Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della città, e diocesi di Larino/Libro IV/Di Ururi, in altri tempi detto Aurole

Da Wikisource.
Libro IV
Capitolo I
Di Ururi, in altri tempi detto Aurole

../Del Clero Diocesano di Larino ../Di S. Martino in Pensili IncludiIntestazione 9 aprile 2009 75% Storia

Libro IV - Del Clero Diocesano di Larino Libro IV - Di S. Martino in Pensili


1. Verso la parte Orientale della Città di Larino, distante quattro miglia in circa s’incontra Ururi, in altri tempi appellato Aurole, da alcuni oggi corrottamente si dice Ruri, in latino Aurora, posto sopra un colle, che poi si stende in pianura, di un aria perfettissima, e tutta uguale, in strada, che conduce a Serracapriola, Terra cospicua di questa Diocesi, dalla quale è distante da circa otto miglia, e da S. Martino in Pensili, posto nella parte Settentrionale di Ururi da circa tre miglia.

   2. Fu egli abitato da’ Monaci di S. Benedetto per un Monastero, che vi avevano sotto il titolo di S, M. fondato da Sassone, Falcone, Alferio, e Jaquinto, e dalle pie Donne, chiamate Munda, Daga, e Rodelgrima, Abitatori di Larino, come nell’Istrumento di fondazione, che si riporta dal P. Abate Gattola nella Storia di Montecasino Sec. V. Cassinese, cioè tra l’anno 900. e 1000. al num.7. e ivi si enuncia ritrovarsi nel Registro di Pietro Diacono pag.211. terg. num.501.

   3. Quindi forsi s’introdussero ad abitarlo altri Laici ; come suole accadere, e spesso è accaduto, che alcune Terre hanno avuto la loro origine dalla costruzione di qualche Chiesa, o Monastero ; e di questi de’ Benedettini ne abbiamo molti esempj nel nostro Regno ; e fu detto Aurole, Borgo di Larino, come quello, che veniva posto ne’ suoi confini.

   4. Passò appresso in dominio di Roberto Normando Conte di Loritello, Signore di Larino, luogo distante da Ururi, tre miglia in circa, e che sta situato accosto di esso per Mezzo giorno: e ciò per le guerre tra Longobardi, e Normanni, a’ quali finalmente quelli dovettero cedere. Questo Principe Normanno ne fé ampia donazione alla Santa Chiesa della Vergine Madre di Dio di Larino fin dall’anno 1075. Una cum Monachis, & Laicìs, vineis, & terris, campis , & sylvis , cum montibus, & collibus, & vallibus, cumpratis, & pranitiebus fuis, pasculis, aquis currentibus, & stagnis, cum animalibus, & omnibus rebus Monasterii, come dal suo Diploma, trascritto dal Processo originale fabbricato in Regia Camera fin dall’anno 1549., che tiene il titolo: Atti dell’Università della Città di Larino con il Reverendissimo Vescovo di detta Città, sopra la liquidazione del Casale de Ruri, per l’entrate di detto Casale spettanti a detto Reverendissimo Vescovo : essendo Luogotenente Francesco Reverterio, Mastro d’Atti Gio: Paolo Crispo, fol.59. terg. e si legge anche disteso nel Processo tra l’Università di Ururi, e Monsignor Vescovo di Larino avanti al Delegato della Real Giuridizione del 1736. e in altri Processi in Regia Camera, e nel Sagro Real Consiglio, ed egli è del tenore, che siegue.

   5. In nomine Domini Nostri Jesu Christi millesimo septuagesimo quinto mensis Januarii, Duodecima Indictione. Ego Dominus Robertus de Civitate Larino declaro me habere unum Monasterium constructum in finibus praedicta Civitatis in loco, qui dicitur Aurole, cum Monacis, & Laicis, & vineis , & terris, campis, & sylvis, cum montibus, & collìbus, & vallibus, cum pratis, & pranitiebus fuis, pascuis, aquis currentibus, & stagnis, cum animalibus, & omnibus rebus praedicti Monasterii S. Maria in loco Aurale, quod concedo, & offero Larinen. Ecclesia Sancta Dei Genitricis, & Virginis Maria pro anima mea, Parentum meorum, & tradimus in manum Willelmi Pontificis, qui praest Ecclesie. Hunc vero nobis rettum videtur quod pro firma stabilitate intersit Falco judex, & idonei homines, qui subscripti sunt in hac concessione, quam firmamus praefato Pontifici, & ejus Successoribus ad habendum omne illud praedittum Divisio cujus rei haec est. Ex una parte via est antiqua, qua nominatur "Plancella, qua incipit a quodam rivo, qui decurrit de Toro, & qui vocatur Daulmus, & qui dividit terram S. Maria , & terram Alfeiri, & decurrit per meatum usque ad illud caput Plancelle, & memoratus Torus descendit in Radonam, & ipsa Radona decurrit, & cadit in Sapistrum, & meatus ipsius Sapistri descendit in Rivum, qui dicitur Muscunculus, qui descendit a Puzzali usque in ipsum Sapistrum, & ab ipso Puzzali ascendit per rivum, qui est inter S. Mariam, & S. Benedictum, & per meatum ascendit rite per montem usque ad Sapistrum, ubi se jungit in ipsum Vallonem. Istos praedictos fines sic perleguntur tam in longitudine, quam in latitudine : nec mihi Roberto, nec meis heredi bus, necnon uxori mee, neque cuicumque homini reservari partem requirendi de hac mea oblacione, sed quomodo superius diximus integrum damus totum illud territorium cum viis, & anditis fuis ad omnem suam utilitatem reparanda Larinensi Ecclesia, & ejus Rettoribus sine contradictione mea, vel meorum heredum, & fine cujusqunque requisitione Willelmi Episcopi decessione: Ideo terribiliter obtestamur, & conjuramus per trinam Maestatem, unamque Deitatem, quae est Pater, & Fìlius, & Spiritus Sanctus, & omnes Sanctos Angelos ejus, & Patriarchas, & Trophetas, Apostolos, & Martyres Dei, ut nullus in perpetuum fiet, qui honc nostram irritet oblacionem, atque subtrahat de donatione S. Maria Larinen. Ecclesia per nullum ingenium, quod si aliquis vivens in carne hoc perpetrare voluerit cum Juda traditore sit in eterna pena dapnandus, & atrocissimis flammis sit exurendus, & cum Datan, & Abiron pereat, a Corpore Domini Nostri JeSu Christi extorrens, ac insuper obligo me, ac meos heredes dare predicta Ecclesia mille libras aureas slatu Ecclesia permanente. Et hanc cartam Ego Azzo Notarius scripsi in

Civitate Larino, rogatus a Domino Roberto. 

   Ego Willelmus Episcopus affirmavi hoc ad honorem S. Maria Larinen.
           Episcopatus.
  Ego memoratus Robertus signum Crucis feci.
   Ego Falco Judex 
   Maraldus Trimarcus.

   6. Si appella questo Roberto Benefattore della S. Chiesa di Larino, Signore di Larino, fin dove, e assai più oltre si stendeva il dominio del suo Contado di Loritello. E dovendosi far parola di esso nel cap.8. di questo lib.4. quindi ci rimettiamo a quanto ivi se ne dirà intorno alla Persona, sua origine, e dominio.

   7. I confini, che si notano in detto Diploma, si osservano nella Carta Topografica di Ururi, e sta posta nel principio di questo Cap.I. mutati alcuni nomi, e disviate alcune strade, e rivi di acque dall’antichità di tanti Secoli, quanti se ne contano dall’undecimo sino al presente; in sostanza però convengono con quei, che si descrivono nel medesimo Diploma, e così pure nel riferito Istrumento di fondazione di questo Monastero, di cui si è fatta memoria di sopra al num.2.

   8. Si premettono nelle sottoscrizioni del Diploma i segni di Croce, e nel precedente lib.3. cap.3. num.11. si è parlato dell’origine di questo uso, e si soggiugne, come questo uso fu praticato a tempo de’ Longobardi, e poi appresso continuato, anche a tempo de’ Normanni, e noi l’abbiamo osservato in moltissimi Diplomi, e Istrumenti de’ Normanni, e se ne vede gran copia presso il P. Gattola Istor. Cassin. come pure presso Ughell. Ital. Sagr. in varie parti. Quanto alle maledizioni, e imprecazioni contro i Violatori di questo Diploma, veda nel cap.10. di questo lib.4. §.11. ed ivi si parla anche della sottoscrizione de’ Testimonj, che solevano pratticare ne’ Diplomi degl’Imperadori, Re , e Principi, come si osserva in altri simili, che si trascrivono nel decorso di queste nostre Memorie .

   9. Da detto tempo si è posseduto, e attualmente si possiede questo Casale di Ururi dal Vescovo di Larino. Se ne fa menzione nelle Bolle di Lucio III. e d’Innocenzo IV. confermatorie delle ragioni della S. Chiesa di Larino, che si trascrivono nel precedente lib.3. cap.5. Cosi si ritrova notato nel Cedolario de’ Baroni del Regno fin dal tempo di Guglielmo il Buono, che cominciò a regnare nell’anno 1188. come nel Catalogo de’ Baroni del Regno di detto tempo, che si legge in stampa presso Carlo Borello Vindex Neapolis. Nobilit. dell’edizióne di Napoli 1653. pag.154. ove tra’ Prelati Feudatarj si legge: Episcopus Larinensìs tenet Auroram, & Ilìcem, qua sunt Feuda.

   10. Che Ururi fusse di dominio del Vescovo di Larino con Vassallaggio, oltre a’ suddetti documenti, se ne fa anche menzione nella seguente Real Provisione : Scriptum est, per eumdem Dominum Regem eidem Jusitiario & c. Gravis quaerela Venerabilis Patris Domini Sabbe, Dei gratia Militenfis Episcopi Administratoris Majoris Ecclesia Larinensis, nec non Archipresbyteri, & Cleri ejusdem Ecclesia Larinensis coram nobis proposita continebat, quod hominibus Castri S. Martini eorum animalia immictentibus in vineas, & Defenfam Casalis Orerii, parola corrotta per Ururi, exponentium eorumdem, & coherentibus homines ipsi Casalis affidare Boves ipsorum in territorio dictì Castri Bajuli praedicti Casalis violentiis, ac coherctioni hujufmodi, & eorum, ac hominum dicti Casalis praejudiciis in bac parte se subjacere recusantes eaperunt quosdam boves bomìnum ipsorum Castri praeticti in vineis, & Defenfa praedictis, & territi ex comminationibus eorumdem, quod Casale praedictum depredari, ac comburere minabantur, nec de bobus ipsis taliter captis, ut dictum est, eis restitutio fieret absque fatisfactione aliena pro damnis in eisdem allatis Defensa, & vineis facienda miserunt ad Magistrum Thomasium de Guglielmo Vicarium Terrarum, Viri nobilis Goffridi de Milliafo, Domnum Matheum Cappellanum Episcopi memorati requirentes eum, quod super hiis partes tuas apponatur, nec non Casale praedictum comburi, aut destrui pateretur. Idem vero Presbyter ad eorum Vicario rediens literas obtentas ab ipso predicti Castri hominibus presentavit quando in hoc reverentia non servata in eum subito irruentes ipsum ab equo Rionis Gifonis mariti, Nepotis ejusdem Episcopi equitabat prostraverit insolenter ad terram, & rigide verberavit. Ita quod ex verberibus ipsis, vel occubuit, vel in proximo creditur moriturus, & his non contenti, pulsata campana congregati in unum hostili, ac armata, manu cum duabus Baneriis ad dictum processere Casale, & a tribus partibus dantes in illud insultum ceperunt, & distribuerunt ipsum, ac percusserunt principales de dicto Casali Balytis, Arcubis, lanceis, & diversis armis aliis eorumdem quedam tuguria, dicti Casalis igne cremantes, & equum occidentem eumdem super quo nomine provisionis remedio suppliciter implorato. Nofque hujusmodi adhorreamus excessus, & insolentias detestamur devotioni tue firmiter precipiendo mandamus , quatenus slatim super hiis cum omni studio, & diligentia veritate si vera continere querimoniam exponentium ipsorum inveneris contra ipsorum Commissores excessuum sic servatis juris finibus rigoresé procedere studeas, eos ad fatisfaciendum integre damna passa , prout expediens videris cohibendo quod attores suos pena teneat, caeteri similia temprare dediscant, & tibi super hoc rescribi non oporteat iterato. Datum Neap. die penult. Decembris 13. Inditionis Regnorum nostrorum anno primo.

