Lezioni di analisi matematica/Capitolo 20/Paragrafo 127

Da Wikisource.
Capitolo 20 - Integrali curvilinei e potenziale - Prime definizioni

../../Capitolo 20 ../Paragrafo 128 IncludiIntestazione 5 gennaio 2023 75% Da definire

Capitolo 20 - Integrali curvilinei e potenziale - Prime definizioni
Capitolo 20 Capitolo 20 - Paragrafo 128

[p. 426 modifica]

§ 127. — Intgerali curvilinei e potenziale - Prime definizioni.

Ricordiamo la definizione già posta al § 91, pag. 302, e le osservazioni dell'es. 4° a pag. 332, § 100. Siano:

                              ,     ,     

                              per                ( cost.).

le equazioni parametriche di un arco di curva; e siano continue nell0'intervallo considerato.

I seguenti risultati si estendono facilmente anche al caso di una curva con un numero finito di punti angolari (in cui le derivate a destra delle e non coincidono con le derivate a sinistra).

Sia una funzione continua delle in un campo contenute all'interno della curva .

La er ci dà i valori assunti da nei punti di . Se condo le definizioni poste nei citati paragrafi, con indichiamo lo:

(1)                               .

QUesto integrale rappresenta il valore relativo all'arco di una funzione additiva dei pezzi della curva considerata; e precisamente di quella funzione additiva, la cui derivata è quando si assuma come misura di un pezzo di tale curva la lunghezza della sua proiezione sull'asse delle (supposto che questa proiezione sia in corrispondenza biunivoca coi punti del pezzo di curva considerato).

Pertanto, se sono dati gli assi coordinati, tale integrale è perfettamente determinato dalla funzione e dell'arco ; ed esso cambia evidentemente si segno invertendo gli estremi di tale arco.

Del resto, se sono () altre equazioni parametriche dell'arco stesso, esiste corrispondenza biunivoca tra i valori di e , in guisa che valori corrispondenti delle , individuano lo stesso punto della curva. [p. 427 modifica]Mentre da a , la varia da a . E in tali intervalli e si possono considerare funzioni l'una dell'altra tali che , e analoche per . La regola di integrazione per sostituzione dimostra che l'integrale (1) è uguale appunto a , cioè che l'integrale (1) non cambia, se cambiamo la rappresentazione parametrica della curva .

È pure evidente che, se è la somma di due archi , si ha:

(che corrisponde al fatto che tale integrale è funzione additiva).

Si noti che, dato un arco, invece di dire quali dei suoi estremi si deve considerare primo, e quale secondo, Fig. 42. si può con una freccia indicare il verso in cui lo si intende percorso (fig. 42).

Mutare il verso della freccia farà cambiare il segno del nostro integrale.

Questa osservazione è specialmente importante per il caso che l'arco sia un arco chiuso, ossia che gli estremi e coincidano (fig. 43).

In tal caso fissato con una freccia il verso in cui il nostro arco si deve intendere percorso, e, detto l'intervallo in cui deve variare dal valore al valore , perchè il punto descriva (da in l'arco nel verso prestabilito, si intende con proprio l'integrale

Fig. 43.

.

E naturalmente questo integrale non dipende dal punto considerato come inziale e finale, ma soltanto dall'arco dato e dal verso della freccia. Mutando questo verso, varia il segno dell'integrale.

) In modo affatto analogo, se e sono funzioni continue nel campo , si possono definire gli integrali e estesi a un arco di curva; e si può poi definire lo:

[p. 428 modifica]esteso a un arco di curva come la somma degli integrali estesi allo stesso arco.

Se noi anche qui volessimo usare locuzioni abbreviate, potremmo definire il precedente integrale nel seguente modo:

Divisa la curva in infiniti archetti infinitesimi , si moltiplichino i valori di in uno di questi pezzetti rispettivamente per le sue proiezioni su tre assi coordinati e si sommino i prodotti così ottenuti. Otteniamo così un trinomio per ognuno degli archetti ; la loro somma:

è il nostro integrale. Queste locuzioni sono però da considerarsi al solito come locuzioni abbreviate e non rigorose. Sarà utile esercizio ridurle ad una forma logica e soddisfacente.

