Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/La Nuova Stella dell'ottobre 1604/Consideratione Astronomica circa la Stella nova dell'anno 1604

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Consideratione Astronomica circa la Stella nova dell'anno 1604, di Baldesar Capra. - Con postille di Galileo

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Consideratione Astronomica circa la Stella nova dell'anno 1604, di Baldesar Capra. - Con postille di Galileo
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CONSIDERATIONE ASTRONOMICA


CIRCA LA STELLA NOVA DELL’ANNO 1604


DI


BALDESAR CAPRA




CON POSTILLE DI GALILEO.




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CONSIDERATIONE


ASTRONOMICA


Circa la noua, & portentosa Stella


che nell’anno 1604. adi 10.


Ottobre apparse.


CON UN BREVE GIUDICIO

delli suoi significati.

Di Baldesar Capra Gentil'homo Milanese

Studioso d'Astronomia, & Medicina.



IN PADOVA, M.dc.v.

Nella Stamparia di Lorenzo Pasquati.

Con Lic.de Sup.

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Al Molto Illustre Signor Zio & Patrone Osservandissimo


IL SIGNOR


GIO: ANTONIO DALLA CROCE.





Non altrimente che Elia, quale nel deserto ellevando l’occhij al Cielo, soleasi dolere d’essere rimaso solo cultore dil vero Iddio, et conservatore della vera religione; io nel deserto di questo mio voluntario essilio dalla patria più volte mi son condoluto, credendomi per la cecità de’ nostri tempi essere solo amatore & defensore delle2 scientie matematiche contro dell’ignoranti calumniatori. Ma finalmente si come dalla Divina bontà fu ad Elia risposto, che si dovesse consolare poscia che non era solo vero fedele, havendosi Iddio reservati sette milla homini, che non si erano contaminati nella idolatria dell’Idolo di Baal, così io mi persuasi non essere solo protettore delle mathematiche, fra tutte le scientie certissime, & massime ricordandomi io, quasi come per nube haver V.S. per Zio3, nel quale rispondono a colmo tutte le virtù, & il desiderio insieme, che li virtuosi sijno essaltati. Consolato adonque per questo fui più ardito in prendere l’impresa di parlare di sì monstruoso portento4, et in parte ancora di rifiutare quello era stato proposto contro li mathematici: acciò poi consacrando questo, a benchè picciol frutto, de’ miei studij a V.S. potessi darmeli a conoscere per Nipote5 & fedele servitore. Vengo dunque a [p. 290 modifica]pregarlo voglij benignamente riceverlo come dalle mani di chi cordialmente l’ama, il che facendo mi darà animo di apparechiare alla giornata maggior cosa di questa. Non tralascierò già di dire, che se si considera la persona, a chi quest’operetta è dedicata, overo se si considera la materia di che tratta dovea per ogni ragione esser descritta in lingua latina come più eccellente et degna; ma perchè chi oppose alle mathematiche scrisse in nostra materna lingua forsi a fine di mettere apresso li ignoranti questa scientia in sospetto, già che nelle persone scientiate non potea cadere tal dubio; però V.S. mi haverà per iscuso6, se volendo che ogniuno conoschi le oppositioni fatte esser dì niun rilievo ho io ancora scritto in lingua volgare. Et per che io riconosco in lei quella humanità et sincerità, che in tutti li suoi antecessori risplendea non sarò più lungo in offerirle queste mie fatiche, o in escusarmi di qualche mia imperfettione; ma humilmente basciandoli le honorate mani, li pregarò da Nostro Signore il colmo dil vero bene.

Di Padova alli 16. Febraio. 1605.


Di V.S. molto Illustre


Nipote & Servitore Affettionatissimo

Baldesar Capra.




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CONSIDERATIONE ASTRONOMICA


CIRCA LA STELLA NOVA DELL'ANNO 1604.




Mentre io dubioso andavo pensando se a me convenisse scrivere qualche cosa di questa portentosa & non più osservata ascititia Stella, che nel mese d’Ottobre dell’anno 1604 apparse; mi s’appresentavano molte ragioni, chi mi persuadevano a farlo, per che havendo sostenuto tante fatiche, vigilie & in commodi si del corpo come della mente per diligentemente osservarla, & conoscere il suo vero loco, & natura, havendo ancora fatte non poche spese in fabricare instromenti per tale operatione; mi parea cosa conveniente ancora mostrare alli amici & altri che consapevoli erano delle mie fatiche, che non erano state getate al vento, ma mi haveano arrecata & contentezza & utilità, havendomi confirmato in quella opinione, che molte volte in altri legendo solevo amirare. Ma dall’altra parte mi atteriva il vedere si acerba contraditione tra li Philosophi naturali, & mathematici: volendo questi, che la maggior parte delle comete, et tutte le simili Stelle si generino nel Cielo si stellato, come delli altri pianetti, & quelli negando al Cielo ogni alterazione persistono nella loro opinione, che si generino nella parte ellementare; credendo fare grave scorno ad Aristotele se contra la sua opinione alcuna cosa admettessero, come più non convenisse ad un Philosopho naturale l’investigare le cause delle cose, che il diffendere l’opinione del suo maestro, & massime in cosa già confirmata due volte & diligentemente osservata. Mentre dico ero di questo fra me dubioso, havendo veduto che l’Eccellentissimo Sig. Galileo, nelle sue dotte lettioni, che di questa Stella alli giorni passati publicamente fece, non havea voluto apertamente dechiararsi circa il tempo dell’apparitione di questa Stella, nè circa il loco qual sotto il Zodiaco possiede, ma così confusamente disse che si ritrovava in circa 18 gradi di sagittario con quasi doi gradi di latitudine boreale; mi diede alquanto d’animo sperando io di potere più scrupulosamente, doppo la consumatione di questa ascititia Stella dechiarare quello, che in generale (non so per che causa) era stato proposto. Quel poco d’animo poi si fece [p. 292 modifica]ardentissimo desiderio, che mi forzò a più presto essequire quello havevo deliberato, havendo veduto un Discorso publicato sopra di questa nova Stella, nel quale oltre che nel principio non in tutto dice il vero circa l’apparitione di questa Stella, nel progresso c’induce a meraviglia, mentre con novi theoremi s’ingegna rifutare le paralassi dalli mathematici con tanta diligentia osservate, & demostrate. Fatta adonque deliberatione di voler scrivere, mi proposi ad essaminare in parte questo discorso, persuadendomi quindi haver bona occasione di dimostrare quanto havevo nell’animo conceputo di proponere di questa stella: il che deliberai fare non già con animo di contradire, cosa che da me fu sempre aliena; ma per puro zelo di conoscere la verità, quale solo dubitando si suol scoprire, & imperò non dovrà l’autore arrecarsi ad ingiuria, che io li vadi essaminando li suoi novi theoremi; anzi dovrà lui all’incontro essaminare questi miei scritti, & se vi trovasse cosa degna di correttione benignamente avisarmene, che io sempre sarò pronto mutar parere.

