Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni/Breve Instruzione all'Architettura Militare

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Breve Instruzione all’Architettura Militare

Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni/Avvertimento Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni/Trattato di Fortificazione IncludiIntestazione 22 novembre 2017 75% Da definire

Breve Instruzione all’Architettura Militare
Fortificazioni - Avvertimento Fortificazioni - Trattato di Fortificazione

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BREVE INSTRUZIONE


ALL’ARCHITETTURA MILITARE.

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Modo da tirare una linea a squadra sopra un’altra, da un punto che sia dentro essa linea.

Come, per essempio, se vorremo sopra la linea AB, da un punto che sia dentro essa, come dal punto C, tirare una linea a squadra, aprasi il compasso, comunque si voglia; e posto una dell’aste nel punto C, segnisi con l’altra asta da una banda il punto D, e dall’altra il punto E. Di poi aprasi ancora più il compasso; e fermando una delle sue aste in punto E, volgasi l’altra — in giro, segnando occultamente una particella di arco, come si vede, verso il punto F; ed il medesimo si faccia fermando un’asta del compasso in punto D: e dove li due archi si intersecano, notisi il punto F, dal quale si tiri la linea al punto C. E questa linea sarà a squadra sopra la linea A B.

Modo di tirare una linea a squadra sopra un’altra, da un punto che non sia in essa.

E se ci sarà di bisogno tirare una linea a squadra sopra una linea retta, da un punto che non sia in essa; come se, per essempio, vorremo sopra la linea AB dal punto C fuori d’essa tirare una linea a squadra; fermeremo il piede immobile del compasso in punto C, ed allargando il compasso, sin che l’altro piede passi sotto [p. 18 modifica]la linea, lo volgeremo in giro, segnando nella linea AB due punti D, E. Di poi, fermando un’asta del compasso nel punto E, descriveremo una parte di arco al punto F; e con la medesima apertura di compasso, fermando un’asta in D, descriveremo un altro arco, che seghi il già descritto in punto F. Di poi, tirando una linea che passi per i due punti C, F, questa sarà a squadra sopra la proposta linea AB: come desideravamo.

Ma se vorremo sopra la linea AB tirare una linea a squadra da una delle sue estremità, la regola sarà questa. Aprasi in qualunque modo il compasso; e fermando un’asta in A, notisi con l’altra il punto C, il quale sia in qualunque modo sopra la linea AB. Di poi, senza stringere o allargare il compasso, fermata un’asta in C, con l’altra si tagli la linea AB, come si vede in punto D; e tenendo pur ferma la medesima asta in C, volgendo l’altra in giro, si descriva occultamente una parte di arco sopra il punto A, come si vede al punto E. Fatto questo, tirisi una linea occulta per i punti D, C, la quale tagli l’arco pur ora segnato, in punto E; dal qual tagliamento si tiri al punto A una linea retta: la quale sarà a squadra.

Modo di dividere la linea.

Se vorremo dividere una linea in due parti eguali, come nell’essempio la linea AB, fermeremo il piede immobile del compasso in A; ed allargando il compasso, comunque si voglia, più che la metà della linea AB, descriveremo due archi, come si vede ai punti C, D; e con la medesima apertura, fermando un’asta so del compasso in B, faremo, come si vede, le due intersecazioni C, D. E tirando dal punto C al punto D una linea occulta, questa ci segherà la proposta linea AB in parti eguali, come si vede nel punto E.

Divisione dell’angolo in parti uguali.

Ci occorrerà spesse volte, nel disegnare le piante di qualche [p. 19 modifica]fortezza, dividere per il mezzo qualche angolo: però ne mostreremo al presente il modo. Siaci, per essempio, di bisogno di dividere l’angolo BAC. Fermisi un’asta del compasso in A; ed allargatolo a beneplacito sopra le due linee AB, AC, notinsi li due punti

D, E, sopra li quali, con qualsivoglia apertura di compasso, si faccia l’intersecazione F. E tirato la linea AF, questa ci dividerà l’angolo in due angoli uguali.

Nella presente figura ci viene disegnato il modo che dobbiamo tenere per costituire un angolo uguale ad un altro.

Come, per essempio, se averemo l’angolo ABC, apertura di compasso, fermata un’asta in punto B, e ci sia di mestiero alla linea DE nel punto D costituirne un eguale; con qualunque apertura di compasso, fermata un’asta in punto B,

descriveremo l’arco FG, il quale seghi le linee BC, BA ne i punti F, G; e senza variare il compasso, faremo il simile nel punto D, descrivendo l’arco HI. Di poi piglieremo con il compasso la e distanza GF e questa trasporteremo nell’arco HI, la quale sia HI; e per i punti D, I tireremo la linea DK, la quale costituirà l’angolo K DE eguale all’angolo ABC: che è quello che dovevamo fare.

Per descrivere il quadrato, tirisi prima la linea AB della grandezza che ne piacerà; sopra la quale dal punto A si tirerà la linea a squadra, come di sopra si è insegnato, segnando prima, secondo la lunghezza della linea AB, fermata l’asta del compasso in A, l’arco occulto, come si vede al punto C; nel qual arco deve terminare la linea AC. Posta poi l’asta a k immobile del compasso ne’ due punti C, B, con la medesima [p. 20 modifica]apertura, ciò è secondo la lunghezza della linea AB, faremo l’intersecazione al punto D; al qual punto da i due punti C, B si tireranno le due linee CD, BD: le quali chiuderanno il quadrato.

Il modo di descriver il pentagono lo piglieremo da Alberto Durerò: e sarà tale.

Prima tireremo la linea AB, secondo la lunghezza che ci piacerà che sia il lato del pentagono.

Di poi sopra i due centri A, B si descriveranno due cerchi, secondo l’intervallo di essa linea AB, tra le communi intersezioni de i quali si tirerà la linea GL; e circa il punto G, col medesimo intervallo, si descriverà l’arco EAIBF; e per i due punti E, I si tirerà la linea EIC, e similmente per i due punti F, I si tirerà l’altra linea FID. Di poi, fermando l’asta del compasso ne i due punti D, C, con la medesima apritura, secondo la lunghezza della prima linea AB, si farà l’intersecazione, come si vede al punto H; dal qual punto si tireranno le due linee HD, HC, tirando in oltre le due DA, GB: e sarà descritto il pentagono HDABC. Avvertendo, che tutta la costruzione di questa figura si potrà far occulta; eccetto però che i lati del pentagono.

Il modo di costituire l’esagono sarà questo.

Facciasi centro il punto C; ed allarghisi il compasso tanto, quanto vogliamo che sia ’l lato dell’esagono, e descrivasi il cerchio; e la medesima apertura si trasporti ne’ sei punti A, B, D, E, F, G, i quali misureranno a punto la circonferenza; e tra l’uno e l’altro d’essi punti tirinsi le linee rette, come si vede: e sarà constituita la figura di sei lati. Avvertendo, che il cerchio si potrà far occulto. [p. 21 modifica]

Se vorremo descriver la figura di sette lati, prima descriveremo il cerchio, come qui sopra si vede, intorno al centro A; di poi tireremo dal centro alla circonferenza una linea, qual è la linea AB, e questa divideremo in parti eguali in punto C; e di poi vi tireremo

sopra la linea a squadra DCE, prolungandola dall’una e dall’altra parte sino alla circonferenza del cerchio. Presa di poi la metà di essa linea DE, ciò è la linea DC, questa sarà il lato della figura di sette angoli. Però che trasportando la distanza DC sette volte nella circonferenza del cerchio, verranno notati sette punti, come sono li E, F, G, H, I, K, L, egualmente lontani in fra di loro: tra i quali tirando le linee rette, aremo disegnata la figura che desideravamo.

La figura di otto lati eguali si descriverà con facilità, in questo modo facendo.

Descrivasi prima il cerchio, come si vede nella presente figura; nel quale si tireranno di poi due diametri a squadra, li quali divideranno

la circonferenza del cerchio in quattro parti eguali, come è manifesto, ne i punti A, D, B, C. Fatto questo, si dividerà in parti eguali ciascheduno degli archi AD, DB, BC, CA (e questo si farà con la medesima regola, con la quale si è mostrato di sopra il modo di dividere una linea retta in parti eguali); e sarà divisa tutta la circonferenza del cerchio in otto parti eguali. Onde, tirando linee rette tra i punti conseguenti delle divisioni, verrà descritto l’ottangolo; conforme al desiderio nostro.

Quando ci occorrerà per un dato punto tirare una linea equidistante ad un’altra,

come, per essempio, se per il punto C ci fosse di bisogno tirare una linea equidistante alla AB, fermeremo Linee parallele [p. 22 modifica]un’asta del compasso in punto C; di poi s’allargherà e stringerà detto compasso, sin che, descrivendo con l’altr’asta l’arco, come si vede, al punto D, questo tocchi precisamente la proposta linea AB, come nella presente figura si vede. Di poi, servando la medesima apertura, si metterà l’asta immobile nel punto B, descrivendo con l’altra l’arco segnato E. Di poi per il proposto punto C si tirerà una linea che tocchi esquisitamente l’arco E; e questa sarà equidistante a essa AB. [p. 23 modifica]





Usavano anticamente, per difesa delle loro ditta, cingerle di muraglia atta a resistere a quelle offese, che da diversi stromenti del nimico le venivano; e per proibire le scalate, e che il nemico non s’accostasse sotto la muraglia, uscivano in fuori della cortinia con


torrioni o rivellini,1 come nella sopra posta figura si vede: li quali, facendo fianco, davano comodità a i difensori di poter, con sassi, balestre ed altre armi da lanciare, tenere il nemico lontano dalla muraglia. Ma sendosi poi accresciute l’offese con l’essersi trovate l’artiglierie, le quali con forza grandissima e da lontano offendono, è stato di mestiero trovare altre maniere di difese; sendo le già dette, per la forma, per la piccolezza e per la debolezza, inabili a resistere al

Nel cod. A, in capo al Trattato, è scritto in inchiostro rosso, non si vede bene se dalla medesima mano che ha esemplato il testo, il seguente titolo: Breve Trattato del Signor Galileo Galilei, lettor di Matematica nello Studio di Padova, dove per via di compendio insegna il modo di fortificare le città e d’espugnarle, diviso in due parti. E in margine: 25 maggio 1593: rispetto alla qual data, vedi l’Avvertimento, pag. 9, n. 8.
[p. 24 modifica]l’impeto dell’artiglierie. Perciò che, quanto alla forma, ne’ torrioni è tale, che non viene difesa da tutte le parti, come dalle faccie d’inanzi è manifesto; il che avviene ancora ne’ rivellini, che, per esser rotondi, qualche parte di loro rimane indifesa, come per le linee tirate è


manifesto: quanto alla piccolezza, non ci si potendo maneggiare l’artiglieria, restano inutili: e quanto alla debolezza, sendo i torrioni di semplice muraglia, possono fare poca resistenza.

Per queste cagioni è stato di mestiero trovare altre maniere di fortificare, per le quali si possa, al meno per qualche tempo, resistere alla violenza dell’artiglierie ed a gli assalti del nimico. Però, per potere ciò conseguire, metteremo qui appresso li modi più utili che sin ora sieno stati ritrovati; e per procedere con chiarezza ed ordine, faremo principio dalla dichiarazione de’ termini, ciò è da i nomi de’ corpi di difesa.

Devesi dunque prima sapere, che qualunque linea che sopra un’altra è in qualunque modo inclinata, talmente che da tutte le sue parti la vegga e scuopra, si domanda farli fianco; come nel sottoposto essempio la linea AB si dice fiancheggiare, o vero far fianco alla linea AC:


e quella parte, che rimane guardata da i fianchi e posta fra di loro, si domanda cortina.


E perchè sopra i fianchi, per difesa delle cortine, ci si devono maneggiare artiglierie, bisogna che detti fianchi siano talmente [p. 25 modifica]fabricati e di tal grandezza, che sieno capaci ed atti a tale ufficio, e di tal figura che possine ancora essi scambievolmente difendersi. E tutti questi fianchi, con tali regole fabbricati, si domandano corpi di difesa; i quali corpi sono molti e diversi, secondo ch’in diversi luoghi sono posti ed a diversi usi servono.

Tra tutti i corpi di difesa, il più importante è il baluardo; il quale è costituito2 da due fianchi e due faccie, o fronti che dire le vogliamo; e si costuma fabbricarlo sopra li angoli delle cortine, come appresso si vede.


Nella fabrica de’ quali due cose principalmente si avvertiscano: l’una è, che i fianchi faccino angolo retto sopra la cortina; l’altra, che le faccie sieno vedute e difese dal fianco opposto, come per le linee punteggiate nella figura preposta si vede.

