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Le gru di Ibico

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tedesco

Friedrich Schiller 1798 1857 Antonio Giuffrè Indice:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu ballate Letteratura Le gru di Ibico Intestazione 12 novembre 2024 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Storia di Reggio di Calabria


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Le greche genti accorrono in Corinto
Al certame de’ cocchi ed a la gara
Ardua de’ canti. Quivi trar s’affida
Ibico, amico degli Dei: chè Apollo
Assai la mente gli fiorì de’ sacri
Estri e del verso armonioso. Ei, veste
Presa di viator, muove di Reggio;
E l’afflato del Dio gli vibra in core.
    Già contemplano i vaghi occhi l’eccelsa
Acrocorinto; e le misteriose
Selve di Posidon lieto ei traversa;
Volge romito, nè di umano aspetto
Ombra gli pare. Sol per l’aer muto
Un gli è visto alla via stuolo di grue,
Che, di que’ giorni, da le occidue zone
Migrano desiando aura più calda.—
Io a voi saluto, o cari augelli! a voi,
Poichè meco d’un ora il mar varcaste.
Egual sorte ci corre: e noi di lunge
A una terra ospital del pari andiamo:
Ah, siam fidi a la dolce ospite noi,
Ch’ella da’ torti lo stranier difende.—

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Dice, e la via prosegue.
                        Il mezzo attinge
De l’arcana foresta: ed improvvisi
Due masnadieri ecco gl’incombon truci,
E l’investon a morte. Oppor difese,
Pugnar vuol e’, ma sì la man ricade;
Destra più che de l’arco vigoroso
De la lira a tirar lievi le corde.
Nulla è ch’ei gridi, e a soccorso ne chiami
Uomini e Dei. Per quanto aere trascorre
Alcun non fere la sua voce orecchio
Di vivente. — E sarà dunque poi vero
Che qui’n terra non mia per man di due
Miserabili io cada, e inonorato!
Ove nessun qui mi verrà, nessuno
N’avrò vendicator forse! — E, dicendo,
Pallido al suol tramazza di ferite.
In quella appunto per l’aer la frotta
Transita delle gru, che da gli acuti
Gridi s’annunzia. Ma levar le fioche
Non può in alto pupille il moribondo
Cantor. Egli allor prega: Oh, se non altra
Che mi vendichi è voce, oh almen la vostra
Da le altezze pur suoni, e gli omicidi
Al Sol n’accusi, o pii volanti! — E spira.
     Del bosco entro le verdi ombre è veduto
Un trafitto cadavere. Ed avvenga
Che il suo molto pallor lo disfiguri,
Pure ah il ravvisa chi onorar dovea
In Corinto al reggino Ibico entrante.
E a questo: — E tale era l’allegro viso
Ch’io recar ti volea? sì ti ritrovo!
È là la fronte che sperai mirarti
Coronata di allori? — I peregrini,
Che alla festa correan di Posidone,
Piangon d’Ibico tutti il giorno estremo:
Tutta Grecia è commossa: un vivo duolo,
Un’ira viva dentro il popol freme,
S’affolla al Pritaneo: quivi la morie
E’ vendicar chiede del vate, e i mani
Col sangue a lui chetar degli uccisori.

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