Memorie inutili/Parte seconda/Capitolo XV

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Capitolo XV

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CAPITOLO XV

Facete nuove scoperte che avvalorano i miei giudizi

e mia piú faceta perseveranza in amicizia.

Ebbi ben tosto un nuovo forte motivo di risolvermi ad un allontanamento da quella attrice, e non l’ho fatto per le sopraddette ragioni e lusinghe.

L’appoggio maggiore della mia speranza di poter ridurre ad un sano pensare e operare quella giovine, era nel vederla modestissima e aliena da uno stimolo brutale de’ sensi. Giammai in cinqu’anni della mia amicizia e delle mie visite giornaliere domestiche, vidi nella Ricci il menomo tratto che dinotasse sfrenatezza, lascivia o libertinaggio. Paleso questa innegabile veritá per giustizia.

Il Sacchi capocomico, ch’io aveva stimolato a venir meco a visitarla per di lei sollievo e conforto, uomo ottuagenario, fu preso da un fuoco d’amore brutale per quella giovine mia comare, amore piú comico di lui.

Chi avrebbe immaginato che un uomo di ottant’anni, gottoso e con le gambe gonfie, che doveva avere il ghiaccio nelle midolle, fosse suscettibile d’un tal incendio? Fui innocente mezzano a questo ridicolo colpo di Cupido.

In alcune visite ch’io feci accidentalmente ad un’ora insolita alla comare, scopersi quella fiamma maravigliosa. Salendo io la scala vidi come un lampo il vecchio correre come poteva a celarsi da me.

Avendo veduta una tal fuga due e tre volte al mio arrivo, mi sorpresi, ma finsi cecitá ed ignoranza né feci parola, conoscendo di qual scena pericolosa sarebbe stato cagione il dir verbo in tal proposito alla giovine.

Diceva solo a me stesso: — Perché mai il Sacchi che tante [p. 323 modifica]volte viene, con me e senza me, liberamente a tener conversazione alla Ricci, cerca ora di fuggire e di nascondersi quand’io giungo?

A me incresceva soltanto quel nascondersi da me, l’imbroglio a cui si esponeva la giovine ciecamente per de’ falsi princípi di educazione, il disonore ch’ella faceva agli uffizi, a’ contrasti, alle testimonianze co’ quali l’aveva posta in ottima riputazione con tutti, e infine il di lei pretendermi visitatore quotidiano e l’essermi reso di lei accompagnatore pubblicamente al ridotto, a’ teatri, a’ casotti, per le vie, nella piazza, a’ pranzi, alle cene di compagnia, alle conversazioni, come un’amica incapace di disonorare se medesima ed un amico.

Non m’offendo che si rida della delicatezza del mio pensare e della mia sciocchissima buona fede per quella tal comica.

Scrivo diffusamente la ingenua storia di questa mia amicizia, perché non volli mai avere la fatica di narrarla a que’ molti che me la chiesero, e perch’ella m’ha cagionate delle solenni peripezie, che avrebbero alterato l’animo d’un uomo meno di me risibile e imperturbabile, ma che possono servire d’avvertimento a chiunque s’avvicina e addomestica troppo con una societá di comici e di comiche, per quanto egli sia benefico, disinteressato e sincero.

Fingendo ignoranza stava a vedere a che riusciva il garbuglio e il nascondersi da me del comico decrepito.

Finalmente trovai una mattina la comare, ch’era giunta poco prima a casa, che spiegava un taglio di forse trenta braccia di raso candido, incantata nel contemplarlo.

— Avete fatto delle spese — diss’io?

— Sí — rispose ella; — bramava di avere un abito di raso bianco, e sono stata a provvederlo.

— Voi vi lagnate sempre della scarsezza del vostro stipendio, e mi consolo però di vedervi in istato di accrescervi equipaggio e di appagare qualche vostra brama — diss’io con un modo amichevole.

— Fu con me il Sacchi questa mattina — rispose ella — a farmi piegieria ad un mercante che m’ha dato questo raso a [p. 324 modifica]credenza, e sono in accordo col Sacchi di rilasciargli tre zecchini il mese del mio onorario per pagarlo.

Ho detto che la Ricci non aveva la facoltá di dire delle bugie per delle veritá con franchezza. Un rossore improvviso nella sua faccia palesava il secreto. La vidi arrossire a questa riferta.

