Le opere di Galileo Galilei - Vol. V/Delle macchie solari/Frammenti attenenti alle lettere sulla macchie solari

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Le opere di Galileo Galilei - Vol. V/Scritture in difesa del sistema Copernicano IncludiIntestazione 28 agosto 2017 75% Da definire

Delle macchie solari - Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari Scritture in difesa del sistema Copernicano

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FRAMMENTI

ATTENENTI ALLE LETTERE

SULLE

MACCHIE SOLARI

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Ma che1, posto che una macchia traversasse il diametro del Sole in tempo sesquisettimo al tempo del passaggio di un’altra che si movesse per il parallelo distante 30 gradi, necessariamente segua che la sfera che conducesse dette macchie avesse il semidiametro più che doppio al semidiametro del Sole, si dimostrerà così.

Sia il globo del Sole, il cui diametro PAR, e ad esso sia perpendicolare il semidiametro AB; e sia l’arco BL gradi 30, e tirisi la DL parallela alla AB, ed amendue si prolunghino verso C, E, e per il punto B sia prodotta la BG, che tocchi il cerchio in B; sarà, in consequenza, parallela alla DA. E notisi, primieramente, che quando le macchie fossero contigue alla superficie del Sole e che e’ si rivolgesse in sè stesso intorno ad un asse eretto al piano dell’eclittica, tutte ci apparirebbono descriver linee rette tra di sè parallele, e trapassar pur tutte il disco solare in tempi eguali, tanto quelle che passassero per il centro, quanto quelle che passassero da esso lontane secondo qualsivoglia distanza; il che è per sè stesso manifesto, essendo la Terra ancora nel piano dell’eclittica. È manifesto, di più, che quando le macchie fossero portate in una sfera che circondasse il globo solare e fosse di lui notabilmente maggiore, i passaggi di quelle che ci apparissero passare per lo centro del disco si farebbono in più tempo che i passaggi di quelle che traversassero linee minori e remote dal centro, e le differenze di tali tempi si farieno sempre maggiori e maggiori, secondo che le sfere si ingrandissero loro; ma non però si potrebbe già mai
2. del passaggiu di
[p. 256 modifica]tanto ingrandir la sfera, che ’l tempo maggiore al tempo minore non avesse proporzion minore di quella che ha la maggior linea passata alla minore, perchè tal proporzione si osserverebbe solamente quando la detta sfera fosse infinita. E per più chiara intelligenza di quanto dico, intendansi 2 macchie traversare il disco solare, una per lo centro, passando per la linea BA, e l’altra per la linea LD, remota dal centro, sì che l’arco BL sia gradi 30: prima è manifesto, che quando le macchie fossero contigue al Sole ed il Sole si rivolgesse in sè stesso, quelle passerebbono nel tempo stesso le linee BA, LD2.

Un’altra dimostrazione3 possiamo cavare pur da un altro particolare della sua medesima osservazione: il quale è, che la medesima macchia μ, apparsa vicino alla circonferenza molto sottile, intorno al mezo poi si mostrò 6 o più volte più grossa; il quale accidente non seguirebbe se il suo movimento fosse notabilmente lontano. Il che fa- remo così manifesto.

Sia la macchia x gradi 3.20’; la sua suttesa sarà 5814 parti di quali il semidiametro del corpo solare contiene 100000: intendasi l’arco abd esser gradi 11.20’; sarà il suo sino verso aco 1950: e ponendosi l’arco ab gradi 8, acciò che il rimanente bd sia gradi 3.20’, quanta si suppone esser la larghezza della macchia, sarà il sino verso ac 973, ed il rimanente co 977. Dal che aviamo, la macchia x in bd apparirci molto sottile, ciò è la sesta parte di quello che si mostrò verso ’l mezo del disco, ed aviamo l’intervallo ac tra essa e l’estremità del , prossimamente eguale alla grossezza della macchia; che sono tutti i requisiti particolari acconciamente rispondenti all’osservazione di Apelle. Or vegghiamo se sia possibile che tali particolari potessero accadere ponendo la conversione delle macchie remota dal globo del Sole per la ventesima parte del suo semidiametro solamente.