   11. Questa Real provisione di commissìone si legge distesa nel Reggio Archivio della Zecca di Napoli propriamente nel Registro di Carlo II. d’Angiò, segnato 1308. lett.E. fol.148. Cosicche la spedizione fu fatta sotto nome del medesimo Carlo II. in d. Indizione festa, Regnorum nostrorum anno primo. In fatti in detto tempo principiò a regnare Carlo II. che fu l’anno 1284. in tempo, che morì Carlo I. suo Padre, propriamente nel mese di Gennaro nella Città di Foggia, e quando Carlo II., suo Figliuolo, si ritrovava prigione presso il Re Pietro d’Aragona, per la dolorosa battaglia navale, e sconfitta avuta da Rogerio di Lorìa Capitano dell’ Esercito del Re Pietro, non molto lontano da Napoli, ed allora appunto, quando amministrava il governo di questa Chiesa di Larino Sabba Vescovo di Mileto in luogo di Petrono, o Patrono, come altri dicono, suo Vescovo, come si è detto nel preced. lib.3. cap.7. n.14. e ritorna a parlarsene nell’altro seguente lib.5. ove della Serie de’ Vescovi Larinesi, e propriamente ove si fa parola della Vita di questo medesimo Vescovo.

   12. Lo stesso si legge nell’altra seguente Regia Spedizione, fatta a richiesta di Angelo Vescovo di Larino, contro le oppressioni delle Persone di Loritello per le occupazioni di alcuni Territori di questo Casale, come siegue : Scriptum est Justitiziario Capitanate Fideli suo & c. Pro parte Venerabilis Patris fratris Angeli Dei Gratia Episcopi Alarinensis Devoti Fidelis nostri, fuit Majestati nostre nuper devotius supplicatum, ut cum Praedecessores fui tenentur, & fossidentur, ipseque nunc pro Alarinensis ejus Ecclesia teneat, & possideat Casale Orerii cum hominibus, juribus, territoriis, & pertinentiis ejus omnibus, sìtum. in decreta, tlbi Provincia pertinens ad eum, & ipsius Ecclesiam memoratam, & Territorium quoddam, quod Olarum dicitur ad Casale ipsum pertinens pleno jure per Dominum, & homines Castri Loritelli Perfonas quidem laicales alienatum teneatur occupatum illicite, seu subtractum revocari illud ad jus, & proprietatem dicti Casalis, & ejusdem Ecclesiae benignius mandaremus. Nos autem Ecclesias, & personas Ecclesiasticas opportuni nostri favoris presidio prosequi disponentes, ipsius Episcopi supplicatione commissa Fidelitati tuae precipiendo mandamus, ut cum res sacra a communibus multo non differat, in eadem sic in hiis favoribus habenda censura, vocatis qui fuerint evocandi, de praemissis dilìgenter inquiras, & si dictum Territorium de eodem Casali, & Ecclesia alienatum inveneris, occupatum illicite, seu subtractum, ad jus, & proprietatem dicti Casali, & ejusdem Ecclesia summarie, & de plano, & absque strepitu, & figura judicii, juxta formam nostrae Curiae in revocationem alienationem Feudalium, observatam, studeas legittime revocarl. Est enim juris conveniens, & consentaneum aequitati, ut Ecclesiarum bona Divinis deducta servitiis, Feudalium quae principalibus deputantur obsequiis, favore, & privilegio potiantur, cavens attente quo ad ea, qua Curia nostra tenet, seu alicui per ejusdem Curiae decretum sunt concessa, nec ad ipsam Curiam rationabiliter devoluta, seu alicujus Officialis ipsi Curiae ad annuum censum locata, nostrisque forestis, aut solatiis deputata manus tuas praetextu praesentium aliquatenus non excedas. Datum Neapoli per Bartholomaeum de Capua die 13. Julii "Prime Inditionis.

   13. Si riconosce tutto ciò dall’altra seguente Regia Spedizione fatta ad istanza del medesimo Angelo Vescovo di Larino, per le violenze de’ Larinati in pregiudizio della communanza di acqua, ed erbe de’ Vassalli di Ururi, che godono nel Territorio di Larino, e parli colle seguenti formole. Scriptum est Justitiariis Capitanate, scilicet, & futuris Fidelibus fuis & c. VENERABILIS IN CHRISTO PATER FRATER ANGELUS Dei Grazia Episcopus Alarinensis Devotus Fidelis noster, Nobis nuper expofuit, quod cum homines Civitatis Alarini, & alii de Casale Orerii, quod est sue Alarinensis Ecclesie singula ipsorum Civitatis , & Casalis pascua per eos animalibus in Territoriis eorumdem Civitatis, & Casalis habere hinc inde communia, & libera consueverint ab antiquo, nullo pro ipsis pascuis, & aditu ad eamdem juris affidature pedagii, vel alio quolìbet altrinseco persolvendo, ac quod homines Casalis Orerii in quasi possessione libertatis, & immunitatis hujusmodi fuerit a tempore cujus memoria non existit. Hunc tamen Dominus dictae Terrae Alarini contra ejusdem antiquam libertatem, & immunitatem eorum pro pascuis sumendis per animalia hominum ejusdem Casalis in Terrìtoriis dictae Terrae Alarini a praedictis hominibus Casalis ejusdem unc. quatuor exìgere nituntur, & habere pascuis aliis de Territorio Casalis ipsius remanentibus, nihilominus liberis hominibus dictae Terrae in ejusdem Episcopi, ac sue Alarinensis Ecclesie, ac prefatorum hominum jam dicti Casalis injuriam, prejudicium, & Jacturam super quo nostre provisionis remedio devotius implorato fidelitati vestre tenore presentium & c. Quod quatenus si est ita, tam tu presens Justitiarie, quam Vos alii successive futuri dictos homines Casalis Orerii in quasi possessione libertatis, & immunitatis ejusdem manutenentes, nec permittatis eos in illa contra hujusmodi libertatem, & immunitatem eorum, ac contra consuetum, & debitum per Dominum, sive homines d. Terre Alarini molestari minus debite, vel turbar i, nec in hoc aliquam eis indebitam fieri novitatem. Audentes in contrarium per impositionem penarum, & exactionem si inciderint in easdem, aliave juris remedia efficaciter compulsuri, presentes autem literas post opportunam inspectionem earum restitui volumus presentanti ad singulos vestrun in antea vigorem similem obtenturas. Datum Neapoli per Bartholomaeum de Capua & c. die 15. Julii prime Inditionis.

   14. Non si dice in qual anno del Signore, o de’ Regni di Carlo II. siano state spedite le suddette due Provisioni, si ricava però tutto ciò, e si pone in chiaro dalla data dell’Indizione, come pure dal Vescovo, che governava la Chiesa di Larino in quel tempo, di nome Angelo. L’Indizione, che correva in quell’ anno, che furono spedite le suddette due Provisioni, era la prima, la quale deve computarsi, che ricorresse appunto nell’anno del Signore 1502. e de’ Regni di Carlo II. decim’ottavo , e avendo regnato Carlo II [lo zoppo]. anni venticinque, cioè dal 1284. come sopra, fino al 1309. quando mori a’ 5. di Maggio, tra questo tempo non ricorsero, che due prime Indizioni, cioè una, che ebbe il suo corso nell’anno 1287. e l’altra in detto anno 1302. ed è certo, che non può dirsi di esser state spedite a tempo della suddetta prima Indizione del 1287. perché allora si ritrovava Vescovo di Larino Patrono, e non Angelo , in luogo del quale, perché era sospeso dall’esercizio della giuridizione amministrava questa Chiesa Sabba Vescovo di Mileto, come apparisce dall’altra Regia Provisione di sopra trascritta .

   15. Deve dunque dirsi, che queste due ultime Provisioni fusseero state spedite a tempo, che correva questa seconda prima indizione, cioè nel detto anno 1302. quando appunto era Vescovo di Larino Angelo, ad istanza del quale furono rilasciate, una in data de’ 13. e l’altra de’ 15. Luglio, Indizione prima, registrate nell’Archivio della Regia Zecca, e amendue nel medesimo Registro 1303. lett.B. la prima fol.215. terg. e l’altra fol.216. Queste Regie Provisioni si leggono trascritte in forma pubblica nell’ Archivio Episcopale, come in molti processi, tanto in Sagro Consiglio, che ìn Regia Camera, specialmente in quello del Regio Fisco contro il Possessore di Ururi dell’anno 1705. Attuario Donato d’Ajello, e Scrivano Gennaro de Luca.

   16. Questo medesimo si dimostra con altra Regia Provisione spedita dal Serenissimo Roberto Re di Napoli, succeduto al Re Carlo II. suo Padre, e si legge registrata in Registro Regis Roberti signato 1317. lett. B. fol.68. Si vedono copie autentiche di essa in diversi processi nella Regia Camera, e specialmente in detto processo del 1705. con cui si dice, che il Re Roberto a petizione di Raone Vescovo di Larino scrivesse al Giustiziero di Capitanata, che essendo gli Uomini del Casale di Aurora Vassalli della Chiesa di Larino, li Predecessori nel detto officio di Giustizierato contro il tenore de’ Reali Paterni Capitoli avevano preteso attentare molte cose contro di essi, ordina perciò, che tanto esso, quanto li Giustiziarj futuri non gravino li Vassalli di detta Chiesa, e rivochino tutto l’attentato, con invigilare, che gli Uomini di detto Casale non siano turbati dagli Officiali di Baroni convicini, dovendo godere la prerogativa di una special difesa, ut fol.55. & 56. come siegue .

