La vedova spiritosa/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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La vedova spiritosa L'autore a chi legge

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A SUA ECCELLENZA

LA SIGNORA DONNA

GIACINTA ORSINI

BONCOMPAGNI LUDOVISI

DUCHESSA D’ARCE1.


S
E è vero, (come pur troppo ho anch’io qualche volta sperimentato) che dopo una grande allegrezza, qualche sensibile dispiacere ordinariamente succeda, qual sarà il mio destino per l’avvenire, dopo quell’estrema consolazione che mi ha recato vedermi in Roma sì dolcemente accolto, e con tanto favorevole prevenzione felicitato? Sono parecchi anni che in questa Illustre eccelsa Metropoli dell’Universo vengono le mie Commedie rappresentate, e sono state sempre, per mia fortuna, benignamente sofferte. Ora vi sono io in persona a dirigerle nel gran Teatro di Tordinona; e so che la mia venuta ha impresso nell’animo di qualcheduno, che l’esito delle Comiche mie rappresentazioni in quest’anno abbia a sorpassar di gran lunga il fortunato incontro delle passate2. Questa buona opinione che mostrasi aver di me, mi pone nella maggiore angustia del mondo. So quanto siano pericolose queste magnifiche prevenzioni; so pur troppo, che poche volte ritrova il Pubblico l’esito alla espettazione corrispondente, onde ho questa bella obbligazione a me stesso, di esser venuto da me medesimo a pregiudicarmi. Nel dedicare adunque all’E. V. [p. 344 modifica]questa Commedia mia, che prima delle altre in quest’anno, sotto la mia direzione, in questa gran Città si produce, intendo non solamente all’altissima protezione di Lei raccomandarla, onde si disponga l’animo suo generoso a soffrirla, ma l’amore paterno inverso di questa povera mia figliuola mi sprona interessare il credito di una Principessa sì grande, sì dotta, ed in sì alto modo dal Pubblico rispettata, onde se la sorte non avrà di piacere, non abbia almeno la fatale disavventura di essere calpestata. La benignità clementissima con cui l’E. V. si è degnata di accogliermi nei primi giorni del mio arrivo in Roma, la parzialità generosa ond’ella favorisce le opere mie stampate, mi fa altresì coraggioso nel supplicarla umilmente a voler prediliger questa, onorata col di Lei nome in fronte; potendo io costantemente asserire che fra le tante altre mie difettose, parmi la meno indegna di una sì venerabile Protettrice. Non creda già l’E. V. che io per passione soltanto nell’animo mio alle altre sorelle la preferisca, ma solito essendo a giudicar i miei parti coll’opinione più universale del Pubblico, ho principiato ad amarla, dopo che dall’esito fortunato mi parve sufficientemente arricchita. Con questo sì buon augurio ho trasportato io la mia Vedova Spiritosa su queste Scene; ma chi sa se avrà ella in Roma la medesima sorte? So bene che in qualunque evento sarà sempre invidiabile la sua fortuna, uscendo alla luce sotto i gloriosi auspicj dell’E. V. il di cui Nome è sì noto al Mondo, che non vi ha bisogno di elogj per magnificar la grandezza di un sì alto fregio. Basta dir che Voi siete Principessa Romana, Figlia di quell’Orsini Pronipote della Santa Memoria di Benedetto XIII, di quel Domenico Orsini, che (sciolto da morte il nodo matrimoniale) veste la Sagra Porpora; e fa risplendere in alto grado le virtù eccelse, le virtù luminose. Passaste a felicitar colle Vostre Nozze l’Eccellentiss. Principe D. Antonio Boncompagni Ludovisi, Duca d’Arce, Figlio degnissimo di D. Gaetano, Principe di Piombino, Pronipote di due Gregorj XIII e XV; e bastano Nomi tali per una voluminosa Istoria. Ma chi volesse parlar di Voi, senza entrar punto a disaminare le glorie innumerabili dell’antichissimo Sangue Vostro[p. 345 modifica]e dell’eccelso lignaggio dell’Amabilissimo Vostro Sposo, sono tali e tanti i pregi della vostra Persona, che basterebbono questi soli a farvi grande, quando anche tale non foste nata. La Natura istessa Vi ha reso giustizia coll’avvenenza del volto e colla chiarezza dell’intelletto, e Voi contribuiste sì bene ai doni della fortuna, che se di più vi restasse a desiderare, di più ancora meritereste. Quale obbligazione non vi hanno le Lettere e le Muse del nostro Secolo, se Voi nel più bel fiore degli anni a così alto segno le rendete cogli esercizi vostri onorate? Ah, se in Voi la modestia non fosse l’arbitra delle vostre Virtù, quante vezzose rime non uscirebbero dalla vostra penna, a onor di Roma, a gloria d’Italia, ed a conforto del vostro sesso, che dalla maggior parte degli uomini non si vorrebbe ai migliori studj impiegato? Ma Voi, che oltre le scienze felicemente acquistate, avete il dono della buona Filosofia, volete compiacer Voi medesima coi migliori studj, senza rendere altrui nè mortificazione, nè invidia. Chi sa discernere nella Vostra moderazione le vostre esimie Virtù, tanto maggiormente vi loda, e vi ammira, e vi rispetta, e vi ama, ed io nei pochi giorni che trovomi in mezzo alle magnificenze Romane ho tanto inteso parlar di Voi, che preferisco a ogni altro diletto l’onore che mi fu concesso, di conoscere una Principessa adorabile, e di acquistarmi una Protettrice magnanima e virtuosa. Sia frutto adunque della Vostra umanissima protezione, l’accogliere sotto dei Vostri auspicj questo miserabile parlo del mio scarso talento, e quando non venissero tollerati in Roma quei difetti che altrove furono alla Commedia mia perdonati, fatela rispettare coll’autorevole Vostro Nome, e siano risparmiati gli insulti ad uno che per liberalissima grazia Vostra ha il grande onore di essere

Di Vostra Eccellenza

Umiliss. Devotiss. Ossequioss. Servidore
Carlo Goldoni.


  1. La presente lettera di dedica fu scritta e stampata a Roma, nel dicembre del 1758, in testa all’edizione in prosa della commedia (vedasi Appendice); e uscì di nuovo a Venezia l’anno 1761 nel t. VII del Nuovo Teatro Comico dell’Avo. C. Goldoni edito dal Pitteri (il volume, pronto da gran tempo, era stato licenziato dai Riformatori fin dal giugno 1759, un mese avanti la partenza del Goldoni da Roma, ma restò sospesa la stampa in causa della morte del tipografo, Francesco Pitteri: v. pref. alla Ircana in Ispaan, t. VI della cit. ed.). Nell’edizione romana leggesi soltanto: «ECCELLENZA - Se è vero ecc.».
  2. Nel novembre 1758 partì il Goldoni da Venezia per Roma (v. Mémoires per cura di G. Mazzoni, Firenze, 1907, vol. II, p. 387). Al 26 dicembre cominciavano le recite al Tordinona.