<dc:title> La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Benvenuto Cellini</dc:creator>
<dc:date>1558</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_vita_di_Benvenuto_di_Maestro_Giovanni_Cellini_fiorentino,_scritta,_per_lui_medesimo,_in_Firenze/Libro_primo/Capitolo_X&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110420232602</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_vita_di_Benvenuto_di_Maestro_Giovanni_Cellini_fiorentino,_scritta,_per_lui_medesimo,_in_Firenze/Libro_primo/Capitolo_X&oldid=-
20110420232602
Attendendo pure all’arte de l’orefice, e con essa aiutavo il mio buon padre. L’altro suo figliuolo e mio fratello chiamato Cecchino, come di sopra dissi, avendogli fatto dare principio di lettere latine, perché desiderava fare me, maggiore, gran sonatore e musico, e lui, minore, gran litterato legista; non potendo isforzare quel che la natura ci inclinava, qual fe’ me applicato all’arte del disegno e il mio fratello, quali era di bella proporzione e grazia, tutto inclinato a le arme; e per essere ancor lui molto giovinetto, partitosi da una prima elezione della scuola del maravigliosissimo signor Giovannino de’ Medici; giunto a casa, dove io non era, per esser lui manco bene guarnito di panni, e trovando le sue e mie sorelle che, di nascosto da mio padre, gli detteno cappa e saio mia belle e nuove: ché oltra a l’aiuto che io davo al mio padre e alle mie buone e oneste sorelle, de le avanzate mie fatiche quelli onorati panni mi avevo fatti; trovatomi ingannato e toltomi i detti panni, né ritrovando il fratello, che torgnene volevo, dissi a mio padre perché e’ mi lasciassi fare un sí gran torto, veduto che cosí volontieri io mi affaticavo per aiutarlo. A questo mi rispose, che io ero il suo figliuol buono, e che quello aveva riguadagnato, qual perduto pensava avere: e che gli era di necessità, anzi precetto de Idio istesso, che chi aveva del bene ne dessi a chi non aveva: e che per suo amore io sopportassi questa ingiuria; Idio m’accrescerebbe d’ogni bene. Io, come giovane sanza isperienza, risposi al povero afflitto padre; e preso certo mio povero resto di panni e quattrini, me ne andai alla volta di una porta della città: e non sapendo qual porta fosse quella che m’inviasse a Roma, mi trovai a Lucca, e da Lucca a Pisa. E giunto a Pisa, questa era l’età di sedici anni in circa, fermatomi presso al ponte di mezzo, dove e’ dicono la pietra del Pesce, a una bottega d’un’oreficeria, guardando con attenzione quello che quel maestro faceva, il detto maestro mi domandò chi ero e che proffessione era la mia: al quale io dissi che lavoravo un poco di quella istessa arte che lui faceva. Questo uomo da bene mi disse che io entrassi nella bottega sua, e subito mi dette inanzi da lavorare, e disse queste parole: - Il tuo buono aspetto mi fa credere che tu sia da bene e buono -. Cosí mi dette innanzi oro, argento e gioie; e la prima giornata fornita, la sera mi menò alla casa sua, dove lui viveva onoratamente con una sua bella moglie e figliuoli. Io, ricordatomi del dolore che poteva aver di me il mio buon padre, gli scrissi come io era in casa di uno uomo molto buono e da bene, il quale si domandava maestro Ulivieri della Chiostra, e con esso lavoravo di molte opere belle e grande; e che stessi di buona voglia, che io attendevo a imparare, e che io speravo con esse virtú presto riportarne a lui utile e onore. Il mio buon padre subito alla lettera rispose dicendo cosí: - Figliuol mio, l’amor ch’io ti porto è tanto che, se non fussi il grande onore, quale io sopra ogni cosa osservo, subito mi sarei messo a venire per te, perché certo mi pare essere senza il lume degli occhi il non ti vedere ogni dí, come far solevo. Io attenderò a finire di condurre a virtuoso onore la casa mia, e tu attendi a imparar delle virtú; e solo voglio che tu ricordi di queste quattro semplici parole: e queste osserva, e mai non te le dimenticare:
- In nella casa che tu vuoi stare,
- vivi onesto e non vi rubare.