Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della città, e diocesi di Larino/Libro I/Della condizione di Larino, e de' Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Rom. sino, e a tempo della guerra Italica

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Libro I
Capitolo VII
Della condizione di Larino, e de' Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Rom. sino, e a tempo della guerra Italica

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Libro I
Capitolo VII
Della condizione di Larino, e de' Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Rom. sino, e a tempo della guerra Italica
Libro I - VI Libro I - Della condizione di Larino, e de' Popoli Frentani dal tempo della Guerra Italica sino al tempo di Giulio Cesare


1. NEl Cap.I. si è parlato dell’origine dei Frentani, e de’ loro Abitatotori, e fu detto, che forsi in diversi tempi vi furono i Sabini, i Liburni, i Dalmati, e gli Etrusci tal presente dovendosi parlare della condizione di Larino, e de’ Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Romana, fino, e a tempo della Guerra Italica, non può dubitarsi, che sia cosa assai difficile voler rintracciare una tale condizione in una sì profonda antichità di tremila, e più anni : imperciocché le cose col trascorso del tempo si sono inviluppate in tal forma, che non pochi in aver voluto parlare di altre simili Regioni, per farne qualche parola, si hanno fatto lecito ricorrere alle favole ; e volendo noi ciò isfuggire, diremo quel, che più di certo ne favellano gli Storici, o che ne suggeriscono le conghietture.

  2. Quindi prescindendo da quel, che sia stato ne’ tempi a noi più remoti, è certo, che questa nostra Regione Frentana fu anch’ella libera, e che independentemente si governava da sé, come furono i Campani, i Lucani, i Bruzj, i Salentini, gli Iapigi, i Pugliesi, gl’Irpini, i Sanniti, i Peligni, i Marrucini, i Vestini, i Marsi, e altri, che prima di Adriano componevano il nostro Regno, come si è detto nella Prefazione di questo I. libro ; in tal forma, che i Popoli convenivano in una Città, che era la Capitale, e quivi si radunavano, e trattavano gl’interessi, formavano le leggi, e davano le dovute provvidenze, tanto per il loro mantenimento, e accrescimento, quanto per liberarsi nelle occorrenze dagl’insulti de’ nemici.

   3. Che tale sia stata anche questa nostra Regione Frentana, egli è incontrastabile appresso tutti gli Scrittori antichi, e moderni; e volendolo provare anche con conghietture, non picciola è questa, riflettendosi, che dopo la confederazione de’ nostri co’ Romani, che fu nell’anno di Roma 449., come appresso, mentre i Romani guerreggiavano co i loro vicini, e Sabini, co i Sanniti, cogli Etrusci, coi Dalmati, e Liburni, ed altri Popoli d’Italia, i nostri Frentani, o se ne stavano oziosi, godendo la loro libertà, o uniti co i Romani, a riserva della guerra Italica, o Sociale, o Marsicana, che si appellasse, stata nell’anno 662. della Fondazione di Roma, quando si unirono tutti i Popoli d’Italia contro di Roma per ottenere, come poi ottennero nell’anno 663. il diritto della Cittadinanza, come si dirà appresso ; quandoché se mai questi nostri non fussero stati Popoli independenti, ma soggetti, avrebbero dovuto seguitare l’interesse del proprio Prencipe, e non già starsene nelle occasioni con indifferenza, o prendere quel partito, che fosse stato di loro

proprio piacere.

   4. In fatti son ben note nella Storia Romana le guerre co i Sabini fino al 463. quando finalmente sotto i Consoli P. Cornelio Rufino, e M. Curio Dentato, i Sabini restarono soggiogati da’ Romani, e disfatti nelle Campagne , che sono bagnate dal fiume Nare, oggi detto la Nera, e dal fiume Velino, posti nel centro della Sabina, come si legge appresso Catrou, e Roville Istor. Roman. di Sopra citati nella Prefazione di questo I. libro, e propriamente tom.5. Iib.20. pag.541. e segg. come le altre cogli Etrusci, i quali corsero lo stesso infortunio nell’anno 474. quando sotto il Console Coruncano furono totalmente abbattuti, e rese Provincie de’ Romani nella battaglia avuta nel famoso Lago di Vadimone in Umbria tra i Volsci, come nota Tommaso Demstero de Etrur.Regal. tom.2. lib.4. cap.I. i Liburni, i Dalmati con tutto l’Illirico, di cui i Liburni, e i Dalmati erano le due parti principali, che lo componevano, e che ora tiene il nome di Dalmazia, soffrirono moltissime guerre colla Repubblica ; finalmente anch’essi A. V. C. 487. Gensio Rege capto, & in triumphum penitus abducto, Illiricum Roman. Impp. & horum Praefecto Praetorio subjectum ; come dice Gio: Reiskio nelle Note, che fa sopra l’Introduzione di Cluverio in univeraam Geographiam lib.4. cap.5.

