Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Paulo Uccello

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Paulo Uccello

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Luca della Robbia Lorenzo Ghiberti

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VITA DI PAULO UCCELLO PITTOR FIORENTINO

Paulo Uccello sarebbe stato il più leggiadro e capriccioso ingegno che avesse avuto, da Giotto in qua, l’arte della pittura se egli si fusse affaticato tanto nelle figure et animali, quanto egli si affaticò e perse tempo nelle cose di prospettiva; le quali ancor che sieno ingegnose e belle, chi le segue troppo fuor di misura, getta il tempo dietro al tempo, affatica la natura, e l’ingegno empie di difficultà, e bene spesso di fertile e facile lo fa tornar sterile e difficile, e se ne cava (da chi più attende a lei che alle figure) la maniera secca e piena di proffili; il che genera il voler troppo minutamente tritar le cose; oltre che bene spesso si diventa solitario, strano, malinconico e povero, come Paulo Uccello, il quale, dotato dalla natura d’uno ingegno sofistico e sottile, non ebbe altro diletto che d’investigare [p. 269 modifica]alcune cose di prospettiva difficili et impossibili, le quali, ancor che capricciose fussero e belle, l’impedirono nondimeno tanto nelle figure, che poi, invecchiando, sempre le fece peggio. E non è dubbio che chi con gli studii troppo terribili violenta la natura, se ben da un canto egli assottiglia l’ingegno, tutto quel che fa non par mai fatto con quella facilità e grazia, che naturalmente fanno coloro che temperatamente, con una considerata intelligenza piena di giudizio, mettono i colpi a’ luoghi loro, fuggendo certe sottilità, che più presto recano a dosso all’opere un non so che di stento, di secco, di difficile e di cattiva maniera, che muove a compassione chi le guarda, più tosto che a maraviglia; atteso che l’ingegno vuol essere affaticato quando l’intelletto ha voglia di operare, e che ’l furore è acceso, perchè allora si vede uscirne parti eccellenti e divini, e concetti maravigliosi. Paulo dunque andò, senza intermettere mai tempo alcuno, dietro sempre alle cose dell’arte più difficili; tanto che ridusse a perfezzione il modo di tirare le prospettive dalle piante de’ casamenti e da’ profili degli edifizii condotti in sino alle cime delle cornici e de’ tetti, per via dell’intersecare le linee, facendo che le scortassino e diminuissino al centro, per aver prima fermato o alto o basso, dove voleva, la veduta dell’occhio; e tanto insomma si adoperò in queste difficultà, che introdusse via modo e regola di mettere le figure in su’ piani dove elle posano i piedi e di mano in mano dove elle scortassino e diminuendo a proporzione sfuggissino, il che prima si andava facendo a caso. Trovò similmente il modo di girare le crociere e gli archi delle volte, lo scortare de’ palchi con gli sfondati delle travi, le colonne tonde per far in un canto vivo del muro d’una casa, che nel canto si ripieghino e tirate in prospettiva rompino il canto e lo faccia per il piano. Per le quali considerazioni si ridusse a starsi solo e quasi salvatico, senza molte pratiche, le settimane e i mesi in casa senza lasciarsi vedere. Et avvenga che queste fussino cose difficili e belle, s’egli avesse speso quel tempo nello studio delle figure, ancor che le facesse con assai buon disegno, l’arebbe condotte del tutto perfettissime; ma consumando il tempo in questi ghiribizzi, si trovò mentre che visse più povero che famoso. Onde Donatello scultore suo amicissimo li disse molte volte, mostrandogli Paulo mazzochi a punte e quadri tirati in prospettiva per diverse vedute, e palle a 72 facce a punte di diamanti e in ogni faccia brucioli avvolti su per e’ bastoni, e altre bizzarrie in che spendeva e consumava il tempo: "Eh, Paulo, questa tua prospettiva ti fa lasciare il certo per l’incerto; queste son cose che non servono se non a questi che fanno le