Seguono, appresso i baluardi, alcuni corpi di difesa chiamati piatteforme; le quali sono di due maniere, ciò è piattaforma e piattaforma rovescia. La piattaforma si usa fare tra l’uno e l’altro baluardo, e massime quando la cortina si riflette in dentro: e si costituisce ancora

essa di quattro linee, ciò è di due fianchi e di due faccie; ed è differente dal baluardo, per esser più piccola e posta nell’angolo interno della cortina, ed il baluardo su l’angolo esterno. La [p. 26 modifica]piattaforma rovescia si fa tra l’uno e l’altro baluardo, quando la cortina è tanto lunga che le difese per le lontananze rimangano debili; e per esser la cortina diritta, non si viene in fuori, per non impedire i fianchi de’ baluardi opposti: ed il suo uffizio è di difendere le faccie de’ baluardi, come nella figura appresso si vede.

Appresso si dirà d’un altro corpo di difesa, nominato cavaliero. Il cavaliere è differente da gli altri corpi di difesa, perchè l’ufficio suo principalmente è difender la campagna; e per questo si usa fare più alto del restante del ricinto della fortezza: ed alcuni si domandano cavalieri a cavallo, altri cavalieri assolutamente. Il cavaliero a cavallo si fabrica in su la cortina fra i baluardi, parte fuora e parte dentro: e la parte esterna è simile alla piatta forma nella figura e nell’uffizio, il quale è difendere la cortina e le faccie de’ baluardi, e spazzare la campagna. Dalla parte di dentro si fanno due piazze,

che fanno fianco quando occorre fare la ritirata. I cavalieri3 si posson fare fra l’uno e l’altro baluardo, ed a canto, ed in su lo stesso baluardo, ogni volta ch’il baluardo sia tanto spazioso, che non venga occupato e reso inutile. La figura del cavaliero è migliore quanto più ha del circolare, perchè, fra l’altre cagioni, la batteria vi fa minor effetto4, pure che dalla parte di dentro ci si possa accomodare la salita. La materia da fabricarli sarà di terra senz’altro, acciò, quando [p. 27 modifica]taformsiano battuti, che le scaglie della batteria non impediscano quelli che sono alla difesa del baluardo o della cortina in su la quale è posto il cavaliero.

Alle volte occorre fortificate un sito, parte del quale, per esser circondato da balze, è per natura inespugnabile, e da qualche parte essendovi la salita, ha di bisogno d’essere recinto ed assicurato. In questo caso si tira una cortina da un estremo a l’altro del precipizio, e si formano in su le due estremità di detta cortina due mezzi baluardi, i quali terminano sopra il precipizio. E questa tale sorte di fortificazione si domanda forbicia; la figura della quale è manifesta qui appresso.

Ma quando fussi di bisogno fortificare una salita d’una costa, sopra la quale, per l’inegualità del sito, malamente si potessero accommodare i baluardi o altri corpi di difesa, allora si viene circondando con alcuni denti; i quali altro non sono che fianco e cortina, come nella sotto figura si vede.

Si costuma ancora circondare con denti un forte, dove sieno gli alloggiamenti d’uno essercito, facendo per comodità la distanza fra [p. 28 modifica]l’uno e l’altro fianco tanto breve, che possa esser difesa con archibugi: il qual modo di fortificare è da apprezzarsi, per potersi con

brevità di tempo e con facilità mandare ad essecuzione. E di questo modo n’è l'essempio nella contrascritta figura.

Si connumerano ancora fra i corpi di difesa le case matte, e queste s’usano porre in diversi luoghi: alcuni le appiccano alla cortina; altri sotto i fianchi de’ baluardi; altri nella fossa, separate dalla cortina; altri le pongono ne gli angoli della contrascarpa; ed altri, acciò non resti impedita la fossa, le fanno sotto la contrascarpa. Si posson fare di qualunque forma, vote dentro e piene di feritoie, per le quali, con moschetti ed archibugi,

si possa in tempo di bisogno accrescere la difesa della fossa. E per mio parere, sono state così chiamate per essere difesa non principale, ma matte, quasi magis auctae.

Essendosi dichiarato di sopra i termini ed i nomi de’ corpi di difesa, seguita che noi cominciamo a dichiarare il modo di formarli più utili e più perfetti che sia possibile. E questo più facilmente conseguiremo, allora quando particolarmente sapremo quali sieno le perfezioni e l’imperfezioni di detti corpi di difesa: per il che le anderemo ciascheduna investigando e dichiarando; e per ciò conseguire, ci porremo davanti il fine per il quale dette fabriche si devono fare.

E il fine, per il quale si formano i baluardi e gli altri corpi di difesa, difendere il recinto, difendersi l’uno e l’altro scambievolmente, [p. 29 modifica]resistere alle offese del nimico, ed offendere esso nimico: però il baluardo (e quello che si dice del baluardo, intendesi de gli altri corpi di difesa) deve esser gagliardo alle offese e capace per le difese. Ed acciò sia gagliardo, si deve primamente cercare ch’i fianchi siano grandi, e l’angolo delle faccie meno acuto che sia possibile: perciò che, sendo il fianco grande, la spalla si potrà fare più grossa; e quando l’angolo sarà meno acuto, meno facil sarà esser tagliato dal nimico. Ma perchè la grandezza de’ fianchi cagiona l’acutezza dell’angolo, o veramente fa che le difese non si possono pigliare se non lontane, però, per accommodarsi all’una ed all’altra cosa, bisogna tenere una strada di mezzo, come appresso si dichiarerà. Volendo fuggire l’acutezza del baluardo, è necessario sapere prima le cagioni le quali ci sforzano a farlo acuto, acciò le possiamo fuggire; e queste cagioni sono tre: la prima è l’acutezza dell’angolo sopra il quale si fabrica il baluardo; la seconda è quando il fianco è molto grande; la terza è quando le difese sono prese molto da presso, come nelle sotto scritte figure si vede.

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Dovendo, come di sopra si è accennato, i corpi di difesa difendere le cortine ed assicurarsi l’un l’altro, sendo che le difese si possono fare in due maniere, bisogna vedere quale è la più utile e da apprezzarsi. Le due maniere delle difese sono, o ficcando, o strisciando: e lo strisciare altro non è, che quando il tiro va paralello alla cortina o faccia che si difende; il tiro di ficco è, quando fa angolo sopra la faccia o cortina, toccandola in un solo punto. Ed essendo queste due maniere di difese molto diverse fra di loro, alcuni hanno stimato migliori quelle che strisciano, ed altri quelle che ficcano. I primi dicono, che la offesa delle scalate non può se non levarsi con tiro che strisci;nota perciò che quando alla cortina o faccia del baluardo saranno appoggiate le scale, la cannoniera che striscia ne può tagliare molte in uno sol tiro, dove che la cannoniera che ficca non ne può levare

5 [p. 31 modifica]se non una per volta: e per questo questi tali apprezzano più il tiro che strisci. Quelli che vogliono il tiro di ficco, si muovono a così giudicare, perchè il tiro che ficca è accomodato ed atto a levare l’offesa della zappa e piccone, la quale è grandissima e forse di più importanza di tutte l’altre; dove che il tiro che strisci, pur che il nimico abbia cavato in dentro nella cortina o faccia del baluardo

tanto che un uomo solo vi possa stare coperto, non può recare difesa alcuna, ma resta del tutto inutile: come per le contrascritte figure si può comprendere. Sonovi dunque ragioni dall’una e l’altra parte molto potenti. Potremo determinare, per supplire a l’uno ed all’altro bisogno, di fare che ci sieno cannoniere che ficchino, ed altre che striscino; come nella fabrica del nostro baluardo dimostreremo.

Dovendo ora mai venire a dichiarare il modo di descrivere le piante delle fortezze, con quelle misure e proporzioni che pareranno più atte a rendere la nostra fortificazione tale quale si desidera, prima che più oltre passiamo, è da avvertire, che non potendo noi disegnare in campagna aperta a nostro beneplacito tali piante, e per ciò volendole disegnare sopra una carta, tela, tavola, o altro spazio piccolo, fa di mestiero, che quelle braccia, piedi, o pertiche, con le quali vogliamo misurare la nostra vera fortezza, si riduchino a misure così piccole, che possino capire nella superficie piccola ch’aremo inanzi: e per questo s’usa fare la scala delle braccia, piedi, o altre misure che s’adoprano. Le quali misure, perchè non sono le medesime in tutti i paesi, e noi non possiamo parlare se non di una, ci serviremo ne’ nostri disegni del braccio comune toscano, la quarta parte del quale è quanto la infrascritta linea:


Avvertendo che, quando s’averà a misurare un recinto con altre braccia e misure, secondo che dette misure saranno o maggiori o minori delle toscane, si doverà proporzionatamente crescere o scemare [p. 32 modifica]il numero delle braccia ch’a ciascheduno membro della fortezza aremo assegnate: come, per essempio, se il braccio padoano fosse tanto più lungo ch’il toscano, ch’ogni quattro braccia di Padova importassero cinque braccia toscane, si doverà per ogni cinque braccia toscane scemarne uno; come, per essempio, se una faccia di un baluardo doverà esser cento braccia toscane, si farà ottanta braccia padovane.

La scala si deve formare in questa maniera. Considerisi, a un di presso, quante braccia può essere lungo il maggior diametro del recinto, che vogliamo disegnare; il quale, per essempio, sia due mila braccia: di poi si consideri la tavola sopra la quale vogliamo disegnare tal recinto, il maggior diametro della quale ci rappresenterà una linea di due mila braccia; e secondo tal linea pigliando la ventesima parte, questa ci rappresenterà una lunghezza di cento braccia; la quale se divideremo in dieci parti eguali, ci darà l’intervallo di dieci braccia; e questo di nuovo potremo dividere in dieci particelle, ciascuna delle quali importerà un braccio: e con queste misure formeremo i membri della fortezza, con le proporzioni che di sotto le saranno assegnate. E quando noi volessimo ridurre una pianta in forma maggiore o minore, come in maggiore il doppio, o minore la metà, faremo un’altra scala, ch’abbia le braccia maggiori il doppio, o minori la metà.

Dovendo venire a determinare le misure delle membra della nostra fortificazione, prima parleremo della cortina posta tra l’uno e l’altro baluardo: e di questa veramente non si può dare una misura determinata. E la ragione è, che s’io averò a fortificare uno recinto piccolo, le cortine tra l’uno e P altro baluardo verranno di necessità brevi; dove che, s’io volessi osservare la medesima proporzione in uno recinto maggiore, bisognerebbe moltiplicare un numero grande di baluardi. Però in questo caso bisogna regolarsi secondo la grandezza del sito, ed ancora secondo l’artiglierie che aremo in nostra difesa. Perciò che s’io avessi a difendere un sito con pezzi meno che reali, sarei forzato a moltiplicare i baluardi tanto, che le cortine tra essi non venissino troppo lunghe; ma questa maggiore o minore lunghezza di cortine non rilieva molto, atteso che la loro fortezza depende dal terraglio.

Venghiamo ora a trattare de’ fianchi: i quali si dividono in due parti, ciò è nella piazza da basso e nella spalla. La piazza da [p. 33 modifica]basso deve esser tanto larga, che ci sia spazio per due cannoniere, e per il merlone tra esse cannoniere: e per questo non vorrà esser

manco di ventiotto o trenta braccia, a volere che comodamente ci si possino maneggiare due pezzi d’artiglieria, e vi sia luogo per il bombardiero. La spalla ch’è quella che cuopre e difende la piazza da basso, per essere difesa importantissima, bisogna che sia tale, che, quando anco venga battuta dal nemico, le sue medesime rovine non si abbassino tanto che lascino la piazza scoperta, anzi rimanghino tanto alte che con l’altezza loro la ricoprino e difendino. E per ciò bisognerà che la grossezza di essa spalla sia più tosto più che meno di quaranta braccia; talmente che, tra la piazza e la spalla, verrà tutto il fianco largo settanta braccia e da vantaggio.