Sarà adonque l’intention mia prima considerar il tempo dell’apparitione proposto dall’autore con le altre circonstanze, poi determinare quale sij stato il vero tempo della prima apparitione; indi mi convertirò a considerare quello, che contro le paralassi, ha introdotto, a benché for di proposito; il che sij detto con pace dell’auttore, con questo tocherò anchora alcuni lochi nelli quali mi pare degno di annotatione. Et finalmente non lascierò suspeso il lettore, ma con quella maggior diligentia, che sin hora ho potuto osservare, si quando questa stella era occidentale, come hora orientale, proponerò chiaramente il suo loco si in rispetto dell’ecliptica, come all’universo; & per conclusione sogiungerò qualche cosa circa li effetti che può portendere.

Propone adunque questo autore, che questa stella fu osservata nel mese di ottobre del anno 1604 alli 8 dì incirca nel 18 grado del sagittario. Intenderia volontieri dove si riferisca quella particola in circa7, poiché si può attribuire alli 8 giorni, come alli 18 gradi, & attribuendola alli 8 giorni saria proposta troppo indeterminata, conciosia che tanto potea dire, che apparse un giorno di ottobre, se ancora s’attribuisce alli 18 gradi a me pare pure gran generalità: ma forse mi risponderà, che non essendo astrologo, non ha osservato, & per questo non può sapere il vero giorno della prima apparitione, nè più preciso loco di quello è stato publicato da chi ha osservato; il che volentieri li è concesso, già che come

[p. 293 modifica]per li suoi scritti si vede non troppo cura le cose mathematiche. Non si lieve sarà già certo questo mancamento nell’Eccellentiss: Sig. Galileo, quale nelle sue lettioni sì bellamente confuse l’ottavo giorno con il nono, & decimo, che non fu possibile sapere se questa Stella apparse alli 8, alli 9, overo alli 10, cosa che si dovea pure diligentemente descrivere; sicome propose ancora il loco rispetto all’ecliptica senza alcuna precisione. Ma venendo hormai alla determinatione del giorno nel quale primieramente apparse; dico che secondo il costume mio (che era di osservare ogni giorno8 si le Stelle erranti come le fisse) volendo ridurmi con il Sig. Simon Mario Alemano mio carissimo Maestro in questa professione, & il Sig. Camillo Sasso gentil’huomo Calabrese, il giorno dieci di Ottobre, ad osservare Marte, Giove & Saturno, mentre io preparavo un mio quadrante per pigliare certe altezze d’alcune stelle fisse, per havere l’elevatione del Polo di Padova, li Signori sopradetti si conferirono a vedere li sopradetti Pianetti, & mentre il Sig. Simone fra di se sospeso stava mirando la nova Stella, che fori del solito con Marte & Giove facea quasi una linea perpendicolare, ecco che il Sig. Sasso levò la voce (se ben homo inesperto delle cose astrologiche) dicendo che stella è quella non più da me veduta; all’hora il Sig. Simone venne verso di me gridando, habbiamo una nova stella; mi conferij al loco, & apertamente vidi una Stella nel colore, & grandezza in tutto simile a Marte, che prima ivi non era, il che a me constava apertamente, havendo il giorno ottavo, & li antecedenti sempre a talhora osservato li sopradetti Pianetti, & particolarmente havendo alli tre di Ottobre osservata una Stella della quarta grandezza, che da Marte distava solo per 49 minuti; si che subito feci congiettura questa Stella esser generata dal giorno nono sino alli diece: ma poscia che nel giorno nove fu il tempo nubiloso, si che non si poteano vedere le stelle, seguita una consequenza, che chiunque dice, essersi scoperta questa nova Stella qui in Padova avanti il giorno decimo apertamente s’inganna. Doppo adunque veduta questa Stella, & l’istessa sera anco osservata pigliando certe distanze fra alcune stelle fisse, come a suo loco diffusamente dirò, per cinque giorni continui per le intermittenti, & continue pioggie fu impossibile il vederla, alli 15 di Ottobre finalmente si fecce serenità; si che si puote vedere la sopradetta Stella, quale apparve di più grandezza, cioè come Giove, & alquanto più, il cui colore, se ben ritenea del Martiale, havea pure molto del Gioviale, & sopra ogni stella fissa scintillava. Da questo si cava non essere totalmente vero quello è proposto, che questa stella si sij di giorno in giorno augumentata; perchè se bene il 15 giorno apparve di grandezza maggiore, non mutò però più la sua grandezza, conciosia che se bene approsimandosi al Sole apparve poco più picciola, [p. 294 modifica]non fu che molto sminuisce della sua grandezza, ma perchè il lume del Sole alquanto l’offuscava, come aviene in tutte le altre stelle: di più si scopre falso, che questa stella fosse simile in grandezza a Venere, non superando lei se non di poco Giove9. Doppo dunque che alli 15 fu di novo osservato il predetto portento, andando un giorno a visitare l’Illustriss: Sig. Iacomo Aloysio Cornaro, lo avisai di questa nova & peregrina luce; quale mostrò havere gran desiderio di vederla, il giorno credo seguente ritrovandomi ancora in casa sua mi adimandò il loco di questa Stella, con la positione, che havea con Marte & Giove, allegando che volea, che l’Eccellentiss: Galileo la vedesse; io che sino a quell’hora non havevo total precisione del loco di questa Stella, li scrissi la sua longhezza in circa 18 gradi di Sagittario, & la larghezza in circa doi gradi verso la parte Boreale, & anco li depinsi il sito di Giove & Marte, che in rispetto della Stella nova haveano. Fraposto poco tempo mi riferì il sodetto Sig., che l’Eccellentiss: Galileo havea poi veduto la peregrina Stella. Da questo cavasi una conclusione necessaria, cioè che l’Eccellentiss: Galileo habbi havuto il tempo, & il loco di questo novo portento dall’Illustriss: Cornaro, del che non dimeno non ne ha lui fatta alcuna mentione nelle sue lettioni. Credo che dalla sopra narrata historia apertamente consti questa Stella non esser stata prima del giorno dieci da alcuno osservata, già che nel nono non fu possibile, che alcuno la vedesse, quando bene si volesse credere, che all’hora già fosse generata.