    5. Lo stesso dicesi de’ Sanniti, i quali più di ogni altro travagliarono la Repubblica ; tanto che per quel, che dicono Appiano Alessandrino, Eutropio, e Sigonio, guerreggiarono per lo spazio di 80. anni, oppure, come riferiscono Catrou, e Roville nel luogo cit. tom.6. lib.22. pag.225. furono 72. anni, ne’ quali ottennero i Romani contro di essi 31. trionfi ; e poi finalmente furono costretti cedere alla potenza de’ Romani, sotto i Consoli L. Papirio Cursore, e Sp, Carvilio anno di Roma 481.

   6. E in dette occasioni non abbiamo testimonianza, colla quale apparisca, che i Larinati, e i Popoli Frentani fussero uniti co i Sabini, cogl’Etrusci, co i Liburni, e Dalmati, o co i Sanniti ; argomento ben chiaro per far vedere la loro indipendenza, non ostante che fussero nel confine de’ Sanniti, e non lontani da i Sabini, e da sé soli non si avrebbero potuti confederare co i Romani, quando non fussero stati independenti ; e poiché ottennero la confederazione , che fu l’anno 449., come sopra, sempre stettero indifferenti, o uniti co i medesimi, ora contra i Tarantini, ora contro de’ Galli Cisalpini, ora col Cartaginese, ed ora contro altri, che guerreggiavano coi Romani, dando testimomonianza del loro valore, e della costante fedeltà in osservare i patti convenuti in virtù della confederazione a riserva della Guerra Italica, come sopra, e meglio appresso.

   7. E non può negarsi il valore, con cui si portò co i suoi Ossidio Prefetto delle Truppe Frentane a favore de’ Romani, contro de’ quali venivano anche i Sanniti, che guerreggiavano co i Tarantini e con Pirro chiarissimo Re della Grecia, che si vuole nell’anno di Roma 472.; e basta esservare su di ciò L. Floro nell’Epitome delle Cose Romane lib.I. cap.18., ove cosi parla ; Apud Heracleam, & Companiae fluvium Lirim, Laevino Consule, prima pugna tam atrox fuit, ut Frentanae Turmae Praefectus Obsidius invectus in Regem, turbaverit, coegeritque projectis insignibus praelio excedere. Plutarco, il quale appella col nome di Oplaco quello, che L. Fioro chiama Ossidio, in occasione, che dice : dum colloquuntur, parla del Re Pirro, e Leonato, per isfuggire Oplaco Pirro Re, che per suo destino non potea scampare, conchiude : Italus infecta lancea admittit equum in Pyrrhum, tum simul ferit equum Regis lancea, & illius equum excipiens Leonatus, ambobut collapsìs equis abripiunt Pyrrhum circumstantes amici, Italumque occidunt fortiter pugnantem : fuit hic natione Frentanus, Alae Praetectus, Oplacus nomine.

   8. Diedero grande aiuto a i Romani i nostri Popoli nella Guerra Gallica Cìsalpina dell’anno di Roma 528., e lo attesta Polibio lib.2. in d. anno V. C., dove facendo menzione degli ajuti, che diedero gl’Italiani a i Romani, parla anche de’ nostri Frentani : In tabulis, così egli, relatae erant capiae: Latinorum octoginta millia peditum, equitum quinque millia: Samnitum septuaginta millia peditum, equitum septem millia : Japygum, & Messapiotum peditum quinquaginta, equitum vero sexdecim millia : Lucanorum peditum triginta, equitum tria, millia : Marsorum autem, & Marrucinorum, & FRENTANORUM, & praterea Vestinorum peditum viginti, equitum quatuor millia.

   9. E quantunque paja una esagerazione voler dire, come si è detto, che questi nostri Popoli de’ Marsi, Marrucini, Frentani, e Vestini dessero un ajuto di ventimila fanti, e quattromila cavalli ; Lucio Camarra però curiosamente di ciò parlando, così dice nel suo Teate Antiquo lib.2. cap.3. pag.114. Vab dixeris, tot pedites, equitesque ex tractu Nostratum Gentium exiguo: quae duas pene hodierni Aprutii partes ex tribus incolunt. Ita certe: atque hinc novimus, quam nostra Regio hominibus tum referta, nunc vacua. Immo non. Nam in hodierno Aprutio plus , minusve quadringenta millia Civium capita censita modo funt.