— Come! — diss’io con tutta flemma; — m’avete fatto un torto. Conosco per esperienza la vostra pontualitá. Vi ho servita io altre volte di consimili piegierie; qual bisogno avevate del Sacchi mallevadore? Voi non siete meco sincera.

Comparve una fiamma maggiore nel di lei volto. — Ebbene — diss’ella con del dispetto, — le dico la veritá. Quel vecchio è innamorato perdutamente di me e vuol donarmi quest’abito. Pretende da me ciò che non averá mai.

Scorsi allora la cagione de’ nascondigli del vecchio capocomico, e senza la menoma alterazione feci all’attrice il seguente discorso con tutta la dolcezza:

— Cara la mia comare — diss’io, — m’avvedo d’aver gettata sin ora ogn’opera mia con voi. De’ guasti principi di educazione e una sfrenata falsa ambizione tradiscono voi e tradiscono la mia buona amicizia.

Senza qualche, forse inconsiderata, lusinga donnesca, un vecchio d’ottant’anni non si accende al segno che mi riferite.

Vidi giá il Sacchi molte volte a nascondersi al mio arrivo e tacqui, e voi taceste quanto me questo secreto garbuglio. Averei dovuto sospendere le mie visite per sempre a una tal sporca scena, e non le sospesi; siatemi grata.

Qual bisogno ha il Sacchi di celarsi da me al mio giugnere nella vostra casa, in cui l’ho stimolato a venire, in cui l’ho condotto e in cui l’ho sempre veduto volontieri come vostro capocomico disponitore delle rendite della compagnia e per vostro vantaggio?

Voi m’avete fatto divenire un oggetto d’ostacolo, che deve essere naturalmente abborrito dal Sacchi. Io sono divenuto innocentemente un oggetto che sforza a nascondersi da me con dispetto un uomo che m’era amico per il corso di piú di vent’anni delle mie a lui utilissime beneficenze. Ecco l’opera [p. 325 modifica]vostra ed ecco la gratitudine con cui pagate la mia disinteressata amicizia e la pubblica dimostrazione della mia parzialitá per voi, che da me pretendete.

Mi sono esposto a combattere per sostenervi nella vostra professione, per risarcire il vostro onore dilapidato; ho tutto vinto. Voi avete tutto contaminato con una cieca ingordigia di possedere un abito nuovo di raso bianco con cui sperate di fare una bella comparsa. Quell’abito candido sará sulla vostra persona il piú macchiato, il piú sucido, il piú vergognoso di tutti gli altri abiti vostri, e abito d’infamia.

Voi non riflettete che il vecchio Sacchi, il quale ostenta la figura di capocomico, ha una moglie vipera, due uniche figlie, una delle quali non muta e comica nella stessa vostra compagnia; che tutte declamarono contro voi nel mestiere e nella riputazione del vostro costume; che tutte v’invidiano ed odiano cordialmente; che tutte stanno con gli occhi spalancati sulle direzioni di questo vecchio vizioso co’ piedi nella fossa, attendendo la di lui morte per beccarsi la sua ereditá.

Voi avete animo di passar sopravia a tutte queste prudenti e necessarie riflessioni, d’insidiare la borsa di questo vecchio, d’esporvi al ludibrio di cui le lubriche lingue de’ vostri compagni vi caricheranno, di rovesciare tutti i solidi onesti principi ne’ quali m’è riuscito di piantarvi, tutti i legittimi progressi a’ quali la mia amichevole direzione avrebbe proccurato di farvi giugnere, d’imbarazzar me, d’imbarazzare voi, per una lorda vanagloriosa venalitá. Vedrete quante amarezze vi costeranno quell’abito. Non vi lusingate di secretezze fra gli occhi d’Argo della malizia d’una comica compagnia. Parlo per voi e non per me.