Hormai venendo a quella parte dove delle paralassi l’autor nostro parla; notisi, che nel Cap. 3. volendo narrare l’opinione de mathematici generalmente propone le paralassi; non come li mathematici, che sottilmente considerano le paralassi secondo la longhezza, & larghezza in rispetto dell’ecliptica, il che nulla dimeno li sij concesso, giachè come Philosopho di cotal cose poche intende. Tralasciando poi le paralassi nel cap. 4. diffusamente s’ingegna indure li Mathematici in contraditione, perchè non potendo loro rispondere in che modo in Cielo si facci generatione, in qual modo questa Stella si sij generata, non ci essendo ivi contrarietà, perchè in tanto spatio di tempo mai si sii corrotta alcuna parte del Cielo, & non potendo ad altri simili quesiti rispondere, pare che apertamente siano convinti. A questo se ben si potria lungamente rispondere, come forsi con altra occasione si farà; basti per hora, che li mathematici con evidentissime demonstrationi provino che questa stella sii nel Ciel Stellato, come già fu superabundantemente di quella dell’Anno 1572, dimostrato dal nobilissimo, dottissimo, & ingeniosissimo Tychone Brahe. A voi Filosofi naturali tocha poi il solvere li proposti quesiti, & ritrovar il modo di queste generazioni Celesti, come senza [p. 295 modifica]dubio farebbe, se hora vivesse, quel prestantissimo et ingeniosissimo Philosopho Aristotile, quale si diligentemente considerò tutto quello, che al suo tempo era stato osservato dalli mathematici.

Cominciando nel primo Cap. 6 a parlare diffusamente contra le paralassi chiaramente dimostra non haver cognitione, in che modo li mathematici considerino le paralassi circa le apparentie Celeste; & mi maraviglio di tal sorte di argumento, quando dice il raggio visuale non passa per il centro dil pianetta, adonque non si possono osservare le paralassi. Se questo autore fosse essercitato nella Schola mathematica havria veduto apertamente, che le paralassi fanno, che il corpo Celeste appare in altro loco, che non è non solo secondo il suo centro, ma etiamdio con tutte le parti del suo corpo; havria ancora imparato, non esser tanto difficile l’havere il centro di qual si voglia stella abenche picciola, se ben questo a dir il vero è fori di proposito. Quanto all’essempio della Luna, quando dice che non saria meraviglia se le intersettioni fori del centro della luna in varie parti di essa facessero varii angoli; quasi volesse dire, che le paralassi osservate dalli mathematici non siano altro, che quella differentia, che nella presente figura si vede G D, che è la differentia tra E F, & C D, cioè la vera differentia delle paralassi osservata dalli mathematici; la quale abenche nella presente figura sii di qualche consideratione; nulladimeno nelle osservationi è di tanta piciolezza, che non cade sotto li sensi: hora li mathematici osservano differentia d’aspetti nella Luna per un grado intiero, & più, & la Luna in Cielo non occupa più che mezzo grado, donde ne everebbe, che questa variatione d’angoli circa il corpo della Luna faria maggior differentia dil doppio, che non tutta la Luna; il che senza altra demostratione appare inconveniente. Ma già che bisogna in simili cose vulgate persistere, notisi nella presente figura il centro A esser centro della terra, il

punto B l’ochio, che osserva la Luna, E F la paralasse osservata nella suprema parte del corpo lunare, C D la paralasse osservata nella parte inferiore di essa [p. 296 modifica]Luna. Tal che se si osserva tanta paralasse nella parte superiore, et nella inferiore della luna, non vedo perchè il centro non debbi havere la sua paralasse, il che non è degno che con più longa oratione si rifiuti. Quindi cavasi, che se la differentia delli aspetti nella luna non si può salvare con la variatione delli propositi angoli; molto meno si potrà salvare nelli altri corpi Celesti; che a noi si mostrano non di tanta grandezza10.

Quello sogiunge dil centro dil Sole, credendo che sii impossibile ritrovarlo per la sua lucidezza, chiaramente dimostra non haver molto praticato in questa scientia, che certo se ne havesse cognitione non crederebbe li mathematici si sciochi, che volendo haver il centro dil Sole, tentino affisare l’occhii per mezzo delli suoi raggi, ma non essendo questo degno di annotatione tralasciasi, certo che volendo dalli mathematici imparare, ritroverà facilissimo modo nell’investigare il vero centro dil sole. Seguita poi, & dice non potersi sapere; se Venere occulta Mercurio, o Mercurio Venere, & così d’ogn’altra stella, per ciò sapere saria di mistieri alle volte lasciando le ociose piume, sotto l’aria serena, contemplar quel mirabile artificio, che non senza causa fu dalla somma bontà d’Iddio avanti li nostri occhii collocato, & così si saria reso certo se sii possibile o no, si come fecce quel diligentissimo mathematico & osservatore Simone Mario, quale havendo osservato, che la luna eclipsava per un’hora continua Marte, non puote se non molto meravigliarsi, mentre io li esponeva questo loco in lingua latina, non essendo lui ben capace della nostra materna, che si rivocassero in dubio simili cose.

