Le odi di Anacreonte e di Saffo/Vita di Anacreonte

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Odi (Anacreonte) IncludiIntestazione 22 luglio 2011 100% Poesie

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VITA

DI

ANACREONTE.


In Theos, porto dell’Jonia, circa l’anno del mondo 3444 sortì i natali Anacreonte, uno dei primi lirici che vanti la Grecia. Del nome dei genitori suoi non si ha certa contezza, da che discordi sopra di essi sono gli Autori che ce ne han tramandata notizia.

I germi del genio originale del Poeta delle Grazie, ebbero sviluppo in Abdera, città della Tracia, ove, invasa la patria sua dalle armi [p. viii modifica]Persiane, gli fu forza ricoverarsi nel di lui diciottesimo anno.

Sparsa per ogni dove la fama di Anacreonte, Policrate tiranno di Samo, che in magnificenza ed in gusto ogni altro principe de’ suoi tempi avanzava, non tardò ad invitare presso di se il nostro Poeta, rendendogli pubblico omaggio di riverenza con offerte degne d’entrambi. Tenuto Anacreonte sommamente caro da quel Regnante, fu a parte de’ suoi consigli, non meno che dei piaceri, e formò così l’ornamento più bello e la gloria della sua corte.

Non precedè di gran lunga l’ultimo destino di Policrate la [p. ix modifica]richiesta che fatta gli venne da Ipparco tiranno di Atene del nostro Poeta, il quale allora contava l’anno trentesimo settimo dell’età sua.

Giunto il Cantor degli Amori in Atene, fu da quel Principe con ogni maniera di onorificenze e di doni distinto e favoreggiato; ed una statua, eretta per sua volontà nella cittadella, attestò al paese tutto l’alto pregio in ch’ei lo teneva.

In quella sede di dotti toccò l’ingegno del Vate di Teo il più sublime segno di perfezione, e chiaro in singolar modo ne echeggiò il grido per ogni Greca contrada. Sette anni ei si rimase in Atene; ma ridesto sentendo quindi [p. x modifica]in cuor suo l’amore del patrio suolo, divisò di ricondurvisi. Dedicatosi ivi alla direzione delle ereditate sostanze, trasse i suoi giorni fra le dolcezze di una quiete beata, in una ridente campagna in prospettiva all’Egeo. Colà divise egli il suo tempo fra gli amori ed il vino, e non si rimase dal comporre canzoni, in cui si ravvisano le più seducenti idee delle campestri delizie.

Cleobulo, Smerdi, Batillo e Megiste sono i quattro fanciulli che si vogliono amati da lui.

Arse pure per varie donzelle, fra cui in special modo vuolsi annoverare la poetessa Saffo, Euripile, e forse anche Cibele. [p. xi modifica]

Una femmina di non fresca età, di cui ignorasi il nome, fu sua compagna.

Fino al diciassettesimo lustro menò lieta vita fra le mollezze della voluttà. Un soffocamento, cagionatogli da un acino d’uva caduto nelle inaridite sue fauci, dicesi che recidesse lo stame dei giorni suoi, fato troppo crudele per chi con tanta venustà e leggiadria celebrate aveva le lodi del liquore di Bacco. Più del sepolcral monumento, che con epitaffio attribuito a Simonide, riconoscente la patria innalzar fece ad un tanto Cittadino, varrà senza meno la squisitezza delle sue produzioni a [p. xii modifica]far vivere ognora immortale presso chiunque non è privo di gusto la ricordanza di un Genio, nei poetici numeri sì impareggiabile.