Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone VI

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Canzone V Canzone VII

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CANZONE VI.


V
Erdi panni, sanguigni, oscuri o persi

     Non vestì donna unquancho,
     Nè d’or capelli in bionda treccia attorse
     Sì bella, com’è questa che mi spoglia
     5D’arbitrio, e dal cammin di libertade
     Seco mi tira sì, ch’io non sostegno
     Alcun giogo men grave.
E se pur s’arma talor’ a dolersi
     L’anima a cui vien manco
     10Consiglio, ove ’l martir l’adduce in forse;
     Rappella lei da la sfrenata voglia
     Subito vista, che del cor mi rade
     Ogni delira impresa, ed ogni sdegno
     Fa ’l veder lei soave.
15Di quanto per Amor già mai soffersi,
     Ed aggio a soffrir anco
     Fin che mi sani ’l cor colei che ’l morse,
     Rubella di mercè, che pur le ’nvoglia,
     Vendetta fia, sol che contra umiltade
     20Orgoglio, ed ira il bel passo ond’io vegno,
     Non chiuda, e non inchiave.
Ma l’ora e ’l giorno ch’io le luci apersi
     Nel bel nero, e nel bianco
     Che mi scacciar di là dove Amor corse,

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     25Novella d’esta vita che m’addoglia
     Furon radice, e quella in cui l’etade
     Nostra si mira, la qual piombo, o legno
     Vedendo è chi non pave.
Lagrima adunque che dagli occhi versi
     30Per quelle, che nel manco
     Lato mi bagna chi primier s’accorse,
     Quadrella, dal voler mio non mi svoglia:
     Chè ’n giusta parte la sentenzia cade:
     Per lei sospira l’alma, ed ella è degno
     35Che le sue piaghe lave.
Da me son fatti i miei pensier diversi:
     Tal già, qual io mi stanco,
     L’amata spada in sè stessa contorse.
     Nè quella prego che però mi scioglia:
     40Chè men son dritte al ciel tutt’altre strade
     E non s’aspira al glorioso regno
     Certo in più salda nave.
Benigne stelle che compagne fersi
     Al fortunato fianco,
     45Quando ’l bel parto giù nel mondo scorse!
     Ch’è stella in terra, e come in lauro foglia,
     Conserva verde il pregio d’onestade,
     Ove non spira folgore, nè indegno
     Vento mai che l’aggrave.
50So io ben ch’a voler chiuder in versi
     Suo' laudi, fora stanco
     Chi più degna la mano a scriver porse.
     Qual cella è di memoria in cui s’accoglia
     Quanta vede vertù, quanta beltade,
     55Chi gli occhi mira d’ogni valor segno,
     Dolce del mio cor chiave?
Quanto 'l Sol gira, Amor più caro pegno,
     Donna, di voi non ave.