Lettere (Campanella)/IX. A Paolo V

Da Wikisource.
IX. A Paolo V

../VIII. A Cintio Aldobrandini cardinale San Giorgio ../X. Al medesimo IncludiIntestazione 12 febbraio 2021 75% Da definire

VIII. A Cintio Aldobrandini cardinale San Giorgio X. Al medesimo
[p. 38 modifica]

IX

A Paolo V

Piglia l’occasione dalla lotta tra Roma e Venezia per mostrare la necessitá di riformare il clero, di abbreviare la procedura giudiziaria e di abolire, bastando il canonico, il diritto civile, d’istituire una specie di tribunale internazionale, di creare nuove milizie, cioè i cavalieri di san Pietro e di san Paolo, in difesa non solo della chiesa, ma anche del pontefice, della cui sovranitá non tralascia di discorrere a lungo, vaticinandone il prossimo trionfo con la ruina della repubblica di san Marco, come a lui risulta da rivelazioni e profezie.

 Beatissimo Padre,

Vinti giorni dopo scritto, non potendo mandar la lettera, intesi murmurar dal barbiere e soldati che li veneziani sono [p. 39 modifica]scomunicati da Vostra Beatitudine, e che correno intrichi per questo. Il che mi fece lacrimare «quia tacui», se ben non per colpa mia; e pensai che per questo li reverendissimi non me aiutano come deveno, per non guastar gli animi di principi.

Però supplicando prima, che mi dimanda con condizione di rendermi a loro s’io mento o che non finisca il negozio, finché Dio fará sereno, se li piace, vengo a dirli una parte di revelazione ch’ho intorno a questo, serbando il resto, ch’è assaissimo, a suo tempo e luogo.

Or son tre anni, avendo interrogato il demonio che si facea angelo e dio, e compariva ad una persona da me instrutta a pigliar l’influsso divino al qual mi parea disposta dalle stelle per la sua nativitá che mirai, rispose di tutti regni che dimandai, oltre di me e degli amici; e di Roma disse ch’al 1607 il pontefice perderá gran parte d’autoritá, e che alli 1625 sará scisma di due pontifici, e si struggeranno l’un l’altro ed abbasseranno il papato assai. Poi sará fatto un papa da gente meschina e povera e poca, fuor di Roma, fiacco e di valor languido, e questo poi in breve sará spento: e qui finirá tutta la pontifical dignitá e ’l senato di cardinali sará annichilato. Fra l’altre, poi, visioni, vide una vecchia seguitata da fanciulli a pietre, ch’entrò in una casa; ed esso seguendo appresso, entrò e la vide sepolta in una cassa, con queste lettere sopra: C. V. C. E dopo un mese ci dichiarò il falso angelo, che volean dire: certo Venezia caderá; e disse che quella persona che vedea tali visioni, sará mandata da esso Dio a far certi miracoli in Venezia, e sará da’ veneziani carcerato; poi fuggirá di carcere ed averá tutta l’Italia in favore e struggerá Venezia.

Dopo queste e moltissime altre visioni, che ci n’è un libro, io accorto ch’era diavolo in molti segni, ed avvisando quella persona dicendoli che dimandasse segnali come Gedeone, ed altre industrie, promesse il diavolo darli poi; ma comparse ad un signore in uno specchio, che trattava farmi fuggire, e lo fe’ che mi tradisse e rivelasse; e fui posto in questa fossa pur dal diavolo medesimo predettami. Qui aspettai, per tal successo verificato, scienze dal cielo e libertá promesse dal [p. 40 modifica]diavolo, perché il desiderio del sapere e libertá mi facea esser mal giudice e non stavo certo ancor se era diavolo. Passò il tempo della sua promessa, e vennero li diavoli spesso e m’afflissero in varie forme in questo luoco; e questo mi servio assai per accertarmi della fede e pregai Dio: fui soccorso, ebbi revelazioni vere e mi fûr dichiarati gl’inganni del diavolo e di sue profezie. E detto che avvisassi Vostra Beatitudine di molte cose — che non basta sei fogli di carta, — da mia sorella che fu sibilla, e da san Paolo e san Pietro e san Bonaventura; e come li diavoli nelle stelle e nelle cause agenti veggono molti eventi, e per il piú essi s’ingannano ed ingannano. Questo di Venezia antevidero nella congiunzion magna del 1603 ed eclissi e comete etc., e nell’animi di veneziani che si governano piú per ragion di stato che per l’Evangelio; e che certo sta in procinto di ruinare se non fa penitenza, e scotendo il giogo del padre pigliará il giogo del padrone, e fará libri per provocar a gelosia il padre e Dio, e mostrará scherzare e poi fará da vero; ch’entraran oltramontani, scriveranno di libertá e saranno animati da gente forastiera alla vanitá loro: «et erit illis in ruinam et scandalum nisi revertantur ad virum adolescentiae suae».

