Le Metamorfosi/Annotazioni/Libro Quarto

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Annotazioni del Quarto Libro

../Libro Terzo ../Libro Quinto IncludiIntestazione 20 dicembre 2008 75% Letteratura

Publio Ovidio Nasone - Le Metamorfosi (2 a.C. - 8 d.C.)
Traduzione dal latino di Giovanni Andrea dell'Anguillara (1561)
Annotazioni del Quarto Libro
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Non crederò che voglia significar altro la favola de Alcithoe, e delle sorelle che spreggiando i sacrifici e i giuochi di Baccho, si danno all’essercitio del filare, e per pascere ancora l’intelletto, che non andasse vagando, mentre che filavano, in diverse cose inutili, incominciano à narrare delle favole; se non che conoscendo la castità figurata per Alcithoe quanto le siano fieri nemici il vino, e l’ocio, tenta spreggiando il sciocco piacere del bevere soverchiamente, e col continuo essercitio di difendersene, e conservarse, nel vigore della sua propria virtù, dove si vede con quanta vaghezza habbi l’Anguillara descritta l’arte del filare, in quella stanza, Ragiona, e in tanto industriosa e presta: che da a credere cosi ha servato il decoro di trasformarse in quella che fa quell’essercitio, come che fosse stato, come le disse una gentildonna leggendo la medesima stanza, altre volte femina.

Gli amori di Piramo, e Tisbe narrati da Alcithoe, sono con ogni maniera di leggiadria rapresentati da l’Anguillara; che le va con la felicità del suo stile, facendo ricchi di spiriti, di affetti, di conversioni, di comparatione, di descrittioni e de ogni ornamento poetico, onde si può veramente dire, che si sia, cosi in questa, come in tutte l’altre sue rapresentationi, tutto trasformato nello spirito di Ovidio, ilquale quando havesse havuto a scrivere la historia di questi dui infelici amanti in questa nostra lingua Italiana, so che non l’haverebbe potuta vestire di piu vaghi & artificiosi ornamenti, di quelli che si scoprono, nella poesia dell’Anguillara; ilquale descrive felicemente cosi la bellezza de Piramo, nella stanza; Fra i piu lodati giovani del mondo, come ancora quella di Tisbe in quella; Et s’ei tutti eccedea di quell’etade. Vaga conversione a i padri de gl’inamorati, è quella della stanza, O sfortunati padri ove tendete, come è ancor quella al muro che rafredava gli accesi desideri de i giovanetti amanti, nella stanza, Dhe perche non ti muovi a nostri preghi. Come scopre poi gli affetti cosi del giovane, come di Tisbe, mentre che attendevano l’hora, nella quale speravano di dar compimento a i loro focosi amori nella stanza, Chi potria dire ogni amorosa cura, e in quelle che seguono, si vede ancora bellissima la conversione che fa a Tisbe, dicendo Che voi far infelice aspetta ancora. Bellissima è la conversione fatta alla Luna, nella stanza Dhe Luna ascondi il luminoso corno; come è ancora quella, a Piramo poco piu oltre Dhe non dar fede misero a quel panno, bellissima, è molto affettuoso è il cordoglio del giovane che incomincia nella stanza Come recuperar la voce puote girando le sue dogliose parole, quando alla morte, quando alle stelle, quando a i cieli, quando alle fiere, quando alle vesti dell’amata Tisbe, quando al leone, e quando a se stesso. E molto vaga ancora la conversione che fa il poeta alle stelle nel voler Piramo porsi la punta della spada nel petto, nella stanza: Appoggia in terra il pomo della spada; come è ancora vaga quella a Tisbe, nella stanza: O sventurata, e dove ti conduce, insieme con l’ultime parole piene di varie affetti, molto vagamente rapresentati de gl’infelici amanti che si legono nelle stanze che seguono. Come medesimamente si vede ancora rapresentato felicmente l’epitafio di quelli infelici amanti: nella stanza: Qui stan Piramo, e Tisbe amansi e danno.

Finito che hebbe Alcithoe di narrare gl’infelici amori di Piramo e Thisbe, dovendo Leucotoe, narrare la sua novella; continuando l’Anguillara, nel dimostrare la forza del suo ingegno intorno il rapresentare, dove se gli apresenta l’occasione, rapresenta quivi molto minutamente l’essercitio donnesco del cuscire, e del lavorare, sopra la tella, con tanta vivacità che fa vergognare molte donne, che vedono che ne fa molto piu in questa parte che esse non ne fanno porre in opera; incominciando nella stanza: Conchiusa che hebbe Alcitoe la novella, e continuando nelle seguenti; fino a quella: Se ben con tanto studio e con tant’arte.

