Manuale di economia politica con una introduzione alla scienza sociale/Capitolo VII

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Capitolo VII - La popolazione

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Capitolo VI Capitolo VIII
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CAPITOLO VII.

La popolazione1


1. Dall’uomo come produttore ha origine il fenomeno economico, il quale poi mette capo all’uomo considerato come consumatore, e così abbiamo una corrente che torna su sè stessa, a modo di un circolo.

2. Eterogeneità sociale. — Come già notammo (II, 102) la società non è omogenea; e chiunque non vuole chiudere volontariamente gli occhi, deve riconoscere che gli uomini fisicamente, moralmente, intellettualmente, differiscono assai l’uno dall’altro.

A quelle disuguaglianze proprie dell’essere umano corrispondono disuguaglianze economiche e sociali, le quali si osservano presso tutti i popoli, dai tempi più antichi ai moderni, ed in qualsiasi luogo del globo, per modo che, tale carattere non mancando [p. 363 modifica]mai, la società umana si può definire una collettività con gerarchia.

Se sia o no possibile che la collettività sussista e la gerarchia sparisca, è cosa che non staremo ad indagare, non fosse altro perchè ci mancano gli elementi di tale studio. Ci limitiamo a considerare i fatti come sono sinora seguiti e come ognora si osservano.

3. Il tipo medio e la ripartizione delle divergenze. — La ripartizione della qualità degli uomini non è che un caso particolare di un fenomeno molto più esteso. Si osservano molte cose che hanno un certo tipo medio; quelle che poco se Fig. 52.ne scostano sono in gran numero; quelle che molto se ne scostano sono in numero scarsissimo. Se quegli scostamenti si possono misurare, si può avere una figura grafica del fenomeno. Contiamo il numero delle cose di cui gli scostamenti dal tipo medio sono compresi tra zero e uno; facciamo a a' eguale a 1, e la superficie a b b' a' eguale a quel numero. Similmente contiamo il numero delle cose di cui gli scostamenti dal tipo medio sono compresi tra 1 e 2; facciamo a' a'' eguale a 1, e la superficie a' b' b'' a'' eguale a quel numero. Seguitiamo in quel modo per tutti gli scostamenti positivi, che si portano da a verso m; facciamo lo stesso negli scostamenti negativi, che si portano da a verso n; ed otterremo in fine una curva come t b s.

4. Una curva analoga si ottiene in molti altri casi, tra i quali è notevole il seguente.

Pongasi di avere un’urna contenente 20 palle [p. 364 modifica]bianche e 30 palle nere. Si estraggano dall’urna, rimettendo ciascuna volta la palla estratta, 10 palle. Si faccia un gran numero di simili estrazioni. Il tipo medio sarà quello in cui le 10 palle estratte compongonsi di 4 palle bianche e di 6 nere. Ci saranno molte estrazioni che si scostano poco da quel tipo; pochissime che se ne scostano molto. Il fenomeno darà una curva simile a quella della fig. 52.

5. Movendo da tal fatto, molti autori ritengono senz’altro identici i due fenomeni. Ciò è gravissimo errore. Dalla somiglianza delle due curve si può trarre solo la conclusione che i due fenomeni hanno un carattere comune, il quale sta solo nel dipendere essi da cose che hanno tendenza ad addensarsi intorno ad un tipo medio. Per poter eguagliare un fenomeno all’altro, occorre spingere più oltre il paragone delle due curve, e vedere se veramente coincidono2.

6. Ciò è stato fatto in un caso particolare. Se si misura molte volte una stessa quantità, si hanno misure diverse; e gli scostamenti dalla vera misura si possono dire errori. Il numero di tali errori dà una curva che dicesi curva degli errori, e che ha forma analoga a quella della fig. 52. L’osservazione poi ci fa conoscere che tale curva è eguale a quella che otterrebbesi considerando le estrazioni da un’urna.

7. Veramente tale risultamento non è tutto schietto, e vi è un poco una petizione di principio. In realtà, non accade sempre che la curva degli errori abbia la forma indicata. In tal caso si dice che la deviazione ha origine da «errori costanti»; si eliminano, e si ricade sulla curva indicata. Con [p. 365 modifica]ciò si viene a dire che la curva degli errori ha una certa forma quando si eliminano tutte le circostanze che ad essa torrebbero di avere tale forma; ed è proposizione evidentissima, ma che altro non fa se non ripetere le premesse nella conclusione.

8. Lasciando stare la teoria degli errori, di cui non è qui luogo di discorrere di proposito, in altri casi non si può, per la mancanza di dati, verificare se la curva del fenomeno è eguale alla curva data dall’estrazione da un’urna; oppure quella verifica non riesce; e in questo, come in quel caso, non si possono eguagliare i due fenomeni.

9. Segue spesso che i fenomeni naturali dànno non già una sola gobba come nella fig. 52, ma bensì due, come nella fig. 53 od anche più. Fig. 53.In tal caso gli autori sogliono supporre che le due gobbe della fig. 53 risultino dalla sovrapposizione di due curve del genere di quella della fig. 52, e senz’altro eguagliano il fenomeno dato dalla fig. 53 all’estrazione di due urne di composizione costante.

Troppo corrono e vanno a precipizio. Basti notare che, moltiplicando convenientemente le curve come quelle della fig. 52, e sovrapponendole si può ottenere una curva qualsiasi; onde il fatto che una curva può risultare dalla sovrapposizione di parecchie curve dell’indole di quella della fig. 52, non ci insegna proprio niente sull’indole della curva risultante.

10. Lo studio delle leggi dei salari ci dà in molti casi un certo salario medio con scostamenti che si dispongono secondo una curva simile a quella della fig. 52, e che per altro non è simmetrica rispetto alla linea ab. Ma solo da quell’analogia non c’è [p. 366 modifica]menomamente da concludere che gli scostamenti dei salari seguono la legge detta degli errori.

11. Ripartizione delle entrate3. — L’analogia con altri fatti dalla stessa specie ci porta a ritenere Fig. 54.che la curva delle entrate dovrebbe avere una forma come quella data dalla fig. 54. Fatto m o eguale a una certa entrata x, m p eguale a 1, la superfìcie m n q p dà il numero di individui aventi un’entrata tra x e x più 1.

Ma per le entrate totali la statistica non ci dà notizie che per la parte c q b della curva, e forse, in pochissimi casi, pel piccolo tratto b b'; la parte a b', o meglio a b, rimane perciò ipotetica.

12. La curva non è punto simmetrica intorno ad s b; la parte superiore s c è molto lunga; la parte s a, molto schiacciata.

Da ciò solo non si può concludere che non vi è simmetria tra le qualità degli individui che si allontanano da una parte o dall’altra della media s k. Invero, di due uomini che si scostino egualmente dalla media delle qualità, quello che ha attitudini eccezionali per guadagnare quattrini può ottenere un’entrata altissima; e quello che ha qualità negative eguali non può cadere, senza sparire, al disotto dell’entrata minima che basta a sostentare la vita.

13. La curva a b n c non è la curva delle qualità degli uomini, ma è la curva di altri fatti che stanno in relazione con quelle qualità. [p. 367 modifica]

14. Se si considerano i punti ottenuti dagli studenti negli esami, si ha una curva analoga alla curva A B C. Suppongasi ora che, Fig. 55.per un motivo qualsiasi, gli esaminatori non dieno mai meno di 5 punti, bastando loro di respingere il candidato con un punto sotto la media. In tal caso, per gli stessi studenti, la curva muterà forma e tona quella indicata da a b c.

Un fenomeno simile segue per le entrate. Al disopra della media non c’è limite al salire, al di sotto c’è un limite allo scendere.

15. La forma della curva c q b, fig. 54, quale ci è data dalla statistica, non corrisponde menomamente alla forma della curva degli errori, ossia alla forma che avrebbe la curva ove l’acquistare e il conservare la ricchezza dipendesse solo dal caso4.

16. Inoltre, la statistica ci fa conoscere che la curva b c q, fig. 54, varia pochissimo nel tempo e nello spazio; popoli diversi, ed in tempi diversi dànno curve molto simili. Vi è quindi una stabilità notevole nella figura di detta curva.

17. Pare invece che vi possa essere più diversità per la parte inferiore e meno nota della curva. Vi è una certa entrata minima oa, al di sotto della quale gli uomini non possono scendere senza essere distrutti dalla miseria e dalla fame. La curva può adagiarsi più o meno sulla retta ak che indica quell’entrata. (fig. 56). Pei popoli antichi, pei quali erano frequenti le carestie, la curva si adagiava molto come in (I); pei popoli moderni si adagia meno, e forse anche punto, come in (II). [p. 368 modifica]

18. La superficie a h b c, fig. 56, ci dà una figura della società. La forma esterna varia poco, la parte interna Fig. 56.invece è in continuo movimento; ci sono individui che salgono nelle regioni superiori, altri invece che precipitano in basso. Quelli che giungono in a h sono distrutti e spariscono; da quella parte quindi si eliminano certi elementi. È singolare, ma è certo, che lo stesso fenomeno accade nelle regioni superiori. L’esperienza fa vedere che le aristocrazie non durano; le cagioni del fenomeno sono molte e solo in piccola parte note; ma sul fenomeno stesso non cade dubbio alcuno.

19. Abbiamo una regione a h k b' a' in cui la deficienza dell’entrata distrugge gli individui, buoni o cattivi che sieno; in quella regione poco opera la selezione, perchè la miseria avvilisce e distrugge i buoni come i cattivi elementi. Viene poi una regione a' b' b l a'' in cui invece la selezione opera col massimo di intensità. Le entrate non sono assai abbondanti per salvare tutti gli elementi, sieno essi atti o no alla lotta vitale, e non sono tanto scarse da deprimere i migliori elementi. In quella regione la mortalità dell’infanzia è considerevole, ed è probabile che tale mortalità sia un potente mezzo di selezione5. La regione accennata è il crogiuolo ove [p. 369 modifica]si elaborano le future aristocrazie (nel senso etimologico: ἄριστος = migliore); da quella regione vengono gli elementi che salgono nella regione superiore a'' l c. Giunti in essa, la loro discendenza decade; onde quella regione a'' l c non sussiste se non in grazia delle emigrazioni della regione inferiore. Come già dicemmo, le cagioni del fatto sono varie e poco note; fra le principali ci può essere il difetto dell’opera della selezione. Le entrate sono tanto grandi da permettere di salvare anche i deboli, gli individui mal costituiti, di poco senno, viziosi.

Le linee a' b', a'' l, servono solo a fissare il discorso; non hanno esistenza reale; i confini delle regioni non sono linee rigide, e si passa per gradi insensibili da una regione all’altra.

20. Gli elementi inferiori della regione a' b' l a'' cadono nella regione a h b' a', ove vengono eliminati. Se tale regione venisse a sparire, e se con altro mezzo non fosse provveduto al suo ufficio, gli elementi inferiori inquinerebbero la regione a' b' l a'', la quale perciò diventerebbe meno atta a produrre gli elementi superiori, che vanno nella regione a'' l c, e l’intera società decadrebbe. Sarebbe anche più rapida quella decadenza, ove si ponessero validi ostacoli alla selezione che si opera nella regione a' b' l a''. L’avvenire farà conoscere ai posteri se tali non sono gli effetti dei provvedimenti umanitari dei tempi nostri.