) Il valore del nostro integrale è, si ricordi, quello di

,

qualunque sia il parametro individuante i punti di . Se, p. es., si pone arco della curva contato da un'origine scelta a piacere, e se con si indica la grandezza del vettore che ha per componenti, con

se ne indicano i coseni direttori, il nostro integrale diventa:

,

se sono i valori di per e per . Poichè sono i coseni direttori della tangente a , indicando con l'angolo di con in un punto qualsiasi di , il nostro integrale diventa . Il nostro integrale appare identico a quella funzione additiva dei pezzi della nostra curva, la cui derivata è , se conveniamo di assumere come misura di un pezzo di curva la sua lunghezza. [p. 429 modifica]) Se esiste una funzione tale che , si dimostra, come a pag. 303, che il nostro integrale è uguale alla differenza dei valori che la assume nei punti estremi della curva, a cui è esteso il nostro integrale, e che esso perciò dipende soltanto dalla posizione dei punti e non dalla forma della curva che li congiunge.

Tale funzione esiste, P. es., in un parallelepipedo (§ 92, pag. 306) in cui valgono le

.

Esempio.

La teoria degli integrali curvilinei riceve un'importante applicazione alla misura del lavoro di una forza, le cui componenti secondo gli assi coordinati sono , quando il punto di applicazione descrive la curva

.

Ci chiediamo, usando il linguaggio infinitesimale_ Qual è il lavoro eseguito quando descrive un archetto di tale curva, le cui proiezioni segli assi coordinati sono ? Se è la grandezza della forza, è la lunghezza di un tale archetto, tale lavoro dove con indico il coseno dell'angolo che forma con la tangente all'elemendo di curva considerato. I lavoro eseguito, quando descrive un certo pezzo della nostra curva, sarà così:

esteso all'arco di curva considerato1.

Quando mai un tale lavoro dipende solanto dalle posizioni estreme assunte dal punto e non dalla particolar curva che le congiunge? Per il risultato precedente si ha che 8almeno se ci muoviamo in parallelepipedo, ecc), ciò avviene se

; ; .

Nel qual caso esiste una funzione per cui

;

[p. 430 modifica]e il lavoro citato è uguale alla differenza dei valori che ha nelle posizioni estreme occupate da .

Una tale funzione (che è definita a meno di una costante additiva) si dice la funzione delle forze; essa, cambiata di segno, è detta anche il potenziale del nostro campo di forze.

Esempii di campi di forze che ammettono potenziale sono i seguenti:

1° Il campo delle forze di gravità in una regione abbastanza piccola attorno a un punto della superficie terrestre.

Assunto come asse delle la verticale diretta verso il basso e quindi come assi due rette orizzontali, la forza di gravità agente su un punto di massa ha per componenti

Si trova cost., p. es., . Ed il lavoro compiuto da nel passare da un punto () ad un punto () cioè nel cadere da un punto di altezza a un punto di altezza è ed è indipendente dalla via seguita.

2° I campi Newtoniani: quelli cioè, in cui un punto , di massa è attratto da un punto fisso con una forza avente per direzione la direzione della retta ed una grandezza dove cost.</math> ed è la distanza (attrazione universale, attrazione di masse elettriche o magnetiche), La costante si supporrà positiva o negativa, secondo che ha la direzione o la direzione MO</math>.

Scelti infatti come assi tre rette a due adue ortogonali uscenti da , indicate con le coordinate di , con la distanza , con l'angolo di coi tre assi, le componenti di sono

.

Poichè , ecc. si trova facilmente potersi porre .

Il lavoro eseguito da un punto di massa nel passare da una posizione ad una posizione è dato dalla differenza dei corrispondenti valori di , ed è affatto indipendente dalla via scelta per andare da in .

Note

  1. Si noti che è la proiezione di sulla tangente alla curva oppure che è la proiezione dell'arco infinitesimo sulla direzione della forza.