Seppi ancora ch’al clero soprasta gran procella di sangue e sará ruina nel papato, e poi surgerá un papa divino ed altri spiriti buoni e ch’averan lo Spirito santo manifesto come gli apostoli, e convocaranno il mondo tutto ad una legge, e li turchi e settentrionali correranno alla fede vera; ed assai altre cose di ciò e dell’Anticristo. Però senza mirar al mio danno — ché sapendosi che scrivo saria peggio per me — e perché mi fa questa caritá inspirato da Dio, mi parve avvisar Vostra Beatitudine che preghi Dio come Ezechia, che almeno faccia «pacem in diebus nostris». E sappia che non caderá iota di quanto fu rivelato a santa Caterina senese ed a san Vincenzo etc. E per tutto si murmura tra’ savi e pii che Roma patirá nel secondo avvento quel che patio Gerosolima nel primo. Giá siamo al tempo che predisse san Pietro: «venient illusores iuxta propriam conscientiam ambulantes, dicentes: ‘Ubi est promissio aut [p. 41 modifica]adventus eius? ex quo dormierunt patres, omnia perseverant ut ab initio creaturae'». E si dice per proverbio il «cito» dell’Apocalissi; e tutti credono ad Aristotele, ch’il mondo sia eterno; e cosí allevata la gioventú, né trovando lo Spirito santo in noi se non gelato, pensono che ’l Vangelio sia cosa d’astuto o di malinconico sciocco. Non volemo creder li segni che Dio mostra, perché ci abbia a cogliere come ladro di notte. «Turtur et hirundo custodierunt tempus adventus sui: populus autem meus non cognovit tempus visitationis suae. Vere mendacium operatus est stylus mendax scribarum»: dice Dio. Ci mandò san Gregorio e san Ambrosio a mostrar li segni, e poi le femine per confonderci, Brigida e Caterina, poi ci pose in burla de’ poeti Aretini, Franchi etc.: né si fe’ penitenza se non in apparenza; e mo’ ci mostra li segni in fatti non in parole, che Germania è il flagello delle creature fatto per purgar il tempio mostrato a santa Caterina, e Venezia lo fornisce.

Santissimo Padre, non tener fede nelli príncipi: «sunt baculi arundinei»; han per Vangelio il Macchiavello dato a loro per scandalo di rovinarli, come si vede in tutti suoi discepoli. E perché li sacerdoti pur viveno come quelli, seguendo la ragione di stato, vedrete che «sunt canes muti nescientes latrare». E Dio per li secolari e clerici dice: «apprehendam sapientes in astutia eorum»; e «qui adducit sacerdotes inglorios et optimates supplantat et consiliarios in stultum finem». Per guadagnar l’entrate delle chiese, tutti s’accordaranno. Spagna repugnerá, per non perder l’altro emisfero che sta unito con questo per lo vincolo della religione; e rotto questo, certo si perderia. Abram per timore dirá che la moglie gli è sorella, e Faraone la piglierá per sé, ed al fine per flagello di Dio la renderá con refuso.