21. Non è solo l’accumularsi di elementi inferiori in uno strato sociale che nuoce alla società, ma anche l’accumularsi in strati inferiori di elementi eletti che sono impediti di salire. Quando ad un tempo gli strati superiori sono ripieni di elementi decaduti e gli strati inferiori sono ripieni di elementi eletti, l’equilibrio sociale diventa sommamente instabile [p. 370 modifica]ed una rivoluzione violenta è imminente. Si può, sotto certi aspetti, paragonare il corpo sociale al corpo umano, che prontamente perisce ove sia impedita l’eliminazione delle tossine.

22. Il fenomeno, del rimanente, è molto complesso. Non basta porre mente alle entrate; occorre anche vedere l’uso che se ne fa e come sono ottenute. Presso i popoli moderni le entrate della regione a' b' l a'' si sono accresciute per modo che avrebbero potuto gravemente intralciare la selezione; ma una parte notevole di quelle entrate viene ora spesa per le bevande alcooliche, o altrimenti sprecata, onde permangono condizioni che fanno possibile la selezione. Inoltre, l’alcoolismo stesso è un potente agente di selezione, spegnendo individui e razze che ad esso non sanno resistere. Si suole obbiettare che l’alcoolismo non danneggia solo l’individuo, ma ben anche la sua discendenza. Tale obbiezione fortissima sotto l’aspetto etico, è nulla, sotto l’aspetto della selezione; anzi si svolge contro chi la fa. È manifesto invero che un agente di selezione è tanto più perfetto quanto più estende la sua azione non solo agli individui, ma anche alla loro discendenza. La tubercolosi opera pure molto per la selezione; e, con pochi forti, distrugge moltissimi deboli.

23. I dati che abbiamo per determinare la forma della curva b l c si riferiscono principalmente al secolo XIX ed ai popoli civili; quindi le conclusioni che se ne traggono non possono essere estese oltre a quei limiti. Rimane solo come induzione più o meno probabile che, in altri tempi e presso altri popoli, si ha forse una forma più o meno simile a quella ora trovata.

Similmente non possiamo asserire che quella forma non muterebbe, mutando radicalmente la [p. 371 modifica]costituzione sociale; ove, per esempio, il collettivismo sostituisse la proprietà privata. Pare difficile che non rimanga una gerarchia, e la forma di quella gerarchia potrebbe essere simile a quella ora data dalle entrate individuali, ma non corrisponderebbe a entrate in quattrini.

24. Tornando a ragionare entro i limiti dichiarati (§ 23), vediamo che nel corso del secolo XIX vi sono casi in cui la curva b l c ha mutato lievemente di forma, rimanendo lo stesso il genere della curva, ma variando le costanti; e quel mutamento ha avuto luogo nel senso di una minore disuguaglianza delle entrate. Occorre definire cosa s’intende per quei termini: «minore disuguaglianza delle entrate». Le entrate possono tendere all’uguaglianza in due modi ben diversi; cioè perchè le maggiori entrate scemano, oppure perchè le minori entrate crescono. Diamo quest’ultimo significato alla diminuzione della disuguaglianza delle entrate, la quale quindi avrà luogo quando il numero degli individui, aventi un’entrata inferiore ad un’entrata, x scema paragonato al numero delle persone aventi un’entrata superiore ad x6.

25. Il fatto messo ora rigorosamente in luce dallo studio della curva delle entrate era stato prima riconosciuto come induzione ricavata dallo studio di molti fenomeni economici. Il Leroy-Beaulieu ne fece oggetto di un’opera celebre. Se ne volle trarre una legge generale in virtù della quale l’ineguaglianza delle entrate doveva ognora seguitare [p. 372 modifica]a scemare. Veramente tale conclusione trascende molto da ciò che si può trarre dalle premesse. Le leggi empiriche, come la presente, hanno poco o nessun valore oltre ai limiti pei quali furono riconosciute vere.

26. Maggiori variazioni si osservano per certi paesi, per esempio per l’Inghilterra, e sempre nel corso del secolo XIX, riguardo alla parte inferiore a h b della curva. Questa si adagia molto meno sulla retta h k della minima entrata indispensabile per la vita.

27. Se alla forma della fig. 54 sostituiamo altra Fig. 57.forma in cui la parte molto schiacciata si ha per retta addiritura, avremo una curva c l b, che coincide con quella data dalla statistica; e la parte inferiore b k a, per la quale vi mancano notizie sarà sostituita dalla retta s b, la quale corrisponde ad una entrata o s minima, che si sostituisce alle entrate minime reali le quali stanno tra o a ed o s.

28. Ciò posto, se si ammette che, come è seguìto per parecchi popoli nel secolo XIX, il genere della curva b l c non muti e varino solo le costanti, si ha la seguente proposizione:

1.° Un aumento dell’entrata minima; 2.° una diminuzione della disuguaglianza delle entrate (§ 24), non possono avere luogo, congiunte o separate, se non accade che il totale delle entrate cresca più rapidamente che la popolazione. [p. 373 modifica]

29. L’inversa di tale proposizione ha valore con una eccezione teorica che difficilmente può verificarsi in pratica7, onde si può ritenere, tolta quell’eccezione, che abbia luogo la proposizione seguente:

Ogni qualvolta il totale delle entrate cresce più rapidamente che la popolazione, ossia quando cresce la media delle entrate per ogni individuo, si producono, separati o congiunti, gli effetti seguenti. 1.° Un aumento nell’entrata minima; 2.° Una diminuzione della disuguaglianza delle entrate (§ 24).

Per dimostrare tali proposizioni occorre aver ricorso alla matematica, e perciò rimandiamo al Cours.

30. La tendenza che ha la popolazione a disporsi secondo una certa forma riguardo alle entrate ha per conseguenza che le modificazioni recate a certe parti della curva delle entrate si ripercuotono sulle altre; onde, in ultimo, la società riprende l’usata forma, come una soluzione di un sale dà sempre cristalli simili, grossi o piccoli che sieno.

31. Se, per esempio, si togliesse tutta l’entrata ai più ricchi cittadini, tagliando Fig. 58.per tal modo la parte e d c della figura delle entrate, questa non rimarrebbe già colla forma a b d e; ma tosto o tardi si ricostituirebbe secondo la forma a t s, simile alla primitiva. Similmente ove una carestia od altro accidente di quel genere togliesse lo strato inferiore a k b f della popolazione, la figura non rimarrebbe già colla [p. 374 modifica]forma f b' d c, ma si ricostituirebbe colla forma a t s, simile alla primitiva.

32. Relazioni tra le condizioni economiche e la popolazione. — È manifesto che l’uomo, come tutti gli esseri viventi, si moltiplica più o meno secondo che trova condizioni più o meno favorevoli per campare la vita. I popoli agricoli si addenseranno ove più fertile è il suolo, si diraderanno ove il suolo è meno fecondo. Anche il sottosuolo, secondo che sarà più o meno ricco, darà vita a quantità maggiore o minore di uomini. Meno semplice è la relazione per le industrie ed i commerci, i quali stanno in relazione molto più complessa colle condizioni telluriche e geografiche. E la popolazione stessa opera a sua volta sulle condizioni stesse che ad essa dànno vita, onde la densità della popolazione è effetto di certe condizioni economiche e causa di certe altre. Seguono così azioni e reazioni in grandissimo numero.

33. I paesi ove maggiore è la densità della popolazione sono lungi dall’essere più ricchi. Per esempio, come nota il Levasseur, la Sicilia ha una densità di 113 abitanti per Kilom. quadrato, e la Francia ha solo 72 abitanti per Kilom. quadrato. La Sicilia non ha certo maggiore ricchezza della Francia. La vallata del Gange ha una densità doppia di quella della Francia.

34. Ma, se la densità non è in relazione diretta colla ricchezza di paesi diversi, nello stesso paese, essa è in relazione colle variazioni di quella ricchezza. Abbiamo qui un primo cenno di un fenomeno assai generale. I motivi di tal fatto sono i seguenti. Il numero totale di uomini viventi sovra un dato territorio è in relazione con molti altri fatti A, B, C...., i quali, per un altro territorio, [p. 375 modifica]sono in parte diversi, cioè A', B', C'.... Supponiamo che A indichi la ricchezza; essa varia da un territorio all’altro, ma variano anche i fatti B, C...., cioè, per esempio, i costumi della popolazione; la facilità, maggiore nei paesi caldi che nei paesi freddi, di sostentare la vita, ecc. Tra gli effetti di uno di quei fatti e di quelli di un altro vi può essere compenso, onde l’effetto totale è diverso da quello che si avrebbe ove un solo dei fatti mutasse.

35. Quando si considerano le variazioni della ricchezza A in uno stesso paese, si considerano due stati di cose, cioè A, B, C....; e A', B, C...; in cui la maggiore variazione, se non è l’unica, è quella di A; onde l’effetto totale, che solo possiamo osservare, coincide più o meno coll’effetto della sola variazione di A.

36. Non basta. Considerando solo la variazione della ricchezza, può accadere, ed effettivamente accade, che il valore assoluto della ricchezza ed il valore delle variazioni della ricchezza operino in senso opposto sulla popolazione.

37. Per esempio, in certi paesi, la parte più ricca della popolazione ha una natalità inferiore a quella della parte più povera8 (§ 53); il che non toglie che un aumento di ricchezza abbia per primo effetto di accrescere il numero dei matrimoni e delle nascite.

38. Nel secolo XIX, nei paesi civili, si osserva un aumento considerevole di ricchezza, in media, per ogni abitante. Nello stesso tempo la nuzialità (numero di matrimoni per 1000 abitanti), la natalità (numero di nascite per 1000 abitanti), la mortalità (numero di morti per 1000 abitanti), sono scemate. [p. 376 modifica]La popolazione totale è cresciuta, ma la proporzione del suo aumento annuo ha tendenza a decrescere.

39. Quei fatti sono in relazione vicendevole. L’aumento della ricchezza ha favorito l’aumento della popolazione, ha molto probabilmente contribuito a limitare la nuzialità e la natalità; ha certamente operato per ridurre la mortalità, col permettere notevoli e costosi provvedimenti igienici; molto probabilmente, coll’avere avvezzato gli uomini a vita più agiata, opera per scemare la proporzione dell’aumento annuo della popolazione.

40. La diminuzione della nuzialità opera direttamente per scemare la natalità, e quindi per scemare la mortalità totale, in cui ha gran parte la mortalità infantile. Il Cauderlier vuole anzi che le variazioni della natalità sieno solo conseguenza delle variazioni della nuzialità. La diminuzione della nuzialità, o direttamente, o indirettamente per mezzo della diminuzione delle nascite, ha quindi operato per accrescere la media di ricchezza per ciascun individuo.

41. La diminuzione della natalità è in gran parte cagione della diminuzione della mortalità, ed ha operato, come ora dicemmo, sulla ricchezza; essa è poi cagione diretta della diminuzione della proporzione dell’aumento annuo della popolazione.

42. La diminuzione della mortalità opera in senso contrario; e, circa al numero della popolazione, ha compensato in parte la diminuzione della natalità. È notevole e certa la diminuzione della mortalità infantile; di minor momento e meno certa la diminuzione della mortalità per gli adulti.

43. La popolazione accenna a rimanere quasi stazionaria in Francia; crebbe assai in Inghilterra [p. 377 modifica]ed in Germania; ma anche in quei paesi la proporzione dell’accrescimento accenna a scemare. Nel secolo XIX, la popolazione inglese ha aumentato secondo una progressione geometrica di cui la ragione è tale che la popolazione raddoppia in 54 anni circa9. Poichè la ricchezza media per ogni individuo è aumentata, e di molto, vuol dire che, in Inghilterra, la ricchezza ha avuto aumenti maggiori di quelli della detta progressione geometrica10.

