Lettere di Winckelmann/Articolo VII

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Articolo VII
Notizie sulle sculture di bronzo d’Ercolano.

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Articolo VII
Notizie sulle sculture di bronzo d’Ercolano.
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A r t i c o l o   VII.


Notizie sulle sculture di bronzo d’Ercolano.


Le figure d’Ercolano in bronzo, e i busti sono parte mediocri, parte cattivi, come le statue imperatorie di [p. 225 modifica]grandezza più del naturale, e non danno l’idea, come gli antichi Tenitori potessero riuscire a fare statue di bronzo d’uguale merito di quelle di marmo. Le due opere grandi in bronzo a Roma sono la statua equestre di Marco Aurelio nella piazza del Campidoglio, e la pedestre di Settimio Severo nella galleria Barberini1. Quella ha i suoi difetti o cagionati dall’essere stata pregiudicata dal tempo, e dalle rovine, o per mancanza d’arte in quel secolo. Questa sente della decadenza, in cui erano le arti in quel tempo, benché il lavoro sia molta superiore a quello dell’arco dello stesso imperatore a piè del Campidoglio. Plinio riporta, che l’arte di gettare statue di bronzo era perduta affatto sotto l’impero di Nerone2: sarà dunque stata restaurata sotto l’impero d’Adriano. Pausania parlando d’una statua in bronzo di un Giove satta da uno scolare di Dipeno, e di Scillide, antichissimi, e de’ primi scultori, dice, che era commessa di molti pezzi attaccati con chiodi. Ma tutte le statue di bronzo d’Ercolano sono state composte anticamente, quantunque le commisture dopo la restaurazione non compariscano più. Io ho ricavato sopra questo punto particolari informazioni minutissime dagli operaj. I pezzi però non sono combinati per via di lega, ma per certi indizj pare, che sieno uniti con metallo liquefatto. I frequenti tasselli, che si scorgono più visibilmente in quelle statue, che non sono ancora ripulite, fervono a riempire le lacune rimaste dopo la composizione. Vi vorrebbe un’altra scoperta per metterci in chiaro, se gli scultori greci hanno sempre operato cosi; o se il raccapezzare le statue di bronzo era il metodo dei primi maestri innanzi al secolo illustre dell’arte, e quello de’ posteriori, quando l’arte in questo particolare andava [p. 226 modifica]declinando3. Gli utensili, e i vasi di bronzo sono lavorati con finezza, ed eleganza, e tutte le patere, simpuli, ec. sono fatti al torno. Si sapeva anche fare un metallo così bianco4, che a prima vista sembra argento5. Ma veniamo ora a qualche dettaglio particolare delle più insigni statue di bronzo, e di quelle in ispecie, che si sono trovate da quattro anni in qua dopo il mio primo viaggio a Napoli; e che a voi non dispiacerà, che io vi indichi con qualche precisione6. Il Mercurio grande al vero è senza disputa la più bella statua di bronzo, ma non di marmo, che sia al mondo. Si arguisce dall’essere stata trovata senza caduceo, quando tutto il resto era sano, che essa sia venuta di fuori già senza la verga, di cui gli restà il capo in mano. Il particolare in quella statua è una fibbia, per dir così, formata a guisa di rosa, che le sta sotto la pianta medesima de’ piedi, e indica quell’attaccaglia, che aerviva per unire, e stringere le bende, o corami, con cui le sono legati i talari, o ale al talo del piede, i quali erano impernati per poterli staccare, e rimettere. La rosa sotto il piede è simbolica, e. raffigura un Mercurio, che non ha bisogno di camminare. Degno pure d’attenzione è il Satiro ebrio, che fa le castagnuole colle dita della mano destra in segno d’allegria; e quella è la seconda statua. La terza è un Satiro giovane sedente, che dorme col braccio destro buttato sul capo. Ma queste figure con tutta la loro bellezza non somministrano materie di discorso, se non a qualche Callistrato moderno pupillo, ed affamato; onde parlerò a ragionare di alcuni busti, cominciando dal più bello, [p. 227 modifica]contro la massima di alcuni autori, che lasciano per ultimo il più forte argomento. Questa è la testa d’un Eroe giovane, un tantino più grande del vero: un parroco anticagliaro la battezzerebbe per un Tolomeo. Ha sessant’otto boccoli intorno intorno, e quelli boccoli figurateveli come una striscia stretta di carta arrotolata con le dita, e poi sciolta, e tirata a vite. Quelli, che coprono la fronte, fanno quattro, o cinque giri; quelli, che pendono dalle tempia, sino a otto;. e quelli, che cadono dietro, sino a dodici. Agli orli di questi boccoli fettucciati gira intorno una linea incisa. Tutti questi boccoli sono riportati, e non gettati, e movendo la testa fanno un vibrare momentaneo. Un altro busto, ma di stile o etrusco, o antichissimo greco, ha i boccoli sulla fronte sino nelle tempia, parimente riportati, ma d’un’altra specie, rassomiglianti a lumbrici, di grossezza d’una penna d’oca, o del più grosso filo di ferro. Ad un’altra testa, che chiamano di Platone7, sono riportati gran boccoli alle tempia. Questa testa fatta con meno di stento, e nella maniera grandiosa di lavorare in bronzo, può dirsi uno stupore dell’arte. Essa guarda di fianco in giù, in atto, ma non in aria di disprezzo, con fronte pregna di pensieri, ma nello stesso tempo con dolce sguardo. La lunga barba meno folta di quella di un Giove, e più ricciuta, e sparsa di quella delle teste, che reputano Platoni, è tirata in solchi, quali potrebbe fare il più fino pettine, senza esser questi taglienti, o fatti a bulino, ma morbidi al pari del pelo canuto; e in una medesima guisa sono lavorati i capelli striati con ondulazione. Ma, amico, io disfido chichesia a spiegare in iscritto l’artificio di questa testa. Vi è un busto di Demostene8; e la greca leggenda ΔΗΜΟСΘɛΝΗС ce [p. 228 modifica]ne convince9. Questo ritratto si ha da avere per unico, perchè il busto d’Antonio Agostini, e la corniola di Gio. Pietro Bellori sono cose molto equivoche10. Vi motiverei un supposto busto d’Eraclito11, se non l’avessi per una cosa assai dubbia per poterglisi francamente attribuire. Del busto d’Ermarco v ho parlato in altra lettera, ec.12.