tarsie; perciò che empiono i fregi di brucioli, di chiocciole tonde e quadre e d’altre cose simili". Le pitture prime di Paulo furono in fresco, in una nicchia bislunga tirata in prospettiva nello spedale di Lelmo, cioè un Santo Antonio abbate e S. Cosimo e Damiano che lo mettono in mezzo. In Annalena (monastero di donne) fece dua figure, et in S. Trinita, sopra alla porta sinistra dentro alla chiesa, in fresco, storie di S. Francesco, cioè il ricevere delle stìmate, il riparare alla chiesa reggendola con le spalle e lo abboccarsi con S. Domenico. Lavorò ancora in S. Maria Maggiore, in una capella allato alla porta del fianco che va a S. Giovanni dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella qual fece un casamento degno di considerazione, e cosa nuova e difficile in que’ tempi, per essere stata [p. 270 modifica]la prima, che si mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto che paia assai lontano e largo e coloro che con giudizio sanno a questo con grazia aggiugnere l’ombre a’ suoi luoghi e i lumi con colori, fanno senza dubbio che l’occhio s’inganna, chè pare che la pittura sia viva e di rilievo. E non gli bastando questo, volle anco mostrare maggiore difficultà in alcune colonne che scortano per via di prospettiva, le quali ripiegandosi rompono il canto vivo della volta dove sono i quattro Evangelisti, la qual cosa fu tenuta bella e difficile; e invero Paulo in quella professione fu ingegnoso e valente. Lavorò anco in S. Miniato fuor di Fiorenza, in un chiostro, di verde terra e in parte colorito, la vita de’ Santi padri nelle quali non osservò molto l’unione di fare d’un solo colore come si deono le storie, perchè fece i campi azzurri, le città di color rosso, e gli edifici variati secondo che gli parve, et in questo mancò, perchè le cose che si fingono di pietra non possono e non deon essere tinte d’altro colore. Dicesi che mentre Paulo lavorava questa opra, un abbate che era allora in quel luogo gli faceva mangiar quasi non altro che formaggio; per che, essendogli venuto annoia, deliberò Paulo, come timido ch’egli era, di non vi andare più a lavorare, onde, facendolo cercar l’abbate, quando sentiva domandarsi da’ frati, non voleva mai esser in casa, e se per avventura alcune coppie di quell’ordine scontrava per Fiorenza, si dava a correre quanto più poteva, da essi fuggendo. Per il che due di loro più curiosi e di lui più giovani, lo raggiunsero un giorno e gli domandarono per qual cagione egli non tornasse a finir l’opra cominciata e perchè, veggendo frati, si fuggisse; rispose Paulo: "Voi mi avete rovinato in modo che non solo fuggo da voi, ma non posso anco praticare nè passare dove siano legnaiuoli, e di tutto è stato causa la poca discrezione dell’abbate vostro; il quale, fra torte e minestre fatte sempre con cacio, mi ha messo in corpo tanto formaggio, che io ho paura, essendo già tutto cacio, di non esser messo in opra per mastrice; e se più oltre continuassi, non sarei più forse Paulo, ma cacio". I frati, partiti da lui con risa grandissime, dissero ogni cosa all’abate, il quale, fattolo tornare al lavoro, gli ordinò altra vita che di formaggio. Dopo dipinse nel Carmine, nella cappella di San Girolamo de’ Pugliesi, il dossale di San Cosimo e Damiano. In casa de’ Medici dipinse in tela a tempera alcune storie di animali, de’ quali sempre si dilettò, e per fargli bene vi mise grandissimo studio; e, che è più, tenne sempre per casa dipinti uccelli, gatti, cani e d’ogni sorte di animali strani che potette aver in disegno, non potendo tenere de’ vivi per esser povero; e perchè si dilettò più degli uccelli che d’altro, fu cognominato Paulo Uccelli. Et in detta casa, fra l’altre storie d’animali, fece alcuni leoni che combattevano fra loro, con movenze e fierezze tanto terribili, che parevono vivi. Ma cosa rara era, fra l’altre, una storia dove un serpente, combattendo con un leone, mostrava con movimento gagliardo la sua fierezza et il