Vero rimedio secondo Dio è: che tutto il clero, rosso o bianco, o verde o negro, vadano alle chiese scalzi e digiunino e bevan vino romanesco e pane plebeo mangino. «Expergiscimini qui bíbitis vinum in dulcedine, quia periit ab ore vestro». Ma se noi ci privaremo da per noi, non ci privará la Creatura per flagello di Dio: «si nosmetipsos iudicaremus, [p. 42 modifica]non indicaremur» . E non si pensino d’ammalarsi o morire. Dio pose mèta alla vita: «praeteriri non poterunt», dice Iob. Nell’altre cose s’obedisca alli medici, non negli atti religiosi. Romoaldo, Geronimo, Antonio, Paolo e tanti altri remiti vissero lunga vita con l’astinenza: la crapula l’abbrevia nelli sacerdoti d’oggi, e le piume etc.; e lo grasso spirito «nil coeleste sapit», dice san Geronimo allegando pur Galeno medico: e però prevale la ragion di stato, la prudenza carnale, Deo non subiecta. Quando san Pietro usò la ragion di stato a Cristo, dicendo che non tornasse in Giudea ché saria ammazzato, e non era bene, ma si dovea conservar per utile d’altri. Cristo rispose: «vade retro, Sitanas, non enim quae Dei sunt scis, sed quae sunt hominum»; e fu in quel dí che lo fece papa. Ecco dunque che tutti siamo Satana a Cristo quando sequemo la ragion umana, opposta — non dico la sottoposta — alla divina: «nisi granum frumenti etc.»; «qui amat etc.».

So che non mancaran teologi venduti a dir il contrario, dicendo che la penitenza è tentar Dio; e com’è scritto: «sanabant contritionem filiae populi mei, dicentes: ‘pax pax’ et non erat etc.», ed altrove di questo tempo fu detto: «peribit cor regis, cor principum, obstupescent sacerdotes et prophetae consternabuntur». Leggiamo ben san Paolo: «erunt in novissimo homines se ipsos amantes etc., voluptatum amatores magis quam Dei etc., speciem habentes pietatis (...religionis), virtutem vero abnegantes». Dunque manco si fidi Vostra Beatitudine delli vescovi che faran come in Germania; e li teologi diranno: «la chiesa di Dio non può mancare», e mille baie; ma si pensono ch’essi son chiesa di Dio. «Nolite confidere in verbis mendacii templum Domini etc.». ché a Dio non manca chiesa fuor di Roma e per tutto il giro del mondo; anzi è necessario, per meglio piantare, che primo «evellat et destruat et postea aedificet». Di questo pure è scritto: «et stridebunt cardines templi etc.»; «percute cardinem et movebuntur superliminaria. Avaritia enim in capite omnium etc.»; «et sacerdotes in mercede docebant»: e perdendo la moglie Ezechiel fu simbolo di questo fatto. «Ego enim polluam sanctuarium meum, superbiam imperii vestri etc.». [p. 43 modifica]

Questa è la chiave della natura e della profezia: quel che fu sará. Perché le cose passate son simili alle future: e quanto fu detto di Babilonia s’intende di tutte monarchie che a quella successero ed imitâro, come li pomi del futuro anno son simili a quelli del passato: e quel che si dice di Ierusalem, s’intende di Roma per figura. Però sempre dice: «filia Sion, turris gregis, usque ad te veniet potestas prima, regnum filiae Ierusalem». Ecco Roma filia Ierusalem: perché, come dice Crisostomo, «Iudea secundum fidem mater est gentium». Era Babilonia e fu fatta Ierusalem, come profetò Osea con san Paolo: «erit in loco ubi dictum est: Non plebs mea vos, ibi filii Dei vocabuntur». E di Venezia simile a Tiro: «erit siccatio sagenarum».

E però mira, santo Padre, che è detto: «auferam a Ierusalem et Iuda omne robur panis et omne robur aquae, validum et fortem iudicem, et prophetam, ariolum et senem principati, et consiliarium sapientem de architectis et prudentem eloquii mystici etc.»; e dopo dice che non ci trovará chi voglia esser principe. Non tanto si brama il cardinalato quanto si fuggirá. E la sibilla: «Tunc tu purpureo in poenis nudata nitore flebis etc.». A Roma. A Filadelfia fu promesso nell’Apocalisse da chi ha le chiave di David, che al vincitor scrivará in fronte il nome di Dio e della cittá di Ierusalem ed il suo nome novo: questo è certo di Roma per il simbolo delle chiave e di Ierusalem: ché pur Philadelphia vuol dir amor fraterno, e Roma, inversis literis, est amor: Roma.