44. Il migliorare e il peggiorare delle condizioni economiche di un paese sono in relazione coi fenomeni della popolazione. Per vedere ciò occorre avere qualche criterio dello stato delle condizioni economiche. Pei popoli agricoli delle nostre regioni può servire il prezzo del grano; pei popoli industriali e commerciali occorre badare ad altri fatti. Secondo il Marshall, la nuzialità, in Inghilterra, nella prima parte del secolo XIX dipende principalmente dalla raccolta agricola; nella seconda parte del secolo XIX dipende invece principalmente dal movimento commerciale. Quel mutamento ha origine da ciò, che l’Inghilterra è diventata ora un paese principalmente industriale, invece di essere un paese principalmente agricolo come era al principio del secolo XIX.

45. Presentemente, in Inghilterra, la nuzialità sta in relazione colla somma del commercio estero e col totale delle somme compensate al Clearing-House; sono questi semplicemente indici del movimento industriale e commerciale.

46. Vi sono fenomeni generali conosciuti sotto il [p. 378 modifica]nome di crisi economiche (IX, 73). Tempi prosperi sono seguiti da tempi di depressione economica, a cui fanno seguito altri tempi prosperi, e via di seguito. Si può all’incirca conoscere quando c’è il massimo e il minimo di prosperità, ma non si può per altro fissare il momento preciso del massimo e del minimo: occorre dunque procedere solo approssimativamente ai paragoni.

47. Se non si tenesse conto delle considerazioni precedenti, si potrebbe ricavare ciò che si vuole dai dati statistici. Per esempio, se si vuole dimostrare che la nuzialità scema in Inghilterra, si paragonerà la nuzialità 17,6 del 1873, che è l’anno in cui termina un periodo prospero, colla nuzialità 14,2 del 1886, in tempi assai depressi. Se invece si vuole dimostrare che la nuzialità cresce, si paragonerà la nuzialità 14,2 del 1886, alla nuzialità 16,5 del 1899. Occorre evidentemente astenersi da simili ragionamenti.

48. La teoria matematica detta delle coincidenze o della correlazione, insegna a determinare se due fatti che si osservano un certo numero di volte insieme sono casualmente, uniti oppure accadono insieme per qualche relazione causale. Per altro si può difficilmente usare tale teoria nella materia di cui trattiamo. Non abbiamo fatti che debbano istantaneamente coincidere, bensì fatti che operano vicendevolmente con qualche latitudine, onde il numero delle coincidenze diventa propriamente un’espressione vuota di senso. La prosperità economica scema, o cresce, gradatamente, e i segni che ne abbiamo non ci figurano quel fenomeno che con grossolana approssimazione; inoltre lo scemare, od il crescere, di tale prosperità non opera subito sui matrimoni, opera poi anche più lentamente sulle nascite e le [p. 379 modifica]morti. Se si descrivono graficamente le curve che figurano i fenomeni che si vogliono paragonare, si può vedere se le loro oscillazioni stanno o no in qualche relazione. Tale metodo, sebbene imperfettissimo, e forse ancora il migliore che praticamente si possa usare, per ora.

49. L’aumento della prosperità economica ha per primo ed immediato effetto di far crescere la nuzialità e la natalità, e di far scemare la mortalità. Il primo fenomeno è notevole ed appare chiaramente; il secondo è meno spiccato e può, secondo la teoria del Cauderlier, essere almeno in gran parte una semplice conseguenza del primo; il terzo è un poco dubbio per i popoli civili e ricchi; pei popoli miseri mancano dati statistici molto precisi; ma, se si tiene conto delle carestie, che altre volte erano frequenti, pare difficilmente potersi negare.

50. Un rapido aumento della ricchezza di un paese è favorevole, per un certo verso alle selezioni, poichè porge agli uomini facili occasioni di farsi ricchi e di salire negli stati superiori della società. Un effetto simile si ottiene, senza che cresca la ricchezza, quando le condizioni economiche della società mutano rapidamente.

51. Sinora dicemmo delle variazioni della ricchezza, dobbiamo anche considerare non più le variazioni, ma lo stato di quella ricchezza, e paragonare quindi due condizioni sociali, le quali differiscono perciò che nell’una la quantità media di ricchezza per ogni abitante è maggiore che nell’altra.

52. Già vedemmo al § 29 che tale differenza corrisponde ad altra differenza nella ripartizione delle entrate e delle entrate minime; ma ben altri fatti e di gran momento stanno in relazione colla quantità media di ricchezza per ogni individuo. [p. 380 modifica]

53. Popoli molto ricchi hanno una natalità assai scarsa, onde potrebbesi ritenere che il valore assoluto della ricchezza opera in modo direttamente contrario alle variazioni della stessa ricchezza. Rimane per altro un dubbio. Potrebbe darsi che tra la ricchezza assoluta e la natalità non corresse una relazione di causa ad effetto e che quei due fenomeni fossero invece conseguenza di altri; che cioè vi fossero certe cause per le quali ad un tempo cresce la ricchezza e scema la natalità.

54. Le condizioni economiche non operano solo sul numero dei matrimoni, delle nascite, delle morti, del numero della popolazione, ma bensì anche su tutti i caratteri della popolazione, sui suoi costumi, sulle sue leggi, sulla sua costituzione politica. Certi fatti non sono possibili che in grazia di un aumento notevole di ricchezza. Presso i popoli che hanno appena di che cibare i loro adulti, si uccidono facilmente i bambini, si distruggono sistematicamente i vecchi11; presso i ricchi popoli moderni si stanno istituendo pensioni pei vecchi e gli invalidi. Presso i popoli poverissimi la donna è trattata peggio di un animale domestico; presso i popoli civili, presso il ricchissimo popolo degli Stati Uniti d’America, è diventata un oggetto di lusso che consuma e non produce12. Occorre evidentemente, perchè un tale fatto sia possibile che la ricchezza del paese sia [p. 381 modifica]grandissima. Quella condizione della donna opera poi sui costumi.

Il femminismo è malattia che può solo appicarsi ad un popolo ricco, o alla parte ricca di un popolo povero. Col crescere della ricchezza, nella Roma antica, crebbe il mal costume delle donne; se certe ragazze moderne non avessero i quattrini necessari per portare in giro l’ozio e la concupiscenza loro, i ginecologhi avrebbero meno lavoro. La stupida pietà pei malfattori, che ha invaso certi popoli moderni, non può sussistere che presso popoli ricchi ai quali non reca gran danno una moderata distruzione di ricchezza. D’altra parte, l’aumento di ricchezza, generalmente accompagnato da maggiore densità della popolazione e da migliori comunicazioni stradali, fa sparire il brigantaggio nelle campagne, perchè il fare il brigante diventa un cattivo mestiere. Ciò non segue per un miglioramento della morale: poichè nelle grandi città si ha precisamente l’effetto opposto, diventando, in queste, frequentissime le aggressioni.

Col crescere della ricchezza le leggi contro i debitori morosi possono diventare molto più miti. È pure noto che i sentimenti socialisti crescono per lunga pace e per aumento di ricchezza. Presso un popolo molto povero gli scarsi capitali sono preziosissimi, il lavoro umano abbondante è di poco pregio, onde il potere politico appartiene ai capitalisti, spessissimo ai possidenti di beni fondiari. Man mano [p. 382 modifica]che cresce la ricchezza del paese, scema il pregio dei capitali, cresce il pregio del lavoro; onde man mano i lavoratori acquistano il potere e i privilegi che prima erano dei capitalisti. Contemporaneamente mutansi costumi, morale, sentimenti, letteratura, arte. Presso i popoli poveri, i letterati incensano i ricchi signori; presso i popoli ricchi, la plebe.

Gli scrittori del tempo passato non ignoravano i profondi mutamenti che l’aumento della ricchezza recava alla costituzione sociale, ma in generale, colle solite declamazioni etiche, a quei mutamenti davano nome di «corruzione». Talvolta, per altro, sono meglio descritti i fatti. L’autore della Repubblica degli ateniesi, che va sotto il nome di Senofonte, ha veduto la relazione che corre tra l’aumento della ricchezza e i maggiori riguardi che si usano alle classi inferiori della popolazione. Egli mostra come, per cagione dei loro negozi, gli Ateniesi fossero tratti a concedere non poche agevolezze agli schiavi ed ai metechi. Platone, per fare stabile l’ordinamento dell’imaginata sua repubblica, si dà molto pensiero per impedire che troppo ricchi possano diventarne i cittadini.

Non è il caso che ha fatto fiorire gli ordinamenti democratici in città ricche come Atene e Roma; e in seguito, nel medio-evo, rinascere la democrazia dove nuovamente appariva la ricchezza, come in Provenza, nelle repubbliche italiane, nelle città libere della Germania; e poi in quei paesi, collo scemare della ricchezza, venire pur meno la democrazia. L’eresia degli Albigesi pare un fatto essenzialmente religioso, mentre, in sostanza, era in gran parte un movimento democratico; il quale fu spento dai crociati venuti da terre settentrionali, ove, per essere [p. 383 modifica]la ricchezza molto minore per capo di abitante, diverso era l’ordinamento sociale.

La grande peste che, verso la metà del secolo XIV, cotanto fieramente percosse e flagellò l’Europa, collo spegnere molte vite, fece crescere, per poco tempo, la somma media di ricchezza per capo della popolazione; onde le classi inferiori furono sollevate dalla loro condizione, e in qualche contrada si ebbero, come conseguenza, movimenti democratici, come, ad esempio, in Inghilterra, la ribellione di Wat Tyler. Questa fu repressa; ma, poco essendo durata, pochissima ricchezza aveva potuto distruggere; onde, perdurando la cagione, perdurarono pure gli effetti, e, come nota Thorold Rogers, «benchè i contadini ribelli fossero stati disfatti e spersi, e i loro capi condannati ed impiccati, pure in sostanza conseguirono vittoria».

Nota il Villani13 come, dopo la grande mortalità cagionata dalla peste, in Firenze, «gli uomini trovandosi pochi, e abbondanti per l’eredità e successioni dei beni terreni, dimenticando le cose passate come se state non fossero, si diedero alla più sconcia e disordinata vita che prima non avevano usato.... E il minuto popolo, uomini e femmine, per la soverchia abbondanza che si trovavano delle cose, non volevano lavorare agli usati mestieri e le più care e delicate vivande volevano per loro vita...».

Lo stesso accadeva in Inghilterra. In Firenze, per esservi stata già, prima della peste, ricchezza grande e ordinamenti democratici, non si tentò di rintuzzare le pretensioni dei lavoratori; in Inghilterra, ove, per essere maggiore la povertà [p. 384 modifica]mancavano quegli ordinamenti, si cercò, col celebre Statuto dei lavoratori, di costringere i lavoratori a contentarsi dei salari che avevano prima della grande mortalità recata dalla peste; ma quel tentativo interamente fallì.

I migliori studi recentemente compiuti hanno fatto vedere come, in Francia ed in Germania, gli anni che precedettero il nascere del protestantismo furono anni di straordinaria prosperità economica e tale prosperità favorì il propagarsi della riforma religiosa e del movimento democratico che, in origine, l’accompagnava. Ma, le lunghe guerre che seguirono avendo distrutta gran copia di ricchezza, vennero meno le condizioni che avevano dato origine al movimento democratico; onde questo interamente o quasi interamente si spense14; per rinascere poi in Inghilterra, in Francia, e nel rimanente dell’Europa, col nuovo crescere della ricchezza. E se ora è più intenso in Francia che altrove, non è il caso che a tale circostanza congiunge quelle del crescere ognora la ricchezza in quel paese, mentre quasi costante vi rimane il numero degli abitanti, onde ognora aumenta la ricchezza media per capo di abitante.