V’ho sempre detto che mi avereste buon amico, visitatore e assistente sino a tanto che non vi foste abbandonata ad una pessima fama. Il mio allontanarmi da voi quietamente mi salva. Non posso assicurarvi che anche il mio allontanamento non sia per accrescere le dicerie e la libertá a fulmini maggiori sopra voi e in danno vostro. Porrò in salvezza me, senza tralasciar di difendervi e di sostenervi coll’opera mia nella vostra professione. [p. 326 modifica]

Conosco il vostro amor proprio e il vostro cervello. Voi mi farete nel vostro interno l’onore di credermi innamorato di voi e geloso del decrepito vostro amante con questo mio ragionamento. Guarite da questa muliebre stolidaggine. Vi amo, e sono soltanto geloso della vostra e della mia buona fama. Non sono vizioso né uno di quegli animali filosofi del secolo che dicono: — Si chiudano gli occhi e gli orecchi, si goda e si lasci godere.

È giusto però ch’io non m’erga legislatore, predicatore e pedante sulle vostre direzioni; ma è ben ingiusto che voi pretendiate che un amico e compare serva d’ombrello a’ vostri sozzi garbugli. Vi lascio nella intera libertá vostra di cui siete assoluta padrona.

A questo discorso, di ottimi sentimenti per una commedia ma troppo delicati per una comica, la Ricci guardando il terreno andava dicendo e replicando: — Non ho io fatta una bella cosa?

— Vi accorgerete quanto brutta ella sia stata — diss’io levandomi per partire.

— Signor compare — diss’ella trattenendomi con qualche lagrima, ch’io doveva credere piú di stizza che di pentimento, — le giuro ch’io non ho creduto di far nessun male. Getterei volontieri quel raso fuori dalla finestra. Maledetto questo mestiere teatrale! Abbiamo sempre d’intorno de’ diavoli che ci tormentano e ci tentano nella nostra debolezza. Quel vecchio m’ha sbalordita promettendomi argenterie, gioie, tavolette magnifiche, e m’ha alterato il cervello.

— Ebbene — diss’io, — non voglio essere d’ostacolo alle ricchezze che potete acquistare a costo della vostra infamia e de’ libelli che la accompagnano, ma non voglio servire io d’ombrello né essere amico domestico e compagno d’una femmina della vostra spezie.

— Sono prontissima alla restituzione del raso — soggiunse ella; — e poi si accerti che ho lasciato il Sacchi in dubbio di voler rilasciare tre zecchini il mese a pagamento. Quel vecchio insidiatore né ebbe né averá mai niente da me di ciò ch’egli [p. 327 modifica]tenta d’avere; le giuro ciò per quanto v’è di piú sacro. Mi consigli, la prego; vedrá che appuntino eseguirò il suo consiglio.

— Mi chiedete consiglio assai tardi in questo proposito — diss’io; — ogni consiglio non solo è vano, ma è dannoso nella vostra circostanza, ed eccovi le ragioni.

Il Sacchi, malizioso, vizioso, innamorato, d’indole bestiale, di giudizio corrotto, e comico, v’ha giudicata a quest’ora incapace della delicatezza di restituire o di pagare quel raso. Non crederá mai che queste due proposizioni naschino dall’animo vostro, ma giudicherá che sieno suggerite dal mio consiglio, perché conosce abbastanza il mio sistema di pensare. Si accerterá che voi m’abbiate informato della sua laida debolezza. Il rossore, la rabbia, il dispetto faranno del Sacchi un dimonio. Concepirá un intenso odio verso di me, e sforzato a tenerlo occulto per le beneficenze avute e sperate da me, sfogherá le sue animalesche vendette contro di voi. Vi commisero. Voi non conoscete la perfidia di quell’animo infernale, per natura vendicativo.

La vostra, benché tarda, rassegnazione merita compatimento. Io non posso consigliarvi che a quegli onesti doveri che vi devono esser noti. Vi avvederete che quell’abito, da voi creduto una fortuna, non è per voi che una sciagura.

Due giorni dopo questo ragionamento ella mi riferí con ilaritá d’aver detto al Sacchi di voler restituire il raso, quand’egli non le accordi di trattenersi tre zecchini il mese a pagamento, e d’avergli detto ciò con ferma costanza e risoluzione.

— Io non posso che lodare il passo che faceste — diss’io; — ma non mi negate la veritá: che rispos’egli a questa dichiarazione?

— Dirò il vero sinceramente — rispos’ella: — egli mi guardò bieco, indi s’è ingrognato e mi disse: — Vedo, vedo da qual parte viene il consiglio. Bene, bene. Ella pagherá l’abito.

