Le Metamorfosi/Annotazioni/Libro Secondo

Da Wikisource.
Annotazioni del Secondo Libro

../Libro Primo ../Libro Terzo IncludiIntestazione 20 dicembre 2008 75% Letteratura

Publio Ovidio Nasone - Le Metamorfosi (2 a.C. - 8 d.C.)
Traduzione dal latino di Giovanni Andrea dell'Anguillara (1561)
Annotazioni del Secondo Libro
Annotazioni - Libro Primo Annotazioni - Libro Terzo

Con quanta vaghezza e felicità, arte, e giudicio di Architettura descrive quivi l’Anguillara la casa del Sole ogni giudicioso lettore si può agevolmente conoscere con una non men bella, che necessaria digressione, ne doverà parere cosa strana ad alcuno, che dopò la bellezza; habbia posta la necessità de’l fare le dgressioni; perche chi scrive, o per dir meglio trasporta le opere latine o di qual si voglia altra lingua in questa maniera di Poesia della lingua nostra volgare; non deve come vogliono alcuni istare nelle medesime parole, ne manco nelle medesime chiuse; perche oltra che riuscirà Poeta freddo, essendo molto differenti i numeri, e nervi della Poesia latina da quelli della volgare; non potrà anchora mai mostrare quanto vaglia da se, e quanto sia atto a spiegare puramente i concetti dell’autore, che trasporta; tal’hora circonscrivendoli essendovi molte cose nella latina, che trasportandole nella nostra, non riescono, se non sono circonscritte; dunque obligandosi il poeta alla tradutione mera, e pura; può dare poco saggio di se; ma se vi farà alle volte alcuna digressione vaga, e propria, overo per maniera di conversione la quale hà gran forza di movere gli affetti, overo vagando, con qualche alto spirito di Poesia renderà il poema suo, molto piu bello, e piu lodato che non farà non si spiccando mai dall’autore, che hà preso a tradure; onde se potesse vedere Ovidio trasportate le sue Metamorfosi con le digressioni che vi sono dall’Anguillara non dubito che non le piacessero grandemente, havendo quel giudicio della lingua nostra, che haveva a suoi tempi della latina; & che non desiderasse, che fussero molto piu spesse che non sono; come quelle che invaghiscono, e adornano molto la sua inventione, e crederò se le havesse egli a rifare che metterebbe ogni diligentia e tentarebbe con ogni suo studio di arricchirle di molte e molte descrittioni che le potrebbero migliorare assai; perche terrò sempre che non sia disdicevole alla favola, quello che non è disdicevole e biasimevole nell’historia; e che se l’Ariosto seguendo l’historia incominciata dal Boiardo hà potuto, e gli è stato lecito, far tante vaghe, proprie, & alte digressioni per ornamento del suo poema, che medesimamente possi, e sia lecito all’Anguillara; farne nelle favole di Ovidio trasportandole in verso: perche non serano che lodate da ogni sano giudicio, e lontano da ogni maniera di passioni; terrò bene poi ancora ferma opinione che serebbono poco lodate le digressioni, quando havesse preso a tradurre le metamorfosi in prosa; nella quale non è lecito a partirse dalla tessitura dell’autore, ma in verso crederò che sia lecito a farle come quelle che adornano, e delettano molto pur che siano ben collocate, e proprie.