   17. Robertus & c. Justitiariis Capitanatae, praesentibus, & futuris Fidelibus fuis & c. Elisorium foret praesidenti edictum si quod praecedenter statnitur per repentinae novitatis dispendium non servatur, sane pro parte Venerabilis Patris Raonis Larinensis Episcopi devoti nostri fuit Majestati nostrae nuper expsitum, quod cum homines Casali: Aurorae de decreta vobis Provincia ipsius suae majoris Larinensis Ecclesia sint Vassalli, praedecessores vestri in ipso Justitiariatus Officio contra tenorem Regalis Paterni Capituli, plura ipsis hominibus, seu ipsorum aliquibus officia commiserunt devota per eundem Episcopum supplicatione subjuncta, & cum de praeteritis conjecturaliter dubitetur de futuris providere dictis Vassallis fuis super hoc de Regalis authoritatis praesidio dignaremur. Nos autem hujusmodi supplicationibus benignus inclinati provise pensantes, quod momentaneum foret, & absonum leges, feu statuta condere, & ipsa pro libitu mutabiliter non fervare, fidelitati vestrae tenore praesentium districte praecipimus, quatenus si veritas suffragatur assertis, tam tu praesens, quam vos alii Juditiarìi successive futuri jam dictos Vassallos praefatae majoris Larinensis Ecclesiae in commissionibus officiorum quorumlìbet contra, praefati Capituli mentem, & seriem aliquatenus non gravetis, quinimo tum praesens Justitiarie revocare in irritum studeas, si quid forte furtasse in contrarium tentavisti ; Nos enim si secus praesumptum extitit, aut in antea praefumi fieri contigerit, ex nunc irritum fore decernimus, & inane. Subjuncto praeterea per memoratum Episcopum, quod praefati homines dicti Casalis Aurora Vassalli, seu a circumpositae Regionis Baronibus, eorumque Officialibus per diverfas species turbationis infeste, & presertim depredationum injurias moleste tractantur, nostraque super hoc opportuna provisione petita, Vobis barum serie subjungendo praecipimus, quatenus attendentes Venerabilium Ecclesiarum Vassallos, & bona speciali nostra debere defensionis praerogativa gaudere, sic eisdem hominibus officiorum vestrorunt temporibus adversus indebitas molestationes quorumlibet injurias, & offensas, justis, ac opportunis vestris praesidiis curetis assistere unusquisque. Improbos talium insolentiarum refrenare, quod jam dìctae Ecclesiae Larinensis praefatae Vassalli, eorumque bona securitate debita gaudeant, & ulteriora similia depredationum, seu injuriarum dispendia non pavescant. Praesentes autem literas post convenientem inspectionem earum, restitui volumus praesentanti, efficaciter in atea valituras. Datum Neap. per Bart. de Capua Militen. & c. Anno Domini 1318. die 25 Aprilis primae Indit. Regn. Nostrorum anno nono.

   18. Quindi si rileva l’abbaglio, che prende il Summonte, il quale nella Storia del Regno di Napoli tom.2. lib.3. cap.3. pag.380. dice, che Bartolomeo di Capua Gran Protonotario del Regno morisse nell’anno 1316. quandocche in detto anno 1318. per mano di esso fu spedita la detta Regia Provisione ; oltre a ciò, abbiamo molti altri Capitoli del Re Roberto, e Istrumenti per mano del medesimo Gran Protonotario Bartolomeo di Capua dell’anno 1318. 1324. 1326. Il Summonte prende l’abbaglio dall’Iscrizione del suo Tumolo, che prima si leggeva nella Cattedrale di Napoli nella sua Cappella, ove era sepolto, e poi tolta, e così diceva :

Annis sub mille trecentis Bis, & octo, 
Quem capiat Deus, obiit bene Bartholomaeus

Volendo, che quel Bis, & Octo, debba intendersi semplicemente per due volte otto, che fanno sedici, e che così fusse egli morto nel 1316. senza avvertire, che nell’Iscrizione si legge Bis & Octo, non Bis octo, e Bis, & Octo sarebbero diciotto, e con ciò non farebbe morto nel 1316. ma nel 1318. Ma questo nemmeno sussiste, perché qui il Bis, secondo il modo scorretto di scrivere di que’ tempi, si prende per due volte dieci, e per conseguenza, bis, & octo, componendo il numero di ventotto, egli morì nel 1328. e in questa maniera lo spiega Andreys. disp.feud. cap.1.§.5. num.28. pag.34. Ut quem obiisse constat anno 1328. ex ejus Sepulcro in nostra aede Archiepiscopali. Fulvio Carac. allegaz. per la Città di Napoli, e altri con questa intelligenza si devono leggere. 

   19. Ururi fu sottoposto a molte sciagure di peste, di guerra, e di tremuo ti, e forsi più che Larino, come più esposto, per esser meno fortificato, e semplice suo Villaggio, e in tal forma, che nell’anno 1362. Giovanna I. Regina di Napoli, attesa la diminuzione de’ fuochi, diminuì anche i pesi de’ fiscali, che pagavano quegli Abitatori ; ciò però non ostante si conservò, ma poi finalmente fu forzato cedere alle medesime, e rimase totalmente disabitato, e supponiamo, che avvenisse a causa del gran tremuoto della notte de’ 5. Decembre all’ore 11. del 1456. quando come scrive S. Antonino nella sua Cronica part.3. tit.22. cap.14. §.3. e da noi se ne parla nel 3.lib. cap.1. num.21. Larinum usque ad fundamentum fuit protritum, mortuis ex eo mille tercentum, & tresdecim personis, e la stessa disgrazia ebbero a soffrire anche S. Giuliano , e Casacalenda , e se Larino, Casacalenda , e S. Giuliano ebbero un tale infortunio, possiamo ben conghietturare d’averlo dovuto soffrire anche Ururi, posto in quelle vicinanze, e benché S. Antonino non parli di Ururi, dice però, die questo tremuoto danneggiò in tutta la Puglia, Capitanata, negli Apruzzi, nelle Calabrie, in Napoli , per la Campagna, e altri luoghi, e il Santo nota solamente i luoghi più nominati, e non fa menzione di Ururi, o perché di picciola considerazione, o come Casale, e Villaggio della medesima: Città di Larino.

Introduzione degli Albanesi, ed Epiroti in Ururi

   20. Rimasto Ururi cosi disabitato, non molto dopo fu riabitato da Gente straniera. Ciò coll’occasione , che molte Famiglie dell’ Albania, e dell’ Epiro non soffrendo le barbarie del Turco, altre si ritirarono nello Stato Veneto, altre in Sicilia, e altre sparse per diverse parti del nostro Regno, oltre a qualche altra ricevuta dal Duca di Urbino, e fra quelle, che si ritirarono in Regno, moltissime furono accolte in questa Diocesi come in Campomarino, Portocannone, Chieuti, Santa Croce, Ururi, Sant’Elena, Colle di Lauro, in Larino, e in alcuni luci Casali formando in essi come tante Colonie , come nel decorso di queste nostre Memorie, e furono appellati, come si appellano Albanesi  Epiroti, detti in latino da i più Eruditi , Italo-Graeci ; nominati Itali dalla Regione, nella quale sono stati ricevuti, che è l’Italia, e Greci dal Rito, che in origine osservavano; siccome i nostri Italiani, commoranti in Costantinopoli vengono chiamati Italo-Graeci per la loro origine d’Italia da donde provengono, e Greci per la permanenza, che fanno in quella Capitale, Città Greca.

   21. Quando poi questi Albanesi, ed Epiroti si ritirarono in Italia, per saperlo, bisogna supporre, come l’Albania, e l’Epiro furono di dominio dell’Illustre Casa Castriota,e che per morte di Giorgio Castriota, detto Scanderbegh, che in lingua Turca vuoi dire Alessandro Signore, e quindi l’Alessandria s’appella anche Scanderìa , i Turchi s’impadronirono di questi Regni, lo che tentarono più volte, e mai poterono ottenere, specialmente a tempo, che viveva Giorgio Castriota, Principe di tal valore, che dava loro col solo nome terrore, per le molte sconfitte : ma poiché egli morì a’ 17. Gennaro 1466. nella Città di Lisse, mancando il proprio capo, furono obligati i fuoi Figli cedere alla forza e con ciò fu fatta strage di questi Popoli ; di maniera che, come scrive Paolo II. in una lettera a Filippo Duca di Borgogna, e si legge presso il Cardinal di Pavìa ep. 163. Abanenses partim caesi gladio sunt, partim in miseram servitutem abducti : Oppida, quae antehac pro nobis Turcharum substinuerunt impetus, in ditionem eorum venerunt, vicinae gentes, quae Adriaticum mare attingunt, propinquo metu exterritae tramunt, ubiq; maeror, ubiq; luctus, ubiq; mors, & captivitas ante oculos sunt. Audire miserum est, quanta omnium rerum sit conturbatio, lacrymabile inspicere navigia sugientium, ad italos portus appellere, familias quoque ergentes pulsas fedibus fuis passim sedere per littora, manusque in Caelum tendentes lamentationibus cuncta implere.

   22. Cosicche, come si legge nel Dizionario Geografico del Martiniere verb. Albania , dopoche i Turchi si fecero Padroni di questo Paese, molti de’ suoi Abitanti scelsero di ritirarsi a Cattaro, e in altri luoghi a de’ Veneziani, o nell’Isole vicine. I più nobili se ne andarono nel Regno di Napoli. I Figliuoli di Giorgio si ricoverarono in Napoli sotto il Re Ferdinando, e furono fatti Marchesi di S. Angelo, e di Tripatela. Ferdinando Castriota, Marchese di S. Angelo morì nella battaglia di Pavia

   23. Su di ciò stimiamo doversi avvertire, che laddove il Martiniere asserisce, che le suddette Famiglie s’introdussero in detti luoghi a tempo del Re Ferdinando d’Aragona, debba intendersi, che ciò avvenisse a tempo di Ferdinando I. il quale regnò dal 1458. fin’ all’anno 1494. quando essendo egli morto, gli fuccedé il Re Alfonso II. in questi Regni, e cosi resta corretto il Reggente Moles, il quale nelle sue Decisioni §.1. n.100. p.16. vuole, che s’introducessero questi Popoli in diverse Regioni del Regno, al tempo di Alfonso, e di Ferdinando I. Sunt in hoc Regno Villae aliquae ab exteris Regni, V.S. a Sclavonibus, Graecis, & Albanesibus incoluntur, quod a temporibus Regiones Regni Regis Alphonsi, & Ferdinandi Primi arbitror fuisse introductum, quia illis temporibus regiones illae Albania, & Dalmatiae a Turcis invasa fuerunt, & proinde facta fuit demigratio ipsorum, & nova Colonia in Regno institutae.

   24. Poiché al tempo del Re Alfonso I. il quale Regnò dal 1441. fin’ al 1458. non ancora i Turchi avevano occupato l’Albania, e l’Epiro, come poi avvenne per la morte di Giorgio Castriota Scanderbegh, la quale accadde li 17. Gennaro 1466. come si è detto di sopra, e in questo tempo governava Ferdinando I. da altri chiamato il Re Ferrante. Si conferma tutto ciò colla definizione, che fa di questa strage Paolo II. nella sua lettera, che scrive al Duca di Borgogna, come sopra, e Paolo II. fu Papa dal 1464. fin’ all’anno 1470. tempo, in cui mori il Principe Giorgio Castriota, e quando propriamente regnava Ferdinando I.

   25. Perché poi gl’Albanesi, Epiroti, chiamati anche Schiavoni s’introducessero, e fussero stati ricevuti in dette Reggioni, fu perché Giorgio Castriota, detto Scanderbegh loro Principe guerreggiò co’ suoi a favore de’ Veneziani, del Re di Napoli, e del Papa nelle guerre avute in diversi tempi, specialmente co’ Francesi, e contro il Turco, come si ricava dal Summonte nella Stor. del Regn. di Nap. tom.3. e quasi da per tutto il lib.5. particolarmente cap.2. dell’Edizione di Napoli presso Francesco Savio 1640. p. 247. e segg., ove si leggono due lettere, una del Principe di Taranto a Giorgio Castriota, e l’altra di Giorgio Castriota al Principe di Taranto, le quali per esser degne da osservarsi; e aversene memoria, stimiamo qui trascriverle.