La scarpa è stata giudicata molto utile e necessaria alle muraglie delle fortificazioni moderne per molti rispetti. E prima, perchè, dovendosi terrapienare le muraglie, per il calcare e premere. che fa il terrapieno, facilmente la cortina si arrovescierebbe in terra, se dalla scarpa non fosse ritenuta. Oltre a ciò, quando per la batteria fosse rovinata la camiscia di fuori, se il terreno non restasse a scarpa, non si potrebbe per sè stesso sostenere, ma cascherebbe a basso. E utile ancora la scarpa per le batterie: perciò che, ferendo l’artiglieria a angolo obliquo, o, come si suol dire, a scancio, non si può così appiccare e fare effetto, come quando batte a angolo retto. Giova ancora la scarpa per rendere più malagevoli le scalate, sendo costretto il nemico appoggiare le scale molto lontane dal perpendicolo della [p. 34 modifica]muraglia, e per questo a pigliarle molto lunghe e disastrose a maneggiarsi. Quanto alla misura delle scarpe, bisogna avere gran riguardo

alla qualità del terreno con il quale si fa il terrapieno: perciò che se il detto terreno sarà arenoso e che non stia bene insieme, bisognerà fare la scarpa maggiore, acciò, quando venga battuta la cortina, possa il terrapieno sostenersi; ma se il terreno sarà forte e fisso, non occorrerà scarpa tanto grande. Ma per l’ordinario, quando il terrapieno è ragionevole, si costuma dare per ogni cinque braccia di altezza uno di scarpa. Si aiuta il terrapieno a sostenersi col piantarvi più ordini d’alberi, i quali, facendo presa con le radici, lo rendono più saldo e consistente. Ma quando s’avesse a fortificare un sito che per natura desse il terrapieno, come sarebbe qualche collina, per essere quivi il terreno, per natura e per lunghezza di tempo, tanto fisso che da per se si sostiene, ogni poco di scarpa è bastante. Occorre ancora alle volte fortificare di scarpa qualche muraglia antica, che, o per vecchiezza, o per gravezza di nuovo terrapieno, non fosse bastante a stare in piede: ed allora si fanno dalla parte di fuori alcuni contraforti, distanti l’uno dal? altro otto o dieci braccia, e questi si fanno a scarpa, e lo spazio tra l’uno e l’altro si riempie di terreno ben fisso e ben battuto, e tutto questo si veste poi d’una camicia; e questa è scarpa bonissima. La scarpa ordinariamente si fa sino all’altezza del cordone; e dal cordone in su, vogliono alcuni si faccia senza scarpa, ed altri vogliono che n’abbia un poco, ciò è la metà della prima: e questo stimo io essere meglio, perchè, oltre che vi farà minore effetto l’artiglieria, rende ancora più forte il parapetto; come appresso diremo, parlando del parapetto.

Quanto alla grandezza e grossezza della cortina, se noi vorremo determinarla, bisogna che consideriamo, come in tutte l’altre cose, il fine per il quale sono ordinate. La cortina, dunque, è fatta principalmente per sostegno del terrapieno: perciò che, quanto al resistere all’artiglierie, il terrapieno stesso sarebbe bonissimo senz’altra muraglia; ma perchè il terreno senza muraglia non si potrebbe fare che non avesse tanta scarpa, che senza altro non fosse sottoposto alle scalate sì di quelli di dentro come di quelli di fuori, oltre che la [p. 35 modifica]pioggia, quando non fosse vestito di muraglia, a poco a poco lo spianerebbe, però è stato necessario cingere il terrapieno d’una muraglia. La quale, quanto al reggere e sostenere il terrapieno, quanto più fosse grossa, tanto migliore sarebbe: ma per l’opposito, quanto alla batteria, quanto più saranno sottili, tanto migliori saranno. E la ragione è, che quando.il tiro percuote una muraglia sottile, la passa in un tratto, senz’intronarla o scuoterla, ne le fa altra offesa ch’il bucarla: ma quando la muraglia è tanto grossa che la palla non la passa, la scuote e commove in gran parte; per il che in brieve s’indebolisce tanto, che da sè stessa rovina. Però, sendo che per la batteria dovrebbe la cortina esser sottile, ma per il terrapieno più grossa, per accomodarsi, il più che sia possibile, all’una e l’altra cosa, si terrà una strada di mezzo, facendola più sottile che sia possibile, aiutandosi a sostenere il terraglio con la scarpa e con i contraforti: oltre che, facendola sottile, ci va manco spesa. Però, per quanto l’esperienza ne può mostrare, se da basso si farà grossa dalle tre braccia o tre braccia e ½ venendola assottigliando tanto, ch’ai cordone sia due braccia, e dal cordone in su un braccio e mezzo, doverà esser a bastanza.

Quanto poi all’altezza, è manifesto che, quanto più saranno alte, meno saranno sottoposte alle scalate, ed i difensori meglio scopriranno la campagna, essendo alti, e maggiore offesa arrecheranno al nimico; ma dall’altra parte, sendo troppo alte, oltre all’esser di maggiore spesa, vengono più deboli e più esposte alla batteria, per esser meno ricoperte dalla contrascarpa. Però, in questo ancora, bisogna eleggere una strada di mezzo; e questa da i più intendenti è giudicata una altezza di sedici braccia in diecisette dal cordone in giù, e dalle tre braccia alle quattro dal cordone in su.

Seguita ch’ancor diciamo del parapetto e de’ contraforti. Il parapetto è quella parte di muraglia che si fabrica sopra il terraglio dalla parte verso la campagna, la quale serve per ricoperta a’ difensori, acciò dal nimico non siano tolti di mira e levati dalle difese. Di questo parapetto, tutti gli autori convengono che non deve essere più alto di dua braccia e mezzo al più, acciò che i difensori, accostatisi, sopravanzino tanto sopra esso, che possano adoperarvi gli archibugi, e tal ora anco le picche, tal ora che il nimico li fossi sopra. Ed acciò che vi si possa più comodamente stare alla difesa, ci si fa intorno una panchetta alta mezzo braccio, e larga altrettanto o poco [p. 36 modifica]più; sopra la quale salendo i difensori, più commodamente scoprono la campagna, e vi maneggiano l’archibugio o la picca, e scaricato c’hanno, scendendo, col tornare uno passo a drieto, si cuoprono e si tolgono di vista al nimico. Quanto poi alla grossezza, alcuni sono stati di parere che solamente devono esser tanto grossi, che si possin difendere con la picca, quando il nimico fosse venuto alla scalata: ma questa ragione non ha in sè necessità; perciò che le picche si potranno adoprare ancora quando il nimico fosse in sul parapetto. Però, se si farà tanto grosso, ch’ancora che sia rovinato lasci a ogni modo le sue rovine così alte sopra il terrapieno che ricoprino i difensori, sarà fatto con miglior discorso. Però doverà esser la sua grossezza dalle quindici braccia in là; ed acciò sia più gagliardo, si fabricherà una camiscia dalla parte di fuori sopra la drittura della cortina, la quale non sia punto più grossa d’un braccio, ed un’altra se ne fa dalla parte di dentro simile alla detta, incatenandole insieme con alcune traverse di muraglia, riempendo li spazii di terra ben battuta, e facendovi sopra una coverta di mattoni per coltello, per difesa dalle pioggie e da’ giacci. E questa manifattura si farà al parapetto che deve star molto tempo sopra la cortina; ma quando non vi si facesse se non al tempo dell’aver a servirsene, basterebbe farlo di terra senz’altro.

Li contraforti sono alcuni pezzi di muraglia, che si appiccano dalla parte di dentro alla cortina, i quali con il loro contrapeso aiutano la cortina che non si arrovesci di fuore; ed oltre a ciò servono che, quando la cortina fussi battuta e rovinata, rimanendo essi nel terrapieno, lo terrebbono unito. Questi non si devon fare, come alcuni hanno creduto, più sottili dalla parte che appicca la cortina e più grossi dall’altra, anzi tutto all’opposito; [p. 37 modifica]perchè, quando la cortina fossi battuta e rovinata, rimanendo essi nel terrapieno, lo terranno più strettamente unito, avendo lo spazio tra di loro minor larghezza dalla parte di fuora che da quella di dentro. Però dove appiccano con la cortina, si faranno grossi circa quattro braccia, e si verranno assottigliando verso il terrapieno fino alla grossezza d’un braccio. La distanza da l’uno a l’altro non vorrebbe esser maggiore di quindici braccia; e la loro lunghezza dalla parte da basso di braccia otto, e dalla parte di sopra di braccia sei in circa.

Dobbiamo al presente dire della piazza da basso, e delle loro Cannoniere. E prima è da avvertire, che quanto le cannoniere della piazza da basso si faranno più basse e vicine al piano del fosso, tanto saranno più ricoperte dalla contrascarpa, e per conseguenza men vedute dal nemico; ed oltre a questo saranno migliori per difender la fossa, perciò che i loro tiri verranno strisciando il piano della fossa e quasi che di punto bianco. Dall’altra parte poi, il farle molto basse le fa soggette alle scalate; ma quello che più importa è ch’ogni poco di rovina che le sia fatta innanzi le accieca, ed ogni piccola trincea è bastante a coprire il nemico quando fosse entrato nella fossa. Però ancora in questo fa di mestiere tenere una strada di mezzo, facendole nè troppo alte nè troppo basse; che sarà, secondo il parere de’ più intendenti, se si faranno alte dal piano della fossa dalle sette alle otto braccia. Devesi, per difesa della cannoniera, a canto alla cortina fare uno risalto o spalletta, di un braccio in circa, la quale difenda la cannoniera, che non sia così facilmente imboccata. Tali cannoniere non si faranno di linee paralelle, ma di due linee curve o reflesse, le quali nel mezzo si stringhino tanto, che lascino uno aperto d’uno e mezzo sino in due braccia; e dalla parte di fuora, ed ancora da quella di dentro, si faranno larghe circa a cinque braccia. Sendo dunque la spalletta a canto alla cortina grossa un braccio, e le due cannoniera larghe dieci braccia, ed il restante del fianco a canto dell’orecchione circa a un braccio, rimarrà il merlone tra l’una e l’altra cannoniera lungo diciotto braccia: il qua! merlone, quanto più si farà grosso, meglio resisterà all’artiglieria; e quanto all’altezza, bisogna farlo tanto basso, che non occupi la piazza d’alto. La lunghezza delle piazze da basso deve essere tale, che vi sia spazio per la rinculata dell’artiglieria; e questo spazio non vorrà esser meno di trenta braccia. Si farà ancora una strada che vadi dall’una all’altra piazza da basso; [p. 38 modifica]e questo non solamente acciò che i bombardieri possino soccorrere l’uno e l’altro fianco, ma per condurvi ancora, bisognando, de’ pezzi d’artiglieria: e questa strada non vorrà esser manco larga di sette braccia, ed alta sei braccia.

Ci resta solamente a dire dell’orecchione: il quale alcuni hanno giudicato non esser necessario farlo sopra le spalle del baluardo, dicendo che, se bene cuopre le cannoniere da basso, è però cagione ch’ancora esse non possano scoprire il nemico e nettare la campagna. Ma questa loro ragione non è di molto momento; perciò che le piazze da basso non sono fatte per spazzare la campagna, ma sì bene per difendere la cortina, la fossa e la contrascarpa: però, quando l’orecchione non le vieti far questo, non può esser se non di difesa e d’utilità. Questo orecchione si fa sopra la spalla, dividendola nel mezzo e, fatto centro il punto della divisione, descrivendo un ½ cerchio. E perchè si è determinato che la spalla deve essere almeno quaranta braccia, l’orecchione verrà a sporgere in fuori venti braccia.

Resta che diciamo della fossa, della contrascarpa, della strada coperta, e dello spalto o argine che dire lo vogliamo. La fossa alcuni [p. 39 modifica]l’hanno fatta piana, ed altri l’hanno fatta pendente verso il mezzo, talmente che sia contenuta come da due argini, uno verso la cortina, e l’altro verso la contrascarpa: e questo secondo modo è migliore; perciò che quando bene il nemico ci venisse, non così prontamente si potrebbe maneggiare, anzi per la disugualità del sito sarebbe molto sottoposto alle offese; oltre che l’essere il fosso così pendente proibirebbe le scalate, non si potendo sopra un piano inclinato fermare le scale per appoggiarle alla cortina. Alcuni hanno costumato, nel mezzo di questa fossa fare un’altra fossetta tanto profonda, che, se si può, arrivi all’acqua, acciò che assicuri la fortezza dalle mine, e dia impedimento al nemico nell’accostarsi alla muraglia: e questa tal fossetta non può se non lodarsi; la larghezza della quale basterà che sia di sette o otto braccia. La larghezza poi del fosso in alcuni luoghi viene più stretta, ed in alcuni più larga; e più stretta viene in contro alle fronti de’ baluardi, e più larga incontro a quella parte della cortina ch’è sotto a’ fianchi. Però, nella sua minor larghezza, non vorrà esser meno di sessanta braccia. La contrascarpa poi è così chiamata per esser posta in contro alla scarpa della muraglia: la quale contrascarpa si farà tanto alta che, insieme col parapetto della strada coperta, ricuopra la cortina, al meno fino al cordone. Per sostegno della contrascarpa, quando il terreno non sia a bastanza forte, si deve fare un muro sottile, quanto basti per sostenere il terreno. La strada coperta si fa sopra la contrascarpa: e questa deve essere tanto larga, che vi sia luogo capace da scorrervi sette o otto fanti in fila. Questa strada si ricuopre con uno parapetto alto da essa tre braccia o poco più, facendovi la panchetta attorno alta due terzi di braccio in circa. Fuori di questo parapetto vi si fa l’argine, che a poco a poco vadi declinando verso la campagna, talmente che da quelli che saranno [p. 40 modifica]in su la cortina venga quasi che strisciato; e questo tale argine si domanda spalto: il quale con il suo pendìo viene a coprire di maniera la cortina, che il nemico, volendola battere, è costretto o a tagliare detto spalto o contrascarpa, o vero alzarsi con cavalieri al piano della campagna; l’una e l’altra delle quali cose le apportano non piccola difficoltà.