55. Non si dimentichi che i fenomeni che abbiamo veduto seguire insieme coll’aumento di ricchezza operano poi anche per modificare il fenomeno stesso dell’aumento di ricchezza, onde tra questo e quelli si stabilisce un qualche equilibrio.

Può anche accadere che quel seguito di azioni e reazioni favorisca il movimento ritmico che è proprio [p. 385 modifica]dei fenomeni sociali. L’aumento della ricchezza media per capo di abitante favorisce la democrazia; ma questa, almeno secondo quanto si è potuto sin ora osservare, distrugge largamente la ricchezza e provvede anche a disseccarne le fonti; onde, per tal modo, scava a sè stessa la fossa, e distrugge ciò da cui aveva vita (§ 83).

La storia è ricca di esempi che si potrebbero recare in conferma di questa osservazione; e se ora pare che non si verifichi, ciò segue non solo perchè breve è ancora il termine in cui l’opera distruggitrice della ricchezza si è compiuta, ma altresì perchè i meravigliosi miglioramenti tecnici che ebbe la produzione ai tempi nostri concessero sinora di produrre maggiore quantità di ricchezza di quanta se ne sperperava; ma ove seguiti a crescere la distruzione della ricchezza, e nuovi miglioramenti non sopravvengano per far sì che più, o egualmente, ne aumenti la produzione, potrebbe mutare interamente il fenomeno sociale.

Oggettivamente, i fenomeni che ora abbiamo studiato stanno semplicemente in relazione di mutua dipendenza, ma soggettivamente vengono solitamente tradotti come essendo in relazione di causa ad effetto; ed anche quando oggettivamente vi può essere alcunchè che si avvicini a tale relazione, è notevole che spesso la traduzione soggettiva ne inverte i termini. Così appare probabilissimo, quasi certo, che i sentimenti umanitari, i provvedimenti legislativi in favore dei poveri, o altri miglioramenti nella vita di questi, poco o niente giovano per far crescere la ricchezza, anzi talvolta la fanno scemare. La relazione di mutua dipendenza tra quei fenomeni si avvicina quindi ad una relazione in cui l’aumento di ricchezza [p. 386 modifica]è causa, e sono effetti il fiorire dei sentimenti umanitari e il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri. La traduzione soggettiva invece assume per causa i sentimenti umanitari, e si figura che sono questi la cagione del miglioramento delle condizioni di vita dei poveri, ossia dell’aumento della porzione di ricchezza che consumano.

C’è della brava gente che si figura che, se oggi l’operaio mangia carne tutti i giorni, mentre un secolo fa ne mangiava solo i giorni di festa, ciò è dovuto solo al fiorire dei sentimenti etici e umanitari — altri dicono all’essere riconosciute poco alla volta le «grandi verità» predicate dal socialismo — e che non riesce a capire che l’aumento della ricchezza è condizione assolutamente indispensabile perchè possano crescere i consumi popolari, cioè del maggior numero d’uomini15.

Il più delle volte, per conseguire il miglioramento delle condizioni economiche del popolo, gli ottimi umanitari fanno propriamente le parti della mosca che si posa sulle corna del bue e dice: ariamo.

56. Da quanto precede appare che la somma media di ricchezza per ogni individuo è, almeno in [p. 387 modifica]parte, sicuro indice delle condizioni economiche, sociali, morali, politiche, di un popolo. Si capisce che altri fatti possono operare, onde la corrispondenza diventa solo approssimativa. Inoltre giova tenere conto che i popoli si copiano più o meno, a vicenda. Quindi, certe istituzioni che in un popolo ricco stanno in diretta relazione colla sua ricchezza, vengono copiate da altri popoli, presso ai quali non sarebbero nate spontaneamente.

57. La produzione dei capitali personali. — L’uomo ha, come qualsiasi altro capitale, un certo costo di produzione; ma tale costo dipende dal modo di vivere, dallo standard of life degli inglesi.

58. Se si ammette che il costo di produzione dell’uomo è dato da quanto è strettamente necessario per mantenerlo in vita e per educarlo, e che pei capitali personali sussiste l’eguaglianza tra il costo di produzione e il prezzo del capitale ottenuto, considerando come frutto il prezzo del lavoro (V, 88), si conclude che la condizione degli uomini non può mai in alcun modo essere migliorata; qualsivoglia miglioramento in favore dei lavoratori avrebbe solo per effetto di ridurne il costo di produzione. In ciò sta la sostanza di ciò che dicesi la legge di bronzo del Lassalle16; e da ciò seguirono molti errori di altri economisti.

59. Le due premesse del ragionamento precedente non sono confermate dai fatti. Già dicemmo della prima. In quanto alla seconda, sta bensì in suo favore che il primo effetto del miglioramento delle condizioni economiche è di accrescere il numero dei matrimoni e per conseguenza quello dello nascite; ma sta contro l’altro fatto che l’aumento [p. 388 modifica]permanente di ricchezza è congiunto ad una diminuzione del numero delle nascite, ed il secondo effetto supera di gran lunga il primo.

60. A ciò contribuisce l’andamento a onde dell’aumento della ricchezza; l’aumento del numero dei matrimoni quando la marea cresce è, in parte almeno, compensato dalla diminuzione di quel numero, quando la marea scema; permane la riduzione stabile, che è congiunta ad un aumento permanente di ricchezza.

61. Il costo di produzione dell’uomo adulto dipende evidentemente dalla mortalità infantile; ma, contrariamente a ciò che si potrebbe credere, la diminuzione della mortalità nella prima infanzia non corrisponde ad una diminuzione adeguata di quel costo17; e ciò segue perchè molti di coloro che sono per tal modo salvati nella prima infanzia, muojono poco dopo, prima di essere adulti.

62. Ostacoli alla forza generatrice. — L’accrescimento della popolazione risulta dal contrasto tra la forza generatrice e gli ostacoli che può incontrare. Due ipotesi sono possibili: si può supporre che quegli ostacoli non esistono e che quindi il numero delle nascite è sempre massimo; il numero delle morti, minimo; l’accrescimento della popolazione, massimo. Oppure, si può supporre che la forza generatrice incontri ostacoli, i quali riducono il numero delle nascite, accrescono il numero delle morti, e che limitano (tralasciando per ora di discorrere dell’emigrazione) l’aumento della popolazione.

63. La prima ipotesi è manifestamente contraria ai fatti. Basta osservare le oscillazioni che ci fa conoscere la statistica nel numero dei matrimoni [p. 389 modifica]e delle nascite; è impossibile concedere che riproducano precisamente variazioni nell’istinto della riproduzione. Inoltre, presso tutti i popoli, si osservarono maggiori oscillazioni. Carestie, epidemie, guerre, ridussero considerevolmente il numero di certe popolazioni, che, dopo pochi anni, tornarono nello stato primitivo.

64. Rimane quindi solo la seconda ipotesi, e si può dimostrare rigorosamente che corrisponde ai fatti. Gli autori che implicitamente fanno propria quell’ipotesi sogliono ad essa dare altra forma; specificano cioè quegli ostacoli e dicono che le sussistenze limitano la popolazione. Ciò dà luogo a discussioni sul modo di accrescere la quantità di sussistenze: sia col togliere lo spreco che se ne può fare, sia aumentandole con provvedimenti stimati utili per tale scopo. Così la discussione devia. Conviene dunque tagliare corto a tali considerazioni; ed invece di un limite elastico, quale è quello delle sussistenze, considerare un limite fisso, cioè quello dello spazio.

65. In Norvegia, la differenza tra le nascite e le morti, dal 1865 al 1880, dà un aumento annuo di popolazione di 13,48‰; per l’Inghilterra, dal 1861 al 1880, si ha 13,4‰; per l’impero tedesco, 12,3‰. Supponiamo che la popolazione di questi tre Stati, che era di 72,728,000 nel 1880, seguiti a crescere secondo la minima delle tre proposizioni osservate, cioè del 12,3‰ all’anno. Fra 1200 anni, darebbe un numero di esseri umani eguali a 1707 seguito da undici zeri. La superficie del globo terrestre è di 131 milioni di Kilom. quadrati; vi sarebbe dunque più di un abitante per ogni metro quadrato. Ciò è assurdo; quindi è assolutamente impossibile che la popolazione dei tre Stati considerati possa seguitare a crescere, pel futuro, colla medesima proporzione effettivamente osservata dal 1861 al 1880. [p. 390 modifica]

66. Pel passato si può osservare che, se la popolazione del globo fosse stata solo di 50,000,000 al principio dell’era cristiana, e se fosse cresciuta nella proporzione effettivamente osservata ora per la Norvegia, avrebbe dato nel 1891, un numero di esseri umani eguale a 489 seguito da sedici zeri. Si suppone che nel 1086 la popolazione dell’Inghilterra fosse di circa due milioni di abitanti; se avesse aumentato nella proporzione osservata presentemente, avrebbe dovuto essere, nel 1886, di 84 miliardi. Se la popolazione dell’Inghilterra seguitasse a crescere secondo la legge osservata dal 1801 al 1891, fra sei secoli e mezzo circa ci sarebbe in Inghilterra un abitante per ogni metro quadrato.

Tutto ciò è assurdo: quindi è certo che la popolazione non ha potuto crescere pel passato, nè potrà crescere per l’avvenire, nella stessa proporzione osservata ora; perciò è dimostrato che ci furono e ci saranno ostacoli a quell’aumento.

67. Nel cercare la dimostrazione della nostra proposizione, ne abbiamo incidentalmente trovata anche un’altra. Vediamo, cioè, che il secolo XIX è stato eccezionale per l’aumento della popolazione della Norvegia, dell’Inghilterra e della Germania (IX, 37); e che nè pel passato ci furono, nè pel futuro ci potranno essere, per quei paesi, aumenti simili e per lungo spazio d’anni.

68. Le sussistenze e la popolazione. — Il difetto di sussitenze può evidentemente essere di ostacolo all’aumento della popolazione; esso opera diversamente nei diversi strati sociali, fig. 54 (§ 11). Nella parte inferiore, quando la curva delle entrate molto si adagia sulla linea dell’entrata minima, il difetto di sussistenza opera principalmente aumentando la mortalità. Tale fenomeno è illustrato da molti fatti [p. 391 modifica]raccolti dal Malthus nel suo libro. Nella parte superiore, l’opera del difetto delle sussistenze è solo indiretta. Abbiamo veduto che la forma della curva della distribuzione delle entrate varia poco; quindi, se si taglia uno strato inferiore nella fig. 54, tutti gli strati superiori vengono giù alquanto e la superficie totale della figura diventa più piccola. Si capisce facilmente che se gli operai spariscono, cadono in miseria i padroni delle officine ove lavoravano quegli operai e coloro che, colle professioni dette liberali, ritraevano il guadagno da quei padroni. Nella parte media degli strati sociali, il difetto di sussistenza risentito dagli strati inferiori direttamente, opera spesso inducendo a diminuire il numero dei matrimoni, ritardando l’età in cui si contraggono, procacciando diminuzione delle nascite. Il contadino che ha solo un piccolo podere non vuole avere troppi figli, per non dividere fra troppa gente quel podere. Il borghese a cui mancano le usuali fonti di guadagno, limita le spese della famiglia e il numero dei figli. Nei paesi ove parte vistosa del patrimonio tocca al primogenito, i fratelli di lui spesso non contraggono matrimonio. Negli strati più elevati della società si osservano pure quegli effetti, ma vi si aggiunge quello assai potente della decadenza delle élites, la quale fa sì che tutte le razze scelte più o meno rapidamente spariscono.