veleno che gli schizzava per bocca e per gli occhi, mentre una contadinella ch’è presente guarda un bue, fatto in iscorto bellissimo del quale n’è il disegno proprio di mano di Paulo nel nostro libro de’ disegni, e similmente della villanella tutta piena di paura e in atto di correre, fuggendo dinanzi a quegli animali. Sonovi similmente certi pastori molto naturali et un paese che fu [p. 271 modifica]tenuto cosa molto bella nel suo tempo. E nell’altre tele fece alcune mostre d’uomini d’arme a cavallo, di que’ tempi, con assai ritratti di naturale. Gli fu fatto poi allogagione nel chiostro di Santa Maria Novella d’alcune storie, le prime delle quali sono quando s’entra di chiesa nel chiostro: la creazion degli animali, con vario et infinito numero d’acquatici, terrestri e volatili. E perchè era capricciosissimo e come si è detto si dilettava grandemente di far bene gl’animali, mostrò in certi lioni, che si voglion mordere, quanto sia di superbo in quelli, et in alcuni cervi e daini la velocità et il timore; oltre che sono gli uccelli et i pesci con le penne e squamme vivissimi. Fecevi la creazion dell’uomo e della femina, et il peccar loro, con bella maniera, affaticata e ben condotta. Et in questa opera si dilettò a far gl’alberi di colore, i quali allora non era costume di far molto bene, così ne’ paesi egli fu il primo che si guadagnasse nome fra i vecchi di lavorare e quegli ben condurre a più perfezzione che non avevano fatto gl’altri pittori inanzi a lui, se ben di poi è venuto chi gli ha fatti più perfetti, perchè, con tanta fatica, non potè mai dar loro quella morbidezza nè quella unione che è stata data loro a’ tempi nostri nel colorirli a olio. Ma fu ben assai, che Paulo con l’ordine della prospettiva gli andò diminuendo e ritraendo come stanno quivi appunto, facendovi tutto quel che vedeva, cioè campi arati, fossati et altre minuzie della natura, in quella sua maniera secca e tagliente; là dove se egli avesse scelto il buono delle cose e messo in opera quelle parti appunto che tornano bene in pittura, sarebbono stati del tutto perfettissimi. Finito ch’ebbe questo, lavorò nel medesimo chiostro sotto due storie di mano d’altri, e più basso fece il Diluvio con l’Arca di Noè, et in essa con tanta fatica e con tanta arte e diligenza lavorò i morti, la tempesta, il furore de’ venti, i lampi delle saette, il troncar degl’alberi e la paura degli uomini, che più non si può dire. Et in iscorto fece in prospettiva un morto al quale un corbo gli cava gli occhi, et un putto annegato, che per aver il corpo pien d’acqua, fa di quello un arco grandissimo. Dimostrovvi ancora varii affetti umani, come il poco timore dell’acqua in due che a cavallo combattono, e l’estrema paura del morire in una femina et in un maschio che sono a cavallo in sun’una bufola, la quale per le parti di dreto empiendosi d’acqua, fa disperare in tutto coloro di poter salvarsi: opera tutta di tanta bontà et eccellenza, che gli acquistò grandissima fama. Diminuì le figure ancora per via di linee in prospettiva, e fece mazzocchi et altre cose in tal opra certo bellissime. Sotto questa storia dipinse ancora l’inebriazione di Noè, col dispregio di Cam suo figliuolo, nel quale ritrasse Dello pittore e scultore fiorentino suo amico, e Sem e Iafet altri suoi figlioli che lo ricuoprono, mostrando esso le sue vergogne. Fece quivi parimente in prospettiva una botte che gira per ogni lato, cosa tenuta molto bella, e così una pergola piena d’uva, i cui legnami di piane squadrate vanno diminuendo al punto; ma ingannossi, perchè il diminuire del piano di sotto, dove posano i piedi le figure, va con le linee della pergola, e la botte non va con le medesime linee che sfuggano; onde mi sono maravigliato assai, che un tanto accurato e diligente facesse un errore così notabile. Fecevi anco il sagrifizio con l’Arca aperta, tirata in prospettiva con gl’ordini delle stanghe nell’altezza partita per ordine, dove gli uccelli