Si è detto di sopra, che il fare le cannoniere delle piazze di sotto basse e vicine al piano del fosso, sarebbe molto utile per avere i tiri che strisciassero il piano della fossa; ma poi l’esser così basse, le rende molto sottoposte all’esser acciecate e scalate; e per questo rispetto si è concluso, che non si devono fare così basse. Ma quando pure noi volessimo che il nostro fianco avesse le difese basse, si potrà sotto le cannoniere fare la casa matta con due o tre feritoie, dalle quali con archibugioni, moschettoni, falconetti, si possa difendere la fossa. Ma è da avvertirsi che, per essere le case matte luoghi racchiusi, il fumo è di grandissimo impedimento a chi vi sarà dentro: però si doverà fare a ciascheduna il suo camino o sfogatoio, il qual vadi sopra il merlone; e si farà largo un braccio per ogni verso.

Sèguita che noi diciamo delle parti che sono dentro alla cortina, cioè del terrapieno, della sua salita e della strada dal terrapieno all’abitato. E tutto questo spazio è stato chiamato pomerio, ma, al mio parere, corrottamente; perchè io non ci troverei etimologia alcuna: per il che giudico che si debba dire pomenio, quasi post moenia, ciò è dietro ed a canto le mura. Questo pomenio, come ho detto, contiene il terraglio, la sua salita, e la strada tra il terraglio e l’abitato. Il terraglio, è cosa chiara che quanto più sarà largo, tanto più sarà gagliardo per resistere alla batteria, ed ancora più capace per i defensori e per potervi, al bisogno, adoperare qualche pezzo d’artiglieria; però, potendosi, non si doverà far men largo di quaranta braccia: e la sua salita quanto più sarà dolce, tanto sarà [p. 41 modifica]meglio, per potervi da tutte le parti speditamente salire; ma quando ciò non si possa fare, vi si faranno alcune salite per traverso. La strada poi a canto il terrapieno basta che sia tanto larga che vi si possa andare commodamente con fanteria, e cavalleria ancora, quando fosse di mestiero scorrere per soccorso da un luogo a un altro. Questa vorrà esser larga venti o venticinque braccia.

Avendo detto delle misure del baluardo, difesa principale delle fortezze, resta che noi diciamo delle piatte forme e cavalieri, che vengono connumerate nel secondo luogo. Le piatte forme, dunque, per non esser difesa così reale come il baluardo, non si faranno se non costretto dalla necessità; e quando pure si debban fare, si faranno più gagliarde che sia possibile. La piatta forma, quanto alla figura, è simile al baluardo, salvo che è più stretta e sporge meno in fuori: per il che non si potrà nelle sue piazze da basso fare altro che una cannoniera sola, perciò che chi ne volesse far due, sarebbe costretto a farle la spalla tanto sottile, che riuscirebbe del tutto inutile. Però si farà il fianco della piattaforma lungo circa cinquanta braccia; delle quali se ne daranno 18 per la larghezza della piazza da basso, e le altre si daranno alla spalla, sopra la quale si farà l’orecchione, come al baluardo. E perchè la piazza d’alto viene assai stretta ed accosto alla cortina, non si potrà fare il suo parapetto così grosso come al baluardo, perchè non vi rimarrebbe piazza; però si farà grosso solo 12 braccia. L’altre misure, della scarpa, dell’altezza de’ contraforti, e simili, saranno le medesime che nel baluardo.

Il cavaliero che si fa tra due baluardi, alcuni l’hanno fatto venire con la faccia dinanzi al pari della cortina; e questo acciò possa scoprire le fronti de’ baluardi: ma alcuni altri l’hanno fatto dentro, lasciando fra il cavaliero e la cortina spazio assai capace; e questo acciò che, essendo battuto, per esser una machina più alta della [p. 42 modifica]cortina, le sue rovine non caschino nella fossa e la riempino; oltre che, il lasciare strada fra il cavaliero e la cortina dà il transito innanzi e in dietro a quelli che la difendono. E per questo stimo esser meglio il farlo dentro alla cortina, e più presto alzarlo un poco più, acciò che scuopra le fronti de’ baluardi. A questo cavaliero si faranno due cannoniere per fianco, le quali scuoprino la campagna; ma nella faccia dinanzi sarà bene non vi far cannoniera alcuna, perciò che verriano tanto scoperte, che senza difficultà sariano imboccate. L’altezza del cavaliero deve esser tanto più che quella della cortina, quanto basti a scoprire la campagna e travagliare sì il nimico, che non possa, con ogni piccola ricoperta di trincea o altro, venire in su la fossa: però non doverà alzarsi sopra la cortina meno di sette o otto braccia.




Si è6 nella parte di sopra ragionato, quali sieno i più opportuni modi per assicurare le città e fortezze dalle forze de’ nemici. Ora in questa seconda parte, per l’opposito, dobbiamo ragionare de i modi d’offendere ed assalire le medesime fortezze. Tra’ quali modi si connumerano le batterie, le scalate, gli assalti, le mine, la zappa, ed altri, come nel progresso si vedrà. Ma tra tutti, il più forte ed inevitabile e sicuro pare che sia quello della marra, quando si possa mandare ad effetto, ciò è che si possa sicuramente venire sotto le mura della fortezza. Però prima parleremo del modo di condursi sicuramente in su la contrascarpa, e di quivi nella fossa sotto le mura. [p. 43 modifica]

Il qual modo non è altro, che con strade coperte, o trincee che dir le vogliamo, venire avanti. Sono le trincee alcune strade o fossi, cavati nel terreno e ricoperti dall’argine che col terreno cavato se li fa, per li quali si viene accostando alla fortezza: e si deve, nel mettere ad effetto tali trincee, avvertire di non le drizzare per linea retta verso qualche parte della fortezza, onde possine da’ difensori esser scoperte e vedute, perciò che con i loro tiri proibirebbero il poter dimorar in esse trincee. A questo inconveniente hanno voluto alcuni por rimedio con fare le trincee oblique e tortuose, e non per linea dritta: il qual modo veramente ha maggior sicurezza, ma non è però in tutte le sue parti totalmente sicuro; perciò che, almanco in alcune svolte, si resta veduto e scoperto da quelli della fortezza. Però altri, ed al parer mio con miglior consiglio, hanno fatto le trincee per linea dritta, ma volte in parte onde non siano scoperte da’ difensori della fortezza; sì come nell’essempio contrascritto si vede.

Quanto poi al far sicuramente, si deve tener quest’ordine. Prima si osservi diligentemente, dal luogo dove deve cominciare la trincea, secondo qual dirittura bisogni farla, acciò che non venga scoperta da’ difensori: il che fatto, si comincierà di notte a cavare secondo quella dirittura, facendo una stradetta larga circa dua braccia, gettando il terreno che si cava verso la città o fortezza, lontano da essa strada quattro braccia in circa, acciò che tra essa strada e la terra pur ora gettata rimanga spazio di potervi gettare l’altro terreno che, nello affondare ed allargare la strada, si caverà. Con questo lavoro si anderà in una sol notte più avanti che sarà possibile; e si farà, a ogni sette o otto braccia, una buca profonda due braccia ed altrettanto larga per ogni verso; ed in ciascuna d’esse si lascierà un uomo, il quale, e dalla profondità della buca e dal terreno gettato verso la fortezza, verrà ricoperto. Questi uomini si lascieranno di [p. 44 modifica]giorno in queste buche; i quali potranno cavare la trincea e ben lavorare al sicuro. La profondità della trincea sarà, come si è detto, dal piano della campagna due braccia e mezzo in circa: ma perchè il terreno, che si cava, si getta poi in su l’argine, le due braccia e mezzo cavate importeranno più di cinque dall’altezza dell’argine; perciò che la fossa della trincea si doverà fare larga circa sette braccia, tanto in bocca quanto in fondo, e la grossezza dell’argine da basso verrà circa sei braccia, e manco ancora nella sommità. Con questo modo ci condurremo, lavorando sicuramente, fino in su la contrascarpa: di poi, perchè non così facilmente si potrà lavorare nella fossa, dimostreremo qui appresso con qual modo si debba con sicurezza venire dalla contrascarpa sotto la muraglia.

Sendo dunque arrivati su la fossa per condurci sotto la muraglia, il più sicuro e spedito modo sarà questo. Prima si taglierà la contrascarpa fino al piano della fossa: di poi, per poter uscir fuori di tal tagliata, si comincierà a spingere in fuora una balla di lana o vero un gran fascio di legname, e questo con prestezza si cercherà di coprire di terra; e nel medesimo modo, uscito che si sarà con questa prima balla o fascio, si uscirà con il secondo, caminando verso l’orecchione del baluardo; e con simil modo si uscirà ancora caminando verso l’angolo del baluardo; abbracciando con queste due trincee tutto quello spazio della faccia del baluardo ch’aremo in animo di voler zappare. E così, messa che sarà la prima balla, ci servirà per ricoperta nel metter la seconda; e tutto quello spazio, che resterà tra l’uno e l’altro di questi argini di balle o fascine, si anderà cavando più a fondo che si potrà, gettando il terreno sopra detto argine, alzandolo ed ingrossandolo il più che sarà possibile: perciò che questo deve esser riparo a tutte l’offese circostanti, ciò è a i tiri de i fianchi, all’impeto delle sortite, ed all’offese delle case matte; avvertendo sempre gli espugnatori, ch’in tutti que’ modi, che possono, tenghino [p. 45 modifica]levate le offese d’alto, perciò che a queste le trincee della fossa poco possono far riparo. Le quali offese d’alto si torranno via, o col battere e rovinare il parapetto, onde i difensori non possino affacciarsi in su la cortina; o vero col tenere continovamente archibusieri a posta presso alla contrascarpa, ricoperti da qualche trincea; o veramente (e questo sarà forse il miglior modo) col fare qualche cavaliero rilevato alla campagna e talmente situato, che possa battere per cortina tutti que’ luoghi, onde l’assalitore ne potesse esser offeso e molestato. E perchè non si è altrove di sopra dichiarato questo termine di battere per cortina, è necessario, per maggior intelligenza, dichiararlo. Dico dunque, ch’il battere per cortina altro non è ch’il fare un cavaliero, o altro luogo rilevato nella campagna, di dove si possa scoprire qualche parte del parapetto, o cortina, dalla parte di dentro, e batterlo con l’artiglierie piantate in sul cavaliero.

Séguita che parliamo delle mine: la quale è offesa violentissima, ma però molto fallace, e che molte volte non si può usare, per esser la fortezza, o per arte o per natura, assicurata da esse mine: per natura, se sarà circondata da acque; per arte, se vi saranno fatte le contramine quando si fabricò, o veramente se si faranno quando si dubiterà che la fortezza non sia minata. Ma quando essa mina si conduce ad effetto, non è alcun dubio che opera con grandissima violenza e con gran rovina. Queste mine si fanno con cave sotterranee; per le quali cave si va sotto un fianco d’un baluardo, o sotto qual si voglia altro edificio, che si voglia minare. Perciò che, condotta che si sia la cava al destinato segno, allargandosi quivi in maggior ampiezza, vi si pongono molti barili di polvere; dalla quale si parte con un solco di polvere, e, tornando in dietro per la medesima strada che si tenne in fare la mina, dandoli poi il fuoco, con notabile rovina si spiana ed atterra qualunque e quanto si voglia gagliardo edificio. Ma per condursi al luogo destinato, si averà qualche difficoltà: perchè dovendosi lavorare sotto terra, se non si usa gran diligenza, facilmente si smarrirà la dirittura, e si perderà la via di condursi al luogo desiderato; ed in questo errore via più facilmente s’incorrerà, quando non si potrà fare la cava per linea retta; il che molte volte accader à, per molti e diversi impedimenti. Però, prima che passiamo ad altro, fa di mestiero che dimostriamo il modo [p. 46 modifica]con il quale, caminando sotto terra, ci possiamo condurre al luogo disegnato.

