Lettere (Sarpi)/Vol. II/230

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CCXXX. — Al signor De l’Isle Groslot

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CCXXX. — Al signor De l’Isle Groslot
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CCXXX. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Furono le ultime mie delli 15; nelle quali le diedi conto della ricevuta di quelle di V.S. delli 11 decembre. Ora son debitore di accusare la ricevuta di quelle del 24 del medesimo mese, e di renderle molte grazie per le cose comunicatemi.

Sentirei grandissimo piacere quando si potesse introdur intelligenza tra la Repubblica e li Stati. Dubito solo che li sospetti di qui e gli interessi d’ambidue non impediscano la corrispondenza. Ma di quello che passa costì sento dispiacere incredibile, dubitando che finalmente non capiti a rottura. Son restato con molta apprensione così per il particolare della lega contra Guise, come per la proposizione di Buglione. Prego Dio che torni il tutto in bene. Di quello che seguirà, io riceverò sempre li suoi avvisi a favore.

Mi scrive il signor Guzzoni con qualche sollecitudine, che le lettere li vengono sempre tutte, insieme con quelle dell’ambasciatore di Venezia costì, ritardate però (di quelle di V.S. parlo) per un mese. Tutto sia per avviso, e con certificazione che non si può fidare dall’ambasciatore ch’è costì.

Qui in Italia non abbiamo se non le gran pretensioni del duca di Savoia, non solo del marchesato del Monferrato, ma ancora di un milione e 300 mila di contanti, 500 mila di gioie, 200 mila di mobili, e la entrata annua di 100 mila de’ beni allodiali, con altri miglioramenti, che tutta Mantova non [p. 374 modifica]basterebbe a tanto pagamento. Fa maravigliare come l’avo materno pretenda esser tutore di chi ha due fratelli del padre. Si dà fama che la vedova duchessa sia gravida; il duca di Savoia la vorrebbe appresso di sè, e li Spaguoli, sotto pretesto di mantener la pace tra quelle due case, la vorrebbono a Milano:2 cosa che nè a Mantova nè a Savoia piace. Non ho dubbio che il fine spagnuolo tende a far dichiarar il nuovo duca per loro: salto molto arduo. Si ritrova in Mantova il principe di Savoia,3 essendovi opinione, che possi nascer concordia tra loro, per non dar ingresso a più potente.

Del negoziato del vescovo di Bamberg in Roma non si dice niente. Ben è certo ch’egli farà tutta l’invernata in quella città, e dopo anderà a veder Napoli, per esser di ritorno: il che argomenta ch’egli abbia negozio di lunga digestione, e forse che s’aspetti risposta di Spagna. Certa cosa è che l’imperatore è papista se mai alcuno fu, non per fede, ma per fine temporale; ch’è peggio?

È avviso certo qui, che da’ Turchi sia mandato un Chiaus all’imperatore, e che dopo la partita di quello di Costantinopoli, siano messe guardie all’ambasciatore cesareo. Quello che il Chiaus porti, non si sa certo, ma si tiene che sia una assoluta protestazione che non s’impedisca nelle cose di [p. 375 modifica]Transilvania. Già alcuni mesi si disse che Cesare desiderava la guerra con i Turchi per divertire la civile. Se ciò vorrà, ne otterrà la grazia. Piaccia a Dio ch’egli non abbia l’una e l’altra, e poco modo di sostentarle, purchè li principi confessionisti siano savi e apprendino pericolo.

Ho inteso per le lettere di monsieur Asselineau, che di nuovo s’eccita la controversia di Tileno.4 Dubito che sia per partorir qualche male, e desidererei più tosto che non li fosse risposto, e ch’egli fosse lasciato dibatter da sè solo, perchè così il fuoco si estinguerebbe per mancamento di materia; perchè venendo alla contenzione, è gran pericolo di gran conseguenza. Nè si deve aver in considerazione che la cosa in sè poco importi, poichè tutte le passate differenze sono state di questa natura, le quali gli uomini hanno aggrandito con l’opinione. Svanisce il calore quando è senza frutto e senza antiperistasi. Similmente, quanto alle cose di Ferrier,5 più tosto desidererei che le chiese cedessero, che far apertura all’appellazione, come cosa di conseguenza.

Il duca di Savoia tuttavia continua in arme, senza che il mondo vegga altro frutto se non il [p. 376 modifica]consumamento de’ suoi Stati. Il re d’Inghilterra l’ha favorito, avendoli dato conto della morte del principe di Galles, e scritto ancora di ciò una lettera alla figliuola Maria, che si trattava di maritargli. Onde spedirà un ambasciatore espresso a quel re non con molto piacere di Roma, quale non approva simile comunicazione.

Intendo che in Roma vi è un frate dell’ordine di Paula, mandato dall’ambasciatore dell’arciduca, che si ritrova in Inghilterra, il quale negozia molto secretamente e con li Gesuiti e con altri di corte, nè si penetra il trattato. Ma come è possibile che nelle negoziazioni grandi che passano costì, essi se ne stiano quieti? È necessario creder che si riservino a maggior colpo; che piaccia a Dio prevenire o divertire: il quale anco prego che doni a V.S. ogni sua grazia, e le bacio la mano insieme con li amici.

Di Venezia, il dì 29 gennaio 1613.




Note

  1. Dalla raccolta di Ginevra ec., pag. 537.
  2. Ed ecco la libertà di cui godono i principi; onde chi pensa, potrà meno maravigliarsi di quella loro connaturata inclinazione a tiranneggiare ed opprimere gli altri.
  3. Anche di quest’andata della duchessa Margherita a Mantova, della finta o supposta sua gravidanza, della contesa tra l’avo materno e gli zii paterni per la tutela della fanciulla Maria, c’informa il Muratori nel luogo citato alla pag. 363, nota 2.
  4. Il celebre Daniele Tileno, calvinista e professore di teologia in Sedan, che aveva avuto controversie assai rumorose col ministro Du Moulin, e appresso anche altre col Cameron; stato in Inghilterra nelle grazie di quel re, poi dagli Inglesi accusato d’eresia: uomo di grande ingegno e d’eloquenza, ma nel disputare settariamente accanito, e che ancora per ciò, secondo il saggio intendere del Sarpi, aveva fatto e far poteva più male che bene. Morì in Parigi nel 1633.
  5. Geremia Ferrier, uno dei più caldi sostenitori della religione riformata, ma che forse allora inclinava e poco di poi si convertì al cattolicismo.