69. Il Sismondi, degno precursore dei nostri moderni umanitari, crede poter provare l’assurdo della teoria secondo la quale i mezzi di sussistenza limitano la popolazione, recando l’esempio di una famiglia, quella cioè dei Montmorency, che ai tempi suoi stava per spegnersi; mentre, avendo sempre vissuto nell’abbondanza, avrebbe dovuto, secondo la dottrina combattuta dal Sismondi, riempire la terra [p. 392 modifica]di abitanti. Con quel bel modo di ragionare, chi volesse provare che la tartaruga è animale velocissimo potrebbe allegare l’esempio del cavallo da corsa.

70. Non è inutile di notare come quel termine di «sussistenze» sia poco preciso. Comprende certo, oltre agli alimenti, diversi secondo i paesi e le razze, anche i ripari dalle intemperie, cioè vestimenti e case; ed inoltre, nei paesi freddi, il combustibile pel riscaldamento.

71. Qualità degli ostacoli. — A somiglianza di quanto fece il Malthus, si possono dividere gli ostacoli in preventivi, che operano prima e sino al momento della nascita, e in repressivi, che operano dopo la nascita.

72. Gli ostacoli preventivi possono operare in due modi, cioè: (α) Restringendo il numero delle unioni; (β) Restringendo il numero delle nascite, qualunque sia il numero delle unioni. Questi due modi possono combinarsi. La fecondità legittima può avere luogo secondo (α), e la illegittima secondo (β). Una parte della popolazione può vivere nel celibato; ma quella diminuzione nel numero delle unioni (α) può essere compensata da un aumento nel numero delle nascite per le unioni contratte (β).

73. (α) 1.° La statistica ci fa vedere che presso parecchi popoli civili moderni scema il numero dei matrimoni, senza che perciò cresca la fecondità illegittima. 2.° Il celibato, quando sia realmente osservato, scema il numero delle unioni. Gli harem molto numerosi dei grandi signori in Oriente, la poliandria nel Tibet, hanno effetti simili.

74. (β) 1.° Il contrarre i matrimoni in età matura fa scemare il numero delle nascite. Tale ostacolo opera presso parecchi popoli civili. Il Malthus predicava alle genti di usare esclusivamente tale [p. 393 modifica]provvedimento; egli avrebbe cioè voluto che uomini e donne ritardassero l’età del matrimonio, vivendo intanto rigorosamente casti, ed a ciò dava nome di moral restraint. 2.° Possono i matrimoni essere numerosi e precoci; e i congiunti usare pratiche dirette a restringere il numero delle nascite. A ciò si dà il nome di malthusianismo; ma quel termine è fuori di proposito, poichè il Malthus in nessun modo si dimostrò mai favorevole a tali pratiche. 3.° Certamente per molti popoli antichi, e per popoli barbari o selvaggi anche moderni, probabilmente per gli abitanti di alcune grandi città moderne, devesi notare l’aborto come un notevole ostacolo preventivo delle nascite. 4.° L’incontinenza, la prostituzione sono forse anche da porsi tra gli ostacoli preventivi. 5.° Si vuole da taluni, ma la cosa non è certa, che una grande attività intellettuale sia contraria alla riproduzione. Altre molte cagioni di sterilità si potrebbero numerare; ma è argomento che va oltre allo scopo del presente studio.

75. Gli ostacoli repressivi possono sorgere: (α) Dall’aumento del numero delle morti che seguono direttamente dalla mancanza di alimenti (miseria, carestia), oppure indirettamente per malattie favorite dalla miseria, o ancora che sono conseguenza dalla mancanza di provvedimenti igienici, i quali, non solo per ignoranza, ma anche perchè troppo costosi, non possono essere messi in pratica; tale causa opera in modo continuo, ed in modo discontinuo colle epidemie. (β) Dall’aumento delle morti violenti, come sarebbero gli infanticidi, gli omicidi, le morti in guerra. (γ) Dall’emigrazione.

76. Gli ostacoli al crescere della popolazione non scemano necessariamente la sproporzione tra la popolazione e la ricchezza; poichè possono anche fare [p. 394 modifica]scemare la ricchezza. Per esempio, la guerra può accrescere quella sproporzione, distruggendo proporzionalmente più ricchezza che uomini; l’emigrazione può impoverire un paese più di ricchezza che di uomini.

77. L’effetto indiretto degli ostacoli può differire dall’effetto diretto (§ 80).

Occorre notare che una popolazione A e una popolazione B possono avere lo stesso accrescimento annuo, che risulta, per A, da un gran numero di nascite e da un gran numero di morti; e per B da uno scarso numero di nascite e da uno scarso numero di morti. Il primo tipo è quello dei popoli barbari e anche, in parte, dei popoli civili sino a un secolo fa; nell’Europa contemporanea vi si avvicinano la Russia, l’Ungheria, la Spagna; il secondo tipo è quello dei popoli più ricchi e civili; vi si avvicinano, nell’Europa contemporanea, la Francia, la Svizzera, il Belgio.

78. Anche se l’aumento della popolazione è identico per A e per B, differiscono quelle popolazioni per la loro composizione. In A vi sono più bambini e meno adulti; ed il contrario segue per B.

79. L’equilibrio tra il numero delle nascite e quello dello morti, da cui risulta l’aumento della popolazione, dipende da infinite cause economiche e sociali; ma, quando è stabilito, se accidentalmente sorge una variazione in un senso, tosto segue una variazione nel senso opposto, che riconduce all’equilibrio primitivo. Per dire il vero, tale osservazione è una tautologia18, poichè appunto in [p. 395 modifica]quel fatto sta la caratteristica e la definizione dell’equilibrio (III, 22); onde conviene mutare la forma dell’osservazione fatta e dire che l’esperienza ci dimostra che in realtà esiste quell’equilibrio; il quale, per altro, può lentamente modificarsi.

È cosa ben nota che, dopo le guerre e le epidemie, sono più frequenti i matrimoni e le nascite, onde assai presto la popolazione, scemata dalla guerra o dalle epidemie, torna al primitivo livello. Similmente un aumento dell’emigrazione può non dare luogo a nessuna diminuzione della popolazione, ed operare solo per stimolare i matrimoni e le nascite. Viceversa un aumento di matrimoni e di nascite può essere tosto compensato da un aumento delle morti e dall’emigrazione.

80. Di genere diverso è l’effetto che possono avere certe pratiche volte a diminuire la popolazione, le quali possono operare permanentemente per modificare i costumi e quindi alterare le condizioni dell’equilibrio e perciò mutare l’equilibrio stesso. Così si afferma che l’emigrazione, procacciando uno sbocco alla popolazione superflua, fa sì che scema la previdenza nel generare; onde, in ultima analisi, l’emigrazione può essere, in certi casi, una causa non già di diminuzione, bensì di aumento [p. 396 modifica]della popolazione. Simile osservazione è stata fatta per l’aborto, l’esposizione dei parti, l’infanticidio. Mancano, per altro, prove che concedano di dare una dimostrazione rigorosa.

81. Veduta soggettiva dei fenomeni attinenti all’aumento della popolazione. — L’argomento dell’aumento della popolazione e dei suoi ostacoli, è uno dei tanti di cui i più degli uomini pare non possano ragionare senza commoversi e turbarsi; la cagione ne è che, non all’indagine scientifica, ma al predicare una preconcetta dottrina rivolgono la mente, e pei contradditori sentono l’ira che i credenti assale contro gli eretici.

Abbiamo qui un buon esempio del come le cause economiche si combinano con altre per determinare le opinioni degli uomini. La proporzione tra la ricchezza e il numero degli uomini è fattore assai potente per determinare i fatti della società; e sono quei fatti che, operando sull’uomo che vive in quella società, ne determinano le opinioni; onde solo per quella via indiretta, e quasi sempre all’insaputa dell’uomo che patisce tale azione, opera il fatto della proporzione tra la ricchezza e il numero degli uomini (§ 54).

82. Alle classi ricche e alle oligarchie politiche giova che la popolazione cresca quanto più è possibile, perchè l’abbondanza della mano d’opera la fa più agevole per chi la compera, e perchè il maggior numero dei sudditi accresce il potere della classe politicamente dominante. Se altre cagioni non vi fossero che con questa intrecciano gli effetti, il fenomeno sarebbe dunque molto semplice: da una parte le classi ricche e politicamente dominanti predicherebbero l’aumento della riproduzione; dall’altra parte le classi povere sarebbero favorevoli [p. 397 modifica]alla restrizione di quell’aumento. Tutto ciò in quanto alla dottrina; nei fatti, potrebbe seguire l’opposto, e i ricchi potrebbero limitare il numero dei figli per serbare loro intatto il patrimonio, mentre i poveri potrebbero avere molti figli per trarne un utile, od anche solo per imprevidenza. In Francia si osserva un fenomeno di quel genere; e non è il caso che fa i nazionalisti e i conservatori attivi e caldi propugnatori di provvedimenti diretti ad accrescere il numero della popolazione (§ 86). Invece i radicali-socialisti sono meno avveduti, e il loro governo si dimostra pronto a far approvare provvedimenti legislativi diretti a favorire la procreazione dei figli (§ 86). È vero che, in generale, quei provvedimenti sono sempre stati di nessuna efficacia: ma, se fossero efficaci, distruggerebbero appunto il fondamento della potenza dei radicali-socialisti.

83. Il fenomeno, per altro, è molto più complesso di ciò che in sulle prime appare. Da prima, per non uscire dal campo dell’opera del principio economico, può tale principio avere diversi effetti per cagione dell’ignoranza degli uomini, o dei momentanei loro bisogni.

Le rivoluzioni accadono più facilmente quando la miseria preme le classi popolari, oppure quando l’agiatezza le solleva?

84. Se si risolve il problema nel primo senso, vi potranno essere tempi in cui le classi ricche e le dominanti predicheranno la limitazione della popolazione, per timore di veder crescere il potere dei loro avversari, ed in cui i capi popolari predicheranno invece l’aumento senza limiti della popolazione, appunto per accrescere il numero dei loro militi. Tale fenomeno si produsse verso la fine del [p. 398 modifica]secolo XVIII e dal principio del secolo XIX, e dà la sostanza della polemica tra il Godwin e il Malthus.