Lungo saria il volere puntualmente essaminare quella sua demostratione, che nel 2. Cap. 6 conchiude, ma sapend’io che la verità è contenta di poche parole, mi sforzerò, con la maggior brevità possibile, pigliar tutta la forza di quella sua demostratione, & vedere, se è di tanto valore, che meriti per quella doversi sacrificare cento vitelli, o se pure, come io credo, è fondata sopra deboli, per non dir falsi principii. Ben volentieri sapria perchè non ha proposta la figura di questa sua demostratione, che non havendolo fatto credendo fosse cosa facile l’intenderla, è degno di scusa; ma se lo havesse fatto acciò non si potesse totalmente intendere il suo proposito non mi parebbe cosa bona. Propone adonque per fondamento di questa sua ragione, che due linee da un occhio uscite non ponno toccare un corpo Spherico se non mentre è posto nel zenith, & questo perchè solo ivi quelle linee possano fare angoli retti con le linee tirate dal centro di quel corpo rottondo. Che questo sii falso, cioè che un corpo spherico posto in altro luogo, che nel Zenith, non possi esser toccato da due linee da un’occhio uscite, perchè quelle non possino fare angoli retti con le linee tirate dal centro di esso corpo spherico; se ben credo non habbi bisogno di molta demostratione essendo contro [p. 297 modifica]alli principii di geometria, & contro se medesimo, havendo prima statuito con Euclide, che all’hora una linea tocca il cerchio, quando toccando un punto di quello passa più oltre senza intersecare il cerchio, & le linee tirate dal centro al punto del contatto fanno doi angoli retti, il che se ò vero in una parte del cerchio dovrà esser vero in ogn’altra sua parte. Se ben dico questo è manifesto, pure hora giova nella sopra notata figura apertamente dimostrare, che non solo stando il corpo spherico nel zenith, ma etiandio in ogn’altro loco può esser toccato da due linee uscite da un medesimo occhio, potendo quelle fare doi angoli retti con le linee tirate dal centro di esso cerchio, come propositione dimostrata da Euclide. lib. 8, propo. 18 & 19. Si ponghi adunque il corpo spherico H & l’occhio nel punto B dal quale si tirino due linee B C, & B E, dico che queste due linee facendo doi angoli retti con le linee dal centro tirate I & L, come appare, di necessità tocheranno questo corpo spherico H, se ben posto molto lontano dal zenith: il che è vero non solo quando si vede l’intera metà del corpo, ma etiandio quando se ne vede una sola portione benché minima, come appare nella figura segnata M. Dal che ne seguita esser falso il fondamento della sua demonstratione. Di più si arguisce esser manifesta falsità, che l’occhio posto nel punto N non possi mandar due linee, che tocchino essa Luna se non è nell’istessa altezza, che è l’occhio posto nel punto B, essendo che in qual parte si voglii che sii posto sempre può toccare, & per conseguenza far doi retti angoli come di sopra fu detto.

Distrutto adunque questo fondamento di necessità cade quel primo corollario, cioè che non si possi fare l’eclisse solare perfetta se non alli habitanti sotto all’Ecliptica, per che io dico che mediante le paralassi si fa l’Eclisse solare perfetta ancora a quelli, che non sono sotto all’Ecliptica. Ma io per me non so che mi dire vedendo che si faccino tante parole per distruere le paralassi, & poi tutto in un tempo si admettino & si concedino imperò che che altro è l’occhio nel punto B vedere la totale eclisse, & il medesimo posto nel punto N non vedere alcuna eclisse, o non totale se non variar li aspetti? la qual variatione non proviene d’alcuna parte della Luna, ma si ben da tutto il suo corpo. Di più mi par meraviglia come dica, che vedendosi la Luna si dal punto B come dal punto N sotto al sole per questo non sia alcuna paralasse; di qui appare che l’autore non bene intende, che cosa sia paralasse, nè in che modo li mathematici considerino il loco delli pianetti, o altri corpi celesti: Ben’è vero, che ogniuno di quelli che sono in B come quelli che sono in N vedono la Luna sotto il sole, ma questo non è il loco considerato da mathematici, quando parlano delle paralassi, perchè quelli che sono in B considerano il loco della Luna nel medesimo punto della estrema sphera con il Sole, in O, ma quelli, che sono in N, considerano il loco della Luna nell’ottava sphera alquanto più distante cioè in P, & questa è la ragione perchè in varii lochi si varia una medesima ecclisse quanto alla sua grandezza. Ma perchè queste cose sono si vulgate, che più presto moveranno a riso [p. 298 modifica]li mathematici, che le legeranno, che siino degne di più longa inquisitione, non sarà fori di proposito passare ad altro, se prima haverò notata cosa pur frivola. Dice l’autor nostro in confirmatione delle sue ragioni, che le corone, che intorno ad alcune stelle, alle volte risplendono senz’alcun dubio sono poste nell’aria, il che è vero, pure si vedono in ogni parte similmente. Se havesse ben considerato quello che Aristotele adduce come causa di queste corone, certo non havrebbo addotta si debole ragione; poscia che queste corone non altro sono che una refrattione di lume di quella tale stella nell’humidità dell’aria supposta, & perciò aviene che queste corone in ogni regione si vedano, pure che in ogni loco sii l’aria disposta a ricevere questa refrattione, che se aviene come al spesso si vede, che in una parte sia disposta a ricevere cotal refrattione, & in un’altra non sii disposta all’hora tal corona in un loco si vede nell’altro non si vede; & pure quando si vede in ogni loco, non è la medesima corona, ma varia portione dell’aria, sì come riguarda colui che considera tal corona.

Al contrario questa stella si scopre in ogni regione ben che molto lontana, dil che io ne son reso certo per lettere da Eccellente persona venute, & da me con diligentia lette, che in Alemagna si sii scoperta questa stella della medesima grandezza, con li medesimi colori, & nel medesimo loco secondo la longhezza & la larghezza sino quasi nelli minuti: di donde può fare una consequenza, che le osservationi delli mathematici non sono così dubie, poscia che quelli osservano in Germania si precisamente convengono con quelli osservano qui in Padova.