— Povera comare! — diss’io; — apparecchiate l’anima a pagare il raso col denaro e con delle lagrime. Apprenderete quanto costi un trapasso a una vostra pari e l’insidiare de’ brutali viziosi con delle lusinghe per aver de’ regali. [p. 328 modifica]

Difatto ella divenne da quel punto il bersaglio delle saette del vecchio perverso. Dal di lui trono di capocomico scagliava alla Ricci continuate acerbe mortificazioni e grossolani rimproveri sulla professione, né aveva riguardo che fosse presente il di lei compare, benefico alla compagnia, di usare a quella povera giovane i piú villani tratti d’avvilimento. S’ella si trovava in iscena a far commedia con lui, valendosi della grazia ch’egli godeva del pubblico, non mancava di tratti buffoneschi facendo ridere gli spettatori alle di lei spalle per rovinarla.

Che piú? In uno stanzino del teatro una sera, dov’erano ben otto tra comici e comiche e v’era la Ricci e il compare, quell’animale diresse alla giovane non solo degli amari rimproveri, ma delle parole tronche in arcano in di lei disprezzo, le quali significavano d’averla giá avuta in possesso all’ultima confidenza. Vidi la Ricci impallidire e quasi svenire.

Era certo tra me che la Ricci non era discesa a tanta bassezza. Oltre a tutti gl’indizi che aveva per assicurarmi, il vigliacco esoso che osa di dire e cerca di far credere ciò, è abbastanza empio per inventare de’ falsi trionfi e delle calunnie.

Conobbi che quel vecchio, valente comico ma cattiva persona, tentava di screditare quella infelice nella mia opinione, onde mi allontanassi da lei e la abbandonassi alle di lui vendette ed a quei fini suggeriti da una brutalitá sensuale.

La prudenza mi suggeriva a risolvere il mio allontanamento, ma parvemi di usare una crudeltá non conciliabile coll’animo mio ad aderire al tentativo di quel mostro in quella circostanza. Anche alquanto di puntiglio e l’aver modo di farlo pentire ebbero parte nel tenermi fermo alla difesa di quella sconsigliata comare.

Trovai la Ricci il giorno successivo desolata e immersa nel pianto. Al mio comparire ella incominciò da’ giuramenti i piú efficaci per assicurarmi che giammai il vecchio aveva avuto da lei il menomo favore, ed a pregarmi piangendo ch’io non credessi alle falsitá di quel scellerato.

Mi posi a ridere. Cercai di calmarla, e mi contentai di rammemorarle le mie predizioni delle lagrime che le averebbe [p. 329 modifica]costato un passo falso, della cochetteria interessata e quel suo maledetto raso.

— Questa non è la congiuntura d’allontanarmi da voi — diss’io. — Quel vecchio offende voi ed offende me ad un punto, ad onta de’ benefici che ha ricevuti e riceve da me. Proccurerò di farlo moderato senza schiamazzi, ch’io non mi degno di fare, e senza solennitá. Il mio dubbio è che voi possiate darmi argomento di abbandonarvi per altri trapassi. Per questo, siate tranquilla, non vi abbandonerò.

Mi portai alla prima prova d’un’opera scenica che aveva donata alla compagnia, la qual prova non era che una lettura d’incontro delle parti distribuite con tutti gli attori e le attrici seduti in circolo.

Il Sacchi con viso burbero non desisteva di dare delle frecciate di acerbe parole alla Ricci alla presenza della comica assemblea, e mostrava di rimproverarla sugli amori che correvano tra lei e il comico Carlo Coralli, ch’era nel circolo.

Forse egli cercava, pensando nel suo astuto modo fangoso di destare in me della gelosia di quel comico, senza riflettere ch’io vedeva volontieri assistente e amico della Ricci quell’uomo, come oggetto povero che non poteva por la Ricci in un aspetto infame di mercenaria dissoluta. Io non era geloso che della mia riputazione, ma i comici non pensano con sottigliezza e delicatezza.

Dinotai qualche impazienza e qualche nausea sui modi tenuti dal vecchio contro una mia comare, senza degnarmi di profferire parola.

Conosceva che il maggior castigo per i comici è il ferirli nell’interesse, idolo loro, e però disposi di porre a freno quell’uomo bestia dalla parte dell’interesse, senza far romori.

