Lirica (Ariosto)/Appendice seconda - Liriche apocrife/Canzoni/V. - Molza. Per voi ora vedo che...

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V. - Molza. Per voi ora vedo che...

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V. - Molza. Per voi ora vedo che...
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V

[Molza]

Per voi ora vedo che t senza Amor non è cosa perfetta»

     Ochi vaghi e lucenti,
che mi stringeste al nodo,
dal qual mai per fuggir non mossi il piede,
e quei dolci pungenti
5raggi tempraste in modo
che mi fate sprezar quanto il sol vede,
e portar ferma fede
ch’avea smarrita d’ogni onor la strada,
quanto per voi m’agrada
10l’aver al viver mio cangiato stile!
Ch’a dire il vero io era
quasi un’alpestra fera
ad altrui grave, a me noioso e vile;
or veggio e mi diletta
15che senza amor non è cosa perfetta.
     Ch’io avea l’alma ingombrata
d’una nebbia d’errore,
sí ch’io non potea mai giunger al vero;
poi che da voi piagata
20fece loco ad Amore,
che dolce creò in lei di voi pensiero,
del mio stato primiero
vergognando mi dolsi, e sommi accorto
che vivendo ero io morto;
25per che, come ’l gradito aer cortese
saggio animal dispoglia
de l’antica sua spoglia,
cosí, poi che nel cor raggio discese
del bel lume soave,
30sgombrò da me lo ’ncarco, onde era grave.
     Allor conobbi espresso
onde si trae la guerra
che dal ciel ne dilunga e da virtute,

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e che si brama spesso
35quel che ’l passo ci serra
a pensar d’onestate e di salute;
onde io perché si mute
stato nel core, e chi dentro governa
sempre il ver non discerna,
40del mio saldo voler giá non mi muovo;
che da le oneste luci,
fide al mio viver duci,
muove un piacer pur al membrar si nuovo,
che di lui piú m’accendo
45quanto piú nel parlar di voi m’estendo.
     E se ’l grave mio velo
il conoscer piú avante
del vostro esser gentil non mi vietasse,
né Amor credo nel cielo
50fôra di grazie tante
mai sí cortese a chi nel mondo intrasse,
che di par non andasse
col suo bel stato l’alta mia ventura;
ma la luce, che oscura
55e men degna d’onor, fa parer quale
fra noi prima si tiene,
mia virtú non sostiene,
voi perché santa, e io cosa mortale;
pur quel poco ch’io veggio
60si contenta ’l desir che piú non chieggio.

     Poi perché mai non vegna
ch’habbi intera allegrezza,
interompe il timor tanta mia gioia,
ma se ’l mio cor non sdegna
65vostra nobile altezza,
né si obscura fortuna unqua l’annoia,
forse ’nanzi ch’io muoia
vedrò ancor voi dolce pietade aprire,
la qual mi porga ardire
70a pregar sol, poi che ’l disio mi sprona,
che non agiate a schivo
se di voi parlo e scrivo,
per quel che dentro Amor meco ragiona,

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ch’un mi diletta e piace,
75con l’altro non posso io non aver pace.
     Gir potrei lieto e tu, canzon, piú adorna,
s’a belli ochi pietade
crescesse, come ognor cresce beltade.