Quando dunque si sarà determinato di voler fare la mina, e da che luogo sia di mestiero cominciarla, primieramente si comincierà a cavare una buca a guisa d’un pozzo, la quale vada giù a perpendicolo; e questa si farà tanto profonda che, caminando poi sotterra verso il luogo che s’intende minare, s’abbia a camminare a livello, senza avere a salire o scendere: perciò che, quando non s’andassi innanzi equidistantemente all’orizonte, la cava riuscirebbe corta, nè ci condurrebbe sotto il luogo proposto. Similmente, si deve avvertire di camminare innanzi per linea retta, senza torcere a destra o a sinistra, se già, come di sopra si è accennato, con qualche impedimento non ci si proibisse; al quale impedimento poco appresso troveremo rimedio. Fatto dunque il pozzo con debita profondità, si piglierà la distanza per linea diritta dal pozzo al luogo che si vorrà minare: la qual distanza bisogna che sia presa molto esquisitamente; però, potendosi accostare al luogo destinato, si misurerà con filo esattamente; quando che no, sarà di mestiero con qualche istromento da pigliar distanze, sì come a suo luogo insegneremo, prendere detta lontananza. La quale presa, si osserverà, dal luogo donde s’incomincia la cava, nella bussola, quanti gradi declini la linea retta, dal principio della cava al luogo destinato, dalla linea meridiana; la qual declinazione, presa che sia esquisitissimamente, si manterrà sempre nella strada sotterranea, acciò non si venisse deviando a destra o a sinistra. Ma quando si trovasse qualche impedimento, come sarebbe qualche pozzo o simil altro ostaculo, e che non ci fosse conceduto il procedere avanti dirittamente, allora si declinerà a destra o a sinistra, secondo che più ci tornerà commodo; avvertendo di torcersi sempre ad angolo retto, acciò più facilmente si possa arrivare al luogo destinato. Il che si potrà fare in due maniere. La prima delle quali sarà come nella seguente prima figura si vede: che volendo noi andare per linea retta dal punto A all’F, avendo ritrovato l’impedimento X, si torcerà, come si vede, secondo la strada BC ad angolo retto; di poi s’anderà inanzi, secondo che si vede, dal C al D, tanto che giudichiamo che basti per sfuggire l’impedimento X: di poi si tornerà secondo la DE, pure ad angolo retto, facendo la distanzia DE uguale alla CB. Il che fatto, sarà il punto E ritornato in su la medesima dirittura AF, e si sarà [p. 47 modifica]caminato inanzi tanto, quanto è la distanza CD; e seguitando alla medesima dirittura dal punto E al punto F, si arriverà al luogo destinato. L’altro modo si farà come nella seconda figura si vede: ciò è, quando saremo con la cava arrivati all’impedimento X, usciremo in S fuori ad angolo retto secondo la strada BC, la quale si farà tanto lunga che basti per sfuggire esso impedimento; quando poi saremo B nel luogo C, volendo per la più breve condurci al luogo destinato D, potremo andare per linea retta. Ma qui è necessario avvertire due cose: l’una è, che la medesima declinanaione della bussola non ci potrà servire nella, cava CD, che ci arebbe servito potendo seguitare secondo la dritta strada ABD: la seconda è, che la distanza dal punto C al punto D sarà maggiore della distanza BD; e tanto più sarà grande, quanto più la BC sarà lunga. A questa seconda difficoltà, ciò è del trovare la distanza CD, si rimedierà in questa maniera: prima si considererà quanta era tutta la distanza ABD, la quale ponghiamo, per essempio, che fosse quattrocento braccia; delle quali si tragga la distanza AB, la quale suppongo che sia cento braccia, di maniera che resterà la distanza BD trecento braccia; le quali braccia 300 si multiplichino in sè medesime, che faranno novanta mila. Di poi si multiplichi in sè medesima la distanza BD; la quale ponghiamo che sia quaranta braccia, che multiplicate in sè stesse fanno 1600: e questo numero si congiunga con il 90000, ed aremo 91600: del qual numero ne piglieremo la radice quadrata, la quale è circa 303: e tante braccia saranno dal punto C al D. E con questa medesima regola si procederà sempre. Per trovar poi la differenza della declinazione dalla linea meridiana tra la cava BD e la CD, si farà in questa maniera. Prima si disegnerà un triangolo rettangolo simile al triangolo BCD, ciò è il quale abbi i lati secondo le proporzioni delle tre distanze BC, CD, DB; il che si farà facilmente sopra un foglio o vero sopra una tavola, con l’aiuto della scala simile a quella con la quale abbiamo disegnato le piante delle fortezze. Fatto questo, si accommoderà la bussola sopra la linea BD, di maniera che si vegga la declinazione di essa linea BD dalla linea meridiana: di poi s’accomoderà l’istessa [p. 48 modifica]bussola sopra la linea CD, osservando la sua declinazione dalla medesima linea meridiana; la quale declinazione, osservata diligentemente, sarà quella medesima che si deve osservare nel fare la cava CD, per condursi al luogo determinato, senza errore.

Arrivati che saremo al luogo destinato, si darà principio a far il forno: il quale altro non è ch’una piccola stanzetta a guisa d’una volta, nella quale va posta la polvere. Questo forno si farà di figura e grandezza diversa, secondo che si vorrà rovinare diversi edificii:

perciò che se vorremo rovinare una parte d’una cortina, il forno si deve fare più lungo che largo, facendo venire la sua lunghezza sotto la lunghezza della cortina, e la larghezza che corrisponda alla grossezza della cortina; ma se vorremo minare qualche corpo di difesa d’altra figura, come sarebbe un fianco o vero una fronte d’un baluardo, allora si potrà fare il forno poco differente circa la lunghezza e la larghezza. Quanto poi alla capacità e grandezza sua, ci dobbiamo regolare secondo che la fabrica da minarsi sarà più o meno gagliarda: e se si farà detto forno che sia circa a quattro braccia per ogni verso, sarà di grandezza mediocre. Questo si deve d’ogni intorno armare di tavoloni grossi due o tre dita, acciò assicuri la polvere dall’umidità.

Di poi si spargerà nel fondo di detto forno un suolo di polvere alto circa a quattro dita; di poi s’empierà il forno di barili di polvere, della più fina e gagliarda che si faccia. Fatto questo, si ordinerà lo stoppino con che si vuol dar fuoco: e questo ancora, per assicurarlo dall’umidità, si metterà in un canale di piastra di ferro, facendoli molti fon, acciò lo stoppino non venga a suffogarsi e spegnersi. Ma acciò che la mina non venga, quando sia accesa, ad essalare per la cava fatta, si terrà questa maniera. Quando con la cava saremo vicini a] luogo, che s’intende minare, circa a 12 o 14 braccia, non si seguiterà più di fare la cava della mina per linea retta, ma si andrà torcendo con due o tre volte, come nella sottoposta figura si vede:7 di poi, quando sarà accommodata la polvere e lo stoppino, si verrà riturando benissimo la cava, intraversandola con pezzi di travi e con terra ben battuta e serrata. E perchè il fuoco non fa forza se non per linea retta, le svolte lasciate alla bocca del forno, con quei sodi che tra esse saranno, faranno grandissima resistenza all’impeto del fuoco. Devesi ancora [p. 49 modifica]avvertire di fare che la parte superiore del forno sia la più debile, acciò che il fuoco, non trovando dalle bande dove rompere, più facilmente spinga all’in su, levandosi in capo tutto quello che troverà; e così venga la mina a non esser fatta in vano, ma a far l’effetto.

Essendosi trattato delle trincee e delle mine, che sono mezzi assai importanti all’espugnazione delle fortezze, seguita al presente che trattiamo dell’espugnazione più principale e più sicura dell’altre: la quale si fa con l’aprire per forza di batteria una parte del recinto, alla quale, aperta che sia, si venga poi con violento assalto, per penetrare dentro al recinto ed impadronirsi della fortezza. Per esser dunque questa maniera d’espugnazione molto importante, di essa più diffusamente e minutamente ragioneremo; dimostrando il modo come si devano condurre le artiglierie sotto la fortezza, come si devano ordinare, in che maniera si abbino a tener difese, a qual parte della fortezza si devano dirizzare, e finalmente, fatta che sia la batteria, in qual maniera si debba venire all’assalto.

Ma prima, inanzi che procediamo ad altro, mi pare a proposito parlare alquanto intorno a una disputa curiosa che corre tra alcuni che fanno professione di bombardieri periti: la quale è, s’è meglio piantar l’artiglieria alla muraglia, che si vuol battere, più vicina che sia possibile; o pure, se stando lontana per una certa distanza, verrà a far maggior effetto ch’essendo molto vicina. E la cagione di trattar di ciò è il sentire, ch’alcuni hanno per opinione, anzi pur nella mente loro come per cosa certissima, che l’artiglierie faccino maggior passata stando a una certa determinata lontananza, che se fossero più vicine: la qual opinione, ancor che abbia infiniti fautori, non resta però che non sia falsa, ed in un certo modo ridiculosa; sì come la esperienza, a chi far la vorrà, può far manifesto, e la ragione, a chi con retto giudizio discorrerà, può persuadere. Perciò che, sendo il moto della palla un moto violento, chi dubiterà che, separata che sia dal suo movente, non vadi sempre perdendo di forza? Ma intorno a questo in altro luogo, e più diffusamente, si parlerà: e ritornando all’investigare se la batteria si deve fare più da vicino che si possa, o pure a una certa determinata lontananza, veggiamo se vi sono alcune ragioni per le quali si debba stare alquanto lontano; atteso che, se si dovesse aver risguardo solamente all’effetto della percossa, chiara cosa è, che quanto [p. 50 modifica]più l’artiglieria sarà da presso, con tanto maggior violenza ferirà ed aprirà la muraglia; in tanto che se si potesse accostare la bocca del pezzo, che toccasse il muro, senza dubbio alcuno farebbe grandissima rovina, e sarebbe questa una specie di mina. Ma se l’artiglieria sarà piantata molto vicina alla muraglia, verrà, in un certo modo, più sottoposta all’uscite improvise del nimico; il quale, venendo con buon numero di soldati per la strada coperta ad assalire li bombardieri e li aiutanti, vi sarà qualche pericolo, che l’artiglieria non sia inchiodata. Il qual pericolo si sfuggirà ordinando la batteria più lontana: perchè, quando bene l’inimico esca, non può venir così all’improviso (dovendo caminare per buon spazio, inanzi che si conduca all’artiglierie), che non dia tempo di soccorrerle con parte dell’essercito e ributtare il nimico. Dall’altra parte, se la batteria sarà piantata assai lontana, verrà ad esser più soggetta all’offese, ch’i difensori del parapetto con artiglierie e moschettoni li potranno fare: dove che, se la batteria sarà posta vicina alla muraglia, i difensori, volendo batterla per rompere e scavalcare l’artiglieria ed ammazzare i bombardieri, saranno costretti alzarsi molto sopra ’l parapetto, se vorranno poter tòr di mira quelli che saranno intorno alla batteria; il che sarà cagione che quei di fuori, che stanno pronti per levar le difese, potranno più facilmente offendere i difensori e rompere l’artiglierie, le quali, dovendosi tirare d’alto a basso, verranno con le parti di dietro elevate assai sopra il parapetto. Aggiungesi a questo ancora, che quando la batteria sarà piantata vicino alla muraglia, l’artiglierie de i difensori, non potendo tirarli se non di ficco, meno la potranno molestare che quando fosse piantata più lontana: perciò che quando il tiro non va radendo e spazzando la campagna, poco effetto può fare, non offendendo se non in un luogo solo. Considerate dunque le commodità ed incommodità che s’hanno a piantar la batteria più lontana o più vicina, si può conchiudere che il porla vicina sia molto meglio; e tanto più che, se sarà piantata lontana, facendo i tiri minor effetto, oltre alla maggior spesa, ci vorrà tanto più tempo, che facilmente i difensori aranno commodità di far dentro alla muraglia le solite ritirate e ripari con altri forti; il che raddoppierà la fatica de gli assalitori, e forse la tardanza d’essi darà tempo di poter chi che sia soccorrere la fortezza.

Piantata dunque che sarà la batteria, è credibile ch’i difensori, [p. 51 modifica]vedendo il soprastante pericolo, non siano per perdonare a fatica alcuna, anzi si esporranno ad ogni gran risico, per proibire il suo intento al nimico; per lo che non mancherà di raddoppiar le offese, acciò molesti e travagli di maniera i ministri che assisteranno all’artiglierie, che non possine mettere ad essecuzione essa batteria. Onde sarà di mestiere, che gli assalitori ancor essi faccino ogni opera, col moltiplicar l’offese, di proibire a i difensori l’affacciarsi a nessun conto sopra il parapetto: e ciò si farà, oltre a gli archibusieri ordinarii che sotto la trincea stanno levando le offese, con l’alzare, da l’uno e da l’altro fianco della batteria, il terreno, piantandovi poi sopra alcuni pezzi d’artiglieria, li quali continovamente attendono a molestare chiunque ardisce affacciarsi sopra ’l parapetto; e quando ciò non bastasse, ottimo rimedio sarà il fare uno o due cavalieri, i quali scuoprino dentro della fortezza, e battine per cortina quella parte che s intende d’aprire con la batteria. Di maniera che tutta la batteria, ordinata con le sue difese, sarà come nella sottoposta figura si vede: nella quale per le lettere A, B, C si denotano l’artiglierie


della batteria; i due cavalieri D, E sono quelli che, sendo posti per fianco alla batteria, proibiscono con i lor tiri l’affacciarsi al parapetto; dall’uno e l’altro di questi cavalieri si tirerà una [p. 52 modifica]trincea sino alla batteria, acciò sicuramente si possa scorrere da essi alla batteria secondo il bisogno; il cavaliero segnato F è quello sopra il quale va piantata l’artiglieria che batte i difensori per cortina, come per le linee tirate si vede; da questo cavaliero parimente al cavaliero D sarà fatta una trincea, come si vede la GH, la quale tenga difesi e ricoperti quelli che, per soccorrere in ogni occasione il cavaliero F, avessero a scorrere tra esso e la batteria. E sì come si è fatto il cavaliero F dalla parte sinistra, così se ne potrà fare un altro dalla parte destra. E questo è quanto appartiene all’ordinanza della batteria.