La favola di Marte, e di Venere colti da la rete artificiosa di Vulcano in adulterio; e veduti da i Dei con grandissimo piacer loro; che ci può dare altro ad intendere; se non che quel focoso desiderio naturale di stringerse insieme con la donna, figurato per Venere, essendo unito dal calore naturale figurato per Vulcano; non ne può trare quel piacere che vorrebbe, onde mentre va crescendo, s’infiamma di modo che spreggiando quella sua prima unione col calor naturale, ama di congiungerse a tempo con quello di Marte che gli è molto piu simile, per la soverchia caldezza e corrispondenza di amore che hanno insieme; congiunti dunque, si pigliano piacere insieme. Ma perche difficilmente possono star coperte le fiamme d’amore, sono scoperti dal Sole, che non è altro che la prudentia; che gli scopre al calore naturale, ilquale alterato per la indignità della cosa, fabrica loro una rete artificiosa, di pensieri secreti, piaceri lascivi, e dishoneste dilettationi; di modo che havendoli colti; gli scopre poi a tutto il mondo, con riso, e scherno d’ogn’uno, in quei vili, e dishonesti abbracciamenti. Però si dice che Venere alloggiò le furie nelle case di Marte, lequali secondo gli Astrologi, sono il Montone, e lo Scorpione che viene a dire, che quando è la Primavera, tutti gli animali sono infuriati per la gran noia; le conduce ancora nella casa dello Scorpione, segno maligno, e mortale, perche gl’innamorati senteno il piu delle volte le furie de’ noiosi e maligni pensieri; e per un breve piacere, gustano mille morti, e tal’hora sono cosi alterati dalle furie, che si danno al morte con veneno, laccio, o coltello; che Venere habbia poi sempre in odio la progenie del Sole che scopre i suoi amori non vuol dire altro, se non che quell’apetito sfrenato del coito, è nemico della prudenza; e del giudicio; conoscendo che questi gli levano con i loro avertimenti gran parte del piacere, però si suol dire che le donne amano molto piu i loro amanti in questa parte dello sfogare l’appetito, pazzi, e spensierati, che i saggi, e i prudenti. È bella a maraviglia la rapresentatione che fa l’Anguillara, del piacere del congiungerse nella stanza: Hor mentre ha in colmo il suo contento il tatto. Bellissima comparatione è ancora quella sua; dicendo, Come se da’ Pirati alcuno è preso.

La favola di Leucotoe, può essere intesa in modo che vi sia fra i popoli di Achemenia un luogo abondantissimo d’incenso; chiamato di questo nome; è amato dal Sole, che piglia la simiglianza della madre per godere dell’amor suo, perche si trasforma il Sole nella complessione giovevole, per nodrire le verghe dell’incenso; congiungendose di maniera con l’humidità della terra; che piantandovisi delle piante, subito pigliano, e crescono; si vede quivi con quanta vaghezza il poeta volgare descrive gli affetti dell’amore del Sole, non senza bellissimi giri di Astrologia; ne’ quali spende ingeniosamente alcune stanze; vaga ancora è la conversione che fa al medesimo Sole nella stanza: L’hore del sonno in pensier passi e in pianti come medesimamente vaga la descrittione de’ modi delle corti in quella, Della gente confusa, et indistinta e nella seguente. Chi vide mai piu bella comparatione, e piu ingeniosa di quella Come se al cavo specchio il Sole da il lume.

La metamorfosi di Clitia, non significa altro che l’infelicità de gl’inamorati, i quali alterati sovente dalla gelosia si ragirano intorno la cosa amata temendo di perderla, come l’helitropio si ragira intorno i raggi del Sole.

La favola di Daphnide, proposta da Minea; che fu per gelosia dalla Ninfa Thalia trasformato in sasso, non si trova descritta da alcuno autore, ancora che Theocrito, e Virgilio piangono la sua dura sorte, Diodoro ancora scrive di Daphnide figliuolo di Mercurio che fu privo della luce de gli occhi per gelosia da una Ninfa; che è il medesimo che trasformarlo in sasso, non essendo molto differente l’huom cieco, dall’huomo di Pietra; meno si trova la favola di Scithone, che fu tal’hora maschio, e talhora femina; ancora che si legga di un Scithone signore in Thracia ilquale havendo una figliuola detta Pallene desiderata da molti, invitò tutti quelli che l’amavano à combattere con esso lui, promettendo quello che rimaneva vittorioso, havrebbe per mogliera sua figliuola; ma non potendo poi Scithone sostenire per la sua molta età la pugna, per compiacere la figliuola, fece combatter insieme Clito, e Dima giovani valorosi; promettendola al vincitore, essendo poi la giovane piu inclinata a Clito che all’altro operò, che quello guidava la carretta di Dima; lasciasse l’Asse della caretta senza alcuna fermezza, onde correndo l’infelice giovane cade morto, e Clito vittorioso godè dell’amore di Pallene, dopo che fuggì dalle mani di Scithone che la voleva abrucciare, insieme col corpo di Dima coperta da una folta pioggia; non ha alcuna simiglianza questa con la novella che intendeva di narrar Minea, ma l’ho voluta porre, perche si vede quanto si può addurre di questa favola senza autore.

