Lettere (Sarpi)/Vol. I/Fra Paolo Sarpi/VI

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Fra Paolo Sarpi - V Fra Paolo Sarpi - VII
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Le Provinciali del buon Pascal e tutta la storia di Francia, così la revoca dell’Editto di Nantes come il disfacimento di Portoreale, provano che ben si apponeva Fra Paolo: pure i Gesuiti di Francia, se ne togli il tempo della Lega, han sempre studiato di parer buoni Francesi; e nel principio del secolo XVII, cuccuveggiavano Arrigo IV; e dopo che il re fu morto, vezzeggiavano la moglie. In Italia i padri rimpicciolivano i principotti italiani, e tutt’insieme spagnolizzavano alla palese. Cotale è stata sempre in Italia la politica de’ Gesuiti: gli stranieri padroni gli han sempre avuti a sostegno. Erano amici, a’ tempi del Sarpi, della Spagna; poi gli abbiamo veduti strumenti dell’Austria, e sempre fautori de’ governi stretti, in cui possono pochi, e sui pochi si studiano di poter essi. Non pure travagliavano l’Italia, ma la Germania, l’Ungheria e l’Inghilterra e le [p. xxiv modifica]repubbliche cattoliche della Svizzera; e penetravano anche in Costantinopoli, quantunque i Turchi minacciassero d’impalarli; e pur che il Sultano avesse fatto le loro vendette contro ai signori Veneziani, era caso che l’appaiassero col re cattolico. Il re cattolico e il papa volevansi dai Gesuiti, per esser signori di tutto sotto l’ombra del re cattolico e del papa. Dov’essi non giungevano, avevano in pronto i Cappuccini1 e i Somaschi ed altre siffatte congregazioni, e i sicarii crocesegnati rimettevano a nuovo. Di tutte queste cose sono documenti irrecusabili nelle Lettere del Sarpi, e di molte altre; ma vogliamo aggiungervi in testimonio un luogo del Boccalini, ch’ebbe, povero e oscuro vivendosi in Roma, l’ardimento di far con la penna guerra alla Spagna e constatarne la decadenza: «Vediamo, egli scrive, una mano di religiosi claustrali, che oggidì si vantano di essere stati suscitati da Dio per opporsi all’eresie de’ nostri tempi, servendo agli umori e ai pensieri mascherati di religione di questo cattolico Nembrot. Si sono primieramente arricchiti e fattisi padroni di molte nobilissime entrate, con le quali erigendo templi e monasteri, e convocando a sè con mille invenzioni in apparenza sante i poveri popoli, si sono fatti tiranni spirituali delle anime, de’ corpi e della roba loro. Questi, introdottisi per servire a Dio, hanno in un tempo stesso e molto meglio servito al re di Spagna, trattando successione de’ regni e imperi, paci, guerre, [p. xxv modifica]leghe, ribellioni, tradimenti, matrimoni ed altri cosiffatti maneggi temporali; cavando prima dalle confessioni, e da certa loro dimestica conversazione con i figli e con le femmine, i segreti tutti delle città e delli paesi, e intromettendovi quello che hanno giudicato bene per servire alle cose de’ Spagnuoli.» Poteva il Sarpi non essere acerbo e indefesso nemico di costoro? Anche senza l’accidente delle contese tra Roma e Venezia, tale sarebbe stato. Egli sapeva che «non ci è impresa maggiore che levare il credito a’ Gesuiti: vinti questi, Roma è persa; e senza questa, la religione si riforma da sè.2» Egli vedeva più chiaro degli altri. «Nessuno fra noi ignora che lo Spagnuolo ci è nemico; ma non tutti sanno che più assai nemico ci è il Papa, perchè i più si lasciano ingannare dai suoi puttaneschi artificii.3» Il Sarpi, per ultimo vedeva che il papa, malgrado delle velleità d’indipendenza, non poteva sostenersi se non mettendosi sotto Spagna.4 Così l’eccessive dottrine de’ Gesuiti sull’autorità del papa (di che vedi nelle lettere in cui parla del Bellarmino) riuscivano a soggettare le anime e i corpi ad una tirannide sconfinata per l’accordo de’ re e dei preti. Egli è perciò che il Sarpi è schivo della scuola politica de’ suoi tempi, tutta intenta a esaltare e dar le regole del principato assoluto, e si accosta a quelli che il volevano temperare; e vede chiaro i due doppi uffici del protestantismo a’ suoi giorni: [p. xxvi modifica]cioè di sciorre la soverchia possanza di Casa d’Austria, e l’altro similmente prezioso di mantenere alcuna libertà almanco delle opinioni e degli studi. E veramente, dove i Protestanti non potevano, il moto della rinascenza fu rotto. Magalotti e Leibnizio, dopo del Sarpi ne fan testimonio della Spagna e degli Stati austriaci. E se la Francia e, in parte, anche l’Italia tra i paesi cattolici non imbarbarirono, hassene a recar la cagione a parecchie cose; tra le quali non ultima la politica del Sarpi e di Venezia e de’ duchi di Savoia. Il duca di Savoia, dice il Sarpi col linguaggio che correva a que’ giorni, è gran cattolico e buon cristiano quanto bisogna:5 il che vuol dire che si atteneva ora alle alleanze cattoliche ora alle protestanti; e i Protestanti si chiamavano talora que’ del Vangelo e della Religione, e i Cattolici erano designati pure col nome di Papisti.


Note

  1. Vedi Schiller, Storia della guerra de’ trent’anni.
  2. Lett. CLXXVII.
  3. Lett. CXLVI.
  4. Lett. CLXXVII.
  5. Lettera CLXXXV.