Le poesie religiose (1895)/Alla virtù

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Alla virtù

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Sera d'agosto Encelado
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ALLA VIRTÙ





          Giacchè di voi, fantastiche
Parvenze, libero si aggira il polo,
          E ferrea legge è all’anime
4D’un’idea fulgida seguire il volo,

          Qual delle grate immagini,
Ond’han le tenebre vitali un raggio,
          Perseguirem con l’ansia
8Mente fra’ dubbj del reo viaggio?

          Non te certo, sollecita
Forza, anzi furia, che ingombri i cori
          Del vulgo, aperti al fascino
12Di conquiste auree, di vitrei onori.

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          Non te, sirena perfida,
Che un serto in premio offri a’ tuoi fidi,
          E dando baci all’algide
16Tombe, la smania de’ vivi irridi.

          Troppo, o circee fantasime,
Già bevve l’animo de’ vostri inganni:
          Lungi da voi, più nobile
20Meta m’insegnano saggezza ed anni.

          Santa virtù, presidio
D’inespugnabili petti, sovrana
          Fiamma che scaldi e illumini
24Per l’erta gelida la stirpe umana,

          È tua quest’incolpabile
Vita; propizia tu a noi riguarda,
          Or che fra scede e còmputi
28Ghignando imbestia l’età codarda.

          Tu la titania fiaccola
Rapisti all’ardue case di Giove,
          Ond’arti industri ed utili
32Norme conobbero le genti nuove:

          E tu sotto al vulcanio
Martel, tra’ fulmini del nume irato,
          Temprasti al fiero urànide
36L’acciar dell’animo maggior del fato:

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          Sì ch’ei, fitto alla scitica
Balza, il dir tumido dell’argicída
          Sprezzando, al divin despota
40Lanciò ne’ secoli la prima sfida.

          Per te, ch’austera moderi
I selvaggi impeti, gl’iniqui ingegni,
          Vien che tremenda ai reprobi,
44Ai buoni provvida, giustizia regni.

          Per te, madre a vittoria,
Degli ebbri eserciti nell’ignea festa,
          Libertà scende, e barbari
48Vessilli e porpore di re calpesta;

          Onde poi grata all’opere
Ride la copia sul suol ferace,
          Mentre dell’arte i candidi
52Còri in dotti éduca ozj la pace.

          Volge fortuna i torbidi
Flutti, e con mobile talento opprime
          Ne’ gorghi atri le specie,
56Ch’or or dell’essere toccâr le cime:

          Vinte dal moto assiduo,
Che tutto esercita con leggi ascose,
          In terra, in mar, nell’etere
60Sembianza assumono varia le cose:

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          Ma tu, fra scille rabide
E lusinghevoli sirene, squassi
          La face, e invitta a’ secoli,
64Sempre a te simile, pugnando passi.

          Felici, o voi che vigili
Nell’ombre, al fulgere del roseo lume
          Sorgete, e di lei, fausta
68Solo a’ magnanimi, vi fate un nume!

          Voi stringerà con ferrea
Tanaglia il macero bisogno; in voi
          La regnatrice invidia
72Proverà il tossico de’ dardi suoi;

          Ma sia che alfin tra’ cantici,
Orrendi al tracio domato orgoglio,
          Voi chiami, augusti indigeti,
76La gloria al vertice del Campidoglio;

          O sia che ne’ maliaci
Varchi, o nel tessalo scompiglio, i vostri
          Capi col pugno bronzeo
80Su le macerie la morte prostri,

          A voi supremo gaudio
Sgorga dal candido dover compiuto;
          Ed all’ematia polvere
84La tua bestemmia si sperde, o Bruto.