La favola de Fetonte è tolta dalla historia descritta da Eusebio, e da Orosio che è che nella Graecia fù gia a tempi di Cecrope Re de gli Atheniesi un grandissimo incendio mandato piu presto dal cielo, che venuto per opra humana, e fù chiamato l’incendio di Fetonte, ilquale abrusciò le campagne, e ridusse in cenere i frutti loro; asciugò i fiumi, arse le città, e rovinò le case onde i popoli fuggirono sparsi dove meglio pensavano di poterse salvare; durò alcuni mesi l’incnedio, che non si pote spegnere, ne prima si vide spento, che non sopragiunsero le pioggie dell’Autunno che lo spensero del tutto. L’allegoria di questa favola è che Fetonte che nella lingua latina significa incendio figliuolo del Sole è origine fonte del fuoco, e di Climene, che significa humidità nella lingua Greca; non potendo continoare ne haver forza il fuoco se non è aiutato e sostenuto dall’humido. Appropriato la dimanda di Fetonte poi di guidar’ il carro della luce, è quello innato desiderio di accrescere che si scopre in tutte le creature, per conservarse; che Fetonte passasse guidando il carro per il sentiero arso che è dal xx grado di libra al x dello scorpione, passando il Sole questo sentiero non è altro che quello che fa per quei gradi, quando secca l’herbe, e rende la terra inutile al produre per il soverchio ardore; che fusse poi fulminato da Giove nel mezzo dell’Autunno; si doverà intendere quando, l’ardore rimane speto per le pioggie di quella stagione: onde la terra raccogliendo l’humido lascia quella faccia arsa, & infocata facendose lieta, bella, e desiderosa di produre.

Eccovi la vaghezza della digressione della stanza Gli Astrologi sagaci etc. insieme con la bellissima comparatione della stanza Come il nocchier che l’arbore, e ’l timone; cosi propria, e ben collocata dall’Anguillara che adorna & illustra molto il Poema di Ovidio, come è ancora vaga la comparatione del cadere di Fetonte a quello de le stelle che nel maggior ardore del caldo pare che si spichino la notte dal cielo.

Quanto legiadramente va il poeta concatenando le favole l’una con l’altra; poi che dapoi la roina di Fetonte canta la trasformatione delle sorelle Phaetusa; che vien a dire risplendente, e lampetie illustre, e Phebe luce: in arbori che alle sponde del Pò manda fuori alcune goccie d’humore, che raccolto con arte & indurato dal Sole poi divien Ambro; furono queste sorelle di Fetonte dette ancora Heliade come figliuole del Sole.

Segue la trasformatione bellissima del Cigno, che è detto figliuolo di Nettuno per la sua bianchezza la quale è inditio di soverchia humidità, essendo Nettuno padre dell’humido, onde si vegono i Cigni habitar luoghi humidi e padulosi forse temendo ancora di essere fulminati come Fetonte salendo in alto, ma è piu credibile che lo facciano per la gravezza de corpi loro poco atti a salire in alto.

Cosi vagamente scrive l’Anguillara le bellezze di Calisto, come ancora fà la conversione a Giove come quello che è ricchissimo di simili ornamenti della poesia vedendo quanta forza hanno le conversioni proprie e fatte con giudicio, in quella stanza Giove come farà etc. e la digressione di quello che faceva Calisto lassa, quando Giove trasformato a simiglianza di Diana l’andò a trovare, come è ancora la stanza Tu sei di Castitate: etc.. Bellissima conversione è ancor quella Dhe non Diana non le dir tant’onte e la digressione Quanto infelice sei se ben ci pensi, con le quattro stanze che seguono.

La favola di Calisto e d’Arcade trasformati in Orse maggiore, e minore; stelle collocate vicino al Polo è tratta dall’historia, che cacciato che fù Licaone d’Arcadia, Calisto sua figliuola, fece voto di verginità e vivendo insieme con molte altre vergini, come quella che era bellissima fù ingannata da Giove, e cacciata insieme col figliuolo, di che rimase gravida di Giove, dal luogo sacro, se n’andò ne’ boschi, e vi si nascose per un tempo, essendo cresciuto il fanciullo e fatto giovane valoroso, volle amazzar la madre per non viver piu ne’ boschi con essa lei; fuggì la madre e si retirò a Giove, ilquale la riconciliò col figliuolo; & ambidoi tornorono nel loro Regno, onde Arcade ridusse i Pelasgi sotto l’ubidientia sua e volle che fussero chiamati Arcadi. Pensorono quei popoli che Calisto fusse morta, onde si diedero a credere vanamente che la fusse vivuta tanto ne’ boschi & havesse dormito in qualche tana; però la chiamarono orsa, & Arcade orso, il che diede a credere poi che fussero trasportati in cielo ne’ luoghi dove gli Egitii prima conobbero, che non erano lasciate attuffare nel mare da Theti a prieghi di Giunone è che queste stelle come vicine al Polo per la sua elevatione non girano tanto che paiano come molte altre attuffarse nell’onde del Mare.