Dalli predetti principii nel fine del Cap. ne cava una consequenza non conveniente, cioè che questa stella non può essere osservata da altri, che da quelli a’ quali è verticale, & pure vole che cadauno la veda nel medesimo loco; se queste consequenze meritino reprobatione dichilo chi alcuna cosa intende, che io per me non so se in tal proposito dichi da vero.

Stabilita la sua conclusione cioè che questa Stella si ritrovi nella regione ellementare, vedendo esser gran difficoltà il persuadere come questa essalatione calda & secca possi durare sotto il concavo della luna, dove secondo il parere de Peripatetici è la sphera dil foco, s’affatica nel Cap. 7 in dimostrare, che li ellementi sono permisti, & per ciò statuisce ivi essere non simplice foco, ma foco permisto con aria; il che se ben fosse vero non dovrà negare, che si come l’aria, a noi vicina più ritiene della sua natura, che della natura delli altri ellementi allei permisti, così il foco deve ivi ritenere più della sua natura, che non della natura aerea; nè vale che se ivi fosse foco attraherebbe a se tutto il caldo delle altre cose, perchè essendo ivi in materia molto rara, & disgregata, non ha tanta attione alla quale, li altri ellementi reagendo, non possino resistere: se adonque ivi è foco se ben permisto, non so come una essalatione calda & secca, & per consequenza di parte tenui & sottili possi si lungamente durare. Parmi di più cosa ardua, quando dice, che l’essalatione calda & secca, che secondo Aristotele [p. 299 modifica]fa la galassia non và sotto il Zodiaco: per che ivi è dissipata; nè sotto li poli, dove l’aria è di contraria natura, ma sì bene si constituisce nel mezzo, dove sono ancora alcune stelle, che l’attrahono; non credo già voglii, che questa essalatione habbi discorso, che se non è, non vedo, per che causa più presto non sii attratta dalle stelle del zodiaco come maggiori, & più copiose: in oltre se la caldezza del zodiaco dissipa l’essalatione, non so perché sin a quest’hora non habbi dissipata questa nova stella, quale non solo è nel zodiaco, ma di più è si vicina all’ecliptica. Quanto a quello adduce della mutatione della galassia: parmi non si dovrebbe si facilmente concludere contro di tanti eccellenti Mathematici, quali hanno osservato & con suoi scritti lasciata memoria, che la detta galassia sempre occupasse le medesime stelle fisse; massime cavando questo dalli scritti di chi forse pocho osservò tali cose. Anzi parebbe a me che movendosi con le stelle fisse dovrebbe far certo indicio d’altro che di essalatione; il che medesimamente conferma quando la luna o altro pianeta per quella passa, che niente perdano della sua lucidezza, cosa impossibile da credere se quel circolo fosse realmente una essalatione; ma già che questo è fori di proposito non voglio cosa alcuna determinare.

Passando l’auttor nostro al modo della generatione di questa stella, statuisce, che sii stata attratta & condensata per la unione delli lumi di alcune stelle, il che se intende delle stelle fisse; non vedo perchè al spesso non se faccino de cotali stelle poscia che queste sempre hanno tra di sè il medesimo rispetto, & per consequenza devono havere la medesima unione de lumi; ma se pure intende della unione de’ lumi di alcuni pianetti questo è anco più espressamente falso, non essendo possibile, che così immobile si stasse havendo la sua causa efficiente mobile, & di più essendo vicina al giramento de Cieli, & massime dil Cielo della luna, la quale se fosse reale, come ò constituito da Aristotele, senz’alcun dubio seco la rapiria: di più non vedo, per che facendosi ogni anno simile congiontioni de lumi, non debbino ancora ogni anno produrre simili stelle.

Notesi ancora che adducendo la ragione perchè questa stella scintilli, fra le altre adduce il rapido moto de Cieli, quale ventilla quel foco, sicome il nostro suol esser smosso, e destato per così dire dalli mantici: se questo è vero, non so, perchè li altri pianetti, che più sono lontani, & ugualmente, anzi che più sono rapiti, non faccino quel tremolamento di lume: a questo agiungasi, che essendosi hora questa stella manifestamente scemata della sua grandezza, dovria di necessità haver in parte perduta la scintillatione, il che non essendo, anzi scintillando in tutto come prima, è segno, che non sii essalatione accesa. Rendendo poi ragione di quelle machie, che nella luna apparono, dice che non sono altro, che vapori, quali in parte dalla luce della Luna sono dissipati, & in parte resistendo, causano quelle machie: voria sapere se mai ha vedute queste machie nel corpo della luna non illuminato; & pure non è verisimile, che all’hora il corpo [p. 300 modifica]della luna quasi dil tutto opaco possi rompere & disfare quelli vapori, che disgregati nel corpo lucido della luna, secondo la sua opinione, faceano le sopradette machie.

Ma per finalmente una volta accostami al loco dove debbi apportare quello in simil caso ho osservato, & con la maggior diligentia possibile annotato; faccio una consideratione a quella parte del ca. XI dove parla della duratione di questa stella, & dico come è possibile, che questa Stella essendo una essalatione, sii stata quasi per un mese sotto alli raggi solari, & non sii stata dissipata da quel lume, se, come dice, la causa perchè la galassia non è sotto al zodiaco, è perchè la essalatione ivi non va per essere dissipata dal lume di quelle stelle: dico adunque se il lume di quelle stelle può dissipare quella essalatione, per qual causa il lume dil Sole non ha potuto dissipare questo vapore, che facea, & ancora secondo questi fa questa Stella, & massime essendo senza paragone molto maggiore, io per me non so, se questo sii modo di philosophare overo di burlare.