Giovanni Antonio Principe di Taranto, a Giorgio Albanese
Salute »

   26. COnveniva a te, al quale la fortuna aveva illustrato nelle guerre, che gl’inimici della Cristiana Religione, che alcune volte avevi preso ad impugnare, avessi finito di opprimere, e proseguitoli fin’alla totale destruzione, e non averli alquanto irritati, e lasciato quel campo, esser passato in Italia a promover l’armi contro de’ Cristiani, che causa tiene contro di me ? Che cosa ho fatto io contro di te ? Che controversie fur mai tra di noi ? Hai spogliato i miei Territorj, e contro i miei sudditi ti sei crudelmente sfogato, e prima hai mosso la guerra, che proposto. Ti vanti d’essere un fortissimo Guerriero della Cristiana Religione, e niente di meno proseguisci quella gente, che con ogni ragione è cristianissima chiamata. Hai rivolto il ferro contro Francesi, de’ quali è il Regno di Sicilia ? Hai pensato forsi contro l’effeminati Turchi, o contro l’imbelli Greci prendere la pugna, de’ quali sei folito ferire le spalle, altri Uomini troverai qui, quantunque supportano il tuo fiero aspetto, nissuno però fuggirà il tuo viso, molto bene li sfiderà il nostro soldato, né avrà paura della faccia dell’Albanese il sangue Italico. Havemo già conosciuto la vostra generazione, come pecore, estimano gl’Albanesi, né è vergogna avere per inimici tal gente vile, né avresti impreso un tanto negozio, se avessi possuto dimorare in casa sua, hai fuggito l’impeto de’ Turchi, e non avendo possuto difendere la tua casa, hai pensato d’invadere l’altrui, ti sei ingannato, eccetto, se per casa ricerchi il tuo sepolcro. Addio.

Risposta di Giorgio Albanese al Principe di Taranto.

Giorgio Signore dell’Albania, 
a Giovanni Antonio Principe di Taranto
Salute.

   27. HAvendo io fatto tregua con l’inimico della mia Religione, non ho voluto, che il mio amico restasse fraudato del mio agiuto ; spesse volte Alfonfo suo Padre m’inviò agiuti, mentre io guerreggiava co’ Turchi, e perciò sarei stato molto ingrato, se al suo Figlio non avessi restituito l’istesso servizio. Ti ricordo, che quello fu tuo Re, perché non succede appresso di te questo suo Figlio ? Tu hai adorato il suo Padre, e ora cerchi discacciare il Figlio ? Da dove ti viene questa autorità ? Di chi è peso costituire i Re di Sicilia, tuo, o del Romano Pontefice? Io son venuto in agiuto di Ferrante figliuolo del Re dalla Sede Apostolica, son venuto avversarlo della tua infedeltà, e degl’innumerabili tradimenti delli Grandi di questo Regno, né andarete sempre impuniti da’ vostri spergiuri, questa è la causa della mia guerra con Te, non merito in questo men, che mentre fo la guerra con Turchi, né tu sei meno Turco di essi, imperocché sono alcuni , che rettamente ti giudicano non esser di setta alcuna ; Tu mi opponi i Francesi, e i nomi di coloro, i quali per la Religione oprorono grandissime guerre, non voglio disputar teco delle cose antiche, le quali forsi furono assai meno di quello, che la fama l’ha divulgate, questo è chiarissimo all’età nostra, che l’armate degl’Aragonesi hanno più volte discorso il mare Egeo, hanno saccheggiato i lidi de’ Turchi, hanno riportato la preda de’ nemici, e Troja dalle fauci degl’inimici fin’oggi con l’armi degi’Aragonesi è difesa, perché mi stai a ricordare le cose antiche, e lasci da parte le nuove?  Si mutano li costumi delle Famiglie, e l’aratori al Regno, e i Re agl’aratri ritornano ; ne ritrovaria nobiltà più antica delle virtù. Non mi puoi negare, che tu non sei stato alla Nazione Francese odiosissimo, imperocche essendo tu principalmente in agiuto del Re Alfonso, cacciò quello i Francesi di questo Regno, non so ora, che nuova virtù risplende in quelli ; è apparsa forsi qualche nuova stella, che tu ora vedi tra Francesi ? Disprezzi di più la gente nostra, e aguagli gl’Albanesi a pecore, e al costnme tuo raggioni con ingiurie di noi, né dimostri aver cognizione della nostra generazione. I nostri maggiori furono Epiroti, da’ quali uscì quel Pirro, l’empito del quale appena possettero sopportar i Romani, e quello, che Taranto, e molt’altri luoghi d’Italia occupò con l’arme, non ha da opponere agl’Epiroti huomini fortissimi i tuoi Tarantini, geno d’Uomini bagnati, e nati solo a pescare i pesci ; se vuoi dire, che l’Albania è parte della Macedonia, concedi, che assai più nobili sono stati i lor avi, i quali sotto Alessandro il magno fin’ all’India penetrarono, i quali prostorno tutte quelle genti con incredibile felicità, che se l’opposero. Da quelli hanno origine questi, che tu chiami pecore, e non è mutata la natura delle cose, perché fuggite voi uomini d’avanti alla faccia delle pecore? li dì passati gl’Albanesi han fatto esperienza, se i Pugliesi erano armenti, né io trovai alcuno, che avesse possuto mirare il mio volto, ho ben mirato, quanto sieno ben armate le spalle de’ tuoi Soldati ; ma non ho possuto mirar mai l’Elmi di quelli, nemmeno la faccia, eccetto che di quei solo, ch’ho preso carcerati : né io ricerco la tua Casa, badandomi di soverchio la mia: ma ben mi adopro, che tu, che spesse volte hai precipitato i pròceri tuoi vicini dalle lor possessioni, non cacciando il Re dalla tua, né ti venghi compito quelche con iniquissima mente hai persuaso d’invadere il Regno, nella quale fatiga, se forse cadendo, sarò sepolto, come mi vai augurando per la tua, riporterà tal premio l’anima mia dal Rettore del tutto , Dio, se non solo averò perfezzionata la mia intenzione : ma solamente averò premeditato, e tentato alcun fatto egregio : a Dio.

   28. Dove stabiliti gl’Albanesi, ed Epiroti formorono in questo Casale, quale in quel tempo si ritrovava totalmente disabitato una Colonia, come sopra. Dopo qualche tempo, cioè li 4. Marzo 1540. diedero supplica a Monsignor Mu- darra Vescovo di Larino, e per esso in una assenza al suo Vicario Generale Governatore dell’Episcopato, e di esso Casale, che si legge in detti Processi, e ciò per ottenere le seguenti grazie, che chiamano Capitolazioni.

Reverendissimo Signore

   29. LI Sindici, Eletti, ed homini de lo Casale d’Vruro fideli Vaxalli de S. M. Ces. & del Rmo Sig. Ferrando Mudarra Episcopo de la Città de Larino sapplicano ad V. S. Rma, come Generale Vicario del detto Signore Episcopo, & Governatore de detti bomini, & Casale , li piaccia per conservazione di detto Casale, & homini, concedere le suddette grazie, e & Capitoli ad talché rettamente possano vivere, como ad bono, & recto , ac justifico supra modo infrascripto V. S.
   Item se sùpplica ad V. S. Rma, che quando li detti bomini, & Vaxalli de Ururo sementassemo in li Territorj de detto Casale, & de V. S. R. siano tenuti rendere per ciascuna versura tumula tre de grano, & de orgio, zoè ala misura piccola.
   Item se sùpplica ad V. S. R. che quando li detti homini de Ururo sementassero in nelli Territorj alieni, & non de detto Casale, siano tenuti rendere per ciascuna versura tornala dui, e mezza, tanto se intende de grano, como de orgio, zoè de quello, che sementaranno, e portatolo intro lo Casale sumptibus propriis.
   Item se sùpplica ad V, S. R. che quando li predetti homini sementassero lino, fave, ceci, cicerchie, miccole, & omne altra ragione de legumi in nello Paese , & Territorio de Ururo abiano da arrendere onne dece una, zoè
decima simili modo se intenda in lo miglio.
    Item se supplica ad V. S. R. che quando li predetti seminassero in Territorj alieni, & non de detto Casale le predette sorte de legume, & miglio, siano tenuti respondere de onne de dudici una, tanto intro, quanto fuora.
   Item fé fupplica ad V. S. I{. che quanto è a la Decima de vino li supradetti homini siano tenuti render la. decima, de onne dece una. in nella tinella, quando se vennigna, & quando ad se la pigliasse, & detto vino si guastasse, o per Soldati se bivesse, o jusendo da li butti, li supradetti homini de detto Casale non siano tenuti pagare decima, altro che de quello fé retroterrà, onne dece una
, & non alias & c.
   Item se supplica ad V. S. R. che tutte quelle persone, che al presente incomenzarando a far vigne nove per sei anni non siano tenuti ad decime, incomenzando dal dì, che detta vigna se ponerrà, feu piantarrà.
   Item se supplica ad V. S. R. che quanto sono a la decima, de Crapitti, siano tenuti pagare tornisi tre per ciascuno Capritto, & pagarli ad Pasca.
   Item se supplica ad V. S. R. che quando è ala decima delli porcelli contati nel Mese de Augusto, subito li debia admover dali porci de ipsi preditti homini.
   Item se supplica ad V. S. R. che in nello Mese de Augusto se abbia ad rescotere lo tarì, zoè uno tarì per fuoco, quale se intende in quelle case , che intro sono homini, seu figlioli da quindici anni in su, & essendoci qualche Vìdua, & miserabile senza figlioli masco li, overo con figlioli piccioli de minore d’età de quindeci anni non siano tenuti ad detto tarì ;
solùm uno carlino.
   Item se supplica ad V. S. R. che al Camerlengo de detto Casale in quello anno che esercita detto officio, sia immune, & franco, & absente de tutte decime generalmente, & altro pertinente ad V. S. R.
   Item se supplica ad V. S. R. che in ciascun anno lo Camerlingo, Sindici, & Eletti de Regimento de detto Casale se abbia admovere in dì de S. Marino de Septemere , & quello di eligerse li altri atti al guberno, & Eletti, & Deputati per detto Casale, & homini de ipso.
   Item se supplica ad V. S. R. che quando alcun homo de detto Casale se volesse partire per andare ad habitare in altro loco, liberamente sé possa partire, & la Corte de V. S. R. non li possa dar molestia in detener ire ad ipso disabitante, ne tampoco molestarlo a la venditione de case, vigne , & altre robe sue liberamente fatta la refezion de alcune cose fusse debitore in detto Casale, & ad V. S. R.
   Item se fupplica ad V. S. R. che quando li predetti homini de detto Casale venessero ad questura, & che se jungessero ale mano, & che se dessero ad pugna, che abbiano tempo de accusare, & excusare tre dì, % la Corte non li possa levar pena, se non uno ducato quando procede a querela, & quando non, li possa levare carlini cinque.
   Item se supplica ad V. S. R. atteso che in detto Casale se fanno grandi danni dati, li supradetti homini danno, e concedono ad V. S. R. che ad querela li Officiali de V. S. R. possa procedere
ut infra ad levar pena, dummodo che prima sia satisfatta la parte de lo danno hoc modo: Per porco, tanto grande, como piccolo, se proceda per capo de fena gr.2. tanto de notte, comi de di. Et quando alcuni ponessero porci volontariè, & apposta, tanto in le ayere, come in grani, & nelle acchie, paga de pena                          d.   1. 2. 10.
    Item per ciascuna bestia grassa, bacca , bove,
    cavallo, jomenta, & somari paga per lo di.............           
gr.  5.
    Et per la notte .......................................................            gr.
10. 
    Et quando sé ponessero apposta, paga..................            d.
   1. 2. 10.
    Item per capra,& pecora ......................................            gr. 
1.
Item se supplica ad V. S. R. che li Officiali di detto Casale sia tenuto ogni septimana una volta venire a lo Casale a far la justizia, & quello vorrà il dovere per quiete de tutti.
   Item se supplica ad V. S. R. che in lo Mese de Augusto in quolibet anno promettono portare una salma de paglia per foco a Larino, zoè quelle persone, che pagano lo tarì siano tenuti portare detta paglia, la qual salma se intenda de tre sacchi buoni.
   Item se supplica ad V. S. R. che quanto sono li danni dati, che li Officiali procedano ad querela, li detti querelanti abbiano tempo quattro dì de scusarli, escusandoli, la Corte non li possa levar pena, ma passando li quattro dì, la Corte possa exequire tutto lo che se contenono in detti Capitoli.
   Item se supplica ad V. S. R. che non nce possa ponere Previto in detto Casale, senza volontà del detto Casale, & homini di esso.
   Item se supplica ad V. S. R. che quando alcuno Frustero venesse per habitare in detto Casale, che non possa esser receptato da niuna perfona de detto Casale senza licentia de la Corte, & chi contrafarrà paga de pena, & le possa levare de pena sc.
1. 2. 10.
   Item se supplica ad V. S. R. che quando alcuno de lo Casale, <& homini
de ipso se detenesse persone per li Officiali di V. S. R. in lo Episcopato, & in altro loco non siano tenuti de pagare personìa, seu fferratura.
   Item se supplica ad V. S. R. che tutte quelle robbe, zoè carne, pesce, vino, & altre cose , che se assenzano, non se possano vendere intro detto Casale, senza assenzarse per li Assenzaturi, paga de pena carlini cinque tarì 2.
   Et similmente chi vendesse de sopercbio de lo assenzare paga de pena carlini
5. tanto Frustero, quanto Cittadino.
   Item se supplica ad V. S. R. che quando se fa il banno, che non se pascula la defenza, & alcuno nce andasse ad poner le bacche, & altro bestiame, possa. lì Officiali di V. S. R. procedere ad querela deli Eletti, & Sindici de detto Casale
hoc modo levar de pena.