La bella comparatione che fà l’Anguillara, della gratitudine di Arrigo II, Re di Francia di felicissima memoria; e di quella del grandissimo Cardinale Farnese, intorno il ricompensare i servitori che gli hanno serviti, e quella di Giunone havendo rinumerato il suo pavone della vaghezza de gli occhi d’Argo; e bellissima sententia è quella delle stanze: Tal’hor del ben servir e Sempre si debbe etc. come sono anchora quelle Perche ne buon, non si può dir ne saggio; Quel che procura scandali, e contese con la Stanza O quanti quanti per l’inique corti.

Che ’l corvo havendo prima le piume bianche le cangiasse in nere; significa che i maldicenti, e seminatori di discordie, cangiano le volontà loro tosto che inchinano a questo odiatissimo vicio; di bene in male: e come prima l’anima loro era pura e bianca, cosi da poi diviene sozza brutta, e nera.

Come và il Poeta latino maravigliosamente incathenando le favole, l’una con l’altra, e come bene è propriamente il volgare fà digressione delle parole di Nettuno inamorato? dove incomincia O Donna c’hoggi il cor ferito; etc. con le stanze che seguono, insieme con al trasformatione di Coronide in cornachia molto vagamente rapresentata che non significa altro, se non che giamai le lingue riportatrici non possono stare al servitio della prudentia perche sono scacciate da essa, come fù la cornachia da Minerva, per havere riportato che Aglauro haveva scoperta la cesta dove stava nascosto il mostruoso Erictonio nato del seme di Vulcano.

Che Nittimene poi per la sua scelerata libidine fusse trasformata in civetta, e fatta poi serva e compagna a Minerva significa quello che dopò un grave fallo, si prevale di modo della prudentia, che fà non meno saggiamente tenerlo celato; di quello che sfacciatamente seppe ancora commeterlo, essendo la civetta animale che copre il suo diffetto col non comparire giamai alla luce del Sole, forse per vergogna ch’ella ha de i falli commessi.

Quanto felicemente descrive l’Anguillara la forza della gelosia in Febo nella stanza Ahi come all’intelletto etc. poi che spinto dal suo furore uccide la giovane amata scopertagli poco fedele dal corvo: Esculapio poi nato con arte fuori del ventre della madre amazzata dalle saette di Febo; non è altro che la vertù medicinale tratta dalle radici delle herbe, quando la terra riman’arsa dalle saette che sono i raggi di Febo e questa vertù data poi nelle mani del medico eccellente figurato per Chirone mezzo huomo, e mezzo cavallo, perche non fa meno esser giovevole, agli huomini con l’arte sua, che agli animali; è poi tanta l’eccellentia di questa vertù medicinale che può ritornare gli huomini da morte a vita come si legge haver fatto Esculapio; alcuni figurano poi Ocira ninfa indovina a Theti madre di Achille, divenuta cavalla per havere generato un figliuolo tanto bellicoso, come era Achille.

Come si potrebbe descriver meglio il tiro dell’Arco, di quello che l’ha scritto l’Anguillara? nel luogo ove dice Nel primo che trovò etc. e nella stanza seguente; come è ancora descritta felicemente la conversione che fà nella stanza Felici quei che son cosi prudenti etc.

Che Apollo divenisse pastore di Admeto è tolto dall’historia di Theodontio laquale contiene che havendo Apollo date le leggi, a gli Arcadi, essendo loro Re; le faceva osservare con tanto rigore che sdegnati il cacciorono del Regno, ond’egli hebbe ricorso ad Admeto, ilquale egli consignò alcuni popoli in governo, apresso il fiume Anfriso.