E di piú li promette serbarla dall’ora della tentazione ch’ha da venir sopra tutt’il mondo; e che li nemici suoi adoraranno alli suoi piedi, alludendo a quel che si fa al papa da tutti principi e popoli basciando i piedi, come al Messia fu promesso: «inimici eius terram lingent». Ma non per questo resta che li guai di Gerosolima non le tocchino, cosí come li beni, perché dove ci entra il peccato si scioglie il patto. Ma perché «sine poenitentia sunt dona Dei», al fine le reliquie dopo la rovina s’edificaranno in novo tempio e nova Ierusalemme. La lettera parla della figlia di Sion: per usanza di Scritture, della stessa populazione che in quello abita, e della [p. 44 modifica]filia del popolo per lo stesso popolo, e della filia di Babilonia per la stessa Babilonia; ma lo spirito che intende fin al fine del mondo non evacuarsi le profezie, parla di tutti descendenti e consimili a loro. Questa è chiave imparata in cielo per intender le Scritture. Chi è spirituale sa quel che dico.

Dunque, o sanctissimo Padre, il primo rimedio è la penitenza pubblica ex toto corde, come quella d’Isaia, d’Ezechia e di Ninive. E per farla parere in fatti che l’inimici perdano l’ardire e li popoli non credano a li teologi loro profeti venduti iezabeliti, bisogna governar lo stato ecclesiastico di modo che ogni altro popolo l’invidii e desideri star sotto la chiesa. Dove è la differenza tra popoli ecclesiastici e gli altri? le pene, li tributi, le carceri, li tormenti, l’angarie son simili per tutto. Dunque tutti caminano per una via; e cosí li principi credono che ’l papato sia simile al dominio loro, e l’obbediscono per servirsi di lui, non per servire a lui: e questo viene perché noi ci servimo di Dio, ma non servimo a Dio. E cosí si perde la fede.

                    Perché la gente che sua guida vede
               pur a quel ben ferire ond’ella è ghiotta,
               di quel si pasce e piú oltre non crede:

disse Dante parlando del papato. Vedo Satana metter fuoco in tutti cuori di principi che tolgano il gladio materiale al papa, e che l’imperatore dimandi Roma dicendo che era invalida la donazione, e non prescrisse; e che li religiosi han la libertá de iure humano, e che ad essi lor principi la pónno levare, crescere e mancare per meglio della republica loro; e che li beni stabili son dannosi al clero; e se li usurparanno sotto specie di riformarlo. E cento teologi venduti scriver in favor loro; e tutti oltramontani in secreto e poi in publico fomentar la guerra grammaticale, ed alli principi chi fanno la volontá madre della ragione e non la ragione della volontá, come se lo Figlio procedesse dallo Spirito santo e non questo da quello, trovando ragioni, libelli, sillabe, dizioni torte, accenti ed ipsilon che [p. 45 modifica]pareran ch’ogni dottore dica a modo loro, perché Dio stesso «immutat cor principum et decipit eos ut etc.», per li peccati nostri e loro.