Resta che veggiamo quali sorte d’artiglieria siano più al proposito per far la batteria. Nel qual caso dico che, se s’averà a battere forti di terreno senza muraglia, si doverà adoprare cannoni petrieri con palle di pietra; perciò che nel battere il terreno, il quale più facilmente si passa che la muraglia, non sono necessarii tiri così violenti come nella muraglia. Ma si deve avvertire, nel batter forti di terreno, di cominciar a batter tant’alto, quanto le palle dell’artiglieria sarà bastante a portar via del terreno, e così, calando a suolo a suolo, venire rodendo e consumando a poco a poco il forte; che se si cominciasse a batter da basso, le palle ci si sotterrerebbono dentro, ed in cambio di disfarlo si verrebbe a maggiormente fortificarlo. Ma in si averà a battere una muraglia, a me piacerebbe assai che prima con cannoni petrieri si tirassero alcune botte nella parte che s’intende di rovinare; le quali botte non vorrei che passassero la muraglia, ma solamente la scotessero ed intronassero, acciò che venisse a rendersi più pronta alla rovina: di poi dirizzerei buon numero di colubrine e di cannoni di gran passata, e questi, aggiustati un braccio o due sotto il cordone, farei scaricare nel medesimo instante, che così verrà facilmente tagliata la muraglia; la quale, sendo stata prima intronata, se ne verrà al basso, e, con le sue rovine facendo una gran scarpa, agevolerà la salita per venire all’assalto. E quando queste prime rovine non si alzassero tanto, che pareggiassero quella parte della cortina che fosse restata in piedi, bisognerebbe far un’altra batteria da basso, acciò finalmente venisse aperta la strada all’assalto.

Ma in questo luogo non è da passar sotto silenzio un dubio di grandissima importanza e di non piccola difficoltà: il quale è, se sia meglio battere una parte della cortina tra l’uno e l’altro baluardo, o [p. 53 modifica]pure volger la batteria ad una faccia del baluardo; perciò che in questo caso sono stati diversi i pareri. Che se noi vogliamo aver risguardo alla facilità dell’aprire la muraglia, chiara cosa è che in più breve tempo, con minor spesa e travaglio, s’aprirà una parte della cortina ch’un baluardo, per essere quivi il terraglio men largo; e similmente questa strettezza del terrapieno non darà campo a i difensori di fare altra ritirata ch’al piano della fossa, nè verranno ad essere a cavaliero al nimico: dove che, se si batterà il baluardo, non si potrà mai tanto consumare, che non rimanga piazza a i difensori di far la ritirata, e, restando a cavaliero al nemico, rifortificandosi di nuovo, rendergli l’assalto più difficile. Dall’altra parte, se si aprirà la cortina, nel venire all’assalto saranno gli assalitori molto esposti all’offese: perciò che, oltre all’offese che gli verranno fatte per fronte, i due fianchi de’ baluardi convicini con frequenti tiri d’artiglieria gli saluteranno stranamente; e quando anche averanno penetrato dentro alla cortina, se la fortezza sarà con ragione fabricata, non ci mancheranno altri fianchi che grandemente gli offenderanno. Vero è che questi danni si potrebbono in parte scemare, col battere non nel mezzo della cortina, ma a canto al fianco de l’uno de’ baluardi: perciò che l’offese di questo non potrebbono far niente, per essergli l’inimico troppo sotto; e l’offese dell’altro baluardo, per la maggior lontananza, opererebbono manco. Considerate dunque le difficoltà dell’una e l’altra parte, io non risolverei che si battesse la cortina, se io non fossi certo di potere accecare i fianchi e rendergli inutili: ma in questo caso assalirei la faccia del baluardo, perchè qui sarei sicuro di non avere altra offesa che quella che mi venisse fatta per fronte; la quale cercherei di tor via con cavalieri che, e per fronte e per cortina, battessero, in maniera il baluardo, che non fosse permesso a i defensori lo starvi senza estremo risico.

Aperta finalmente la muraglia, resta che si venga all’assalto: il che non deve però esser fatto a caso e temerariamente; ma, prima che vi si venga, bisogna esser molto circospetto, acciò non si esponesse buon numero de’ migliori soldati a morte manifesta. Per lo che deve il capitano dell’artiglieria comandare che si vada a riconoscere e diligentemente considerare la batteria, e quali pericoli vi siano: perciò che è credibile che i difensori, quando viddero la batteria, s’andassero preparando e fortificando di nuove difese, e forse che apparecchiassero [p. 54 modifica]qualche inganno occulto all’inimico, quando fosse per venire all’assalto. Devesi dunque mandare buon numero d’archibusieri, i quali, scaramucciando, saglino sopra le rovine della batteria, e diligentemente osservino quali ripari abbia, di nuovo, dentro fatto il nemico: perciò che tal volta si fanno nuovi forti di terra con fianchi forniti d’artiglieria, i quali mettono in mezzo l’apertura della batteria; fannosi ancora grandi fosse entro le quali si ascondono fuochi artificiati, e, quando il nemico è sceso nelle dette fosse per passarle, si accende il fuoco con grandissimo danno di esso. Però, se ci saranno simili impedimenti, bisognerà torgli via avanti che venire all’assalto: perciò che, altrimenti facendo, sarebbe un esporsi a troppo evidente pericolo. Se dunque vi saranno fosse, e che si dubiti che vi sia nascosa materia per ardere gli assalitori, si deverà rimediarvi, o col dargli fuoco prima che si venga all’assalto, o col condurvi tanta quantità d’acqua che n’assicuri dallo incendio. Ma se i difensori con nuova ritirata si saranno rifortificati, bisognerà che gli assalitori, per non si esporre alla furia de gli archibusi, moschettoni ed artiglierie, cerchino dalla parte di fuori d’alzarsi con cavalieri; sopra de’ quali piantata l’artiglieria, possa guastar l’opere dell’inimico e levarlo dall’offese. E quando tutte queste cose saranno ordinate, e saranno rimossi i pericoli, allora si spingerà l’essercito nella fossa; nella quale, se la scesa non fosse così commoda, si rovinerà ed arrovescierà la contrascarpa per far scala a gli assalitori: e finalmente si verrà all’assalto.

Tentate che saranno tutte le maniere di render soggetta la fortezza con repentino sforzo, se il tutto sarà stato vano, non volendosi gli assalitori vergognosamente partire dalla incominciata impresa, non gli resterà altro ricorso che all’assedio, con il quale, e con la lunghezza del tempo, possa domare quelle forze che alle subite violenze hanno potuto contrastare ed opporsi. Però in questi brevi discorsi, dove delle diverse maniere di espugnare e soggiogare le fortezze si ragiona, diremo ancora qualche cosa dell’assedio.

L’assedio, dunque, altro non è che il vietare l’uscita a i difensori della fortezza, e l’entrata alle cose necessarie al vivere, talmente che essi finalmente, costretti dalla fame ed indebolite le loro forze, siano costretti a rendersi. Per il che si deve porre diligente cura, che niuno de gli assediati esca e si parta dal luogo assediato: perchè è cosa [p. 55 modifica]chiara che gli assediati, se le sarà permesso di mandargli in luogo sicuro, caveranno della fortezza o città assediata tutte le genti inutili ed inette al combattere, come donne, vecchi, fanciulli, acciò che, scemate le bocche, possino per più lungo tempo, senza mancamento di vettovaglia, sostenere l’assedio. Anzi si deve tanto stimar il proibire l’uscita a gli assediati, ch’alcuni con sottile inganno, volendo assediare qualche città, hanno cominciato a poco a poco, con qualche scorsa di cavalleria, a dar la fuga a i castelli e ville circonvicine, gli abitatori delle quali, spauriti, si sono ritirati, come in sicuro luogo, alla città; di poi, quando sono state sgombrate e vòte di genti le dette ville, allora con più grosso essercito hanno gli espugnatori posto l’assedio alla città, la quale, accresciuta di popolo e non di vettovaglia, è stata sforzata a rendersi per fame in non molto tempo. Ma in tal caso due cose mi par che siano d’avvertirsi: l’una è, che tali scorrerie siano fatte in tempo che le ricolte siano ancora alla campagna, acciò che gli abitatori si ritirino alla città vota di munizioni, le quali restino a gli assedianti: l’altra è, che si consideri qual multitudine di gente sia nella città, e quale da i luoghi circonvicini vi possa concorrere; e se il numero sarà tale che possa contrastare con gli assedianti, si deve andare molto avvertito di non accrescere talmente le forze della fortezza, che ne possino poi i difensori uscire in campagna e ributtare il nemico.

Nello stringere poi la fortezza con l’assedio, si è costumato procedere in due maniere: l’una si è con uno assedio alquanto più largo, e l’altra con assedio strettissimo; l’una e l’altra delle quali maniere al presente si dichiarerà.

Nell’assedio, dunque, più largo si occupano i passi principali intorno alla fortezza, per i quali passano le strade maestre; e quivi si fanno bonissimi forti, lasciandovi a ciascheduno buone guardie di cavalleria e fanteria, le quali vigilantemente custodiscono i passi, nè permettono che sorte alcuna di cose appartenenti alle vettovaglie e munizioni sia trasportata verso il luogo assediato: ed oltra a ciò, per maggiormente assicurarsi ch’i suoi medesimi, tratti dall’avarizia e dalla ingordigia del guadagno, non transferischino cosa alcuna nella fortezza assediata, si mandano gride e bandi capitali per quelli che ardissero a recare alcuna sorte di soccorso a gli assediati. Ed in queste proibizioni è necessario esser severissimo, ed in un certo modo crudele, mostrando a gli altri, col punire capitalmente i primi [p. 56 modifica]delinquenti, quanto ne sia a cuore l’esser ubbiditi; e massime in simili casi, dove l’allungamento del tempo importa assaissimo, dando comodità a gli amici de gli assediati di porgergli molte sorte d’aiuti.

Nell’assedio più stretto, e che veramente si può domandare assedio, prima si faranno intorno alla fortezza, che s’intende assediare, grandissime tagliate, e si spazzerà e raderà in maniera la campagna, elle non sia lecito, senza esser scoperti, uscire e travagliare per il paese. Di poi si faranno forti di terra intorno a essa fortezza; e di questi sarà necessario farvene tanti, che la fortezza venga da tutte le parti circondata, facendogli distanti l’uno dall’altro non più di due terzi di miglio in circa, e lontani dalla fortezza tanto che non possino essere dall’artiglierie di lei travagliati: alla fabrica de i quali forti di gran comodo ci saranno i legnami dalle tagliate raccolti. E l’esser così, come si è detto, lontani dalla fortezza, oltre a l’assicurargli dall’artiglieria nemica, farà che gli assediati, volendo uscire a combattere, saranno costretti a venire in parte dove non possino dalla loro artiglieria aver aiuto, e per l’opposito riceveranno gran danno dall’artiglieria avversaria; anzi, quando anche gli assediati per fronte, ed altri alle spalle, gli assalissero, potranno con la sola artiglieria reprimere gli assediati, e con l’essercito farsi incontro a gli assalitori. In questa maniera di assedio, come nell’altro ancora, e più, se più si potrà, si doverà esser vigilante ed avvertito, che alcuna sorte di soccorso non passi dentro alla fortezza; anzi, se sarà possibile, oltre il levargli il soccorso della vettovaglia,, si cercherà di torgli l’acque ancora, derivando in altra parte i fiumi che per essa fortezza passassero, e privandogli dell’acque de i pozzi e de i fonti, col fare fosse profonde sino sotto il piano di essi pozzi, ed usando gli altri argomenti ch’a ciò fare parranno più opportuni. Sono anche stati alcuni che hanno cercato d’avvelenare o putrefare l’acque, che la fortezza irrigano o circondano; per la quale putrefazione l’aria corrotta ancora ha arrecato mortalissime infermità a gli assediati, dalle quali indeboliti, ed estenuati dal digiuno, sono stati finalmente costretti a rendersi. [p. 57 modifica]

DEL FORTIFICAR DI TERRA


Perchè di sopra si è fatta più volte menzione di far forti di terra, utili e necessarii e per le difese delle città e per l’espugnazione ancora, è necessario in questo luogo darne qualche istruzione; e ciò si deve tanto più fare, quanto che a i muratori ordinarli non è così noto il fabricar di terra come di muraglia. E però, quando s’averà a fortificare di muraglia, basterà solamente dare al capomaestro de’ muratori il disegno della fortezza con le sue misure; ed esso poi, come persona prattica, saprà benissimo quali materie, istrumenti ed operazioni saranno necessarie per mandar ad essecuzione la disegnata fabrica: ma il lavorar di terra è cosa più da soldato che da muratore. Però alquanto diffusamente dimostreremo quali stromenti, quali materie e che ordine si deve tenere nel fabricar di terra.

