La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo LXIII

Da Wikisource.
Libro secondo
Capitolo LXIII

../Capitolo LXII ../Capitolo LXIV IncludiIntestazione 21 luglio 2008 75% Autobiografie

Libro secondo - Capitolo LXII Libro secondo - Capitolo LXIV

E la prima opera che io gittai di bronzo fu quella testa grande, ritratto di Sua Eccellenzia, che io avevo fatta di terra nell’oreficerie, mentre che io avevo male alle stiene. Questa fu un’opera che piacque e io non la feci per altra causa se non per fare sperienzia delle terre da gittare il bronzo. E se bene io vedevo che quel mirabil Donatello aveva fatto le sue opere di bronzo, quale aveva gittate con la terra di Firenze, e’ mi pareva che l’avessi condutte con grandissima difficultà; e pensando che venissi dal difetto della terra, innanzi che io mi mettessi a gittare il mio Perseo, io volsi fare queste prime diligenzie; per le quali trovai esser buona la terra, se bene non era stata bene intesa da quel mirabil Donatello, perché con grandissima difficultà vedevo condotte le sue opere. Cosí, come io dico di sopra, per virtú d’arte io composi la terra, la quale mi serví benissimo; e, sí come io dico, con essa gittai la detta testa; ma perché io non avevo ancora fatto la fornace, mi servi’ della fornace di maestro Zanobi di Pagno, campanaio. E veduto che la testa era ben venuta netta, subito mi messi a fare una fornacetta nella bottega che mi aveva fatta il Duca, con mio ordine e disegno, nella propria casa che mi aveva donata; e subito fatto la fornace, con quanta piú sollecitudine io potevo, mi messi in ordine per gittare la statua della Medusa, la quale si è quella femmina scontorta che è sotto i piedi del Perseo. E per essere questo getto cosa difficilissima, io non volsi mancare di tutte quelle diligenzie che avevo imparato, acciò che non mi venissi fatto qualche errore; e cosí il primo getto ch’io feci in detta mia fornacina venne bene superlativo grado, ed era tanto netto ch’e’ non pareva alli amici mia il dovere che io altrimenti la dovessi rinettare; la qualcosa hanno trovato certi Todeschi e Franciosi, quali dicono e si vantano di bellissimi secreti di gittare i bronzi senza rinettare; cosa veramente da pazzi; perché il bronzo, di poi che gli è gittato, bisogna riserarlo con i martelli e con i ceselli, sí come i maravigliosissimi antichi, e come hanno ancor fatto i moderni, dico quei moderni ch’hanno saputo lavorare il bronzo. Questo getto piacque assai a Sua Eccellenzia illustrissima, che piú volte lo venne a vedere sino a casa mia, dandomi grandissimo animo al ben fare. Ma possette tanto quella rabbiosa invidia del Bandinello, che, con tanta sollecitudine intorno alli orecchi di Sua Eccellenzia illustrissima, che gli fece pensare, che se bene io gittavo qualcuna di queste statue, che mai io non le metterei insieme, perché l’era in me arte nuova; e che Sua Eccellenzia doveva ben guardare a non gittare via i sua denari. Possetton tanto queste parole in quei gloriosi orecchi, che mi fu allentato alcuna spesa di lavoranti; di modo che io fui necessitato a risentirmi arditamente con Sua Eccellenzia: dove una mattina, aspettando quella nella via de’ Servi, le dissi: - Signor mio, io non son soccorso d’i miei bisogni, di modo che io sospetto che Vostra Eccellenzia non diffidi di me; il perché di nuovo le dico che a me basta la vista di condur tre volte meglio quest’opera, che non fu il modello, sí come io vi ho promesso.