stavano accomodati, i quali si veggono uscir [p. 272 modifica]fuora volando in iscorto di più ragioni, e nell’aria si vede Dio Padre che appare sopra al sagrifizio che fa Noè con i figliuoli; e questa di quante figure fece Paulo in questa opera è la più difficile, perchè vola col capo in scorto verso il muro e ha tanta forza che pare che ’l rilievo di quella figura lo buchi e lo sfondi. E oltre ciò, ha quivi Noè attorno molti diversi et infiniti animali bellissimi. Insomma diede a tutta questa opera morbidezza e grazia tanta, che ell’è senza comparazione superiore e migliore di tutte l’altre sue; onde fu, non pure allora, ma oggi grandemente lodata. Fece in Santa Maria del Fiore, per la memoria di Giovanni Acuto inglese, capitano de’ Fiorentini, che era morto l’anno 1393, un cavallo di terra verde tenuto bellissimo e di grandezza straordinaria, e sopra quello l’immagine di esso capitano di chiaro scuro di color di verde terra, in un quadro alto braccia dieci nel mezzo d’una facciata della chiesa, dove tirò Paulo in prospettiva una gran cassa da morti, fingendo che ’l corpo vi fusse dentro; e sopra vi pose l’immagine di lui armato da capitano, a cavallo. La quale opera fu tenuta et è ancora cosa bellissima per pittura di quella sorte; e se Paulo non avesse fatto che quel cavallo muove le gambe da una banda sola, il che naturalmente i cavagli non fanno perchè cascherebbano (il che forse gli avenne perchè non era avvezzo a cavalcare, nè praticò con cavalli come con gl’altri animali) sarebbe questa opera perfettissima perchè la proporzione di quel cavallo, che è grandissimo, è molto bella; e nel basamento vi sono queste lettere: "Pauli Uccelli opus". Fece nel medesimo tempo e nella medesima chiesa, di colorito, la sfera dell’ore sopra alla porta principale dentro la chiesa, con quattro teste ne’ canti colorite in fresco. Lavorò anco, di colore di verde terra, la loggia che è volta a ponente, sopra l’orto del munistero degli Angeli, cioè sotto ciascuno arco una storia de’ fatti di S. Benedetto abbate, e delle più notabili cose della sua vita, insin alla morte; dove, fra molti tratti che vi sono bellissimi, ve n’ha uno dove un monasterio, per opera del demonio, rovina, e sotto i sassi e’ legni rimane un frate morto; nè è manco notabile la paura d’un altro monaco, che fuggendo ha i panni che, girando intorno all’ignudo, svolazzano con bellissima grazia. Nel che destò in modo l’animo agl’artefici, che eglino hanno poi seguitato sempre questa maniera. È bellissima ancora la figura di San Benedetto dove egli con gravità e divozione nel conspetto de’ suoi monaci risuscita il frate morto. Finalmente in tutte quelle storie sono tratti da essere considerati, e massimamente in certi luoghi dove sono tirati in prospettiva infino agl’embrici e’ tegoli del tetto. E nella morte di San Benedetto, mentre i suoi monaci gli fanno l’essequie e lo piangono, sono alcuni infermi e decrepiti a vederlo, molto belli. È da considerare ancora, che fra molti amorevoli e divoti di quel Santo, vi è un monaco vecchio con dua grucce sotto le braccia, nel qual si vede un affetto mirabile e forse speranza di riaver la sanità. In questa opera non sono paesi di colore, nè molti casamenti o prospettive difficili, ma sì bene gran disegno e del buono assai. In molte case di Firenze sono assai quadri in prospettiva, per vani di lettucci, letti et altre cose piccole, di mano del medesimo; et in Gualfonda particolarmente, nell’orto che era de’ Bartolini, è in un terrazzo, di sua mano 4 storie in legname piene di guerre, cioè cavalli et uomini armati, con portature di que’ [p. 273 modifica]tempi bellissime; e fra gl’uomini è ritratto Paulo Orsino, Ottobuono da Parma, Luca da Canale e Carlo Malatesti signor di Rimini, tutti capitani generali di que’ tempi. Et i detti quadri furono a’ nostri tempi, perchè erano guasti et avevon patito, fatti racconciare da Giuliano Bugiardini, che più tosto ha loro nociuto che