E prima, quanto alla forma della fortezza, si devono osservare le medesime misure, formare i fianchi e cavar le difese nell’istesso modo, che se s’avesse a fortificar di muraglia. Perciò che allora solamente si fortifica di terreno, quando per la brevità del tempo non ci è permesso il murare. E prima, avanti che più oltre passiamo, per esser meglio intesi, dichiareremo alcune materie ed alcuni istrumenti necessarii all’opera nostra.

E circa la materia, quella di che noi ci serviremo più, saranno alcune piote di terra erbosa, cavate di praterie o argini; la qual terra, per esser contesta con le radici dell’erba, è molto fissa, e fa bonissima presa, tutta volta però che non sia arenosa o troppo bagnata. Queste piote si devono cavare e tagliare secondo una delle figure, che si veggono notate per A, B, C; le quali sono figure ch’insieme si commettono e scambievolmente si sostengono. Ma perchè non in tutti luoghi si truova comodità d’avere le predette piote, come sarebbono i luoghi montuosi, allora si deve far buona provisione di terra da far mattoni; e questa, ben trita e netta da i sassetti, s’impasterà con acqua, mescolandovi entro [p. 58 modifica]pula di grano, o veramente fieno trito, o paglia battuta, o vero cime di scope; o, potendo avere scotolatura di lino, sarebbe eccellentissima: e di questo terreno si formeranno, in forme simili a quelle de i mattoni, alcuni pastoni grossi un quarto di braccio e lunghi due terzi in circa; come nelle figure segnate EF, GH. Si farà ancora gran provisione di scope, vero altri legnami sottili e forti, come castagni o rovere, e che siano verdi: e di questi se ne piglieranno quanti con una mano se ne possono abbrancare, e tenendo con una mano forte la parte più grossa, io con l’altra si torceranno ed avvolgeranno insieme; di poi si piegheranno e doppieranno destramente, avvolgendoli pur tuttavia; e piegati che siano, si legheranno con ginestre e salci. E queste si domandano manocchie; come si vede nelle figure K,LM.


Di queste se ne prepara gran quantità, acciò che siano pronte per quando si mettano in opra. Sono ancora molto buoni, per tale essercizio, alcuni manipoli o manaiuole, che se le dichino: le quali si fanno di scope legate insieme in fascetti, con ginestre o giunchi, in due luoghi vicino alla parte più grossa, ciò è dove sono tagliate, e dall’altro capo si lasciano sparse, come nella figura NO si vede; e questi manipoli si fanno grossi quanto con una mano si può capire. Bisogna poi, per raffilare i pastoni [p. 59 modifica]e le piote, avere alcuni coltellacci grandi, come si vede il coltello P. In oltre, per battere i pastoni e le piote, acciò s’unischino bene insieme, bisogna avere alcune mestole di legno gravi e dure, come per la figura Q si vede. Per nettare poi la terra da i sassi, si averanno rastrelli di ferro, come si vede nella figura R; per assodare poi e battere la terra, si averanno de’ pilloni o pistoni, come si vede il pistone S; e per spianare ed assodare insieme il terreno, si averanno delle mazzeranghe, come si vede nella figura T. Oltre a queste cose, è necessario avere quantità di corbe e corbelli per portare il terreno; e così zappe, zapponi, vanghe p. e pale. Sarà ancora necessario aver buon numero di gabbioni, fatti come la figura V, i quali, pieni di terra, si possono mettere in cambio di parapetto: e similmente gabbioni quadri, simili alla figura Y, similmente pieni di terra, si [p. 60 modifica]potranno accommodare per menoni e parapetti nelle piazze da basso. Fannosi ancora alcuni graticci, simili alla figura X, di castagno; i quali si potranno accommodare, in cambio di piote e pastoni, dalla parte di dentro.

Avanti che venghiamo alla fabrica particolare del forte di terra, sarà molto a proposito che noi dichiariamo la regola di fare il quarto buono; ch’è uno stromento da poter ordinar le scarpe secondo la proporzione che vorremo. Però si deve pigliare una tavola, la quale per ogni verso sia un braccio, come è nella figura ABCD; e se vorremo dare di scarpa un quarto, un quinto, o vero un sesto, per braccio, si dividerà la linea DC in quattro, cinque, sei parti: come nell’essempio si vede, dove noi supponghiamo voler dare per ogni braccio d’altezza un quarto di scarpa; però abbiamo divisa la linea DC in quattro parti uguali, una delle quali è la CE. Tirisi di poi dal punto B al punto E la linea BE, e seghisi via il triangolo BEC: e perchè sia più comodo tale istromento ad esser maneggiato, si taglierà via la metà ADFH. Segnisi poi la linea IK ad angoli retti sopra la BH, e nel punto I si accomodi il filo con il perpendicolo, come si vede per le lettere IK; il quale, nell’usar lo stromento, si farà batter giusto secondo la linea IK. Quando in poi vorremo dare il giusto pendio alla scarpa, averemo un regolo diritto e saldo lungo circa quattro braccia, una delle estremità del quale si accosterà in terra a canto alla corda, che sarà di già tirata nel disegnar la pianta; e tenendo esso regolo diritto, se gli accosterà il lato del quarto buono BE; di poi, inclinando o alzando esso regolo, si ridurrà a segno, che il perpendicolo batta giusto sopra la linea IK: [p. 61 modifica]ed allora il regolo averà la debita inclinazione e pendío di un quarto per braccio come nell’altra figura appresso si scorge. E questo ci servirà per regola e guida in proporzionare la scarpa della nostra fabrica in tutte le sue parti con uguale inclinazione.

Ordinate che si saranno tutte le soprascritte cose, si tireranno le corde secondo il disegno della pianta, la quale, come altra volta si è detto, deve in tutte le sue parti osservare le medesime proporzioni e misure che nel far di muraglia. Di queste corde se ne tireranno duo, una per di fuori al recinto della fortezza, e l’altra di dentro; e si porranno lontane l’una dall’altra quattordici braccia. Di poi si comincierà a cavare il terreno tra l’una e l’altra corda, profondandosi fin che si truovi il terreno sodo e fisso da poter reggere tutta la fabbrica. Di poi si comincierà a riempire, alzandosi in su di mano in mano, ma più dalla parte verso la corda esteriore, talmente che la superficie del terreno venga piovendo all’indentro, ed abbia per ogni braccio di larghezza un quarto di pendío. E quando si sarà arrivato al piano della campagna, tra le due prime corde se ne tireranno tre altre, ad esse e tra di loro parallele; e la esteriore di queste si tirerà lontana dalla prima di fuori cinque braccia, e l’altre due si tireranno, infra di loro e dalle altre, lontane tre braccia: e si pone la prima distanza delle cinque braccia, maggiore dell’altre, per amor della scarpa che si deve dare alla fabrica. Di poi si averanno quantità di pali grossi più che la coscia d’un uomo, e lunghi dalle 14 braccia in circa; de i quali pali se ne devono piantare cinque ordini, rasente le corde ultimamente tirate, lontani l’uno dall’altro tre braccia: avvertendo, nel piantarli, che non s’incontrino in fra di loro talmente, che quattro di essi prossimi comprendessino una figura quadrata; ma più tosto si ordineranno per scancío, in maniera che tra quattro di essi rimanga la figura che si domanda romboide: come nella seguente figura si vede. Devesi ancora molto bene considerare, ch’i pali siano diritti e senza nodi: perchè, come appresso diremo, ci vanno intrecciati tra l’uno e l’altro alcuni altri legni, e ad essi pali vanno legati; e perchè il terreno postovi, col tempo cala ed avvalla, se i pali fossero nodosi, non lascierebbono scorrere le incatenature, e per conseguenza la fabrica rimarrebbe cavernosa e debile. Per questo rispetto ancora si avvertirà che siano diritti e piantati a perpendicolo; e nel [p. 62 modifica]piantargli basterà ficcargli nel terreno solamente tanto che si sostengano diritti, perchè poi, nel tirar inanzi la fabrica, vengono continuamente a sotterrarsi maggiormente.

Ordinati i pali come si è detto, si pianteranno alcuni regoli appresso la corda dalla parte di fuori, dandogli la pendenza in dentro con il quarto buono, la quale si farà o maggiore o minore secondo la qualità del terreno: perchè, dove la terra è ghiarosa o arenosa, bisogna darle più scarpa, che dove l’è tenace e fissa. Accomodati i regoli, si tirerà un filo tra l’uno e l’altro, equidistante al piano, acciò che il lavoro venga sempre per tutto al pari. Di poi si comincierà a metter le piote, ponendo sempre la parte erbosa per di sotto; e si avvertirà di commetterle bene insieme, il che ci sarà facile con l’aiuto del coltellaccio P, tagliando dove bisogna: e messo che si sarà un filo di piote, si batteranno con la mestola Q, acciò meglio si spianino ed accostino l’una all’altra. Messe che si saranno le piote intorno intorno, si metterà nel mezzo d’esse terra ben trita e sottile, levandone i sassi con il rastrello R, con il quale si distenderà ugualmente: di poi con il pilone S si anderà battendo ed assodandola per tutto egualmente, avvertendo che la non sia nè più alta nè più bassa delle piote, e vada pendendo all’indentro come il suolo di sotto: e [p. 63 modifica]come la sarà assodata con il pilone, si spianerà con la mazzaranga T. Fatto questo, si metterà un altro filare di piote, accomodandole al filo di fuori, battendole e spianandole come l’altre; di poi vi si metterà l’altro suolo di terra, spianandola ed assodandola, col pilone prima, e poi con la mazzaranga. Fatto questo, si accommoderà un altro filo di piote, col terreno di dentro, al modo già detto. Di poi, con cavigli di legname lunghi un braccio, s’anderanno conficcando con un maglio per forza le piote l’una sopra l’altra. Si piglieranno poi delle frasche, di scopa, se sarà possibile, se non, d’altro legname, purchè siano dure, ne più grosse d’un dito, ma più lunghe che sia possibile; e queste s’anderanno distendendo per il traverso sopra il terreno e piote di già accomodate, mettendo la parte più grossa verso di fuori, e le vette verso la parte di dentro: e per riempirne tutta la larghezza delle 14 braccia, ci se n’anderanno distendendo dell’altre, applicando il ceppo delle seconde sopra le vette delle prime; avvertendo che siano ugualmente spianate, senza rilevare più in un luogo ch’in un altro, e mantenghino quella pendenza all’indentro, della quale di sopra si è parlato. Ordinate in questo modo le fascinette, si copriranno le teste delle prime, dalla parte di fuori, di malta fatta con terra tenace, simile a quella che s’adopra in vece di calcina nel murar di terra; metterassi di poi sopra dette frasche intorno intorno, verso la parte di fuori, un altro filare di piote, dentro al quale, come nell’altro luogo si è fatto, si anderà riempendo di terra trita, spianandola prima col pilone, e di poi con la mazzaranga: avvertendo diligentemente di non alzar mai la terra, che si mette dentro, più che le piote; ma si farà bene che, quando la sarà pilata e rassodata, sia a punto al piano delle piote. E con quest’ordine si anderà alzando il terreno, mettendo ad ogni terzo filare di piote un suolo di fascine, e ad ogni cinque suoli di fascinette una incatenatura; tal che tra l’una incatenatura e l’altra saranno quindici filari di piote. Queste incatenature si faranno di legni grossi come la gamba d’un uomo, mettendogli l’uno sopra l’altro a guisa d’una ingraticolata, facendo che ne gli angoli de i quadretti venghino i pali che si piantorno per diritto. Questi legni dell’incatenatura si conficcheranno nell’intersecazioni loro con cavicchi di corgnolo o di simile altro legname: ma non si conficcheranno già con i pali piantati per diritto, anzi si lascieranno liberi, acciò che senza ostaculo possino scorrere di su e di giù, per il rispetto [p. 64 modifica]che di sopra si è detto; ciò è, acciò che il terreno, che gli sarà posto sopra, possa calare, insieme con esse incatenature, unitamente e senza impedimento: perciò che i pali che si mettono per diritto, non si mettono ad altro uso, se non acciò che il bastione nel calare non s’arrovesci all’infuora. Le incatenature averanno ancor esse la medesima pendenza all’indentro che si è data al terreno, come di sopra dicemmo. E con tal ordine si anderà alzando il bastione, interserendo ad ogni terzo ordine di piote un suolo di fascine, e ad ogni quinta fascinata una incatenatura. Lo spazio poi, che sarà dalle 14 braccia in dentro, si anderà riempendo e terrapienando di terreno senz’altri sostegni. Quando poi saremo arrivati all’altezza di 14 braccia in 15 dalla parte di fuori, che è il luogo dove anderebbe il cordone quando si fabricasse muraglia, in vece di cordone si metteranno intorno intorno alcune doccie di legname o di terra cotta, le quali, rigirando intorno intorno il forte, riceveranno l’acque che cascheranno dal parapetto, acciò non vadino in su la scarpa e la dilavino. A queste doccie, ad ogni dieci o 15 braccia, si accomoderà un’altra doccia o canale, che, attraversando il forte, porti verso le parti di dentro l’acqua che si ridurrà e raccoglierà nella doccia esteriore; la quale acqua si smaltirà per di dentro in pozzi o fogne da smaltire. Dalle doccie in su si comincieranno a mettere altri filari di piote, ma solo si darà un ottavo per braccio di scarpa, mettendo, come nell’altro lavoro, ad ogni terzo filare di piote un suolo di fascine; ma non si metteranno già incatenature:

e questa seconda fabrica si alzerà due braccia sopra le doccie; come si vede nel profilo sottoposto, dove A sono le doccie, ed AB l’altezza di due braccia, con un ottavo per braccio di scarpa. Quando poi saremo arrivati a quell’altezza, che sarà dal piano del fosso 16 braccia in 17, si spianerà per tutto a livello; come si vede per la linea BC. Dove si piglierà dal punto B in dentro braccia 10, che sarà dal punto B al punto C, e si tirerà intorno una corda lontana, come si è detto, dalla parte di fuori braccia: lungo alla qual corda si ficcheranno pali lunghi 6 braccia e grossi come il braccio d’un uomo, de i quali la metà va ficcata sotto terra e l’altra metà riman sopra, e la distanza tra l’uno e l’altro d’essi non sarà più di mezzo braccio; di poi tra essi si intreccieranno vimini di castagno; facendo questa altezza delle tre braccia a guisa d’un graticcio, che servirà per la pelle di dentro del parapetto, quale sarà alto sin al punto I. Di poi [p. 65 modifica]lo spazio BCI si riempirà di terra bonissima, battendola ed assodandola più che sarà possibile; avvertendo di non alzar punto dalla parte B, ma di lasciare lo schiso pendente secondo la linea IB: il qual schiso si anderà covertando di piote, mettendo l’erba dalla parte di sopra, acciò meglio venga conservato il parapetto; avvertendo che le piote siano benissimo commesse insieme. E con quest’ordine si anderà circondando tutto il recinto.

Fatto questo, si accommoderanno i letti per l’artiglierie in questa maniera. Si prenderanno nella sommità del parapetto alcune lunghezze di venti braccia l’una; di poi si misureranno all’indentro altre venti braccia, che saranno la lunghezza del letto; di poi con graticci, simili a quelli del parapetto, si armeranno dall’una e l’altra parte essi letti, facendogli pendenti verso la parte di dentro: come si vede nella figura prossima di sopra DFE, la quale ci rappresenta un letto. Tra l’uno e l’altro letto ci si lascia uno spazio di dieci braccia per gli archibusieri, facendovi la sua panchetta; come nella medesima figura si vede FGH. E nel fare i letti si userà diligenza, nel riempiere tra l’uno e l’altro graticcio, di pigliare terreno che sia fisso, battendolo e spianandolo bene; ed oltre a ciò, nella parte di sopra, quando si averanno ad adoperare l’artiglierie, si spianeranno tavoloni grossi [p. 66 modifica]tre dita, sopra i quali cammino l’artiglierie, acciò che non si ficchino nel terreno.

Nel formar poi le piazze da basso, si disegneranno prima con le corde; di poi, lungo le corde, si accommoderà e fabricherà la pelle di fuori di piote, ed all’indentro per lo spazio di 6 braccia si anderà lavorando con fascine e terreno ben battuto, lasciandogli la sua scarpa di fuori. Ed in quelle parti di esse piazze da basso che verranno ricoperte, nè saranno viste dalla campagna, si potrà, in cambio di piote, per sostegno del terreno di dentro, adoperare graticci. Il merlone, similmente, si farà, dalla parte di fuori, di piote ben commesse ed accommodate.

Ma quando non s’avesse commodità di piote, sarà di bisogno in quel cambio di servirsi di pastoni: i quali si adopereranno in questa maniera. Lungo il filo dalla parte di fuori si metterà un filare di manocchie, mettendo la parte piegata a canto ’l filo, ed il restante per di dentro; e sopra tutto sieno accommodate egualmente; e tra esse si metterà terra ben trita, e vi si assoderà sopra con piloni e mazzeranghe; avvertendo che detta terra vi sia sparsa sottilmente, e solo tanto che la spiani. Di poi, sopra vi si metterà un suolo di pastoni, i quali da l’una e dall’altra testa si conficcheranno con cavicchi, come si disse delle piote; e di dentro si metterà della terra, assodandola e spianandola sin al pari de’ pastoni; e poi si metterà un suolo di manocchie, spianandole benissimo ed egguagliandole con della terra; si metterà in oltre un altro suolo di pastoni, tenendo ’l medesimo ordine già detto; ed ad ogni due mani di pastoni si distenderà una fascinata, ed ad ogni tre fascinate una incatenatura, seguitando in tutto il restante l’ordine medesimo che quando si adoperavano le piote.

Con quest’ordine di piote o di pastoni si fabricheranno i corpi di difesa e le cortine, non meno circa alle terre ch’in campagna, chiùdendo a torno a torno e’ luoghi fortificati con ordine e regola, di maniera che venghino per tutte le parti guardati, non altrimenti che nel fortificare di muraglia le città e le terre si è detto: avvertendo, nel far di terra, ancora di sfuggir al possibile gli angoli acuti, accostandosi alle figure che siano di molti angoli e lati, tuttavolta che dal sito ci sia conceduto, nè ci manchi uomini ed artiglieria da poterli guardare. Avvertir assi ancora che siano talmente posti che non [p. 67 modifica]abbino a torno luoghi rilevati, che vi siano a cavaliero; perchè questo sarebbe di grandissimo nocumento. Devesi ancora con ogni avvertenza sfuggire ch’intorno al nostro forte non siano luoghi bassi, che da esso non siano scoperti. Abbino in oltre commodità d’acque: il che è di grandissima importanza; perchè, se bene questi forti sono fatti per assediare altre fortezze, può nondimeno tal volta occorrere che siano assediati loro; parimente, quando fossero fatti per difesa della fortezza principale, occupando qualche luogo che potesse esser commodo al nimico, sendo tali forti disgiunti dalla principal fortezza, fa di mestiero che da per sè stessi abbino almeno le cose necessarie, perchè ancor essi corrono il medesimo risico d’essere assediati, battuti, zappati, e minati. Ed in questi, che fossero fatti per difesa della città, si deve ancora usar maggior diligenza ch’in quelli che si facessero per assediare altri luoghi; perchè a i fatti per assediar altrui, basta che non possino esser battuti dentro da luoghi più rilevati. Nel restante, non hanno a servir ad altro che per una ritirata a gli assedianti, quando gli sopravenisse una carica, o gli fosse di bisogno ritirarsi in luogo forte, dove potesse star al sicuro quattro o sei giorni, sin che gli venisse nuovo soccorso: pure, quando si dubitasse che il forte non potesse esser soccorso se non doppo un mese o maggior tempo, allora bisognerebbe usar di maggior diligenza, facendogli attorno la sua fossa e la spianata, acciò scuopra attorno per tutto.

Le figure, finalmente, particulari si faranno secondo la disposizion del sito: pure se ne disegneranno qui appresso alcune di semplici linee, qualcheduna delle quali si potrà accommodare al nostro sito; o al meno da tante diverse figure se ne potrà cavare una, da quelle diversa, ch’al nostro sito s’accommodi. Avvertendo che fra le figure appresso ce ne saranno alcune di linee reflesse, le quali non si metteranno in opera se non in qualche improvisa necessità; ma, avendo tempo e luogo, si faranno i suoi fianchi reali: sarannoci ancora delle piante e disegni di figure di pochi lati, postici non perchè s’abbino a metter in opera, ma acciò che, veduta e conosciuta la loro imperfezione, si possino sfuggire. [p. 68 modifica]


Triangoli equilateri


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Triangoli equicruri e scaleni


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Rombi


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Romboidi


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Quadri


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Dalle figure poste di sopra si potrà comprendere quali fortificazioni siano da sfuggirsi, e quali si possino metter in uso. Perciò che nei triangoli equilateri posti da principio, per aver essi tutti gli angoli acuti, non ci si può accommodar sopra corpi di difesa; come si vede nel triangolo 3, sopra del quale vengono tre baluardi acutissimi e sproporzionati. E se si faranno due linee reflesse in vece della fronte del baluardo, per non s’avere a spingere tant’in fuori, come si vede nel numero 4, sarà fortificazione dannosissima: perchè, oltre alla [p. 75 modifica]acutezza, le difese vengono sempre da alto; e se le linee del triangolo si refletteranno in dentro, o vero vi saranno tirate sopra linee reflesse, come si vede nel numero 4, s’abbraccierà pochissima piazza, e gli angoli verranno tanto acuti, che con poca fatica potranno esser tagliati; ma se le si spingessero in fuori, come al numero 6, sariano un poco meglio, ma non però in tutto da eleggersi. Il medesimo avverrà alle figure al n.° 2, n.° 5: che, se bene l’una ha mezzi baluardi con i fianchi, e l’altra baluardi intieri, venendo le difese delle faccie, de’ baluardi, e mezzi baluardi, dalle cortine e non da’ fianchi, vengono a non mancare d’imperfezione. E quando pure fosse di necessità fortificare un simil sito triangolare, al parer mio, la meno imperfetta fortificazione sarebbe quella del n.° 5. Ne’ triangoli rettangoli e ne gli ottusiangoli nascono le medesime imperfezioni e maggiori ancora, per aver alcuni angoli più acuti di quegli del triangolo equilatero; come nelle figure al n.° 7 ed al n.° 8 si vede. I rombi ed i romboidi, nelle parti dove sono gli angoli ottusi ricevono fortificazione perfetta, ma patiscono imperfezione ne gli angoli acuti; come alle figure del n.° 9 e n.° 10 si vede. I quadrati ed i tetragoni lunghi sono i migliori di tutte le forme quadrilatere, per aver i quattro angoli retti, dove i baluardi posti di sopra vengono meno acuti che quelli che sono formati sopra angoli minori che retti; come si vede alle figure 11. I trapezii, dove hanno gli angoli retti o ottusi, sono accommodati all’esser fortificati; ma perchè vi sono di necessità de gli angoli acuti, in questa parte rimangono imperfetti: come per le figure 12, 13, 14 si vede.

Oltre alle già dette figure, si sono poste altre piante di fortificazioni, fatte intorno a figure irregolari; che così è di mestiero il più delle volte fare, per accommodarsi al sito: le quali piante ci aiuteranno assai per imparar il modo di fiancheggiare qualsivoglia recinto, tal mente che non vi resti parte alcuna senza difesa.

E questo basti per questa breve instruzione all’architettura militare.



  1. Il cod. B reca, a pie’ del testo, le due seguenti note, di mano di Giovanni Vincenzio Pinelli: «Il rivellino propriamente è tondo, ed alcuna volta abusive si chiama torrione». — «Il torrione propriamente è di forma quadra».
  2. Il cod. A inserisce questo glossema: «il quale è costituito (aggiungi, per distinguerlo dalla piatta forma, su l’angolo esterno) da due fianchi e due faccie, ecc.».
  3. Il cod. A: «....ritirata, intende de’ simplici Cavalieri si posson....»; con glossema ed omissione del soggetto «I cavalieri», a cui il glossema stesso si riferisce.
  4. Nel cod. B manca l’inciso «perchè.... minor effetto».
  5. In ambedue i codici: ficchi.
  6. II cod. A premette (pare, d’altra mano) questo titolo: «Seconda parte, ove l’autore ragiona de’ modi d’offendere ed assalire le fortezze».
  7. La figura manca in ambedue i codici.