  1. Vedi Tom. iI. pag. 43. 44.
  2. Vedi loc. cit. pag. 354., ove si è data la giusta spiegazione al tanto contrattato passo di Plinio.
  3. Vedi loc. cit. pag. 33. 34. 36.
  4. Si può vedere Plinio lib. 16. cap. 11. sect. 22., lib. 34. cap 2. sect. 3.
  5. Tale è uno strigile molto elegantemente lavorato, che nell’aprile dell’anno 1779. fu trovato negli scavi delle paludi Pontine. V’è il nome, e la marca dell’artefice; il nome è espresso alla dorica nel caso genitivo ΗΡΑΚΛΙΔΑ Heradidis; la marca è una Vittoria.
  6. Ne parla anche loc. cit. pag. 42.
  7. Vedi Tom. I. de’ Bronzi d’Ercolano, Tav. 27. pag. 103.
  8. Vedi ivi Tav. 22. pag. 59.
  9. L’Autore ne ha fatta inserire la figura in rame delineata da lui stesso, in fine della citata lettera al conte di Brühl sulle scoperte d’Ercolano, ripetuta poi dal signor Huber nella sua traduzione francese della Storia dell’Arte Tom. iiI. p. 162., disegnata da Mengs.
  10. Vedi Tom. iI. pag. 255., e l’indice de’ rami qui appresso al numero V. del Tomo iI.
  11. Vedi Tom. I. de’ Bronzi d Ercolano, Tav. 31. pag. 115.
  12. Qui avanti pag. 189.