Manuali Hoepli - Astronomia/La Terra e i suoi movimenti/La Terra è rotonda

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La Terra e i suoi movimenti - La Terra è rotonda

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La Terra e i suoi movimenti La Terra e i suoi movimenti - La Terra è molto grande


LA TERRA E I SUOI MOVIMENTI.


§ I. LA TERRA È ROTONDA.


5. Prima d’ogni altra cosa voi mi domanderete che cosa è questa Terra su cui esistono continenti e mari; ebbene, essa è un corpo che gli Astronomi chiamano pianeta, ossia a dirvelo subito, un corpo opaco, oscuro, di immensa mole, che gira intorno ad un altro assai più grande, da cui riceve luce e calore.

Ma colla parola corpo, pianeta, non si dice gran che, e ne sapremmo poco più di prima se non potessimo acquistare almeno l’idea della sua forma, della sua grandezza.

Ora, se noi potessimo staccarci dalla Terra e trasportarci lontan lontano, sì da poterne abbracciare collo sguardo tutto l’insieme, ci riescirebbe agevole il riconoscerne la forma; ma standovi sopra, piccini come siamo a confronto della sua estesa superficie, la cosa può parer quasi impossibile; eppure vi riesciremo.

6. Invero, dovunque noi ci rechiamo camminando per diporto, o viaggiando da una città all’altra, la nostra vista è sempre limitata: da colline se in paese montuoso, dove, se ne ascendiamo le vette, lo sguardo s’arresta sopra altri colli più alti, e si sprofonda nelle valli; se in paese piano, la vista è ancora circoscritta da alberi, da edifizj e talora anche da cime di montagne che si elevano dietro di essi, se quella pianura da qualche alto confina con vicine regioni montuose. E quivi, alla pianura, da qualunque parte volgiamo lo sguardo ci pare di trovarci al centro di un circolo il cui contorno, segnato da boscaglie, da siepi, da case o da colline sembra toccare in qualunque suo punto il firmamento; moviamoci pure in qualsivoglia direzione, quel circolo ci accompagna sempre, per così dire, e noi occupiamo continuamente il centro del paese che ci si estende allo intorno.

Non già in mezzo ai monti, e neppure al piano noi potremo dunque giudicare con fondamento della vera figura della superficie terrestre: ci sarà mestieri recarci in luogo dove questa si pari dinanzi a noi senza rilievi, senza accidenti di alberi, di edifizj o d’altro che ne disturbino la regolarità: alla riva del mare.

7. Eccovici dunque. Osserviamo quella nave che parte per un lungo viaggio. Essa è ancora a noi vicina (in A, fig. 1); noi la vediamo tutta in mezzo al mare che si estende al dì qua e dietro di essa; pure man mano che s’allontana, benché s’impicciolisca, è però
tutta visibile ancora; ma intanto va crescendo le spazio di mare che ce ne separa e diminuendo quello che è tra lei e la linea P Q che pare segni il confine tra il mare e il cielo.

Di lì e non molto la nave arriva in C, proprio su quella linea, cosicché la si vede ancor tutta dal livello delle acque fino alla punta degli alberi, nettamente disegnata sul fondo azzurro bigio del cielo: il mare è adesso tutto al di qua. Stiamo ora attenti a quel che sta per succedere. Ecco: la nave continuando il suo cammino sembra abbassarsi sotto la linea P Q così che poco a poco il suo scafo scompare, finchè in D non si vedono che le vele e l’alberatura; l’apparente immersione continua sempre: in Q sono appena discernibili le cime degli alberi, tutto il resto è sotto la linea P Q; finalmente di lì a poco anche la cima dell’alberatura scompare e della nave non resta più traccia.

Se noi fossimo stati nella nave avremmo veduto la torre M P scomparire poco a poco, cominciando le parti più basse a immergersi apparentemente nelle acque, poi quelle di mezzo e finalmente anche il comignolo.