Pongasi, dunque, il semidiametro di tale sfera maggiore di quel del Sole la ventesima parte, sì che fa sia 5000 di quali tutto ’l semidiametro am è 100000, ed fm 105000. Ma di quali fm è 100000, sarà fa 4762, ed ac 927, ed oc 930, ed fac 5689, ed faco 6619; e l’arco fe
1. magiore — 23-24. tra essa ell’estremità
[p. 257 modifica]sarà gradi 17.40’, feg 19.25’, eg 1.45’, fegq 21, gq 1.35’; ma la sua suttesa nel luogo μ sarà, 2765: e tanta apparirà la grossezza della macchia, la quale non arriva a esser tripla della apparente grossezza nel luogo di gq4.

perchè noi non veggiamo5 così manifestamente il vigor del lume reflesso il giorno, come la notte nella e nelle stelle, non apparendo niente il giorno e molto la notte, e non ci tocca a veder la reflession della Terra se non di giorno, però, tirati da una assai semplice prima apprensione, crediamo la reflession della Terra non esser comparabile a quella della , etc. Nel tempo che la reflession delle stelle è vivissima, la Terra è oscura; e quando la Terra è illuminata, parci di vedere il lume primario mediante la presenza del Sole6.

Drizzando 2 cannoni, uno verso la quasi piena e l’altro verso l’occidente subito dopo il tramontar del , e ricevendo sopra 2 carte il lume della e quello dell’aria prossima al corpo solare, si potrà vedere quanto il lume dell’aria si mostri più chiaro di quel della , e secondo che il Sole si andrà abbassando, si incontreranno 2 lumi della del crepuscolo egualmente chiari7.

se la fosse penetrabile8 dal lume del Sole, bisogneria che la fosse più diafana assai d’una nugola: ma la nugola è tanto diafana, che in 3 o 4 braccia di profondità non si scorge la sua opacità; ma ben si scorgerebbe nel vetro; onde la deverà esser infinitamente più trasparente del vetro9.

Io poi metto10 tanto poca difficoltà sopra i nomi, anzi pur so che è in arbitrio di ciascheduno d’imporgli a modo loro, che non farei caso a chiamarle stelle, e massime chiamandosi con tal nome anco le comete, li due fulgori del 1572 e del 1604, l’esalazioni cadenti e
18. dell’crepuscolo — 22. scorgerebe — 25. d’imporgli è sostituito a e massime dei primi introduttori ed osservatori delle cose, di nominarle, che è cancellato. — 27. fulgori è sottolineato. —
[p. 258 modifica]discorrenti per l’aria, ed essendo infin conceduto agli amanti ed a i poeti chiamare stelle gli occhi delle lor donne,

Quando si vidde il successor d’Astolfo

Sopra apparir quelle ridenti stelle;


e di più dire di un alterato dal vino o stordito da una percossa,

Vidde mirando in terra alcuna stella.