Per bove, bacca, cavallo, & jomenta ...........................     gr.    10.
Per porco ...................................................................     gr.    
10.
Et quando li ponesse apposta per bestia grossa ..........     tarì. 
10.
Per porco ...................................................................     gr.   
10.
Per capre in detta defensa per morra .........................     tarì. 
10.
Per accepta ................................................................    gr.   
10.

         Ali 4. del Mese di Marzo XIII. Indictionis 1540. furono presentati, acceptati, & stipulati, secondo lo Procuratore, seu agente de lo Episcopo in carta de Coyro tene li ditti Capitoli.               

   30. E ancorché da sì lungo tempo fussero stati ricevuti questi Epiroti, e Albanesi in Regno, e accolti benignamente in diversi luoghi di questa Diocesi; contuttociò avvezzi nella vita militare de’ loro Antenati, e come si legge nel Summonte lib.5.cap.2. non tralasciavano d’inquietare i Popoli, predare, e commettere delle scelleraggini ; quindi è, che per patto espresso convennero i Larinati col Barone del luogo, che si discacciassero da’ Cafali di S. Elena, e Colle di Lauro, e che non più si ricevessero, né si facessero nuovi Casali nel tenimento di essa Città, come si è detto nel preced. lib.3. cap.1. §.1. n. 5.7.11. e che perciò d’ordine della Regia Camera dell’anno 1549. non solo furono discacciati da Ururi, ma anche dato fuoco al medesimo Casale ; cosicche si rendè il medesimo nuovamente disabitato, come in una sentenza della medesima Regia Camera della sommaria , fatta sopra la liquidazione de’ frutti, e rendite di esso Casale a favore dell’Episcopato, che si riporta negl’atti di sopra accennati, nella quale si dice, che la Regia Camera suum interponit decretur, & auctoritatem suam pro ejus validatione, & firmitate, tanquam cedente in utilitatem dicti Reverendi Episcopi propter exabitationem dicti Casalis, factam de ordinatione Regia Curia pro beneficio totius Provincia Regia Dohana Menepecudum, & dicta Civitatis Larini.

   31. Il fatto fu, che renduti insoffribili per le insolenze, che commettevano, come sopra, la Città di Larino ne fe ricorso alla Regia Camera, per la loro espulsione da Ururi, offerendo con pubblico Istromento di rilevare l’Episcopato, e Chiesa di Larino da’ danni, che ne avrebbe patito colla sua disabitazione, e già cosi fu ordinato, e successivamente discacciati dal Casale, vi fu dato fuoco, e d’ordine della Regia Camera furono compilati detti atti sopra la liquidazione delle rendite avanti Aniello Scatola Officiale della Regia Camera in Larino, e in S. Severo li 11. 12. 13. e 16. Settembre 1549. coll’esame preso formiter di venticinque testimonj, cioè di Larino quattro, e sono: Nobilis Vincentius de Maxariis, Egregius Notarius, Joannes Antonìus de Catenellis, Magnificus Dominicus Antonius de Scimato, Nobìlis Paulus Antonius de Conacchiellis. Di Ururi dieci, e sono: Georgius Saracenus, Andreas de Conte, alias Glave, Andreas Vizarrus, Costa Giragunus, Petrus Plescie, Joannes de Palammo, Georgius Luce, Joannes de Antuono Frate, Lazarus fizarrus, Joannes de Colaglave . Di S. Severo tre, e sono : Honorabilis Sanctus del Buffo, Nobilis Desiderius de Lona , Nobilis Petrus de Ferrariis. Del Lorotello , uno, ed è : Honorabilis Leo de Jordano. Di S. Martino sette, e sono: Venerabilis Dopnus Petrus de Barruchis, serviens in Ecclesìa S. Mariae de Terra S. Martini, Venerabilis Dopnus Alfonsus serviens in Ecclesia S. Mariae de Terra S. Martini, Honorabilis Leo Ciceronus, Diaconus Diomedes de Ruffìs, Venerabilis Dopnus Palamides de Mattheo de Gentile, Honorabilis Magister Franciscus, Honorabilis Donatus de Janerio.

   32. In seguela di detto processo furono rilasciate due sentenze, una del 1549. e l’altra degl’11. Febraro 1550. riformatoria della prima, tanto a favore, che contro l’Università, e del Vescovo per la moderazione, e alterazione di alcune rispettive partite, e in sostanza l’Università fu condannata a corrispondere al Vescovo da allora in perpetuo nel tempo della loro raccolta le seguenti specie di robbe, secondo era solito esiggere la Mensa Vescovile a tenore delle Capitolazioni formate tra l’Università, e il Vescovo, delle quali si è parlato dì sopra, cioè Grano carri quindici, e mezzo, e il carro si computa a ragione di tomola trentasei, metà grano Romanella, e l’altra metà grano solito. Orzo carri tre, fave, tomola trentadue, cicerchie tomola tre, e mezzo, lino decine sedici, e mezza, vino salme sedici, paglia salme cento venticinque, a ragione di sonia una per ciascun fuoco, venendo in quel tempo tassato il numero de’ Fuochi di Ururi nel Regio Cedolario, numero centoventicinque. Focaggi per scudi venticinque a ragione di un tarì a fuoco. Per porcelli ducati dieci, oltre ad altre dichiarazioni, riservandosi in detta sentenza a favore della Regia Camera, contro del Vescovo, l’esazzionè dell’Adoa, sfecondo il solito.

   33. Poi, benché restasse disabitato il Feudo d’Ururi, e che in perpetuo fussero state date in affitto le sue rendite alla Communitàdi Larino, cessò con tutto ciò l’affitto, e Bellisario Balduino, Vescovo in quel tempo di Larino, nell’anno 1561. a’ 12. Decembre lo diede titulo locationis in emphiteusim, & censum perpetuum, seu annuam responsionem, al Magnifico Capitano Teodora Crescia Albanese per se, e suoi figli legittimi, e discendenti dal medesimo per linea diretta in perpetuum, juxta li suoi fini, e con sue Case, Uomini, Vassalli, rendite di Vassalli, Fide, Diffide, Bagliva, officio di Mastro d’atti, e con il Banco della Giustizia, cognizione delle cause civili, criminali, e miste, mero & c. & integro ejus statu, e di quel modo, e forma, e siccome li predecessori Vescovì di detta Chiesa avevano tenuto, e posseduto il Casale predetto, ed esso attualmente aveva, teneva, e possedeva per annuo censo di docati trecento da pagarsi per esso Teodoro, suoi Eredi, e Successori ad esso Reverendo fescovo nel Mese d’Agosto di qualsivoglia anno in perpetuum in feudum, & sub feudali servitio , & naturale, come dall’Istromento stipolato per mano di Giulio Scupo Notaro, e Cittadino della Corte di Roma, e si legge nel detto Processo, fabbricato ad istanza del Regio Fisco in Regia Camera, Attuario Donato d’Ajello, e Scrivano Gennaro de Luca, fin dall’ anno 1705. fol.29. e segg. Preso l’assenzo Apostolico, e Regio, fu intestato questo Feudo in persona del suddetto Capitan Teodoro Crisma, e nel Cedolario della Provincia di Capitanata dell’anno 1564. n.879. si nota Magnificus Capitanus Theodorus Crisma Albanensis tenetur, ut supra. Pro Feudo de Urure, pro quo prius taxabatur Reverendus Episcopus Alareni ducati octo.

   34. Ottennero però appresso gl’Albanesì, che si ritrovavano dispersi in varie parti, dal Regio Collaterale, licenza di tornare a riabbitarlo. In fatti accolti nuovamente dal Vescovo nel 1583. cominciorono a farvi corpo d’Università: di maniera che avendo un Commissario carcerato i Sindici, fu spedita commissione, che fussero scarcerati, e tratto tratto s’andorono ritirando in quello luogo tutti gl’Albanesi d’Ururi, e altri, che si ritrovavano dispersi, specialmente quei de’ Casali di Larino, e così fu nuovamente riabitato, e nella numerazione del 1595. Ururi restò liquidato per fuochi quarantacinque.

   35. A cagione delle rivoluzioni state in Regno nel 1647. che in questa Diocesi, e contorni portarono del gran sconvolgimento, restò nuovamente questo Casale disabitato, fuggendo, e ricoverandosi in varie parti li suoi Abitatori, e que’ pochi, che vi erano rimasti, nel 1654 lo lasciarono in abando no, come negl’atti del Sinodo celebrato da Monsignor Persio Caracci l’anno 1655. ne’ quali si legge: R. Archipresbyter Casalis Ururi: vacat, ob discessum Popoli de Mense Augusti praeteriti anni 1654, ideo nemo comparuit. In appresso col ritorno de’ medesimi, e altri, fu nuovamente abitato, come al presente si abita con mescolanza di’ pochi de’ nostri per matrimoni contratti, o perché altri abbiano voluto condursi ad abitarvi, di maniera che formano un Casale con competente numero di fuochi.

   36. Quanto però all’affitto delle rendite di quello Casale, fatto in persona del suddetto Capitan Teodoro Crisma Albanese per l’annuo cenzo di ducati 300. a favore del Vescovo di Larino, e sua Mensa, come sopra , egli cessò subito, e il Vescovo l’ha posseduto, come attualmente lo possiede liberamente con tutte le sue giurisdizioni, come appresso, e per esso ne va tassato ne’ Regj Cedolarj in annui ducati undici, e grana quindici, cresciuto tal pagamento alla Regia Corte tratto tratto, poiché nel Cedolario del 148. si vede tassato in ducato uno, e tarì quattro, in quello del 1500. in annui ducati otto, e in appresso fin’ al presente in annui ducati undici, e grana quindici, e si è andato crescendo forsi a misura delle Giurifdizioni, che si è considerato dalla Regia Corte, che il Vescovo vi aveva ; e rispetto a i fuochi, nella numerazione del 1595. fu liquidato per fuochi quarantacinque, come sopra, e in quella del 1669. che si legge nella Descrizione del Regno, stampata nel 1671. sta scritto: Deruri (per Ururi ) vecchio, aver fuochi settantanove, e nuovo, quarantasei, cresciuto appresso in maggior numero , come si trova al presente.