Et questo sii quanto mi è occorso considerare circa questo discorso, non con animo di oppugnare, ma solo per l’amore di si nobil scientia, con quel poco ingegno che dalla natura mi è stato concesso. A voi Eccellentissimi Signori professori & perfetti mathematici toccherà il fondamentalmente diffondere sì nobil dottrina dalle mani di chi desia lacerarla; mi rendo sicuro che non mancheranno, pure tanto è il desio che ho di sì nobil scientia, che mi forza a caramente pregarli non voglino mancare, acciò questi tali non habbino causa di persistere più lungamente in questa sua opinione.

Ripigliando adunque il mio ragionamento, come di sopra dissi apparve questa Stella alli dieci di Ottobre in tutto simile a Marte, si nel colore, come nella grandezza, & mirabilmente scintillante; dil che io quasi stupito, non potevo acquietarmi (se bene ero certo per le sopra narrate osservationi, & se bene ero certificato dal Signor Simone, che in quel loco mai era stata osservata simile Stella) di essaminare diligentemente tutti li cathaloghi delle Stelle fisse; & tutti li globi, che alle mie mani potevano pervenire; & pure con questo a dire il vero, restai dubioso sino alli 15, nel qual giorno desioso di certificarmi non puoti espettare l’occasso dil Sole, ma m’ingegnavo d’esprimentare se potevo vederla; finalmente fu vista & osservata della grandezza di Giove, o poco più, che havea alquanto lasciato di quella rosezza, & risplendea con un colore misto di martiale & gioviale. All’hora scaciato ogni dubio, che io havea, che questa Stella fosse delle conosciute, applicai l’animo ad osservarla.

Et notisi che havendo fatta una memoria locale dil sito di questa stella, molte volte per mezz’hora avanti l’occasso dil Sole si è veduta, & questo alla presenza de molti amici. Et precisamente alli tre di Novembre alla presenza del Sig. Paolo Boim dignissimo Syndico della Università de Medici in Padova, quale non solo [p. 301 modifica]all’hora, ma infinite volte ancora era intervenuto alle osservationi, come quello che sopramodo di tal scientia è inamorato; fu veduta questa Stella sopra modo scintillante, mentre li raggi solari gagliardamente feriano li nostri occhii. Finalmente approssimandosi il Sole a questa Stella apparve alquanto più picciola, il che non credo fosse in tutto per che havesse scemata la sua grandezza, ma perchè il maggior lume dil Sole incominciava ad oscurare il minore, si come circa il fine di Novembre parte per la presentia dil Sole, parte per le nubi che circa l’horizonte in quel tempo stavano, fu totalmente offuscato. Si come poi era stato conietturalmente da me, non una volta, predetto, che questa stella circa la festa del nascimento del Nostro Salvatore Giesù Christo, dovea di novo in oriente far mostra di se; così apunto fu osservato nella vigilia di questa festa, la sua prima apparitione dall’Eccellentissimo Sig. Galileo; si come quando più fu ellevata, & rimossa dal Sole in tale altezza, che puote essere osservata, fu con diligentia, & con instromenti privi d’ogni errore, sino al giorno d’oggi da me osservata, come sarà ancora permettendo Iddio sino alla sua consumatione. Apparve adunque non già con la sua solita grandezza, come si può vedere apertamente, ma si ben fissa nel suo medesimo loco, & punto nel qual fu osservata mentre era occidentale, come poco più abasso dirò, & non manco scintillante. Ma per mostrare al lettore che non con parole ma con fatti, come ho promesso, fedelmente & precisamente voglio mostrar il loco di questa Stella, incomincierò a dechiarare in che modo, & con quali stelle fisse ho ritrovato si la immobilità di questa Stella come il suo loco secondo la lunghezza et larghezza in rispetto dell’ecliptica. Quando adunque apparve questa nova stella mi ritrovai solo un instromento con quale si potessero pigliare le distanze fra le Stelle, & questo non molto grande, quale però se fedelmente habbi servito lo giudicherà il lettore da quello sono per dire, mosso all’hora da si eccellente novo spetacolo giudicandolo degno d’un instromento maggiore, con ogni diligentia possibile mi feci fabricare un sestante alla similitudine delli instromenti del Nobilissimo, & Eccellentissimo Mathematico Tychone Brahe; fra tanto però mi servii del sopradetto instromento sino alli 6 di Novembre, nel qual tempo fu compito il sestante. Osservai adunque la distantia fra questa Stella, & altre due fisse, che erano accomodate una alla lunghezza, & l’altra alla larghezza; cioè la più lucida del destro piedi del serpentario, & l’altra più lucida del sinistro piedi dil medesimo, & molte volte havendo reiterate le sopradette distantie con ogni diligentia possibile, & principalmente mentre non solo la stella nova, ma etiamdio le due fisse sopradette erano molto ellevate, & per ciò non pativano niuna o poca refrattione, finalmente fatta la suputattione per l’aurea dottrina de triangoli sferici, ritrovai il loco di questa Stella secundo la sua lunghezza in 17 gradi & 39 minuti di Sagittario, con larghezza verso la parte boreale di un grado & 51 minuto. Havendo adonque fino alli 6 di Novembre con il soprascritto instromento osservato, volendomi sincerare dil loco di questa [p. 302 modifica]Stella, & della sua immobilità, cominciai il 6 giorno ad osservare con il sestante, & ritrovai il medesimo loco pigliando la distantia fra altre Stelle più distanti, già che le sopradette per la vicinità dil sole incominciavano rendersi inosservabili. Doppo che si è fatta orientale non ho tralasciato d’investigare il suo loco desioso di sapere se in tanto lungo spatio di tempo havea in qualche modo quello mutato; havendo adunque a questo fine prese le distanze fra la stella nova, la spica della Vergine, & la lance boreale, fatta la supputatione come di sopra ho detto, ritrovai il loco della Stella nova secondo la sua lunghezza, in 17 gradi con 38 minuti di sagittario, & la larghezza verso la parte boreale di un grado & 49 minuti. Dal che si può vedere se questa stella è immobile, & se io fedelmente ho apportato quanto sin qui ho potuto osservare. Nè credo che alcuno possi prendere dubio, che le osservationi non siano giuste per quella picciola differentia, che nella larghezza si scorge di doi minuti, & nella lunghezza di un minuto: poscia (che questo può provenire o da qualche puocho di refrattione che havesse la Stella nova: o pure perchè credendo io non esser dibisogno di tanta precisione habbi negletti alcuni minuti secondi, che bene si ponilo scorgere nel mio sestante, per la quale sii intervenuta quella differentia, che con il scrupulosamente pigliare li secondi minuti si renderebbe nulla: & questo tanto basti in mostrar il loco di questa stella rispetto all’Ecliptica; di donde si scorge questa Stella mai haver mutato loco ma puntualmente fissa esser stata. Nel cui particolare giova annotare che l’Eccellentissimo Galileo nelle Lettioni volendo provare che questa Stella fosse immobile addusse haver osservato con un suo instromento, che questa Stella sempre fecce una linea retta con la stella lucida della corona boreale, & con la lucida nella coda del cigno, il che non era possibile quando questa stella havesse havuto qualche particolar moto. Io molto sopra di ciò ho considerato come habbi potuto addure questo, cioè che queste tre Stelle facessero una linea retta, essendo che più presto formano un triangolo: finalmente conclusi esser più verisimile, che lui habbi parlato di qualche altra stella, quale realmente fosse in retta linea, o che io male intesi le sue parole. Ma supponendo che parlasse di due stelle, quali fossero veramente in una linea retta con la nova, non è in tutto sicuro l’affermare da questo, che questa Stella fosse immobile, per che se bene quando era alquanto ellevata facea una retta linea con le due fisse supposte, vicina poi all’horizzonte per la refrattione, che osservata era di qualche consideratione, come dirò parlando dil loco di questa Stella in rispetto all’universo, non potea più fare detta retta linea; dal che si può scoprire l’incertezza de questi instromenti con quali si vogliono misurare queste rette linee. Nulla dimeno io lodo il suo proposito già che con quella maggior diligentia che il suo instromento comportava si sforzò ad utile publico di manifestare li accidenti di questa Stella.