La riforma universale è il rimedio. Né si può far riforma se lo clero romano non si riforma da sé. Invan si muove il remo, le sarti, il velo e gli altri ordegni per drizzar una nave, se il timon non si tocca [a] proposito da un che l’intenda. Quando li regi d’Israel erano buoni, li popoli erano migliori; quando li regi tristi, essi pessimi. Far ben per forza è proprio delle bestie; ma degli uomini proprio è far bene per imitazione degli migliori. E chi in publico è buono, in secreto è diavolo se non ha chi imitare in sentimenti veri esposti con veritá. Ma questo rimedio solo bastaria a riformar tutte le religioni. Far che nullo tenga chiave di cella particolare né di cassa; ma sia la chiave doppia, d’una banda, comune al dormitorio ed alle porte, dell’altra, alle celle: cosí non si pónno lamentar li frati di ordinazioni e bolle sopra bolle, e son forzati a non tener danari né robba se non in deposito commune, né terran cose vane né libri proibiti nè processi né prediche scritte per recitarle come comedia a fin di guadagnare. So che ripugnaran li satrapi e diranno che li frati faran male l’un all’altro, e pur teneranno robba fuor della religione. Ne credas. È meglio tener la peste fuori che dentro: «avaritia est idolorum servitus». E l’idoli d’oro Mosè ed altri zelanti fecero in polvere e gittâro a fiume. Almen si leva il pensiero di tesorizzare: mal non può seguire altro si mirano nelli capuccini. Ma questo non s’usi sopra li novizi e conversi e non sopra li maestri etc.

II. Perché li principi cercano gittar a terra li canoni ed alzar le lor prammatiche e constituzioni, seguendo Vostra beatitudine la pietá che dice: «solve fasciculos deprimentes», abbrevii le cause: «velociter reddens quod iustum est». Questo fu profetato dal Messia nella persona di Vostra Beatitudine. Dunque tolga la legge civile, ché basta solo la canonica; e di questa che son tre tomi, e replicano lo stesso o ritrattano, se ne faccia uno solo, come il Deuteronomio, dove basta un [p. 46 modifica]libricello a tutte le cause. Cosi si tolge la lunghezza delle liti, l’adulterio delle leggi per li dottori, la difficultá lunga dello studio, e si leggeran li padri e non le glosse varie. E tutt’i principi vedendo quanto è buono, piglieran questo modo, acclamantibus populis, e cessará la grande iniquitá che «sedet loco iudicii», e l’inganno della plebe meschina; né saria se non bene che sian volgari ad ogni nazione. Di piú, faccia che tutti li religiosi avvochino ad defensam, in particolari li clerici regolari; e li frati di Gioan di Dio e di san Gioan Colombino siano medici e speciali, e leggano medicina ed agricoltura, e servano a tutto il popolo gratis. E cosí «omnia traham ad me ipsum cum gaudio populorum».

III. Si faccia in Roma una ruota di conseglio comune dove entrino tutti l’ambasciatori di principi e republica con altri tanti cardinali da loro chiamati, ché ognun abbia ius d’introdur un seco. Pigli l’infimo luoco che si tiene il piú nobile; questo si appelli il collo della cristianitá. E quel che si determina da tutti con Vostra Beatitudine in materia di stato, tutti principi abbino a seguitare; e chi non ubbidisce, tutti gli altri principi siano obligati ad esserli contra in guerra aperta. Questo servirá per non ribellarsi dalla sedia apostolica, come fece il re d’Inghilterra; e perché cessi la gelosia che il grande non opprima il picciolo, e che ’l grande possa far guerra contra infedeli senza sospetto che l’altri lo molestino in casa sua assente, come facea re Francesco a Carlo V; e per rappresentar l’unitá de cristiani con spavento d’infedeli sotto il padre. E non posso dir li innumerabili beni che da questo consiglio nasceriano. Uomini di spirito e di gran lettere ci vuol a persuader li principi a questo che per l’interesse di tutti è ottimo, come io dimostrai nel libro della Monarchia di cristiani, che sta in man dell’illustrissimo San Giorgio.

IV. Perché negano a Vostra Beatitudine il gladio materiale con gran malizia, ché ignoranza non può esser a chi ha giudicio pochissimo, e Cristo disse che in tempo di bisogno non solo «sacculum et peram et tunicam» debbiano pigliare, ma «qui non habet, gladium etc.»; instando la passion della chiesa, [p. 47 modifica]si faccia una religione in mare de’ cavalieri cefei, cioè di san Pietro, ed una in terra di paolini, cioè di san Paolo, crociati con chiave e spada attraversate in croce varia, si bene ex caelo audivi. E sian di preminenza maggiori a tutti i cavalieri, vivano religiosamente, eleggano il vice-maestro da sé. S’esercitino in ogni sorta d’armi, di navigare, nuotare, correre, saltare, cavalcare, ferire, figurati dalli «cerethi» e «phelethi» di David.

