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Lettere (Sarpi)/Vol. II/192

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CXCII. — Al signor De l’Isle Groslot

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CXCII. — Al signor De l’Isle Groslot
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CXCII. — Al signor De l’Isle Groslot.[1]


Questa presente, quantunque dovesse esser lunga secondo il solito per l’abbondanza dell’affetto, sarà breve per carestia di materia e angustia di tempo, non avendo veduto lettere di V. S. per questo spaccio. Ho creduto ch’ella sia andata all’assemblea, sì come significò per le ultime sue, il che desidero che riesca a gloria di Dio, e contento dell’animo suo.

Delle cose di questo paese non le posso dir molto di nuovo, perchè stanno nelli stessi termini; se non che vi è qualche mutazione in Roma, dove due ministri governavano tutto il pontificato. Questi erano [p. 261 modifica]il cardinale di Nazareth[2] e il cardinale Lanfranco,[3] ambiduoi portati dal pontefice da basso stato a quel grado; Lanfranco segretario, e Nazareth datario. Lanfranco è morto, con opinione d’alcuni, che non per mancamento, ma più tosto per abbondanza di medicina italiana. Però Nazareth entrato in disgrazia e licenziato, Borghese è fatto segretario del pontefice. Cosa insolita, e argomento che non vi è di chi fidarsi.

Gli Spagnuoli continuano le loro opposizioni nella materia beneficiale, restando molto ambiguo quello che ne debba seguitare. V. S. avrà inteso la licenza o espulsione data dal re di Spagna alli ambasciatori di Savoia, ordinario e straordinario. Questi speculativi di qui non sanno intendere se sia cosa seria o giocosa.

La settimana passata, monsignor di Léon, ambasciatore di cotesta maestà, si presentò al principe, e ragionò molto appositamente. Io, come nudo della cognizione di quel personaggio, aspetto di crederne secondo l’informazione di V. S.; dalla quale ancora desidero aver quattro righe da dover riferire al signor Gussoni, il quale partirà al principio di quadragesima per Torino, acciocchè possiamo dar buon ordine a continuar la nostra comunicazione. E perchè la presente è breve, io l’allungherò con [p. 262 modifica]l’allegata stampa, che credo le darà un poco di trattenimento; e qui facendo fine, le bacio la mano.

Aspetto le particolarità dell’espulsione degli ambasciatori del duca di Savoia; e subito che le riceverò, le farò sapere a V. S.; e se potrò, gliene manderò copia intiera, perchè senza dubbio vi saranno ragioni curiose. Quel duca di tempo in tempo riceve qualche staffilata, e benchè sia picciolo di corpo,[4] ad ogni modo ha cuore capace di ricevere il tutto con gran costanza d’animo. Temo però che nella fine darà in qualche scoppio; onde chi ha da fare vi pensi.

Di Venezia, li 20 decembre 1611.




Note

  1. Edita nella Raccolta di Ginevra, a pag. 428.
  2. Michel Angelo Tonti, da Rimini.
  3. Lanfranco Margotti, parmigiano; “di genitori (scrive Lorenzo Cardella) così miserabili e oscuri, de’ quali, non che aversene accertate notizie, se ne ignora per fino il nome.„ Dovè la sua fortuna alla sua straordinaria abilità nell’arte del Segretario, nella quale, a malgrado della scarsa letteratura, parve non avere chi lo pareggiasse. Morì nel 1611, di soli cinquantatrè anni.
  4. “Era di corporatura anzi piccola che grande, e alquanto rachitica; onde fa volgarmente chiamato Carlo il gobbo. Gli occhi e la faccia tutta mostravano una vivacità, una perspicacia d’ingegno, una vastità di mente superiore e singolarissima.„ Denina. — “Nel suo piccolo e curvo corpo alloggiava un cuor grande, un valore non inferiore a quello de’ maggiori eroi.„ Muratori.