Meno si trova la trasformatione di Celmo amato da Giove in un diamante, per sdegno della madre, ne come fossero creati, de i fonghi i cureti dalle pioggie ancora che alcuni habbino voluto fingere, che fossero spenti, per il dispregio della religione, dalle pioggie, e che fussero poi rinovati di fonghi a fin che la religione non venisse meno. Ma non essendo questa loro fittione sostentata da alcuna autorità, credero che non sia da farvi sopra molto fondamento. Gli amori poi di Croco, e di Smilace, che furono ambidoi conversi in fiori, non havendo potuto goderse insieme, meno si legono in alcuno certo autore. Si legge bene di Salmace fonte di Caria; è questa qualità gli fu data a preghi di Hermafrodito figliuolo di Mercurio, e di Venere, giovane bellissimo, il quale essendo entrato nel fonte di Salmace ninfa; fu di modo stretto da essa, che di dui corpi se ne fece un solo che havea l’uno, e l’altro sesso, onde vedendose Hermafrodito huomo, e donna chiese in gratia a i suoi genitori che divenissero simili a lui tutti quelli che si bagnavano in quel fonte, e l’ottenne, e da indi in poi vedendose gli effetti di quell’aque era chiamato da ogni uno quel luogo infame.

La secreta intelligentia di questa favola, secondo alcuni è che nelle matrici delle donne sono sette le stanze che ricoglino il seme dell’huomo, tre dalla parte destra, che producono i maschi, e tre dalla sinistra che producono le femine & una nel mezzo, laquale riccogliendo il seme ha forza di produre l’uno e l’altro sesso insieme, e per questa cagione vogliono dire che Hermafrodito nascesse di Mercurio, havendo Venere raccolto il seme in quella stanza di mezzo, e pero sono chiamati e sono Hermafroditi tutti quelli che sono concetti nella medesima stanza. Altri hanno voluto dire che viene detto questo di Mercurio perche fra gli altri pianeti, è maschio con i maschi, e femina con le femine, onde quelli che l’hanno al nascer in ascendente, che non habbi l’oppositione d’altro pianeta, sono molto vaghi del piacere dell’uno, e dell’altro sesso.

Le sorelle Thebane che dispregiano i sacrifici di Baccho cangiate in vespertigli, crederò che siano quegli infelici che non gustano il soavissimo liquore del vino, ne fanno giamai lucidi, e vivaci i suoi spiriti col suo sapore, però i loro spiriti a simiglianza di Vespertigli non soportano il lume, anzi vanno sempre vagando per le tenebre delle cose vili, e basse.

Vaga descrittione è quella dell’Anguillara, delle passioni, e travagli humani, che sono nell’entrata dell’inferno nella stanza: V’è la crudel vendetta, e ’l mesto pianto; e nelle seguenti, come è ancora vaga la comparatione della stanza Qual da piu regioni l’acque de i fiumi, insieme con quell’altra poco piu giu della stanza; Qual s’una Ninfa al vento il tergo volta.

L’allegoria della favola di Athamante, è che Frisso & Helle figliuoli di Neifile, per opra di Ariete che nodriva Friso fuggirono di consentimento del padre col thesoro, e le cose di piu valore l’odio de Ino loro matrigna; laquale sdegnata fece una congiura di tutti i baroni del regno contra Athamante come distruttore del thesoro reale, salì Athamante come prima se n’avide in tanta furia, che amazzò tutti i figliuoli partoriti da Ino: laquale fuggendo con Melicerta; si gettò nel mare, onde diedero nome a i dui scogli sopra i quali furono posati i loro corpi, chiamati l’uno Leucotoe, e l’altro Palemone overo perche furono trasformati per opera di Venere in questi dui Dei Marini Ino in Matuta, e Melicerte in Portuno. Altri per il thesoro che portorono Frissa, & Helle fuggendo l’ira d’Ino con buona licentia del padre hanno voluto dire che fosse un montone co ’l vel d’oro, come cosa piu verissimile, e che Helle cadendo nell’aque, diede nome a quella parte di mare che si chiama hoggi di Helesponto e che giungendo Frisso salvo a Oeta Re de Colchi essendo stato amichevolmente raccolto da esso, consacrò a Marte il suo montone d’oro, che viene a dire che i Re saggi dedicano i loro thesori, alle guerre, per esser Marte Dio della guerra.