85. Se si risolve il problema nel secondo senso, il quale, sebbene alle prime paia paradossale, pure da un attento studio si scorge maggiormente d’accordo coi fatti (§ 54), mutano interamente gli effetti dell’accennato principio economico. Le classi dominanti talvolta intendono ciò, ma talvolta non ne hanno un chiaro concetto e mostrano di non conoscere la ragione dei fatti; onde, sebbene il De Tocqueville abbia, in un caso speciale, chiaramente mostrato la vera soluzione del problema, vediamo ora molti della classe dominante operare in modo da procacciare il futuro danno della propria classe, e, come il cieco che va brancolando, non avere alcuna chiara veduta della via che gioverebbe seguire; per la qual cosa finiscono col procacciare la propria rovina. A ciò concorrono altresì cagioni etiche, ed anche di decadenza fisiologica di quelle élites. I capi delle classi popolari, cioè in sostanza la nuova élite che sorge per spodestare l’antica, hanno spesso inteso come l’eccesso di miseria potesse solo spingere a tumulti facilmente repressi dai dominanti; e come invece il crescere dell’agiatezza meglio preparasse le rivoluzioni. Perciò alcuno di essi si mostra schiettamente favorevole alla limitazione della popolazione, mentre altri lasciano da parte tale argomento, o favoriscono debolmente i provvedimenti diretti a far crescere la popolazione (§ 82). Ma pei capi, che sarebbero piuttosto disposti a limitarla, sorge un ostacolo grave, che sta nel dover soddisfare i sentimenti pei loro seguaci (§ 87). L’uomo del volgo mira specialmente ai bisogni presenti dei sensi, e vuol mangiare, bere e soddisfare l’istinto sessuale; onde i capi sono [p. 399 modifica]spinti a promettergli che, quando sarà distrutto il «capitalismo» e sorgerà l’età dell’oro, tutti quei bisogni, o desideri, potranno essere soddisfatti senza ritegno alcuno.

86. Oltre ai motivi economici, altri ne troviamo etici, religiosi, metafisici, ascetici, ecc. I conservatori religiosi si sentono invasi dall’ira, indipendentemente da ogni motivo economico, al solo dubbio che si voglia operare in frode del precetto divino del crescere e moltiplicare. Tutto ciò che riguarda le relazioni sessuali è stato, nei tempi moderni, coperto da un pudico, ed anche molto ipocrito velo; onde l’idea che l’uomo ardisca valutare le conseguenze dell’atto sessuale e, prevedendole, regolarle, pare a taluni cosa tanto mostruosa, che fa loro perdere il lume della ragione. Questi ed altri simili motivi, che per brevità si omettono, operano per spingere molte persone delle classi elevate della società ad oppugnare fortemente tutto ciò che potrebbe mirare a limitare il numero della popolazione; e talvolta si aggiungono all’accennato motivo economico; ma talvolta anche hanno tanto potere, da determinare da soli l’opinione degli uomini. Queste dottrine hanno origine esclusivamente dal sentimento; e, invece di ricavarle dai fatti, i loro autori vogliono che ad esse sieno sottomessi i fatti. Prima di averlo studiato, già conoscono la soluzione del problema della popolazione; ed all’esperienza si rivolgono, non già per imparare a risolvere il quesito posto, ma solo per ricavare argomenti atti a giustificare le preconcette opinioni.

87. Dalla parte popolare, altre cagioni hanno simili effetti, e già ne abbiamo fatto cenno al § 85. Il promettere estrema abbondanza di beni economici, mercè un nuovo ordinamento sociale, pare poco ad [p. 400 modifica]alcuni, se non vi si aggiunge anche il togliere ogni freno alle passioni; onde c’è chi si spinge sino all’asserire che l’uomo potrà cedere senza ritegno all’istinto sessuale, essendo tolto ogni timore che da ciò possa nascere il menomo inconveniente: ed il Fourier, più logico di altri, soddisfa allo stesso modo ogni istinto umano. Non manca chi, dando una forma pseudo-scientifica a tali fantasticherie, asserisce che l’uomo potrà cedere senza ritegno all’istinto sessuale, perchè questo andrà scemando col crescere delle attitudini intellettuali. Notisi che l’effetto rimane proprio lo stesso se nascono pochi figli: o perchè forte è l’istinto sessuale e gli uomini non vi cedono; o perchè è debole l’instinto, e gli uomini in nessun modo vi ripugnano; onde quel gran scalmanarsi è tutto per sapere se fra secoli e secoli certi atti saranno volontari o no. Chi ha tempo da perdere può seguitare a ragionare di ciò; noi volgiamo ad altro il discorso.

88. I fatti ora esaminati sono fatti psichici, fatti di opinioni, di dottrine; giova tosto aggiungere che quelle credenze e opinioni poco o nessun effetto hanno avuto sull’aumento effettivo della popolazione; onde parrebbe che questo fatto abbia operato su quelli, meglio che quelli su questo. Nella prima metà del secolo XIX, si predicava, in Francia, da scienziati e da uomini di Stato, l’utilità di restringere l’aumento della popolazione, il malthusianismo, e la popolazione cresceva; ora si predica la necessità di spingere all’aumento della popolazione, e la popolazione rimane stazionaria.

89. Il Malthus e le sue teorie19. — Il modo che [p. 401 modifica]ancora si tiene nello studio dell’economia politica, non concede di studiare il problema della popolazione, tacendo del Malthus; e, pure non approvando quell’uso, conviene non troppo urtarlo, sinchè sussiste. Del rimanente alcunchè di buono se ne può trarre, e le teorie del Malthus ci daranno un esempio degli errori in cui inevitabilmente si cade quando si confonde la teoria colla pratica, l’indagine scientifica colla predica della morale.

90. L’opera del Malthus è assai confusa; ed è spesso difficile di poter sapere precisamente quali argomenti egli vuole trattare. In sostanza in quell’opera si possono distinguere quattro parti.

91. 1.° Una parte scientifica, cioè una ricerca di uniformità di fenomeni. È merito grande del Malthus di avere inteso e procurato di dimostrare che la forza generatrice da sola avrebbe dato un aumento della popolazione maggiore di quello che osservasi in realtà; onde appare che detta forza è contenuta da certi ostacoli. Ma il Malthus, non pago di quella teoria generale, volle entrare in particolari non egualmente certi. Egli volle fissare che la popolazione tendeva a crescere secondo una progressione geometrica, e le sussistenze secondo una progressione aritmetica; inoltre riteneva che quella progressione geometrica fosse tale da raddoppiare la popolazione ogni 25 anni.

È incredibile quante contese sorgessero intorno a quelle due celebri progressioni del Malthus, e quante sciocchezze vennero fuori per tal modo. In alcuni casi i concetti del Malthus appaiono cotanto [p. 402 modifica]malamente intesi dai suoi oppositori, da far nascere il dubbio se questi siano in buona fede.

92. Se paragoniamo coi fatti quella teoria del Malthus, vediamo che, in un caso particolare, quello cioè dell’Inghilterra, nel secolo XIX, la popolazione crebbe secondo una progressione geometrica, con periodo di raddoppiamento di circa 54 anni; ma che la ricchezza crebbe secondo una progressione anche più rapida; onde in quel caso la progressione aritmetica non corrisponde in nessun modo alla realtà (Cours, § 211, 212).

93. Similmente, il Malthus va molto al di là dell’osservazione dei fatti, quando afferma che gli ostacoli appartengono necessariamente a una delle tre classi seguenti: la moral restraint, il vizio, e le misere condizioni della vita (misery). Tale classificazione ha solo per scopo di costringere gli uomini a ricorrere alla moral restraint.

94. 2.° Una parte descrittiva e storica, in cui l’autore vuole dimostrare l’esistenza e gli effetti dei due ultimi generi di ostacoli ora accennati. Egli dico che il primo genere «opera scarsamente sugli uomini nello stato presente della società», sebbene l’astensione dal matrimonio, quando si consideri indipendentemente dalle conseguenze morali, operi potentemente, presso i popoli moderni, per ridurre il numero delle nascite.

95. 3.° Una parte polemica, in cui l’autore vuole dimostrare che lo star bene, o male, degli uomini dipende quasi esclusivamente dal restringere più o meno il numero delle nascite; e poco o niente dipende dall’opera del governo nè dall’ordinamento sociale. Tale parte è manifestamente erronea.

96. 4.° Una parte precettiva. L’autore ha scoperto la panacea universale, cioè la moral restraint, [p. 403 modifica]o, se vogliamo esprimerci coi termini ora in uso, ha risoluto «la quistione sociale»; egli sale in cattedra e svela alle genti il gran mistero. Questa parte si può trascurare. Una predica di più, aggiunta alle infinite che già furono fatte, per dimostrare quanto giovevole, bella e nobile sia la castità, non fa proprio nè caldo nè freddo.

97. La società umana in generale. — Come già notammo (II, 102), la società ci appare come una massa eterogenea e con gerarchia dei suoi componenti20. Tale gerarchia non manca mai, eccetto forse presso uomini selvaggi, viventi dispersi a modo di animali. Conseguenza di quel fatto è che la società è sempre governata da un piccolo numero di uomini, da una élite, anche quando pare avere una costituzione assolutamente democratica; e ciò è stato conosciuto dai tempi più remoti. Nella democrazia ateniese c’erano i demagoghi, cioè i «conduttori del popolo»21; e Aristofane, nei Cavalieri, li mostra spadroneggianti il popolo istupidito22. [p. 404 modifica]Nell’epoca moderna la democrazia francese, inglese, degli Stati Uniti, ecc., sono, in fatto, governate da un piccolo numero di politicanti. Similmente, le [p. 405 modifica]monarchie assolute, salvo i casi rarissimi in cui il monarca è un genio straordinario, sono pure governate da una élite, che molto spesso è una burocrazia.

98. Si potrebbe immaginare una società in cui la gerarchia fosse stabile; ma tale società nulla avrebbe di reale. In tutte le società umane, persino in quelle ordinate a caste, la gerarchia finisce col mutare; la differenza principale tra le società stando in ciò, che quel mutamento può essere più o meno lento più o meno rapido.

Il fatto, tanto volte già rammentato, che le aristocrazie non durano, impronta tutta la storia delle nostre società. Esso pure è noto sino dai tempi più remoti23, ed ha avuto ora nuova conferma scientifica dalle ricerche dello Jacoby, dello Ammon24. La storia della società umana è, in gran parte, la storia dell’avvicendarsi di aristocrazie.

99. Nessuna razza di esseri viventi è salva dal decadere se non opera la selezione; e la razza umana non sfugge menomamente a tale legge. Gli umanitari possono bene chiudere gli occhi per [p. 406 modifica]volontariamente ignorare questa verità, ma ciò non muta nulla ai fatti. In ogni razza nascono elementi di scarto, che debbono essere distrutti dalla selezione. I dolori di quella distruzione sono il riscatto del mantenersi e del perfezionarsi la razza; ed è uno dei tanti casi in cui il bene dell’individuo è in contrasto col bene della specie (II, 30). Certi generi di selezione possono sparire; ma debbono essere sostituiti da altri, se non ha da seguire la decadenza della razza. Ora, ci sono persone che credono che oramai la razza umana può fare a meno della selezione per mezzo della guerra. Possono avere ragione, ma possono anche avere torto. Intanto è certo che della loro credenza non dànno alcuna valida dimostrazione; tale non essendo, per fermo, le declamazioni sui mali delle guerra e sulle sofferenze che procaccia all’uomo.

100. Infine, come già a lungo spiegammo, un altro fatto di sommo momento, che è in relazione col maggior numero dei fatti sociali, e che molti in gran parte determina, si ha nella proporzione di ricchezza, e meglio di capitali, per ogni capo della società; maggiore essendo l’incivilimento, ove maggiore è quella proporzione. Occorre per altro rammentare che siamo costretti di valutarla in moneta e che l’unità monetaria nulla ha di fisso, onde quella proporzione ci è solo nota in modo più o meno grossolanamente approssimato.

I più stimano che, per dare nuove forme alla società, le variazioni della distribuzione della ricchezza operino maggiormente che le variazioni del totale medio di ricchezza per ogni abitante; ma è opinione interamente errata: mentre abbiamo veduto che quelle variazioni sono di poco momento (§ 16), e queste possono essere assai grandi (§ 92). [p. 407 modifica]

101. I quattro generi di fatti ora accennati, cioè: la gerarchia — lo avvicendarsi delle aristocrazie — la selezione — la proporzione media di ricchezza o di capitali per individuo — sono di gran lunga i principali che determinano i caratteri delle società, cioè gli altri fatti sociali; ma questi poi operano a loro volta su quelli, onde si ha una relazione di mutua dipendenza, e non già una relazione di causa ad effetto.