Venendo hormai alla dispositione di questa Stella nell’universo, io statuisco, [p. 303 modifica]che in niun modo può essere sotto alla luna nella parte ellementare, come benissimo fu dimostrato dall’Eccellentissimo Galileo nelle sue dottissime lettioni, quale disse che questa Stella non havendo alcuna paralassi si dovea collocare nell’ottava sphera, il che si è ritrovato vero. Ma io sottilmente & scrupulosamente in quanto è possibile intendo provocare, che questa Stella, per la sua immobilità, scintillatione, & forma, con altri simili accidenti, non può essere se non nell’ottava sphera. Havendo adunque di sopra dimostrato, che questa stella veramente è immobile, ne segue una consequenza che di necessità si debba reponere nell’ottava sphera fra le altre stelle fìsse; perchè se fosse nell’aria, che per sua natura è vago & fluctuante, & per il continuo ascenso delle essalationi saria impossibile, che si precisamente havesse riservato il suo loco senza punto mutarlo. Se fosse ancora in alcuna delle sopra poste sphere, come saria nella sphera della Luna, o di Venere, di necessità si sarìa mossa al moto di quel pianetta; massime non ponendo, che le stelle si movino per proprio, & indito moto; ma che siino circondotte dalla propria reale sphera, come vole Aristotele: & il simile si dica quando fosse riposta in alcuna delle altre sphere: di più vedendosi quella scintillatione in tutto simile alle stelle fisse, & non al lume delle altre apparentie Celeste, delle quali alcune sebene men paralassi hanno della luna niente scintillano; havendo ancora la forma in tutto simile alle stelle fisse, & non di fiama acesa, cosa impossibile a credere che potesse avenire ad una essalatione; si cava che non possi essere in altro loco, se non fra le stelle. Ma sopra tutte le ragioni il non havere questa stella alcuna paralasse, è evidentissima demostratione, che non possi essere se non fra le Stelle fisse, nel qual loco la paralasse per la sua picciolezza non è sensibile11. Di questo ne è inditio l’haver osservate sempre le medesime distantie, si quando era vicina all’horizonte, come quando era assai ellevata, nelle quali mai ho ritrovata maggiore differentia, che de cinque minuti, quale proveniva per la refrattione, dil che era inditio, che questi cinque minuti faceano la osservatione vicina all’horrizonte più breve di quello era quando alquanto distava, cosa che è contraria in tutto alla paralasse, quale ne dimostra le distanze vicine all’horizonte maggiori. Adonque seguita dall’ immobilità, dalla scintillatione, & forma, dall’esser stata un mese sotto alli raggi solari, dalla privatione d’ogni paralasse, che irrefragabilmente in niun’altro loco nè sotto, nè sopra la Luna si possi collocare eccetto nell’ottava Sphera. Et questo è quanto per hora mi occoreva dire circa la situatione di questa Stella nell’universo: dove sogiungerò che voluntariamente ho tralasciato di apportare la figura & geometricamente demostrare che questa Stella non habbi alcuna paralasse; perchè non essendo ancora pervenuta al meridiano, restano a farsi molte osservationi, delle quali senz’alcun dubio credo al fine di questo portento ne sarà diffusamente trattato dal Signor Simon Mario [p. 304 modifica]Franco Alemano, & all’hora vedrano quelli maledici, cho lo diffamavano per astrologasto imperito delle cose geometriche, se dissero il vero, o se pure (come è il solito de maledici) havendo poca o nulla cognitione procuravano al torto lacerare la fama altrui.

Havendo dunque sin hora demostrato, che di necessità bisogna che questa Stella sii generata in Cielo, è di mistieri, che ogniuno s’affatichi, & massime li Philosophi naturali, in ritrovar il modo di queste generationi Celesti, & non così ostinatamente persistere in credere, che ivi non sia alcuna alteratione. Io per me non so explicare questa sorte di generatione, ben credo che il modo proposto da Aristotele che conviene solo alli elementi, & corpi ellementati, in niun modo possi convenire a questi corpi Celesti; ma che sii necessario il ritrovare altro modo, con quale si possino salvare questi accidenti: & chi ritrovasse tal modo, il che non credo sii totalmente impossibile, voglii ingenuamente comunicarlo, perché da questo li (ne sortirà eterna gloria, non solo appresso di Philosophi, ma etiamdio appresso li Mathematici.