Le compagne de Ino che la seguirono mentre fuggiva l’ira di Athamante trasformate in sassi per havere sparlato cosi liberamente di Giunone, ci fa conoscere che dobbiamo star cheti, e non sparlare de i Re, e de i principi grandi che possono a voglia loro farci divenire muti, e freddi come sassi.

La trasformatione di Cadmo, e della mogliera sua, ambidoi vecchi in serpenti, da che essendo scacciati del regno d’Amphione, e da Tetho, fuggirono nella Schiavonia, significa che quanto piu invecchiamo tanto piu divenimo prudenti; perche questi animali co ’l testimonio del sacro evangelio sono figurati per la prudentia dicendoci il nostro Servatore; siate prudenti come i serpenti, e semplici come colombe, vagamente descrive l’Anguillara il lamento di Cadmo, nella stanza, Ohime poi disse, ohime superno Iddio, come è ancora descritta vagamente la formatione di amboi quei vecchi in serpenti.

La favola di Danae corrotta da Giove in pioggia d’oro, ci da ad intendere che questo tanto stimato metallo sforza le altissime mura, i castissimi petti, la fede, l’honore, e tutte quelle cose che sono di maggior pregio, e stima in questa vita.

Perseo che sopra il Pegaseo va all’impresa di Medusa significa l’huomo che si lascia guidare dal desiderio della fama, il qual ha sempre appresso di se lo scudo di Pallade che non è altro che la prudentia, con la quale fa sovente bisogno che andiamo misurando gli andamenti de i nostri nemici, per poterse acortamente difender cosi da gli sforzi, come dalle insidie loro; significano poi i Talari di Mercurio la prestezza, e la vigilanza, con la quale dovemo dar esecutione alle cose maturamente discorse, e rissolute.

Taglia Perseo il capo crinito de’ serpenti a Medusa, quando togliemo noi la forza alle machinationi, e sforzi fatti contra di noi dalla prudenza de gl’inimici; i quali fuggono poi vedendo i suoi laidi pensieri nello scudo della nostra constantia, e del nostro valore; come fuggiva Medusa vedendo la sua faccia spaventevole; tenuta da essa per bellissima prima che Minerva la cangiasse di quella maniera, che del sangue del capo di Medusa, ne nascessero i serpenti in Libia, vuol significare che l’insidie, e le macchinationi nell’animo de gl’inimici generano veneno alle volte piu crudele che quello de’ serpenti.

Sotto la trasformatione di Atlante in un monte vogliono alcuni che vi sia nascosa l’historia che Perseo havendo vinta Medusa ricchissima Reina, con le ricchezze e thesori suoi havesse poi assalito il regno di Atlante, e constrettolo a fuggire ne i monti. Che Atlante poi sostenghi il cielo con le sue spalle vogliono alcuni che sia stato detto, per essere stato grandissimo Astrologo, e che con questa scientia venghi a sostener il cielo, overo per essere stato inventore dell’Astrologia come altri vogliono.

La liberatione di Andromeda vogliono molti, come è ancora da credere, che la sia mera historia; vedendose ancora le reliquie del sasso dove fu legata al lido di toppe terra della Palestina, per essere divorata dal mostro marino di eccessiva grandezza. L’ossa delquale come smisurate furono, come narra Plinio, mostrate in Roma da Marco Scauro nella sua edilità. Che dessero poi Perseo, Andromeda, Cefeo, e Cassiope il nome ad alcune stelle dalla parte del Settentrione, si vede col testimonio delle parole di Cicerone nelle Tusculane dicendo: non serebbero nominati gli stellati Cefeo, la mogliera, la figliuola, e ’l genero, se la divina cognitione delle cose celesti non havesse dato i loro nomi all’errore della favola. ha quivi l’Anguillara fatto molto honorata concorrenza all’Ariosto.

Bellissima è la descrittione della Metamorfosi d’Atlante in monte dell’Anguillara contenuta nella stanza, Come in quel viso, in quei Viperei Toschi e dalla seguente. Come è ancor bella la conversione a Giove nella stanza, O sententia di Giove, o sommo padre. Si vede ancora quanto legiadramente habbi invitato Ovidio descrivendo Andromeda esposta al mostro Marino, come siano proprie le comparationi delle stanze Si come legno in mar c’ha in poppa il vento etc. e Qual se l’augel di Giove in terra vede.