle che avea comperate, e quando il Cavaliere entrò verso lei in sua camera, ella si cominciò ad agginocchiare davanti i camelotti che erano inviluppati in un drappo; di che il Cavaliere meravigliandosi che la Reina s’agginocchiasse davanti a lui, e non sapendo perchè, si va altresì a gittare sui ginocchi. E adunque la Reina gli disse: Sir Cavaliere, voi non vi dovete mica agginocchiare quando voi portate delle sante reliquie. Allora il mio Cavaliere rizzandosi le disse che le non erano punto reliquie, ma che erano camelotti ch’io le presentava. Quando la Reina e le sue Damigelle intesero che là non erano punto reliquie, elleno si presero forte a ridere, e la Reina disse: Sir Cavaliere, mal giorno sia donato al vostro Signore, quando elli m’ha fatto agginocchiare davanti i suoi camelotti.