Portiamo adesso la nostra attenzione su quella nave che arriva: ecco, ora accade il rovescio. Non si vedono ancora appena che le estremità degli alberi, poi questi sorgono completamente sopra la linea P Q; indi appare a poco a poco il corpo della nave; finalmente essa è tutta in vista e si avvicina a noi lasciandosi dietro sempre più largo tratto di mare.

8. Or come si spiega questo fatto singolare? Non crederemo già che la prima nave siasi realmente affondata nell’acqua, né che l’altra ne sia sorta, cosa impossibile; d’altronde quanto avvenne di esse accade di tutte le altre navi che partono e arrivano.

Riflettiamoci un po’. Quella linea P Q, dove pare che il mare finisca e lungo la quale esso, per così dire, tocca il cielo, di certo non limita la Terra, perché arrivate là, le navi non scompajono a un tratto, come corpo che giunto all’orlo di un piano ne cada; no, esse si occultano poco a poco scendendo gradatamente sotto quella linea, come a noi, che stavamo sulla spiaggia, la nave allontanantesi dalla riva parve per lo contrario andare in su quanto più s’accostava a quella linea.

Non avete mai, o lettore, veduto alcuno salire sopra un ponticello per scenderne dalla banda opposta? E se vi avete posto mente non parvi di trovare qualche analogia tra quello che notaste allora e quello che vedete adesso? Avrete osservato da vicino da ambo i lati quel ponticello, e la sua superficie vi si mostrò convessa, non è vero? Ebbene, anche la superficie del mare è una superficie convessa.

Ora dei due fatti a un tempo posso darvi la spiegazione, provandovi la giustezza del mio paragone, con una figura in cui vi rappresenterò il cammino della nave di profilo invece che di prospetto (fig. 2). È P M la torre appiè della quale eravamo poc’anzi, center‎ ed OABCD la superficie del mare lungo la strada percorsa dalla nave. Da P il nostro occhio vede tutto il mare da O sino a B, punto in cui la nostra visuale P Q è tangente a quella linea O B D; pertanto finchè una nave è in A o in B essa ci è visibile per intero, giacchè nulla fra essa e noi arresta la nostra vista. Ma al di là del punto B e sotto la linea B Q lo sguardo non arriva, dacchè tutto quanto si trova sulla linea B C D è nascosto al nostro occhio dall’altra porzione O A B; o in altre parole la porzione di mare che si estende dall’osservatore fino a B, gli nasconde la porzione che si estende al di là di B. Ora, la curva A B D della superficie del mare, non vi ricorda quella certamente più marcata del ponticello? Capirete dunque adesso perché quando la nave è arrivata in C non può vedersi tutta, e poiché le parti che ne rimangono ancora per poco visibili debbano essere le più alte: son le ultime a scendere sotto la visuale P Q.

9. Se poi ora saliremo in M, in cima alla torre (vedi la fig. 3), la nostra visuale sarà M q, mentre quella del luogo ove eravamo prima era P Q; osserveremo un altro fatto di cui farem profitto per la nostra presente ricerca. Dal piè della torre il punto B arresta lacenter‎visuale, e da quella posizione si cessa di vedere la nave quando quella è in H. Saliti in M la nostra visuale lambisce la superficie del mare in b, e di là si cessa di veder la nave quando è in h; si noti adesso che i luoghi b ed h sono molto più lontani dall’osservatore di quel che lo sieno B ed H.

Il campo visuale si va estendendo quanto più si sale; l’apparente vertice della curva della superficie liquida si allontana sempre più. Che cosa ne dedurremo? che quella curva è dolcissima, ossia di una debolissima convessità; ragione per cui sulla terra ferma e anche alla pianura, per pochi e lievi che sieno gli accidenti del suolo, ci riesce impossibile di constatarne la curvità; chè anzi, in un raggio dì 5 o 6 miglia e anche più, la superficie nel cui centro crediamo di trovarci ci sembra perfettamente piana.