102. Condizioni quantitative per l’utilità della società e degli individui. — Non pare, per ora, che ci sia da mettere un limite al crescere della proporzione media dei capitali; ma potrebbe darsi che venisse giorno in cui ciò fosse da considerarsi.

103. Invece, per la gerarchia — lo avvicendarsi delle aristocrazie — la selezione, il problema del massimo di utilità è principalmente quantitativo. Le società umane non possono sussistere senza una gerarchia; ma sarebbe gravissimo errore concludere da ciò che saranno tanto più prospere quanto più tale gerarchia sarà rigida. Similmente, il mutarsi delle aristocrazie è giovevole; ma vi è pure un elemento di stabilità che non è da trascurarsi. Conviene che la selezione si mantenga in limiti tali che gli effetti di essa non siano comprati con eccessive sofferenze.

Da tali considerazioni nascono molti e gravi problemi, che qui non possiamo trattare. Ci basta avere accennato che esistono; il che da molti è ancora ignorato, o posto in dubbio, o negato.

104. Stabilità e selezione. — Si potrebbe immaginare una società umana in cui ogni uomo svolgesse ogni giorno la propria attività indipendentemente dal passato; la mutabilità vi sarebbe somma. In modo assoluto, tale stato di cose è impossibile, [p. 408 modifica]poichè è impossibile togliere che un uomo non dipenda, almeno in parte, dalla propria attività passata e dalle circostanze in cui ha vissuto, non fosse altro per l’esperienza che ha potuto acquistare. I popoli selvaggi più miseri si avvicinano solo a tale stato, avendo essi generalmente qualche tugurio, qualche arma, infine qualche capitale.

105. All’altro estremo, si può immaginare una società in cui ogni uomo, dalla nascita alla morte, ha la sua parte assegnata, e da quella non si può distrarre; la stabilità vi sarebbe somma, la società sarebbe come cristallizzata. Anche questo caso estremo non esiste in realtà; vi si avvicinano, più o meno, le società con caste rigidamente costituite.

106. Casi intermedii di ogni genere s’incontrano nelle società che hanno esistito, e che esistono. Nelle società moderne, l’elemento di stabilità è dato dalla proprietà privata e dall’eredità; l’elemento di mutabilità e di selezione, dalla facoltà concessa a tutti di salire quanto è possibile nella gerarchia sociale. Nulla, per vero dire, indica che tale stato sia perfetto, nè che debba durare indefinitamente. Se si potesse efficacemente togliere qualche genere di proprietà privata, per esempio quello dei capitali, nonchè, in parte od in tutto, l’eredità, sarebbe molto affievolito l’elemento di stabilità e rinvigorito l’elemento di mutabilità e di selezione. Non si può a priori decidere se ciò sarebbe utile o dannoso alla società.

107. I ragionamenti i quali, movendo dalla premessa che pel passato è stato utile di scemare la forza di uno di quei due elementi e di crescere quello dell’altro, concludono che sarà egualmente utile seguitare a far ciò in avvenire, non hanno alcun valore; poichè in tutti i problemi quantitativi [p. 409 modifica]di quel genere vi è un massimo, oltre al quale si declina. Ragionare nel modo accennato, sarebbe come movere dal fatto che il germogliare della sementa è favorito quando la temperatura cresce da 0° a 20°, per concludere che sarà anche maggiormente favorito se la temperatura crescerà ancora e giungerà, per esempio, a 100°.

108. Egualmente non hanno il menomo valore i ragionamenti i quali, movendo dalla premessa che pel passato si è osservato il declinare di uno di quei due elementi e il crescere dell’altro, concludono che ciò si dovrà pure osservare in avvenire. I movimenti delle società umane non hanno luogo costantemente per un verso, ma sono generalmente oscillatori25.

109. I vantaggi della mutabilità, che è cagione di selezione, e i danni della stabilità, dipendono in gran parte dal fatto che le aristocrazie non durano. In oltre, per cagione del sentimento di misoneismo che esiste nell’uomo, e della ripugnanza all’usare troppa attività, giova pure che i migliori sieno stimolati dalla concorrenza di chi è meno capace di loro; onde persino la sola possibilità del mutamento giova. D’altra parte, la mutabilità spinta all’estremo è penosissima all’uomo, lo disgusta, lo avvilisce, e quindi ne riduce al minimo l’attività. Chi sta peggio di un altro, desidera naturalmente mutare condizione, ma, appena conseguito l’intento, desidera anche maggiormente di conservare ciò che ha acquistato e di rendere stabile la sua condizione. Le società umane hanno una fortissima tendenza a dare rigidità ad ogni nuovo ordinamento, a cristallizzarsi in ogni nuova forma. Per tale modo spesso [p. 410 modifica]accade che si passa da una forma ad un’altra, non già con moto continuo, ma con salti: una forma si spezza, è sostituita da un’altra; che a sua volta si spezza, e così di seguito. Ciò si osserva in tutte le manifestazioni dell’attività umana; per esempio, nella lingua, nel diritto, nell’arte, ecc. Nessuna lingua viva è immutabile; e d’altra parte una lingua tutta composta di neologismi non sarebbe intesa; è necessario tenere una via di mezzo. L’introduzione dei neologismi non è uniformemente continua, ma accade ad intervalli per l’autorità di scrittori di grido, o di qualche autorità letteraria, come sarebbe la nostra Crusca o l’Accademia francese. Fenomeni simili si osservano per la legislazione; e non è soltanto nei paesi in cui è codificata, che i mutamenti fanno capo ad un nuovo sistema rigido; ma persino in quelli in cui la legislazione parrebbe dovere essere molto più malleabile26.

110. Nell’economia sociale, la mutabilità può avere varie forme, e queste possono essere parzialmente sostituite l’una all’altra. Il mutamento potrebbe operare in senso contrario alla selezione; ma qui consideriamo solo quello che opera per favorirla. [p. 411 modifica]Le rivoluzioni violente hanno spesso quel fine. Quando negli strati inferiori si sono accumulati elementi attivi, energici, intelligenti; e quando invece gli strati superiori sono inquinati da soverchia proporzione di elementi decaduti (§ 20, 21), accade improvvisamente una rivoluzione, che sostituisce una aristocrazia ad un’altra. La nuova forma sociale diventa poi rigida; onde sarà nuovamente spezzata da qualche altra simile rivoluzione.

Tali rivoluzioni violente possono essere sostituite da infiltrazioni per le quali gli elementi scelti salgono, gli scadenti scendono. Quel movimento esiste quasi sempre, ma può essere più o meno intenso: ed è da quella diversa intensità che ha origine l’accumularsi, o il non accumularsi, di elementi decaduti negli strati superiori, di elementi eletti negli strati inferiori.

111. Perchè il movimento sia sufficiente ad impedire che l’accumulazione abbia luogo, non basta che la legge permetta il movimento, che non ci ponga ostacoli di nessun genere, come sarebbe la costituzione di caste; ma occorre anche che le circostanze sieno tali che il movimento possibile diventi reale. Per esempio, presso i popoli bellicosi, non basta che la legge e l’uso permettano al semplice soldato di diventare generale; occorre anche che la guerra porga occasione di ciò. Presso i popoli commercianti ed industriali, non basta che la legge e i costumi concedano al più povero cittadino di arricchire e di giungere ai sommi gradi dello Stato; occorre anche che il movimento commerciale ed industriale sia abbastanza intenso perchè ciò diventi realtà per un numero sufficiente di cittadini.

112. I provvedimenti che direttamente od indirettamente riducono i debiti, affievoliscono [p. 412 modifica]l’elemento stabile, e quindi rinforzano indirettamente l’elemento mutabile e di selezione. Similmente opera tutto ciò che fa crescere generalmente i prezzi; ma solo pel tempo in cui dura l’aumento. Se, per esempio, tutti i prezzi raddoppiano, l’equilibrio economico finisce, dopo un tempo più o meno lungo, ad essere identico a quello che era primitivamente; ma, nel passaggio da uno stato all’altro, sono ridotti i debiti, ed è favorito il mutamento e la selezione. Le alterazioni delle monete, l’aumento della quantità di metalli preziosi (per esempio, dopo la scoperta dell’America), le emissioni di carta moneta, la protezione doganale, le leghe operaie che promuovono gli aumenti di salari, ecc., hanno in parte effetti che favoriscono il mutamento e la selezione; ma hanno pure altri effetti: e rimane da vedere, in ogni caso particolare, se i danni di questi non superano i possibili vantaggi di quelli.

113. Si è osservato che in Atene, dopo le riforme di Solone, non ci fu più bisogno di ricorrere ad alcuna riduzione di debiti; la moneta non fu alterata, nè furono posti in opera altri artifici per far crescere i prezzi. La ragione principale di tal fatto devesi ricercare nell’intensa attività commerciale di Atene, la quale da sola bastava per assicurare la circolazione delle aristocrazie.

114. Dai tempi dell’antichità classica fino ai giorni nostri, presso i popoli europei, si osserva un seguito di rivoluzioni, di provvedimenti legislativi, di fatti voluti od accidentali, i quali tutti concorrono a rinforzare l’elemento di mutabilità e di selezione. Da ciò si può, con grande probabilità, trarre la conclusione che l’elemento di stabilità, o anche di mutamento contrario alla selezione, era soverchiamente forte; onde per reazione si [p. 413 modifica]produssero fatti diretti ad affievolirlo. Per altre società, la conclusione potrebbe essere diversa. La necessità di provvedere ai mutamenti favorevoli alla selezione è anche in relazione colla proporzione di elementi scelti che sono prodotti dagli strati inferiori. Può darsi che la maggiore stabilità di certi popoli orientali abbia origine, almeno in parte, da ciò, che per essi quella proporzione è minore che pei popoli europei.

115. Tornando ai nostri popoli, se, per essi, l’elemento di stabilità e contrario al mutamento della selezione fosse esclusivamente l’istituzione della proprietà privata, colla conseguente eredità, si avrebbe una validissima dimostrazione della necessità di restringere, od anche togliere, quell’istituzione della proprietà privata. È singolare che i socialisti non abbiano scorto l’aiuto che tale modo di considerare i fenomeni poteva recare alle loro dottrine.

Ma l’elemento di stabilità e contrario al mutamento della selezione, è ben lungi dall’essere stato esclusivamente, nelle nostre società, l’istituzione della proprietà privata. Abbiamo avuto leggi e costumi che separavano gli uomini in classi; ed anche dove ciò è scomparso, come presso i popoli democratici moderni, permangono appendici della ricchezza che concedono a certe persone di respingere i concorrenti. Negli Stati Uniti d’America, politicanti e giudici sono spesso da vendere al maggior offerente. In Francia, il Panama ed altri fatti simili hanno mostrato che la democrazia europea non è essenzialmente diversa, sotto quest’aspetto, dall’americana. In generale, dai tempi antichi ai giorni nostri, le classi elevate della società si sono valse del potere politico per spogliare le classi [p. 414 modifica]povere; ora, in qualche paese democratico, pare avere principio un fenomeno direttamente contrario. Non abbiamo mai potuto osservare, per un tempo assai lungo, uno stato di cose in cui il governo rimanesse neutro, e non aiutasse questi a spogliare quelli, o quelli a spogliare questi. Non possiamo quindi, col solo empirismo, decidere se la soverchia forza dell’elemento di stabilità e di contrasto alla selezione degli elementi degli strati inferiori aveva origine dall’istituzione della proprietà privata, o dalla prepotenza politica delle classi superiori. Per potere rettamente concludere sarebbe necessario di disgiungere quei due generi di fatti, ed osservarne separatamente gli effetti.