Fabbriche Civili, ed Ecclesiastiche d’Ururi

   37. Venendo ora a parlare delle fabbriche Civili di questo Casale, quale al presente si chiama Terra di Ururi, e principiando dalle Civili. Egli è tutto murato all’intorno di fabbriche antichissime, e sembrano del medesimo secolo XI. con due porte, una all’incontro dell’altra, e sopra di esse si vedono collocate le armi de’ Vescovi, cioè sopra di quella, che conduce a Larino, le armi di Monsignor Persio Caracci, e sopra l’altra, che conduce a Serracapriola, disperse le antiche al presente vi sono le nostre. Le fabbriche de’ particolari non sono dispreggevoli, e vi si vedono delle commode assai, e ben formate ; e attesa l’angustia del sito, che viene circondato dalle muraglie di questa Terra, altre case si sono fabbricate fuori di esso, e intorno alla medesima per anche commode.

   38. Il Palazzo Baronale, che sta a fianco della suddetta porta, che conduce a Serracapriola con suo portone coll’uscita per fuori le mura della Terra, merita esser considerato. Egli è antichissino, ma poi abbattuto, fu di nuovo principiato dalla b. m. di Mosignor Pianetti fin all’altezza di dodici palmi, e finalmente è stato da noi terminto con tutto il commodo per l’abitazione de’ Vescovi, e della sua Famiglia. 

   39. Quanto all’Ecclesiastiche non vi è vestigio, né si ha memoria del sito, ove fusse fabbricato l’antico Monistero de’ Padri di S. Benedetto sotto il titolo di S. Maria in Aurola, oggi Ururi, come sopra ; la Chiesa Arcipretale però, che è l’unica dentro dell’abitato, ritiene il medesimo titolo di S. Maria, la di cui festa è stata sempre solennizzata come si solennizza li 2. Luglio ogni anno, che è quella della Visitazione della Beatissima Vergine, o sia della Beatissima Vergine delle Grazie, come ivi si appella. Ella sta posta quasi in mezzo, ed è di nuova struttura fabbricata sopra l’antico sito, e principiata a tempo della bo. me. del lodato Monsignor Pianetti, il quale de’ frutti della sua Mensa nel suo testamento fe un legato di ducati quattrocento a suo favore, e con questo, e altro denaro pubblico è stata terminata a nostro tempo. Ella è formata ad una nave di ordine Toscano, ma ben capace a riguardo della Popolazione. Oltre all’Altare Maggiore tiene fuori del Presbiterio altri Altari, e sono, uno sotto il titolo della B. V. del Carmine, e l’altro sotto il titolo del Santissimo Rosario, e tutti sono terminati di tutto punto di marmo fino con suoi commessi, e lavorati dal diligente Scultore Napolitano Lorenzo Troccoli, e ne’ piedistalli dell’Altare Maggiore vi sono le armi gentilizie del Vescovo, e finalmente consa grata, fu ordinata una lapide colla seguente Iscrizione.

D.   O.   M.
TEMPLUM HOC
FUNDITUS CONSTRUCTUM
MARMOREIS HISCE TRIBUS 
ALTARIBUS ORNATUM
QUORUM PRINCEPS
B. M. V. GRATIARUM
CAETERA
EIDEM DE M. CARMELO 
ET SANCTISSIMI ROSARII 
JO: ANDREAS TRIA
EPISCOPUS LARINENSIS
SUA DITATUM SUPPELLECTILI
DIE X. M. SEPT. MDCCXXX.
SOLEMNI POMPA, ET RlTU 
DICAVI T. 

   40. Né vi manca il Coro, che sta situato dietro l’Altar Maggiore ben capace di venti Ecclesiastici ; da un lato tiene la porta, che introduce per il Campanile, antico, e ben formato, e per l’altro lato altra porta, che introduce in una comoda Sagrestìa, che sta ben guarnita con banconi, e provista competentemente di Sagri Arredi, e sotto il Campanile il Cimiterio, formato a tenore delle lodevoli Costituzioni di quella Provincia Ecclesiastica di Benevento.

   41. Si venerano in questa Chiesa le seguenti Sagre Reliquie da noi donate con suoi Reliquiarj, e sono : Ex 0ssibus S. Pardi Episc. & Confess. Patroni princip. Civitatis, & Dioecesis, cujus S. Corpus veneratar in eadem Cathedrali. Ex Ossibus S. Viti M. Ex Ossibus S. Tasqualis Baylon. Ex Cineribus S. Francisci de Paula. Ex Cordone S. Felìcis a Cantalicio.

   42. La Chiesa si mantiene colla sua porzione delle Decime, e altre rendite, e in fussidio la Comunità contribuisce, e questa è tenuta anche soddisfare la Procurazione, e altro, che occorre in occasione della S. Visita, che fa il Vescovo ogni anno, come le altre Comunità, e Chiese Arcipretali degli Albanesi.

   43. Oltre al proprio Arciprete, viene la medesima servita da due altri Sacerdoti del Paese, e scarseggia di Ecclesiastici per mancanza di rendite Ecclesiastiche.

   44. Fuori l’abitato sono due altre Chiese. Una pochi passi lontana dall’abitato, sotto il titolo della Santissima Trinità, e questa è stata rifatta ultimamente da’ fondamenti, similmente ad una nave con due altri Altari, oltre all’Altare Maggiore, con suo Campanile, e altra Casetta attaccata per comodo di un Romito, a spese di una pia Donna, amministrata dal suddetto Dottor Tommaso Frate. Uno de1 suddetti Altari laterali sta eretto sotto il titolo di S. Pasquale Baylon, a spese della pia Donna Domenica Musacchio, moglie del Dott. Tommaso Frate, e l’altro sotto il titolo della Beatissima Vergine Incoronata, fatto a spese di Francesco Frate

   45. L’altra Chiesa è sotto il titolo di S. Christina, chiamata volgarmente la Chiesa di S. Venere , lontana dall’abitato da circa duecento passi. Questa è Chiesa antica, e viene servita da un Romito, provista del suo bifsognevole per quanto comporta la qualità del luogo, e si celebra la sua festa li 30. Aprile ogni anno, Vigilia de’ SS. Apostoli Filippo, e Giacomo, e di questa Chiesa di S. Venere V. appresso cap.4. ove di Campomarino.

Chiese dìstrutte, che sono nel Tenimento dì Ururi.

   46. Nel confine di questo Territorio di Ururi verso S.Martino, altra Terra della medesima Diocesi, vi furono due Chiese, una sotto il titolo di S. Maria, e l’altra sotto il titolo di S. Benedetto, e se ne fa menzione nel Diploma della Concessione di Ururi alla Chiesa di Larino, fatta dal Conte Roberto, là dove parlando de’ confini de’ Territorj di Ururi, propriamente de’ tre Pozzali, dice, che sta ìnter S. Mariam, & S. Benedictum, come nella Carta Topografica di questo luogo. Della Chiesa di S. Maria, non abbiamo altra memoria, che alcune quasi insensibili vestigia delle sue fabbriche. Quanto alla Chiesa di S. Benedetto; Questa prima della concessione di Ururi era distrutta, e prima di essa, fu riedificata con suo Monistero de’ PP. Benedettini, dedicata a S. Benedetto, nel luogo chiamato al presente S. Venditto, parola corrotta per S. Benedetto, daCostantino Preposto del Monistero de’ Monaci Cassinesi di Larino, Monasterium, quod hactenus intra Civitatem fuerat, esse constituit, ibique religiose cum Monachis vivere coepit, conforme col l’autorità di Leone Ostiense lib.2. cap.5. se ne parla nel seg. lib.5. ove della serie de’ Vescovi Larinesi, propriamente nella vita di Azzone ; cosicché il Monastero de’ Benedettini, che prima era intra Civitatem Larini fu qui trasferito da Costantino Preposto, dove egli visse una cum Monachis, come sopra ; non si fa però, dove fusse situato intra Civitatem Larìni, questo Monistero, che poi fu trasferito ne’ confini del Territorio di Larino.

   47. Sembra, che questo Monistero, colla sua Chiesa posto in finibus Larinensium, sia lo stesso, di cui si parla in un Istrumento di donazione della Chiesa di S. Gio: e Paolo, e di S. Clemente, posta in luogo detto la Croce, fatta a quello medesimo Monistero, da Domenico Prete, e Monaco, figlio del quondam Giuliano, abitatore in Larino, in cui si asserisce, che sia costrutto in finibus Larinensium, loca, latino barbaro di quel tempo, ubi dicitur Pectenari.

   48. Poiché non può dubitarsi dell’esistenza di questo Monistero, benché al presente appena se ne veda vestigio di fabbrica, avendosene molti documenti, de’ quali appresso : e non abbiamo né fama, né vestigio di altro Monistero, o Chiesa dedicata a S. Benedetto, che fusse nel confine del Territorio Larinate nel luogo detto Pettinari, se non questo, di cui si parla, ritrovandosi egli appunto nel confine, che in que tempi era di questo Territorio di Larino, al presente di Ururi, costruito appresso questo Casale colla fondazione di altro Moniftero, dedicato a S. Maria del medesimo Ordine di S.Benedetto nel luogo detto Aurola, oggi Ururi, dismessasi dalla voracità del tempo l’appellazione di Pettinari. 

   49. L’Istrumento della donazione della suddetta Chiesa di S. Gio: e Paolo, e di S. Clemente si legge nel Registro di Pietro Diacono pag.138. num.316. e si riporta dal P. Gattula nella Storia del Monistero di Monte Casino Secolo V. pag. 131.col.1. steso con latino di quel Secolo, e fiegue. In nomine Domini anno quadragesimo principatus Domni Landulfi gloriosi Principis, & sexto decimo principatus Domni Landolfi filii ejus mense September decima Indiccione, Ideoque ego Dominico Presbyter, & Monachus filius quonda Juliani, qui fuit Presbyter, qui sunt commorantes in Cibitate Larino clarefacio quod babeo rebus proximo abitate Larino loco ubi dicitur ab ipsa Cruce, quod sunt vineae cum ficu & alia poma, & terra vacua, & infra eadem rebus habeo una Ecclesi a, quae est edificata ad honorem SS. Johannis, & Pauli, & S. Clementis pertinentem mihi per monimin. quod apud me firmatam remanea a pars Adelperti filius quond. Jan. frend. & ab Andrea filio quond. Gregorii . Nunc autem congruum est mihi offer est illud pro anima mea in ipso Monasterio vocabulo S. Benedicti que constructum est in finibus Larinensuum loca ubi dicìtur Pectenari qua propterea ego qui supra Dominico Presbyter, & Monachus ideo dum hoc congruum est mihi bona etenim mea voluntate, & per firmam stabilitatem interessent Joanne Judice aliique boni hominibus quam & una conturbo Advocatorem meum per hoc quoque videlicet scriptum juxta legem offero, atque trado pro anima mea in predicto Monasterio integra ipsa jamdic. rebus cum ipsa Ecclesia vocabulum S. Johanni & Pauli & S. Clementi quod superius dixi sicut mihi pertinet persupradic. monimin. mea & sicut pertinuit per ipsa monimina Adelperti, & sicut pertinuit predicto Adree per ìpsa sua monimina sìc offerimus illud ut continent monimina que habuit Marcus cum primo filio, & Nepotibus una cum scripcionibus unde nec mihi nec ulli homini nullam exinde reservari porcionem requirendi set ut continent scripciones in integro traditmus & offerimus illud in predicto Monasterio ad habendum & possidendum & c. pro quibus hunc scriptum offercionis scripsi ego Johannes Notarius & ibi fui in Cibitate Larino feliciter.

Ego qui supra Johannes Judice.
Ego Bassallo.
Ego qui supra Dominico Presbyter & Monachus. 