Con questo adonque parmi haver sodisfatto alla mia propositione, havendo dimostrato il vero tempo della prima apparitione di questa Stella, che le oppositioni del discorso, non hanno forza di destruere le paralassi; havendo di più collocata questa stella nel suo loco si rispondente all’Ecliptica come all’universo. Ma per che quelli admiranno simili portenti sogliono anco molto desiderare di sapere, che cosa pronuncino, però non mi sarà grave brevemente qui più presto indure l’anime in qualche pia consideratione, che conforme al costume delli Astrologi volere componere un giuditio determinativo.

Per poter adonque più facilmente circa li significati di questa Stella congetturalmente, & senza alcuna superstitione determinare, mi pare conveniente a questa consideratione agiungere ancora quella Stella, che l’anno 1572 apparse nel segno di Cassiopeia, perchè fu in tutto simile a questa sì nella grandezza, come nella situatione nell’ ottava Sphera, & perchè mi pare contenghino in se queste due un certo mistero, poscia che il tempo intermedio tra le apparationi di quelle quasi puntualmente adegua l’età del nostro Salvatore Giesù Christo. Considero adunque, che queste due Stelle locate nella più alta parte dell’universo; cioè nell’ottava Sphera possono essere prenuncie di qualche grande, & mirabil evento, & questo non in particolare, ma si bene in universale; il che si può confermare se voremo considerare la sua ismisurata grandezza che ragionevolmente debbono havere; apparendoci più grande assai d’ogni altra Stella fissa, con tutta la sua grande remotione. Di più considero, che sì come nello nascimento dell’unica Salute Christo apparse quella Stella dalli Magi osservata, quale fu prenuntia di tante ruine alla Giudea, & dalla Conversione de Gentili alla vera fede; così forsi si può dire, che queste due stelle siino prenuntie di qualche gran mutatione nell’universo (se bene le stelle non hanno influentia alcuna nelli misterii della religione ma sola [p. 305 modifica]significatione) il che si conferma essendo apparsa quella della Cassiopeia, nella parte settentrionale acciò li habitanti sotto quel loco potessero vedere quel prenuntio di tanta mutatione: ma perchè erano certe regioni nella parte australe verso il polo antartico, che non poteano vedere quell’inditio da Dio mandato, perciò ne appare un’altra hora nella parte meridionale, quale prima occidentale, adesso orientale può a tutti satisfare; così che non sii loco alcuno, nè verso il settentrione; nè verso il mezzo giorno; nè verso l’oriente, nè l’occidente, che non sii amonito al vedere, che cosa possi evenire. Di più considero, che quella Stella del 1572 fu vicina all’equinottio vernale, qual loco secondo li più savii Astrologi sole significare il stato della religione, & questa appare vicina al solstitio hyberno, qual loco secondo li predetti Astrologi significa il stato delli Imperi, & de Regni. Si che applicando io queste cose al nostro proposito voglio credere, possino essere prenuntie di qualche gran mutatione, si nelle cose della fede, come de Regni, & Imperi, & perchè la prima fu alquanto più gioviale, per questo credo debbi essere prenuntia di qualche felice stato nella fede Christiana e chatolica, di più sicome quella del Salvatore Giesù Christo fu di spavento a Herode Tiranno, & a tutta la Giudea, nulla dimeno insieme insieme predicea la conversione de Gentili; così ancora queste pare verissimile debbino perturbare tutti li Tiranni & persecutori della fede Christiana e catholica, ma insieme ancora predire la conversione de quelli che hora si ritrovano fora dil gremio di Santa Chiesa Romana: talchè forsi possi piamente credere, che siino prenuntie di quel felicissimo stato delle cose mundane, del quale parlando Christo nell’Evangelio dice che sarà un sol Pastore, & un sol ovile. Pure perchè ambidue hanno del martiale, se ben questa molto più, si fa verisimile che questo non debbi essere se non con qualche grande perturbatione. A questo agiungasi che questa nostra Stella appare con la congiontione di Giove, & Marte, nel segno gioviale, nel quale fu fatta la magna congiontione, quale sola secondo l’opinione de tutti li Astrologi, suole essere prenuntia di grande mutationi nell’universo. Et questo è quanto havea determinato di proponere di questa ascititia Stella; il che creddo debbi essere da ogniuno ricevuto in buona parte, riconoscendo la fedeltà mia, con quale ho voluto communicare quanto mi è stato possibile sin hora osservare circa questo meraviglioso portento.



  1. Così è sostituito in margine alle parole «amatore & defensore delle», che nel testo sono cancellate.
  2. solo coglione nelle1
  3. oh grand’uomo doveva esser costui, che non si ricordava di aver un Zio.
  4. E qual portento, se non hai mai detto di quel che tu voglia ciarlare?
  5. bel parentado che il Zio non sa d’avere il Nipote, nè il Nipote il Zio. Parentado da bestie.
  6. Io t’ho per iscuso pur troppo. Di grazia, non ti affaticare, perchè veggo che non sai parlar nè meno in vulgare, non che latino.
  7. Mio bue, te lo dirò io. Quello in circa si referisce a’ giorni; ma per questo che vuoi tu dire? non vedi che ciò è detto con modestia? perchè, chi vorrà asserire che la Stella nuova fu osservata il tal momento di tempo, nel tal giorno, potendo essere stata vista anco un pezzo avanti da altri non cogniti all’Autore? Etc.
  8. Tu, che fai il pedante alla parola in circa, dovevi dire ogni notte, perchè di notte s’osservan le stelle.
  9. E perchè ho da credere più a te, che la fai poco maggiore di Giove, che a quelli che la paragonano di grandezza a Venere?
  10. Nell’edizione originale si legge a questo punto: Qui si accomodi la Figura segnata. ⁂ con le quali parole è indicata la figura, che occupa una tavola in fine dell’opera, ma che noi abbiamo preferito inserire al posto nel quale è richiamata.
  11. Ivi non è paralasse.