Sospesi le mie visite dalla Ricci. La sera non fui ne’ stanzini del palco scenario, com’era solito, e la mattina susseguente non comparvi alla seconda prova dell’opera mia. Bisbiglio comico.

Ecco alcuni de’ comici da me a chiedermi se fossi in poca salute. — Sto perfettamente — diss’io. — Ma che vuol dire — chiesero essi — che non ci ha favoriti ieri mattina alla prova [p. 330 modifica]dell’opera sua, né iersera ne’ stanzini del teatro? — Ho degli affari, e la mia persona è superflua — rispos’io con serietá. Replicai le stesse parole con sostenutezza a tutte le loro interrogazioni. Partirono. La sera non fui ne’ stanzini, la mattina successiva non fui alla prova, né la sera ne’ stanzini. Il bisbiglio comico divenne tumulto. Alle richieste di me alla Ricci, ella protestava e giurava la veritá di non avermi veduto. Tumulto comico maggiore.

Io mi spassava pensando alla confusione di quelle genti ferite nel loro interesse, e attendeva dove andava a riuscire la faccenda.

L’altra mattina vidi comparire da me il comico Luigi Benedetti romano, nipote del Sacchi. Egli era affannato e molle da una pioggia dirotta che cadeva. Questi mi fece varie proteste sulla confusione del Sacchi e de’ compagni per la novitá della mia privazione e varie ricerche sulla causa, ch’egli si infingeva di non sapere, con viso afflitto.

Conosceva quell’uomo accorto e giudizioso. Tacqui i garbugli a me noti della debolezza del vecchio comico di lui zio, rispondendo le seguenti parole con una ilaritá sostenuta: — Il Sacchi non cura né la mia presenza né la mia assistenza. Io non sono né un poeta prezzolato né un uomo di stucco. Egli o non assiste alle prove o se assiste non fa che gridare, rimproverare e tanagliare senza proposito la Ricci in faccia a’ compagni e in faccia mia, né so il perché. La Ricci mi fu da lui raccomandata onde la facessi divenir utile alla sua compagnia. Ho aderito; ella è utile. La Ricci è mia comare, e le sono amico. Sarei io il primo a correggerla s’ella mancasse al suo dovere. Non pretendo d’ergermi in protettore di comiche, non voglio contendere col Sacchi né oppormi alle di lui massime; ma non voglio nemmeno soffrire de’ sgarbi. La prudenza mi suggerisce per miglior partito l’allontanarmi e dalla Ricci e da tutta la truppa comica. Dichiaro però ch’io non sarò mai nimico di nessuno e ch’io m’allontano soltanto per fuggire dalle inconvenienze e dalle increanze che non mi si devono, per godere della mia quiete e perché un divertimento che mi prendo e [p. 331 modifica]un bene ch’io cerco di fare non degenerino in amarezze e in disgusti dal canto mio.

A questo discorso il Benedetti fu veramente o comicamente mortificato. Confessando che il Sacchi suo zio era per natura torbido, inconsiderato e stravagante, proccurò di persuadermi che quell’uomo da molti giorni era frastornato da alcuni disordini relativi ad una sua figlia maritata, fuori della professione, a Castello; che ciò lo faceva tralunato, inquieto e piú strano del solito, e che non sapeva ciò che si facesse o dicesse. Discese a degli elogi comicamente abbondanti verso di me, protestando ch’io sarei la rovina della compagnia piena d’obblighi, col mio allontanamento, e infine cadde sulle preghiere le piú efficaci.

Sorrisi, promettendo che sarei quella sera ne’ stanzini del teatro, la mattina vegnente alla prova dell’opera mia, e che prenderei direzione a seconda degli eventi.

Mantenni la mia promessa. Trovai della contentezza e della calma e della creanza. La compagnia comica fece bene i suoi interessi per le opere mie e per le sue, sino al termine di quel carnovale. Nella quaresima passò alle sue piazze fuori di Venezia per sei mesi a fare il suo solito pellegrinaggio d’uccellatura. La Ricci non mancò di dimostrarmi della gratitudine e del dispiacere nel suo distacco, ed io rimasi in Venezia a fare alcuni riflessi sul di lei carattere pericoloso.