   50. Con ciò si ha giusto fondamento da supporre, che la suddetta Chiesa dì S. Gio: e Paolo, e di S. Clemente fusse ereditaria del suddetto Domenico Prete, e Monaco, figjio dell’accennato Giuliano, stato parimente Prete,e non può dubitarsi, che in quel secolo potevano i Monaci disporre di questi beni ereditari a differenza degli acquisti, che facevano nello stato Monacale. Tomasin. di sopra cit. tom.3. lib.2.cap.43.num.2. e segg. ove dice, che in que’ Secoli, sicut pote- rant ( parla de’ Monaci ) succedere parentibus, & cognatis, ita & de eorum bonis poterant disponere.

   51. Chi poi sia stato il Fondatore di questo Monistero in Pettinari, e che egli sia stato uno de’ rinomati per il fatto, che sìegue, lo abbiamo da Pietro Diacono de Ortu, & Vita Juflorum Cassinenfium al cap.32. e si riporta dallo stesso P. Gattola Sec.V. Cassinese pag.105.n.4.ivi : Constantius in Casìno Presbyter fuit vir egregius, omnique morum probitate ornatus. Hìc igitur dum Aligerni Abbatis temporibus ad Monasterium S.Benedicti construendum in loco, qui Pectinarius dicitur, transmissus fuisset, & aquam in eodem loco non haberet, ad. Apostolorum Principis limina tertio discalciatus perrexit, ibique aeterni Regis clementiam rogare adtentius caepit, ut qui aquam in deserto ex petra produxerat, per Apostolorum Principis, ac Benedicti Patris Sanctissimi interventum, aquam in loco arenti largire dìgnaretur ; hoc dum tertio egisset, B. Petrus Apostolus abparens dixit ad eum : Petitiones tuas exaudivit Dominus, desideria cordis tui ante ejus divinitatis Sacrarium admissa sunt, nunc igitur surge, & tali in loco terram fodere incipe, ibi aquam indeficientem invenies : Surgens autem vir Domini Constantius ad locum, quem ei Apostolus demonstraverat, pergit, quo dum fodisset, aquam indeficientem invenit, quae incolis pottum praestat usque in diem praesentem. Postquam vero S. Constantius e mundo recessit, quidam vir ditissimus e Dalmatia in medio Adriatici maris naufragium sustinens, Servum Dei Constantium ad suum indesinenter vocabat suffragium, dicens : Sancte Constanti, si vera sunt quae de te audivimus, in praesenti rogamus, ut nobis subvenias, quatenus erepti de praesenti articulo, te patrem, te tutorem , te dominum habere gaudeam. Haec dum assidue diceret, tranquillitas facta est magna, & ad portum veniens, viri Dei Sepulchrum cum muneribus adiit laudans, & benedicens Deum.

   52. Sicché questo Costanzo, che da’ Monaci Cassinesi si venera per Santo, d’ordine di Aligerno, il quale fu eletto Abate di Monte Casino l’anno 949. trasferì il Monistero, che prima era nella Città di Larino, in questo luogo di Pettinari, e quivi fondò quest’altro, dove egli visse una cum Monachis, e mancandovi l’acqua l’impetrò dal Signore con iscavarvi un pozzo ; e duravano quelle acque anche a’ tempi di Pietro Diacono, che scrive leggendosi; quae Incolis potum praestant usque in diem praesentem : ma ora è totalmente seccato, e vi sono rimaste le vestigia del Pozzo.

   53. Successivamente questo Monistero de’ Pettinari, che veniva posto in finibus del Territorio di Larino, e al presente sta in confine del Territorio di Ururi, coll’altro Monistero parimente de’ Cassinesi di S. Maria di Casal piano, posto nel Territorio della Città di Morrone, così in quel tempo appellata, luogo della medesima Diocesi, fu applicato per Vestiario de’ Monaci Cassinesi, del che fa testimonianza il medesimo Pietro Diacono nell’aggiunta a Leone Ortiense lib.4. al c.76. Eo etiam tempore Gyrardus Abbas noster concessit in Vestiarium Fratrum, EcclesiamS. Maria de Casali Plano, & Monasterium S. Benedicti in Pecti nari. Quale Girardo governò d’Abate Cassinese a XVI. Cal. Novembris anno 1111. ad XVI. Cal. Februarii 1123. Gattola loc. cit. propriamente nel principio del Secolo VII. de’ Benedettini pag.131. e poi dismembrato l’uno, e l’altro da Monte Casino, fu secolarizato, e ridotto in Abazia sotto il titolo di S. Maria di Casalpiano di Morrone, al presente si possiede da Monsignor Puoti Vescovo di Marsico.

   54. Ella è di rendita considerabile per i diversi beni, che possiede in diversi luoghi, come in parlarsi di essa in questo lib.4.cap.16. ove della detta Città, oggi Terra di Morrone ; su di che stimiamo notarsi, come l’Abate non riceve di quello Monistero in Pectinari altre rendite, che di alcuni ferratici sopra alcuni Territorj, che sono nel sito, dove era detto Monistero, e all’intorno di esso, secondo i proprj confini, che vi sono, e l’erbe del medesimo territorio si vendono in beneficio della Mensa Vescovile, come è stato pratticato da’ Predecessori, e anche noi l’abbiamo pratticato, e in Archivio si conservano gl’istrumenti della vendita dell’erbe, fatta anno per anno.

   55. Altra Chiesa abbiamo in questo Territorio, che veniva posta verso Oriente di Ururi, da dove è distante circa due miglia nel luogo detto i Pontoni di S. Onofrio, e vi sono le sue fabbriche. Li Pontoni sono ampiissimi Territorj compresi ne’ confini di Ururi, occupati dal Duca di Termoli, Padrone di S.Martino. Ne pende la causa in S. Consiglio, e se ne parla nel seg. lib.5. ove della Cronologia de’ Vescovi, propriamente nella Vita di Girolamo Vela, e altri.

   56. Per verso Mezzo giorno di Ururi vi fu la Chiesa di S. Nicola distante da questo Casale da circa un miglio, e mezzo, nel luogo detto lo Piano di S. Nicola, e vi sono alcuni quasi insensibili vestigj. Questa Chiesa è antichissima, e se ne fa menzione nella Bolla di Lucio III. e nell’altra d’Innocenze IV. di sopra trascritte lib.3.cap.5. E questi Territorj sono anche occupati dal Possessore di Loritello : ne pende il processo, e molte scritture si leggono negli atti della Regia Camera di sopra accennati num.5. e altrove appresso.

   57. La Chiesa di S. Basilio veniva posta non molto lontana da detto Piano di S. Nicola, e similmente viene nominata in dette Bolle di Lucio III. e d’Innocenzo IV. e parimente questi Territorj si ritrovano occupati dal Possessore di Loritello unitamente col Piano di S.Nicola. 

Luoghi distrutti nel Tenimento di Ururi

   58. Ilice al preferite detto Ielc, e da altri Illice, fu luogo abitato cum S. Nicolao, oggi l’uno, e l’altro distrutti, posto in fine Suburbii, cioè nel confine di Ururi, Casale in quel tempo di Larino. Se ne fa menzione nel Catalogo de’ Baroni del Regno, fatto l’anno 1188. presso Carlo Borell. Vindex Neapolit. Nobilit. pag.154. ove tra’ Prelati Feudatarj si legge: Episcopus Larinensis tenet Auroram, & Ilicem, quae sunt Feuda, come si è notato di sopra. Come pure se ne parla nel Registro de’ Baroni dell’anno 1322. sotto il Re Roberto, ove si dice, che il Vescovo di Larino possiede Ururi col Feudo d’Ilice. Si parla d’Ilice, e di detta Chiesa di S. Nicola in detta Bolla di Lucio III. sub datum Laterani 3. Kal. Martii 1181. confermatoria delle ragioni, e beni di questo Vescovado, trascritta nel precedente lib.3. cap.5. num.3. ove tra le altre cose così si dice in conferma di dette ragioni, e beni : Aurora cum tenimentis fuis, medietatem Ilicis cum S. Nicolao, Planum juxta S.Basilium in finibus Suburbii Larini, secundum quod continetur in instrumento Ecclesiae tuae confecto a Ragone de Viense. Lo stesso si dice nell’altra Bolla d’Innocenzo IV. sub datum Anagni Idus Septembris 1254. finalmente confermatoria di detti beni, e ragioni, e trascritta parimente in detto cap.5. num.14. Questi al presente sono Territorj occupati dal Possessore di Loritello, e se ne parla nel seg. lib.5. propriamente nel Vita di Ferdinando Mudarra, e Belisario Balduino, come di altri, stati Vescovi di Larino. In questo luogo d’Ilice fu un Arcipretura, non se ne sa il titolo, ma se ne fa menzione negli Atti del Sinodo celebrato l’anno 1571. da Monsignor Balduini, con queste parole: Archipresbyter de Ilici, vacat

come pure negli Atti del Sinodo di Monsignor Caracci, celebrato l’anno 1655.
con queste parole : Archipresbyter de Ilici, vacat : presentemente è tutto distrutto, ma non si fa il tempo della sua distruzione, rimasto solo il titolo dell’Arcipretura.

   59. Casale di Fantasia era posto in quella vicinanza, anche distrutto, e fé ne fa menzione nell’Istrumento di donazione del Monistero di S. Maria in Aurola, che si fa a quello di Monte Casino da Sasso, e Falco d’Aiferia, e Giaquinto, e da Munda, Daga , e Rodelgrima a tempo di Pandulfo, e Landulfo Principi Beneventani, essendo Abate Desiderio, poi Cardinale, e poi Papa sotto nome di Vittore III. presso il P. Gattola Stor. Cassin. sec.V. pag.131. e la tradizione vuole, sia stato posto in detti Territorj occupati dal Possessore di Loritello. Egli è luogo distinto da Fantasia, Contado de’ Principi Longobardi, posto nelle vicinanze di S.Giuliano, come in parlarsi di questa Terra appresso cap.10. §.1.e 2.

Governo temporale di Ururi

   60. Quanto all’amministrazione della Giustizia, non può dubitarsi, che il Vescovo di Larino, come Barone del luogo, vi abbia tutta la Giuridizione civile, criminale, e mista, con tutto il di più, che godono ne’ loro Feudi i Baroni del Regno più privilegiati, attesa l’ampiissima concessione fatta di questo luogo di Aurole, dal lodato Conte Roberto cum Monacis, & Laicis, vineis, & terris, campis, & sylvis, cum montibus, & collibus, & vallibus, cum pratis, & pranitiebus fuis, pascuis, aquis currentibus, & stagnis, cum animalibus, & omnibus rebus praeditti Monasterii S. Mariae in loco Aurole.

   61. Quale donazione fu ampia, e senza riserva veruna : Nec mihi Roberto (sono parole del Diploma) nec meis heredibus, nec non Uxori mee, neque cuicumque homini reservari partem requirendi de hac mea oblacione, sed quomodo superius diximus, integrum damus totum illud ferritorium, cum viis, & anditis! fuis ad omnem suam utilitatem reparanda Larinensi Ecclesia, & ejus Rectoribus sìne contradictione mea, vel meorum heredum, & sine cujuscunque requisitione Willelmi Episcopi decessione.

  62. E volendo maggiormente il Conte Roberto far vedere a’ Posteri, che tale fusse la sua ferma, e stabile volontà, così soggiugne : Ideo terribiliter obtestamur, & conjuramus per trinam Majestatem, unamque Deitatem, quae est Pater, & Filius, & Spiritus Sanctus, & omnes Sanctus Angelos ejus, & Patriarchas, & Prophetas, Apostolos, & Martyres Dei, ut nullus in perpetuum siet, qui hanc nostram irritet oblacionem, atque subtrabat de donatione S. Mariae Larinen Ecclesiae per nullum ingenium, quod si aliquis vivens in carne hoc perpetrare voluerit, cum Juda traditore sit in aeterna pena dapnandus, & atrocissimis flammis sit exurendus, & cum Datan, & Abiron pereat, a Corpore Domini nostri Jesu Christi sit extorrens. 

