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La vita dell'omo

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Giuseppe Gioachino Belli

1833 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura La vita dell'omo Intestazione 19 aprile 2025 100% Da definire

Er coruccio Fratèr caro
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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LA VITA DELL’OMO.

     Nove mesi a la puzza: poi in fassciola[1]
Tra sbasciucchi,[2] lattime e llagrimoni:
Poi p’er laccio,[3] in ner crino,[4] e in vesticciola,
Cór tòrcolo[5] e l’imbraghe pe’ ccarzoni.

     Poi comincia er tormento de la scola,
L’abbeccé, le frustate, li ggeloni,
La rosalia, la cacca a la ssediola,
E un po’ de scarlattina e vvormijjoni.[6]

     Poi viè ll’arte, er diggiuno,[7] la fatica,
La piggione, le carcere, er governo,
Lo spedale, li debbiti, la ....,

     Er zol d’istate, la neve d’inverno...
E pper urtimo, Iddio sce[8] bbenedica,
Viè la morte, e ffinissce co’ l’inferno.[9]

Roma, 18 gennaio 1833.

Note

  1. Il bambino in fasce dicesi sempre cratura in fassciola.
  2. Baci dati con insistenza.
  3. Ginghia [cinghia] attaccata dietro le spalle de’ bambini per sorreggerli ne’ loro primi mesi di cammino. Può presso a poco paragonarsi al tormento della corda. [Dunque: laccio a Roma, lacci a Pistoia, falde a Firenze, dande a Siena, caide ad Arezzo, cigne a Lucca, e chi più n’ha, più ne metta.]
  4. [Cestino.] Canestro in forma di campana, aperto in alto e nella base, entro cui si pongono i bambini, che lo spingono col petto e tengonsi ritti in esso nel camminare.
  5. [Cercine.] Salva-capo contro le cadute.
  6. Vormiglioni: vaiuolo.
  7. Digiuno ecclesiastico che principia all’anno ventunesimo.
  8. Ci.
  9. [Col presente sonetto il Belli dovette aver l’intenzione di far concorrenza non solo a quello notissimo del Marini: “Apre l’uomo infelice allor che nasce...,„ ma anche a quest’altro, assai men noto, in dialetto reatino, di Loreto Mattei (1622-1705): scrittore, del quale recentemente il bravo De Nino ha rinfrescato la memoria nelle sue Briciole Letterarie (vol. II; Lanciano, 1885):
    Appena l’ome è scito da la coccia,1
    Piagne li guai séi, strilla e scannaccia;2
    Tra fascia e fasciaturi s’appopoccia,3
    E tutti, co’ reerenzia, li scacaccia.
    Quanno la mamma più no’ lu sculaccia,
    Lu mastro lu reatta e lu scococcia:4
    Quanno è ranne5 se ’nciafra ’nquae ciafraccia,6
    E co’ quaeuno7 lu capu se scoccia.
    Tantu attraìna pò tantu la ’mpiccia,
    Scinente8 che appojatu a ’na cannuccia,
    ’Nciancicà9 non po’ ppiù, se no paniccia.10
    Co’ tre stirate ’e cianchi11 la straspiccia.12
    “Lo nasce e lo morì,„ icéa Quagliuccia,13
    “Bau accacchiati cöe la sargiccia.„14
    1 Propriamente, “il guscio della chiocciola,„ dal lat. coclea.      2 Strilla e grida con quanto ne ha in canna.      3 Si ravvoltola.      4 Lo ribatte e lo scocuzza.      5 Grande.      6 S’inciabatta in qualche ciabattaccia.      7 Con qualcuno.      8 Insino.      9 Inciancicare: ciancicare, biasciare.      10 Farinata.      11 De cianche: di gambe.      12 La sbriga, la finisce. 13Diceva Quagliuccia: vecchia celebre pe’ suoi dettati.      14 Vanno accoppiati come la salsiccia.]