«quia summtis pontifex est regno David», dice san Bernardo, cosí come «est antiquitate Adam, primatu Noè, patriarchatu Abraham, sacerdotto Melchisedech, potè state Moyses, iudicatu Samuel, apostolatu Petrus, unctione Christus». Dunque mostrisi quel che è. Sian gli soldati religiosi, pii, mansueti alli cittadini di Cristo, fieri alli nemici, come li descrive Platone nella sua Republica, a guisa di cani molossi. Li sbravacci non vaiino, si scelgano ex robore corporis, et virtutis non ex nobilitate carnis. Gli uni guarderan le galere, gli altri [le armi] di tutta la chiesa in terra. Saran conventi loro li castelli e priori li castellani, guardaranno la persona del papa e tutte le terre importanti, viveranno in comune, legeranno d’arte militare e navigatoria alli popoli, e faranno spesso mostre della gente e popolazione dove stanno, ed insignaranno mecanica. Cosí la chiesa s’assicura, non bisognerá pagare soldati strani. Li latini e marchiani non saranno sbirri d’altri principi, come fanno per l’instinto naturale all’armi. E riuscirá stupendo aiuto da questo fra dieci anni. Li cefei per prede ed industrie averan cinquanta galere sotto di sé in difesa della chiesa e scorrendo contra infedeli; e questi di terra saranno arbitri dell’armi de cristianitá, votati al martirio tutti quando fia bisogno pigliarlo.

Padre santo, miri che non parlo solo per cominciare, si disfaccino le religioni disutili e li predicatori donino la metá della lemosina che litigano come paga; e li prelati la decima delle loro per dieci anni. A questo Vostra Beatitudine è avvisata da Dio ed è nata a cose grandi. Mi contentarci morir subito se parlassi con Vostra Beatitudine, e li mostrassi l’animo e che non parlo per allongar la vita. Chi ha visto quel ch’io vedo, non desidera la vita sotto questo caliginoso aere pieno [p. 48 modifica]di diavoli, ma sopra il globo lunare tanto piú sottile e puro quanto piú l’aere nostro dell’acqua. Le cose ch’ho promesso al re, piú prometto a Vostra Beatitudine. So che molti me glosaranno, mi biasmaranno, andando a caccia di dizioni ed accenti senza spirito di Dio, giudicando me a lor modo, lo mi serbo a gli effetti. Questo avvertisco, che tutti li profeti chi «loquuntur vobis placentia et dicunt tenebras lucem», si serviranno di questo che dico e fingeranno che son baie ed errori. E di piú le dico che non sanno difender Cristo se non come un settario, e Vostra Beatitudine come capo di sètta, ognun tirando la autoritá e ragioni a suo modo.

La Scrittura è di carta piú fiacca delle tavole di pietra dell’ebrei; e se li farisei torcean quella a lor modo, peggio si fa della nostra dalli novi farisei «speciem habentes pietatis et virtutem abnegantes etc.», «inimicos crucis Christi; quorum finis interitus et gloria in confusione ipsorum: qui terrena sapiunt etc.» «et non opponent se murum pro domo Israel in die Domini». Delle podestá che dicon directae, indirectae, in temporalibus, in spiritualibus, per se, per accidens, dicono qualche cosa, ma con logica umana, non divina, ch’è questa: Cristo è prima ragione, sapienza, verbo di Dio padre. Dunque tutte le cose del mondo, sendo guidate dalla Ragione prima, son soggette a lui in cielo ed in terra: «quia est primogenita omnis creaturae etc.», «et ipse est ante omnes et omnia in ipso constant». Che piú? «est caput corporis ecclesiae ut sit in omnibus primatum tenens». Dunque se il papa è suo vicario, sará capo e pastor di tutta la chiesa solo, non degli elementi e dell’altre creature dove ha posto altri capi «iuxta genus suum». Dunque il vicario della prima Ragione e della prima Sapienza, è capo e pastor di tutti gli uomini ragionevoli; dunque di tutto il mondo umano. Dunque pur di turchi e d’infedeli; ma quelli son membra ribelli e sudditi ribellanti, e decisi chi s’hanno a perdere.

