Lettere (Sarpi)/Vol. II/133

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CXXXIII. — Al signor De l’Isle Groslot

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CXXXIII. — Al signor De l’Isle Groslot
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CXXXIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Più volte mi son vergognato in me stesso, considerando che le mie lettere a V.S. sono tutte vuote; sì come, per il contrario, le sue a me tutte piene: e conosco bene la molta affezione che mi porta, poichè quella aggrandisce ancora li concetti bassi ch’io le so rappresentare.

Se succederà che alcuna cosa si muova, chi vorrà attendere alle gran preparazioni che si vedono già incominciarsi, senza dubbio sarà costretto a credere che ne debbia seguire qualche cosa molto rilevante: ma spesso abbiamo visto preparazioni grandi facilmente quietate. Li Spagnuoli in tutti i tempi hanno mostrato esser uomini molto intendenti del governo, e in tanti moti circostanti non si vedono far preparazione alcuna. Conviene ben dire una di due cose: che essi vedono l’esito dove il tutto debbe [p. 47 modifica]terminare, incognito a noi; ovvero che la prudenza sia diventata improvvida.

Sono stati duoi ambasciatori spagnuoli a Torino, il Borgia e il Vives: il primiero è partito e questo resta ancora. Ha trattato il duca con ambiduoi, e tratta ancora con quello che resta, il quale spedisce anco spesso a Milano. È certa l’inclinazione del duca alla guerra; e per l’esperienza di tanti anni, egli sa che sperar di Spagna. Con tutto ciò, il discorso non è sufficiente di penetrare in petti occulti; è ben necessario che all’abboccamento con monsieur di Desdiguieres, si risolva il tutto; se bene la dilazione che si interpone a questo, mostra o qualche gran risoluzione fatta, qualche gran risoluzione rimanente.

Il re mostra in tutte le sue deliberazioni prudenza indicibile; ma in questa di aver disegnato monsieur di Bouillon per la guerra di Germania, la mostra maravigliosa, perchè non vi è forse altro in Francia, in chi concorrano tutte le sue qualità necessarie. Ma, come chi ha madama di Condé in potere, con quel mezzo non pacificherà tutte le cose?

Nella Germania, per la dieta d’Hala e per quella di Magonza,2 che hanno così diversi fini, è necessario che succeda qualche principio di gran conseguenza. Il pontefice mi pare d’intendere che abbia risoluto li commissarii delli Elettori cattolici col rimettere la trattazione e resoluzione al nuncio suo che tiene in Praga, non so per interponer tempo, ovvero per fare che la risoluzione sia presa più conforme al voler di quei principi suoi aderenti. Vi è gran dubbio da qual parte debba restar il duca [p. 48 modifica]di Sassonia: che se esso ancora si mettesse della parte di Hala, la guerra sarebbe universale di religione. Io aspetto che, se succede, debba nelli tempi seguenti esser chiamata Bellum sacrum.

In Italia si fa come nelli giorni di Noè; nè li padri Gesuiti, sebbene più sapienti di tutti, hanno quella considerazione che la cosa merita; poi che, chi ben pensa, sarà necessario che ognuno sia in ballo. E sì ancora non hanno trattato niente per ritornar in queste nostre parti, o perchè non le stimino, perchè non abbiano li loro cannoni a segno. Ma quando tra Francia e Spagna fosse qualche contenzione, come si diporteranno essi? Conservarsi in soggezione d’ambedue le corone, come doverebbono fare veri religiosi, è cosa inferiore al loro ardire: ingannare lo spagnuolo, sarebbe ingannare loro medesimi: resta ingannare il francese; il che non so se sia secondo li esempi passati.

Quanto al libro De modo agendi, l’autore non è quel Perkinson,3 scrittore di molte belle opere; ma un altro, il quale intendo che vive, e serve il re nello scrivere le lettere latine. Ho sentito molto dispiacere della morte di monsieur di Fresnes,4 per la perdita che ha fatto il re di un buon servitore: non credo che in Francia sia forse un altro che meglio intenda le cose d’Italia. Bisogna contentarsi di quello che arriva secondo la divina disposizione.

Io prego la Maestà Divina, che doni a V.S. ogni prosperità: alla quale per fine di questa bacio la mano; il che fanno insieme meco il [p. 49 modifica]signor Molino e il mio compagno, che gode grandemente di andar nello spaccio per cercar le lettere, quando è sicuro che vengono dalla sua parte; onde conviene participarli qualche nuova.

Di Venezia, il 30 marzo 1610.




Note

  1. Dall’edizione di Ginevra, pag. 234.
  2. Vedi tom. I, pag. 335 e 361.
  3. Vedi Lettera CXXIII, pag. 12.
  4. Già stato ambasciatore per Francia alla Repubblica di Venezia. Vedi tom. I, pag. 35.