   63. E così appunto costumavano i Conti Normanni fare i loro Diplomi di queste concessioni, quando niente riservavano, e concedevano tutto liberamente, e senza riserva, specialmente a favore delle Chiese, come attesta Marino Freccia de Subfeud. lib.1. fol.70. mum.64. lsti Comites in Regno donabant libere, & plenarie, praesertim Ecclesiis, & Ecclesiarum Praelatis, & immensitas illis erat modicum, quod Deo pro animae salute , & fìdei religione, ac peccatorum remissione donabant. E non può negarsi, che questo Diploma sia uno de’ più ampj , che sia stato fatto da questi Conti, come si vede dall’intero suo tenore.

    64. Tantoché avendo preteso il Giustiziero di Capitanata prender ingerenza nelle cause criminali contro i Vassalli di.Ururi, il Re Roberto con sua Regia lettera, o sia Provisione de’ 25. Aprile 1318. ordina alli Giustizieri di Capitanata presenti, e futuri, di non molestarli, e di rivocare tutti gli atti, che mai si ritrovassero fatti contro di essi, come in detta lettera, o sia Regia Provisione di sopra trascritta al num. 17. Fidelitati vestrae tenore praesentium districte praecipimus, quatenus si veritas suffragatur assertis, tam tu praesens, quan vos alii Justitiarii, successive futuri, jam dictos Vassallos praefatae Majoris Larinensis Ecclesiae in commissionibus offìciorum quorumlibet contra praefati Capituli mentem, & seriem aliquatenus non gravetis, quinimo tum praesens Justitiarie revocare in irritum studeas, si quid forte fortasse in contrarium tentavisti.

   65. E quantunque in virtù del Diploma del Conte Roberto, e sue conferme fatte da’ Sommi Pontefici, come sopra, riconosciuto da’ Successori, specialmente dal Re Roberto per quel, che si è accennato, fusse stato conceduto Ururi al Vescovo di Larino liberamente, e senza peso veruno ; nientedimeno per la conferma delle suddette ragioni fu tassato il Vescovo di Larino nel Cedolario della Provincia di Capitanata in duc. uno, e tarì quattro, e poi nell’altro del 1500. e 1562. in ducati otto, e al presente si tassa in ducati undici, e grana quindici, come sopra. E ancorché per parte del Regio Fisco fin dall’anno 1564. si fusse preteso in occasione della concessione di questo Feudo in enfiteusi al suddetto Capitano Teodoro Crisma, che tutte le suddette giuridizioni non spettassero al Barone del luogo ; nientedimeno formatosi sopra di ciò processo, esibito il suddetto Diploma del Conte Roberto, Bolle Pontificie di conferma, ed esaminatisi li Testimonj sopra l’osservanza, egli si quietò , come in detto Processo, Attuario Donato d’AjelIo, e Scrivano Gennaro di Luca.

   66. In fatti il Vescovo di Larino per mezzo del Governatore, che suole destinare, esercita tutta la giuridizione civile, criminale, e mista in prima, e feconda istanza col mero, e misto imperio, carcerando, liberando, e componendo, esiggendo pene dalli disubbidienti, condannando in galera, e a morte naturale, come ne’ tempi passati, alcuni sono stati mandati in galera, e altri giustiziati, tra questi Pietro Clave, come inquisito di diversi furti commetti in strada pubblica, e tutto ciò apparisce tra gli altri documenti, che se ne portano da detti Atti presso l’Attuario Donato di Ajello, Scrivano Gennaro di Luca. fol.109. e segg.

   67. Rispetto poi al peculio universale, e sua Annona, questo luogo di Ururi, si governa dall’Università per mezzo de’ proprj Officiali, che sono Mastrogiurato, Eletti, e Sindaci, conforme gli altri luoghi della Diocesi, che si eleggono ne’ tempi stabiliti, e circa la conferma di essi, pende la controversia in Sagro Consiglio, pretendendo il Vescovo farla in virtù delle suddette particolari Capitolazioni, conforme pratticano alcuni altri Baroni del Regno.

Corpi, e Rendite Feudali di Ururi

   68. Molti sono i Corpi, e Rendite di questo Feudo, e si riducono in due generi ; e sono, altri territoriali per il prodotto del terreno ; e altri giuridizionali ; e per parlarne di proposito, genere per genere, stimiamo doversi supporre per indubitato, come tutto il territorio è di pertinenza del Padrone del Feudo, e per conseguenza della S.Chiesa di Larino, e per essa del proprio Vescovo, che si stende fecondo i suoi confini. Tutto ciò apparisce dal Diploma del Conte Roberto, con cui, per quel, che si è notato di sopra, fu egli conceduto alla medesima cum Monachis, & Laicis, vineis, & terris , campis , & sylvìs, cum montibus, & collibus, & vdlibus, cum pratis, & pranitiebus suis, pascuis, aquis carrentibus, & stagnis & c. come sopra.

   69. E se gli Abitatori di quel tempo non vi avevano un palmo di terreno, molto meno in appresso hanno potuto avervelo gli Albanesi, ed Epiroti dopo la di loro introduzione, essendo certo, che rimasto disabitato dalle sciagure di sopra accennate, rimase per conseguenza anche in favore della medesima Chiesa ogni qualunque bonificamento, che vi avessero fatto gli Antichi Abitatori, e introdotti gli Epiroti, e Albanesi. dopo che era stato difsabitato per molto tempo, furono ricevuti dal Vescovo di quel tempo graziosamente per suoi Vassalli, accordando a’ medesimi alcune grazie di seminare i Territorj, di piantar vigne, di pascere i loro animali, coll’obbligo di corrispondere di ogni sorta di seminato, di pagar la decima del mosto, cioè per ogni dieci uno, così de’ capretti, e altri, come pure coll’obbligo di una ricognizione di tanto a fuoco per anno, oltre il servizio della paglia, e altri servizi personali, nella maniera, che si legge nelle Capitolazioni di sopra trascritte.

   70. In fatti controvertendosi a Monsignor Mudarra, Vescovo di Larino i suddetti Territorj da’ Possessori di Loritello, e chiamati in causa gli Abitatori di Ururi con formale loro istanza degli 11. Giugno 1546. e in altre, dichiararono i medesimi non habere proprietatem aliquam, vel dominium in Territorio Ururi, se non che il dritto di colonia, e di corrispondere le solite decime, come nel procedo originale di detta causa inserito dopo i detti atti fabbricati sopra la liquidazione delle rendite, de’ quali si è parlato di sopra in questo cap.1. n.4.

   71. E poiché gli Albanesi, ed Epiroti furono discacciati da Ururi; niente pretesero, come non potevano pretendere sopra detto Territorio di proprio ; e dopo molto tempo reintegrati, benché facessero istanza per la riforma di alcune delle suddette Capitolazioni, il Ven. Servo di Dio Monsignor Eustacchio Vescovo di quel tempo non volle approvarla, per cui dovettero continuare a vivere, come prima, per quel, che si è accennato di sopra.

   72. Cosi appunto si dice nello Stato del Regno, formato dal Reggente di Tappia, ove parlandosi di Ururi, fatto l’anno 1629. si asserisce, che tutto il Territorio di Ururi sia di dominio, e pertinenza del Possessore di esso, cioè del Vescovo di Larino, e questo stesso si confessa da’ medesimi Cittadini in diversi loro riveli fatti alla Regia Camera, specialmente in quello del 1629. aderendosi di vivere, e soddisfare a’ loro pesi colle proprie industrie, e fatiche, e questì, e moltissimi altri documenti sopra di ciò si leggono in alcuni atti formati avanti il Signor Delegato della Real Giuridizione tra la Mensa Vescovile, e i Cittadini di Ururi fin dall’anno 1735.

   73. Quindi non dubitandosi, siccome non può dubitarsi, che tutto il Territorio di Ururi sia di pertinenza, e di pieno dominio della S. Chiesa di Larino, e per essa de’ Vescovi pro tempore, è anche certo, che tutto, senza eccettuarne un palmo, è redditizio in beneficio della medesima. In fatti essa esigge il prezzo dell’erbe, che si vendono da per tutto, anche nel Territorio di S. Benedetto volgarmente chiamato S. Venditto, nel quale que’ di Ururi non vi hanno dritto, ne jus alcuno, anzi la stefla Regia Corte paga ducati dieci all’anno con mandato generale degli Erbaggi di Foggia, alla Mensa Vescovile, per il passaggio, e riposo, che fanno per il Regio Tratturo di Ururi le pecore, che in tempo d’inverno calano in Puglia. Regio Tratturo, parola di quelle parti, si dice quel luogo, per dove passano le pecore, stabilito dalla Regia Corte, e a’ Cittadini di Ururi è stato conceduto dal suddetto Monsignor Persio Caracci in virtù d’Istrumento degli 11. Agosto 1640. rogato per mano di Francesc’Antonio de Nigris Notaro Larinese commorante in Casacalenda, il dritto di pascere i loro animali nella Difesa della Voragna, colla condizione, che volendosi vendere, debba la Mensa Vescovile percepire la terza parte del prezzo del pascolo, e l’Università due altre parti per ricompenza del jus paculandi, ma che piantandosi Vigne, debbano pagare il solito censo Baronale di ogni dieci barili di vino, uno, come si paga di tutte le altre vigne vecchie, e nuove, che si ritrovano in qualsi voglia parte di questo Territorio di Ururi, tanto in detta Difesa della Voragna, quanto in tutto il Demaniale, come pure si paga alla medesima il terratico, seminandosi grano, orzo, avena, a ragione di tomola due a versura, diminuito a lor favore quel di più, che si legge convenuto colle suddette Capitolazioni, e la decima di tutte le vettovaglie di ogni sorta, senza eccettuarne alcuna, e delle fave, anche di quelle ,che si seminano fuori del territorio, cioè per ogni dieci uno ; così parimente del lino, e cose simili, e la stessa decima si paga de’ porcelli, agnelli, e capretti. Inoltre ogni capo di Casa paga carlini cinque, ancorché sia donna Vedova, ma non più portano il servizio della paglia, e altri, de’ quali si è parlato nelle Capitolazioni di sopra trascritte.

   74. Quanto alle rendite giuridizionali, e suoi corpi, questi sono la Mastrodattìa, la Bagliva, Portulanìa, Catapanìa, Zecca, Scandaggio, e Piazza, a ragione di grana quindici per oncia, come pure gode il Jus frohibendi della Taverna, e altro, che tralasciamo.

   75. Tutto, e quanto di sopra si è detto apparisce da quel, che si è accennato, cominciando dal Diploma della concessione del Conte Roberto: lo stesso dicono le Capitolazioni fatte nel tempo, che furono ricevuti in Regno gli Albanesi, ed Epiroti : si prova dagli atti fabbricati tra l’Università, e il Vescovo di Larino sopra la liquidazione delle rendite di questo Casale del 1549. Riveli fatti dalla medesima Università’, Decreti, e Provisioni dal Sag. Consiglio, dal detto Istru- mento fatto da Monfignor Caracci, e l’Università, corroborato con Regio af-» fenzo li 11. Agofto 1640. altri Istrumento di affitti, e con due relazioni formate di ordine del Signor Delegato della Real Giuridizione dalla Regia Udienza di Lucera, una per mezzo di Ferdinando Palomba del 1. Gennajo 1736. e l’altra per mezzo di D. Placido Conforti de’ 6. Agosto dell’anno 1736. e quel, che egli ha cercato inorpellare, resta chiaro, e manifesto dalle suddette altre scritture, istrumenti di affitti, che hanno tenuto de’ medesimi corpi, e altri documenti incontrastabili, quali si leggono in detti atti avanti il Delegato della Real Giuridizione.