Dunque li veneziani e li principi se governan con ragion li stati loro e non a caso, son soggetti al luocotenente della prima Ragione; ch’essi non pònno mostrar privileggio in [p. 49 modifica]scrittura santa che sian luogotenenti: e se si dicono dii, il papa «est Deus deorum», «princeps regum terrae», «per Christum omnis anima subdita sit potestatibus sublimioribus. Ergo omnis anima est subdita papae cuius potestas est suprema»: male intenderanno san Paolo e Crisostomo e Dionisio. Al senato di cardinali fu detto: «venient alieni et pascent pecora vestra, et filii alienorum agricolae et venitores vestri erunt. Vos autem sacerdotes Domini, ministri Dei; dicetur vobis: fortitudinem gentium comedetis, et in gloria earum superbietis etc.», e «nimis honorati sunt etc.», e «constitues eos principes». Dunque «habet gladium contra rebellantes utraque parte acutum». E quando si compirá la profezia: «reget eos in virga ferrea»? dopo che fu compita: «quare fremuerunt».

E quando etc., «in promptu habentes ulcisci omnem inobedientiam? cum impleta fuerit eorum obedientia»; perché «nunc autem regnum meum non est hinc». Mar erit quando? «quando evacuabit omnes principatus etc.», e, s’intende, di terra e di cielo; ed alibi: «gens et regnum, quod non servierit tibi, peribit»; in fine, chi non è soggetto alla ragione, non è soggetto al papa. E ’l papa omnia potest; ma, come lo dice san Paolo due volte, directissime in omnibus: «Omnia possumus pro veritate, nihil possumus contra veritatem etc.», ed «ad aedificationem non ad destructionem vestram». Questa è la distinzion di san Paolo in temporalibus simul et spiritualibus.Il ragionevole «et spiritualis omnia iudicat, et ipse a nomine iudicatur etc.». «An nescitis quod angelos iudicabimus, quanto magis ista saecularia?». «Non angelis subiecit orbem terrae etc.». Se Cristo ha di dominar il mondo, «et praenunciavit spiritus priores passiones et posteriores glorias», chiaro è che questa gloria sará in terra e piú in cielo; e dopo questa gloria sorgerá Gog e Magog ch’in cielo non sorgerá.

Dunque son vanitá e desiderii di licenzia, «habens velamen malitiae libertatem», sottraggersi dalla giurisdizione del luocotenente della prima Ragione. E li teologi contrari o son ignoranti o maligni macchiavellisti o venduti a Iezabel, senza spirito. «Quia excussimus spiritum, utimur scriptura», dice san [p. 50 modifica]Crisostomo, «cum in cordibus debuisset vivere lex», e la Scrittura è torta; e non si pensa ch’ogni lettera costa un fiume di sangue ed ogni dizione un mare alla chiesa per lucerna sostenere nel caliginoso tempo che successe a gli apostoli. Se spirito ci fosse, non ci bisognaria libro a saper questo, ch’ognun è soggetto al Padre ed alla Ragione viva, e si burlaria dell’alleganze di qual si voglia dottore, ché ognun può errare, se non è testimonio ed organo di Dio necessario ad informar altrui etc. Sant’Agostino e Lattanzio si burlavano dell’altro emisfero; e ’l testimonio delli marinari di Colombo li convince d’errore. Dunque, non parlâro come testimoni di Dio in questo; e molti altri in altre cose. E le profezie fûr mal intese da gli antichi, e li santi fûr soggetti alli príncipi tiranni; ma oggi si va scoprendo il vero: «et erunt capientes eorum qui se ceperant; et possidebit eos Israel in servos et ancillas». È meglio servire, che star libero, in compagnia di chi piú sa e meglio sa. «Felix necessitas quae cogit ad bonum etc.».

 [Napoli, settembre 1606].