116. Traduzione soggettiva dei fatti precedenti. — Sinora abbiamo considerato i fenomeni in modo oggettivo: ma essi si presentano in modo ben diverso alla coscienza ed alla conoscenza dagli uomini. In altro luogo27 già esponemmo come la circolazione delle élites si traduceva soggettivamente; onde qui sorpassiamo sull’argomento. In generale gli uomini sono tratti a dare alle loro rivendicazioni particolari la forma di rivendicazioni generali. Una nuova aristocrazia che vuole soppiantare un’antica aristocrazia, suole dar battaglia non in nome proprio, ma in nome del maggior numero della popolazione. Un’aristocrazia che sorge, ha spesso la maschera della democrazia (II, 104).

Lo stato mentale prodotto dall’accumularsi di ottimi elementi negli strati inferiori, di elementi decaduti negli strati superiori, si è spesso manifestato con teorie religiose, morali, politiche, pseudoscientifiche, sull’eguaglianza degli uomini. Onde [p. 415 modifica]segue questo fatto paradossale, che è appunto la disuguaglianza degli uomini che li ha tratti a proclamare la loro eguaglianza.

117. I popoli antichi riducevano i debiti e il frutto dei prestiti, senza discussioni teoriche; i governi dei tempi passati alteravano la moneta senza darsi pensiero delle dottrine economiche, e usavano provvedimenti di protezione economica, senza nemmeno sapere cosa fosse protezione; i fatti non sono stati conseguenza delle teorie; ma invece le teorie sono state imaginate per giustificare i fatti. Ai tempi nostri si è voluto dare fondamento teorico a tutti quei fatti, e già al ridurre, o meglio togliere, il frutto del denaro si era dato fondamento religioso; onde si accesero gravissime contese intellettuali, di cui l’effetto pratico è presso a poco zero, poichè non investono menomamente le cagioni reali dei fatti.

Poniamo che si potesse dimostrare rigorosamente che il frutto del denaro non è «legittimo»; o all’opposto che è perfettamente «legittimo»; nè in un caso, nè nell’altro verrebbero mutati i fatti; oppure sarebbero mutati in modo interamente trascurabile. Similmente per la protezione doganale. Tutte le teorie pro o contro non hanno avuto il menomo effetto pratico; hanno bensì potuto avere effetto scritti e discorsi su tale argomento, non mai pel contenuto scientifico, ma perchè movevano certi sentimenti e davano modo ad uomini aventi certi interessi, di unirsi. Le contese teoriche che pochi anni or sono avevano luogo sul bimetallismo, erano perfettamente inutili; ora sono terminate perchè l’aumento dei prezzi è venuto da altra parte che dalla libera coniazione dell’argento. Oggi la teoria del valore del Marx è quasi diventata roba da [p. 416 modifica]museo, dopochè i capi socialisti sono saliti man mano al governo della cosa pubblica. L’affermazione che il valore è lavoro cristallizzato altro non era se non l’espressione del sentimento di disagio che provavano gli elementi scelti della nuova aristocrazia, costretti a rimanere negli strati inferiori: ed è quindi naturale che man mano che salgono negli strati superiori, mutino i sentimenti, e perciò anche il modo di esprimerli. Ciò accade specialmente per la classe, poichè per singoli individui permangono spesso i sentimenti, anche quando mutano le circostanze che ad essi hanno dato origine.

Non bisogna mai dimenticare (II, 4) che di solito gli uomini non sono consapevoli dell’origine dei loro sentimenti; onde spesso accade che credono di cedere all’evidenza di un ragionamento teorico, mentre sono mossi da tutt’altre cagioni.


Note

  1. Sulla popolazione vedasi: R. Benini, Principii di demografia, Firenze, 1901; libro piccolo di mole, ma ottimo sotto ogni aspetto, e tale che non saprei indicarne uno migliore.
  2. Per lo stesso quesito, considerato sotto altro aspetto, vedasi Bertrand, Calcul des probabilités, § 149, 150.
  3. Cours, lib. III, cap. I. Ai dati del Cours, parecchi altri sono stati aggiunti; veggasi Giornale degli economisti, Roma, gennaio 1897.
  4. Cours, § 962.
  5. Systèmes, II, chap. IX.
  6. Cours, § 964. Vi è un errore di stampa nel testo, pag. 320, 14.a linea risalendo; invece di: «revenu inférieur a x augmente par rapport», devesi leggere: «revenu inférieur a x diminue par rapport».
  7. Cours, II, p. 323, 324.
  8. Systèmes, II, p. 139.
  9. Cours, § 211.
  10. Cours, § 212.
  11. Cours, § 247
  12. In senso favorevole al femminismo americano, vedasi Th. Bentzon, Les américaines chez elles; in senso contrario, un’inchiesta di Cleveland Moffet di New York, riprodotta nel Mercure de France, 1904: «Il nostro paese, dicono certi americani, è quello in cui le donne ricevono più dall’uomo e ad esso danno meno. Per esse altro non siamo se non macchine per guadagnare quattrini. La donna non sa quasi ciò che fa suo marito, sa solo ciò che guadagna».
         Bisogna tenere conto che i letterati caricano spesso le tinte, in un senso e nell’altro.
  13. Cronica di Matteo Villani, I, 4.
  14. In Firenze, i Medici, coll’imposta progressiva, disfecero gli avversari e, ad un tempo, fiaccarono la democrazia, togliendo le condizioni che ad essa davano forza
  15. Fui rimproverato perchè, mostrando il succedersi delle élites, non notai il miglioramento delle condizioni delle classi popolari. Non lo notai, perchè non mi pare, stando ai fatti che mi sono noti, che il secondo fenomeno sia conseguenza del primo; esso è conseguenza dell’aumento della ricchezza, almeno in gran parte. Una barca scende il fiume, trascinata dalla corrente, su di essa comanda or questo, or quello: i due fenomeni sono concomitanti, non stanno in relazione di causa ad effetto.
         S’intende che con ciò si vede solo la parte principale del fenomeno. Accessoriamente, possono le classi popolari ricevere qualche vantaggio della contesa delle élites; poichè si sa che tra i due litiganti, il terzo gode
  16. Systèmes, II, p. 235.
  17. Cours, § 255.
  18. Ci sono autori che vanno per la maggiore e che hanno veduto nei fatti accennati l’indizio di una legge arcana, a cui hanno dato il nome di «legge di compensazione». Ritroveranno quella loro legge in tutti i casi in cui esiste un equilibrio.
         Levasseur, La population franc., II, p. 11: «Lorsqu’un phénomène démographique s’écarte brusquement de la moyenne... il se produit d’ordinaire une réaction brusque aussi...; l’année suivante, quelquefois même plusieurs annèes de suite, ce phénomène reste encore écarté de sa moyenne et ne reprend son niveau qu’après plusieurs oscillations, obeissant ainsi à une loi de compensation».
  19. In senso contrario al malthusianismo, veggasi l’opera del prof. Tullio Martello: L’economia politica antimalthusiana e il socialismo, Venezia 1894, la quale è ricca di osservazioni acute e di pensieri profondi.
  20. Il prof. R. Benini ha compiuto ottimi studi su queste gerarchie sociali.
  21. δημαγωγός viene da δήμος e da ἄγω.
  22. Eq. 62: ὁ δ´αὐτὸν ὡς ὁρᾷ μεμακκοηκότα, «come lo vede divenuto stupido». Vedi anche lo scoliaste. Del resto tutta la commedia rincara la dose.
         Il prof. Mosca si rammarica e si turba fortemente se non lo si cita quando si rammenta il fatto che nella società è sempre un piccolo numero che governa, e pare credere di aver lui scoperto ciò. Per contentarlo trascrivo qui i titoli delle sue opere, di cui conosco solo l’ultima: Teorica dei governi e governi parlamentari, 1884; Le costituzioni moderne, 1887; Elementi di scienza politica, 1896.
         Ma il principio che è la minoranza che governa è noto da gran tempo; ed è luogo comune che si trova non solo in opere scientifiche, ma perfino in produzioni esclusivamente letterarie. Ecco un esempio, scelto a caso; E. Fournier, L’esprit des autres, 1856, p. 83; a proposito del proverbio: «Les sots depuis Adam sont en majorité», aggiunge: «Hélas! et quoi qu’en dise l’axiome parlementaire, ce n’est pas la minorité qui gouverne». Balzac, Phys. du mariage, X: «Montesquieu, qui avait peut-étre deviné le régime constitutionnel, a dit, je ne sais où, que le bon sens dans les assemblées était toujours du côté de la minorité». E se si volesse, si potrebbe seguitare a recare altri esempi.
         In un’opera scientifica di molto valore, di H. Sumner Maine, sul Governo popolare, pubblicata nella Quarterly Review, dall’aprile 1883 all’aprile 1885, l’autore ricorda l’opinione dello Strauss che «la storia è sostanzialmente aristocratica», ed aggiunge che «il progredire dell’umanità ha avuto luogo sin qui in virtù del sorgere e del decadere di aristocrazie... si sono vedute pretese democrazie cooperare all’incivilimento, ma non erano che forme particolari di aristocrazie». Più lungi: «Gli ammiratori della democrazia moderna fanno una grandissima confusione. Essi confondono la credenza che il Demos è capace di avere una propria volontà, col fatto che è capace di seguire le opinioni di un uomo o di un ristretto numero d’uomini». In quel senso, tutta l’opera sarebbe da essere citata. Si potrebbero aggiungere opinioni simili del Renan.
         Anche il Tarde e altri molti autori sono di opinione che, come disse il Giusti:

    .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .
    Ma i meno, caro mio, tirano i più,
    Se i più trattiene inerzia o asinità.

    E per dire vero così sono generalmente trattenuti.
         Il Tarde ha scritto volumi per dimostrare che l’incivilimento è opera esclusiva di poche persone.

  23. Dante, Purg., VII, 121-122:

    Rade volto risurge per li ram
    L’umana probitate....

    Parad., XVI, 76-78:

    Udir come lo schiatte si disfanno
         Non ti parrà nuova cosa nè forte,
         Poscia che le cittadi termine hanno.

  24. Paul Jacoby, Etudes sur la sélection dans set rapports avec l’hérédité chez l’homme, Paris, 1881; Otto Ammon, Die Gesellschaftsordnung und ihre natürlichen Grundlagen; G. Vacher de Lapouge, Les sélections sociales.
  25. Cours, II, § 258. Systèmes, I, p. 314.
  26. H. Summer Maine, Ancient Law, London, 1861, capitolo III, paragona i sistemi di equità a Roma e in Inghilterra: «A Roma, come in Inghilterra, la giurisprudenza di equità mise capo, come sempre accade, a uno stato di diritto simile a quello che costituirà l’antico diritto quando l’equità aveva principiato a modificarlo. Viene sempre tempo in cui i principii morali che si sono accolti hanno dato tutte le conseguenze legittime, e allora il sistema fondato su di essi diventa altrettanto rigido e tanto poco capace di svilupparsi e tanto esposto a rimanere in dietro del progresso del costume che il codice più rigido di regole legali».
  27. Systèmes, I, p. 34.