La favola di Mercurio che ruba l’armento ad Apollo, e la trasformatione di Batto nella pietra del paragone, è tolta dall’historia descritta da Leontio che Stilbone che significa veloce, voce appropriata a Mercurio; rubò l’armento aForonide sacerdote di Apollo in Delfo, & havendolo riposto dietro a una spelonca chiamata Batho, avenne che un toro essendo uscito fuori cadè nella spelonca; & non faceva che muggire, e udendolo gli altri gli rispondevano muggiando di modo che sentendoli Foronide, andò dietro la spelonca, e trovò l’armento che gli era stato involato, e ritrovatolo; da indi in poi fù sempre chiamata quella spelonca indice, come è chiamata ancora la pietra del paragone.

Bella conversione è questa dell’Anguillara ad Apollo nella stanza Dhe suona Apollo la tua Cetra suona, come è ancora bella la descrittione della verga di Mercurio nella stanza che segue. Fingon i poeti che Mercurio ha per insegna un capello, una verga nella quale stanno avilupati dui serpenti, & le ali a piedi; lequli tutte cose sono necessarie al medico per giongere al fine della profession sua; e prima necessario al medico il capello di Mercurio che è il Cielo, che se ben il Cielo e capello generale di ogn’uno nondimeno è poi particolare de medici per la cognitione che fà bisogno che habbino de tutti i suoi motti, e de tutti gli influssi cosi benigni, come contrari, per sapere come ridure a sanità l’infermo. La verga poi gli è necessaria, che è l’auttorità nell’arte del medicare, laquale fù conceduta a Mercurio da Apollo Dio della medicina, ilquale ne hebbe per ricompensa la cetra che è la musica de’ cieli, e la misura dell’alteratione de i polsi; e senza questa giamai non potrà alcuno esser detto perfetto medico; i serpenti che sono intorno la verga; significano la prudentia che deve esser pronta del medico: senza laquale per dotto che ’l sia non farà giamai buona cura; richiama con questa le anime dall’infermo ritornando nell’infermo i spiriti smariti, per cagione dell’alteratione del male. È ancora necessario al medico haver l’ali a i piedi, a fin che sia prestissimo a porger’ i rimedi al patiente.

La favola di Aglauro trasformata in sasso, per opra di Mercurio; si doverà intendere che Aglauro significhi quella industria che camina sempre solecita, per la campagna, laquale come avara chiede a Mercurio Pianeta che poco s’allontana dal Sole, innamorato di Herse sorella interpretata Rugiada; gran somma di denari, per lasciarlo godere dell’amore della sorella; vedendo questo Minerva si sdegna della viltà di Aglauro che è che alla prudentia sempre spiaceno le cose brutte; onde va alla casa dell’invidia; descritta cosi bene dall’Anguillara che può andar al paragone della descrittione che ne fà medesimamente l’Ariosto; che Aglauro poi avenenata dall’invidia sturbasse i piaceri di Mercurio; e che l’industria invidiosa che la Rugiada sua sorella, goda di cosi benigno pianeta, tutto che ne possi trare molta utilità, però non la vuole, onde Mercurio al fine sdegnato la trasforma in sasso, rendendola sterile asciuta , e dura.

La favola di Europa portata da Giove trasformato in tauro, nell’Isola di Candia è mera historia come vuole Eusebio, che narra che essendo Asterio Re dell’Isola di Candia, inamorato di Europa figliuola di Agenore Re di Fenicia; hebbe il mezzo di un suo fedelissimo servitore, che condusse la giovane amata a vedere una sua bellissima nave chiamata tauro gionta studiosamente ne i lidi della Fenicia, per rubarla; salita la fanciulla sopra la nave i marinari subito diedero i remi all’acque, e le vele a i venti, e la portorono in Candia al Re loro, ilquale godendosela a suo bell’agio l’ingravidò di Minos e de fratelli come si dirà dapoi, fu fortunatissima questa fanciulla, poi che pote con la sua fama dar nome alla terza parte del mondo.

Come vagamente va descrivendo l’Anguillara gli inganni del toro per cogliere l’incauta giovane rapresentando tutti quegli affetti che si possono desiderare in quell’astuto rubamento; descrive ancora felicemente il camino che fà il Tauro portando Europa quando lascia dalla parte destra Cipro, e Rodi, e dalla sinistra le foci del Nilo, e i lidi dell’Egitto nascosti.