Favole (La Fontaine)/Libro nono/VI - Lo Scultore e la Statua di Giove

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Libro nono

VI - Lo Scultore e la Statua di Giove

../V - Lo Scolaro, il Pedante e il Padrone dell'orto ../VII - Il Topo cambiato in Ragazza IncludiIntestazione 16 ottobre 2009 50% raccolte di fiabe

Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro nono

VI - Lo Scultore e la Statua di Giove
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- Lapide, o vaso, o statua, -
uno scultor diceva allo scalpello, -
traggi da questo bello
blocco di marmo candido.

Lapide o vaso...? All’opera immortale
sia tema il dio, che stringe in man la folgore
agli uomini fatale;
ecco che il ciglio ei muove,
temete, o vivi, l’apparir di Giove -.

Sì ben trasse l’artefice
l’immagine del Nume che l’accende,
che ognuno che la mira
esclama: - Essa respira! -.
E tanta meraviglia egli ne prende,
che quasi esterrefatto
teme di ciò che ha fatto.

Come costui per opra di scalpello
non men provò sgomento
il poeta quel dì che in suo cervello
previde lo spavento
e l’odio e degli dèi l’amor, lo zelo
da lui creati e collocati in cielo.

Temer per un nonnulla
è dei poeti e non è men dei semplici
fanciulli, sempre in ansia ed in affanno
che s’infranga il gioiel che li trastulla.

È fantasia che il cor tragge all’inganno,
onde le tante favole
che per il mondo vanno.

Di qui nacque degli idoli
il culto, a cui si strinsero
siccome a cose salde i ciechi popoli.
E ciò mi spiega, o Pigmalion, siccome
tu divenissi adorator di quella,
che uscì dalla tua man Venere bella.

Ciascun i sogni suoi
di colorir procura,
per la menzogna si diventa eroi
e il vero fa paura.