giovato. Fu condotto Paulo da Donato a Padova, quando vi lavorò, e vi dipinse nell’entrata della casa de’ Vitali di verde terra alcuni giganti che, secondo ho trovato in una lettera latina che scrive Girolamo Campagnola a Messer Leonico Tomeo filosofo, sono tanto belli che Andrea Mantegna ne faceva grandissimo conto. Lavorò Paulo in fresco la volta de’ Peruzzi a triangoli in prospettiva, et in su’ cantoni dipinse nelle quadrature i quattro Elementi e a ciascuno fece un animale a proposito: alla terra una talpa, all’acqua un pesce, al fuoco la salamandra et all’aria il camaleonte che ne vive e piglia ogni colore. E perchè non ne aveva mai veduti, fece un camello che apre la bocca et inghiottisce aria empiendosene il ventre; simplicità certo grandissima, alludendo per lo nome del camello a un animale che è simile a un ramarro, secco e piccolo, col fare una bestiaccia disadatta e grande. Grandi furono veramente le fatiche di Paulo nella pittura, avendo disegnato tanto che lasciò a’ suoi parenti, secondo che da loro medesimi ho ritratto, le casse piene di disegni. Ma se bene il disegnar è assai, meglio è nondimeno mettere in opera, poichè hanno maggior vita l’opere che le carte disegnate. E se bene nel nostro libro de’ disegni sono assai cose di figure, di prospettive, d’uccelli e d’animali, belli a maraviglia, di tutti è migliore un mazzocchio tirato con linee sole, tanto bello che altro che la pacienza di Paulo non l’averebbe condotto. Amò Paulo, se bene era persona stratta, la virtù degli artefici suoi, e perchè ne rimanesse a’ posteri memoria, ritrasse di sua mano in una tavola lunga cinque uomini segnalati, e la teneva in casa per memoria loro: l’uno era Giotto pittore, per il lume e principio dell’arte, Filippo di ser Brunelleschi il secondo, per l’architettura, Donatello per la scultura, e se stesso per la prospettiva et animali, e per la matematica Giovanni Manetti suo amico, col quale conferiva assai e ragionava delle cose di Euclide. Dicesi che essendogli dato a fare sopra la porta di S. Tommaso in Mercato Vecchio, lo stesso Santo che a Cristo cerca la piaga, che egli mise in quell’opera tutto lo studio che seppe, dicendo che voleva mostrar in quella quanto valeva e sapeva. E così fece fare una serrata di tavole, acciò nessuno potesse vedere l’opera sua se non quando fusse finita. Per che, scontrandolo un giorno Donato tutto solo, gli disse: "E che opera sia questa tua, che così serrata la tieni?"; al qual respondendo Paulo disse: "Tu vedrai e basta". Non lo volle astrigner Donato a dir più oltre, pensando, come era solito, vedere quando fusse tempo qualche miracolo. Trovandosi poi una mattina Donato per comperar frutte in Mercato Vecchio, vide Paulo che scopriva l’opera sua; per che, salutandolo cortesemente, fu dimandato da esso Paulo, che curiosamente desiderava udirne il giudizio suo, quello che gli paresse di quella pittura. Donato, guardato che ebbe l’opera ben bene, disse: "Eh Paulo, ora che sarebbe tempo di coprire e tu scuopri". Allora, contristandosi Paulo grandemente, si sentì avere di quella sua ultima fatica molto più biasimo che non aspettava di averne lode, e non avendo ardire, come avvilito, d’uscir più fuora, si rinchiuse in casa, attendendo alla prospettiva, che sempre [p. 274 modifica]lo tenne povero et intenebrato insino alla morte. E così, divenuto vecchissimo e poca contentezza avendo nella sua vecchiaia, morì l’anno ottantatreesimo della sua vita, nel 1432, e fu sepolto in Santa Maria Novella. Lasciò di sè una figliuola che sapeva disegnare, e la moglie, la qual soleva dire che tutta la notte Paulo stava nello scrittoio per trovar i termini della prospettiva, e che quando ella lo chiamava a dormire, egli le diceva: "Oh che dolce cosa è questa prospettiva!". Et invero, s’ella fu dolce a lui, ella non fu anco se non cara et utile, per opera sua, a coloro che in quella si sono dopo di lui esercitati.

IL FINE DELLA VITA DI PAULO UCCELLO PITTORE