Ma saranno queste stelle solari differenti dalle altre in alcune condizioni pur di qualche considerazione: atteso che quelle ci si mostrano sempre di una sola figura, e quella è la regolarissima fra tutte; e queste, di infinite, ed irregolarissime tutte: quelle, consistenti nè mai mutatesi di grandezza e di forma; e queste, instabili sempre e mutabili: quelle, l’istesse sempre, e di permanenza che supera le memorie di tutti i secoli decorsi; queste, generabili e dissolubili da l’uno all’altro giorno: quelle, non mai visibili, se non piene di luce; queste, oscure sempre e splendide non mai: quelle, mobili ogn’una per sè, di moti proprii, regolari e tra di loro differentissimi; queste, mobili di un moto solo, comune a tutte, regolare solo in universale, ma da infinite particolari disagguaglianze alterato: quelle, costituite tutte in particolare in diverse lontananze dal Sole; e queste, tutte contigue, o insensibilmente remote dalla sua superficie: quelle, non mai visibili se non quando sono assai separate dal Sole; queste, non mai vedute se non congiuntegli: quelle, di materia probabilissimamente densa ed opacissima; queste, a guisa di nebbia o fumo rare. E chi sarà quello che le vogli stimar cosa con la quale non hanno pur una minima particolar convenienza, che non l’abbino cent’altre cose, più presto che cosa con la quale in ogni particolare convengono? Io le ho agguagliate alle nostre nugole o a i fumi; e certo chi le volesse con alcuna delle nostre materie imitare, non credo che si trovasse più aggiustata imitazione, che lo spruzzare sopra un ferro rovente in piccole stille qualche bitume di difficile combustione, il quale sul ferro imprimebo rebbe una macchia negra, dalla quale, come da sua radice, si eleverebbe un fumo oscuro, che in figure stravaganti e mutabili si anderebbe spargendo11 [p. 259 modifica] A quelli che volessero mantenere, le macchie esser aggregazioni di stelle, si opporrà, tra le altre cose, che quando nel disco per molti giorni si veggono pochissime macchie, allora le doverebbono esser divise tra loro e sparpagliate; e però vicino alla circonferenza del disco si doverebbono veder linee oscure per la frequenza delle macchiette, i cui intervalli veduti in scorcio quasi svanirebbononota. Se le fussero stelle o congerie e drappelli di stelle che per l’inegualità de i lor movimenti si accozzassero insieme, come tali accozzamenti si farebbon sempre numerosissimi e massimi solamente verso il mezo del Sole, ed i medesimi verso la circonferenza sempre si andrebbono diminuendo? e come, essendo alcuna macchia tal volta ben cinquanta volte maggior in superficie di Venere, non si fa veder luminosa fuori del disco solarenota? Se quellanota che noi chiamiamo corruzione fosse annichilazione, averebbono i Peripatetici ragione a essergli così nemici: ma se non è altro che una mutazione, non merita cotanto odio; ne credo che con ragione alcuno si lamentasse della corruzione del vuovo, mentre di quello si genera il pulcino. Se mettano maggiore e minore nobiltà e perfezione nell’elemento, per essempio, del fuoco che nella terra o nell’acqua, perchè domandar corruzione quando l’animale si dissolve in fuoco o in aria etc.nota? Essendo questanota che lor domandano generazione e corruzione solo una piccola mutazioncella in poca parte delli elementi, e quale dal cielo non si scorgerebbe, perchè negarla nel cielo? temono forse, argomentando dalla parte al tutto, che la Terra sia per dissolversi e corrompersi tutta, e che sia per venir tempo nel quale il mondo, avendo la Luna e l’altre stelle, sia per trovarsi senza Terra? non credo che abbino tal paura: e se le sue piccole mutazioni non minacciano la sua total destruzione, nè gli sono di imperfezione, anzi 12 13 14 15 16 17 [p. 260 modifica]di sommo ornamento, perchè privarne gli altri corpi mondani? Il volere misurare il tutto con la scarsa misura nostra ci fa incorrere in strane opinioni, e l’odio che aviamo con la morte ci fa odiare la nostra fragilità: ma non so dall’altro canto se per farci immutabili, quanto ci fosse caro l’incontrare una testa di Medusa, che ci convertissi in un marmo o diamante. E chi non vede che quello che noi meritamente tanto stimiamo, che è il nostro intendere e sentire, non si può fare senza le alterazioni18?

Note

  1. Cfr. pag. 210, lin. 1 e seg.
  2. Mss. Galil., Par. III, T. X, car. 76 r.
  3. Cfr. pag. 213-214.
  4. Tomo cit., car. 45r
  5. Cfr. pag. 221, lin. 20 e seg.
  6. Tomo cit., car. 43ar.
  7. Tomo cit., car. 75r.
  8. Cfr. pag. 224, lin. 14 e seg.
  9. Tomo cit., car. 43ar.
  10. Cfr. pag. 229, lin. 16 e seg.
  11. Tomo cit., car. 74r. e t. — Sul margine della car. 74r., di fronte a questo frammento, si legge altresì, sempre di pugno di Galileo: «creda pur V. S. che quelli che le stimano stelle, è forza che poco abbino osservato i loro accidenti».
  12. Tomo cit., car. 20r.
  13. Tomo cit., car. 74r.
  14. Cfr. pag. 234, lin. 32 e seg.
  15. Tomo cit., car. 74t.
  16. Tomo cit., car. 74t.
  17. Cfr. pag, 235, lin. 1 e seg.
  18. Tomo cit., car. 74t. e 75t.