   10. Nella guerra avuta col Cartaginese dopo la disfatta dell’esercito de’ Romani, molti Popoli si diedero al vittorioso Annibale ; e certo però, che i nostri restarono costanti a i Romani, e Livio, il quale al lib.22. ad annum V.C. nota quei Popoli, i quali seguirono il partito di Annibale, e de’ molti non fa parola alcuna, e così ivi : Quanto major baec clades superioribus cladibus fuerit, vel ea res indicio est, quod qui sociorum ad eam diem firmi steterant, tum labare caeperunt : nulla profecto alia de re, quam quod desperare caeperant de Imperio. Defecere autem ad Poenos hi Populi Atellani, Calatini, Hirpini, Apulorum pars, Samnites, praeter Petellìnos, Brutti omnes, Lucani, praeter hos, Surrentinii, &Graecorum omnis ferme ora, Tarentini, Metapontini, Crotonenses, Locrique, & Cisalpini omnes Galli. E lo stesso si vede appesso Silio Italico ben noto Storico, e Poeta lib.10., fu di che il più volte lodato Camarra lib.2. cap.3. d. pag.14. conchiude dicendo, che non venendo i nostri notati tra quei, che seguirono la fortuna di Annibale, dee credersi, che fussero uniti co’ Romani per le leggi della confederazione, che avevano con essi fatta già prima, cioè l’anno 449., come sopra: En hic tibi Nostrates Marrucinos exclusos : & cum Marrucinis Frentanos, Pelignos , Marsosque, & Vestinos, qui in Aprutio nunc omnes.

   11. Ma tanto non contento il Cartaginese della famosa vittoria avuta in Canne in detto anno 537., e pensando di abbattere totalmente la potenza dei Romani l’anno 546. della fondazione di Roma, volle, che Asdrubale, suo Fratello con nuovo esercito venisse dalle Spagne, nella quale occasione, prevenendo i Romani agl’insulti ulteriori, che si temevano di Annibale, tra gli altri, che riceverono Claudio Console, che guidava l’esercito Romano su i Campi Larina ti, e Frentani ; e i Larinati, e Frentani tra gli altri, furono quelli, che in questo nuovo combattimento vindicarono le ingiurie de’ Romani con una piena vittoria contro i Cartaginesi: circa il ricevimento de’ Romani nel Campo Larinate, e Frentano, ne parla Livio lib.27. ad annum U. C. 546. in questo modo: Praemissi per agrum Larinatem, Marrucinum, Frentanum, Praetutianum, qua exercitum ducturus erat, ut omnes ex .Agris, Urbibusque commeatus, paratos, militi ad vescendum in viam deferrent, equos, jumentaque aliae producerent, ut vehiculorum fessis copia esset. Ipse de toto exercitu Civium, sociorumque, quod roboris erat, delegit sex mille peditum, mille equites. Pronuntiat occupare se in Lucanis proximam Urbem, Punicumque in ea Praesidium velle, ut ad iter parati omnes effent. Profectus noctu flexit in Picenum.

   12. Quanto al valore, con cui militarono i Larinati, e Frentani, come socj, potrebbero addursi varie testimonianze ; ma stimiamo Efficiente il dotto Silio Italico Istorico, e Poeta di sopra riferito lib.15., come siegue.

Inde legitdignas, parla di Claudio Console, tanta ad conamina dextras,
Quaque jacet superi LARINAS accola ponti ;
Qua duri bello Gens Marrucina, fidemque
Exuere indocilis, sociis FRENTANUS in armis :
Tum qua vitiferos domitat Praetutia pubes
Laeta laboris aagros, & penna, & fulmine, & undis
Hybernis, & Achemenio velocior arcu
Evolat. Hortator sibi quisque, age , perge , salutem
Ausoniae ancipites superi, & slet Roma , cadatne
In pedibus posuere tuis, clamantque, ruuntque.

   13. E tralasciando ogni altro esempio, così pure in occasione delle guerre de’ Romani con Perseo Re della Macedonia nell’anno di Roma 582.quando ne’ vastil Campi Larinesi fu ricevuta porzione dell’esercito de’ Romani, da dove, terminata la guerra, ed ottenuta la vittoria, furono licenziate, e pagate le milizie, come attesta Livio nella decad.5. lib.5. cap.1. con queste parole: Naves, quae in Tyberi parata, instructaeque stabant, ut si Rex posset resistere in Macedoniam mitterentur, subduci, & in navalibus collocaris socios navales, dato annuo stipendio dimitti, & cum his omnes, qui in Consulis verba juraverant: & quod militum Corcyrae, Brundusii ad mare superum, aut in agro Larinati essent (omnibus his locis exercitus dispositus fuerat, cum quo, si res posceret, C. Licinius Collegae ferret opem) hos omnes milites dimitti placuit.

   14. Rispetto poi alla confederazione, non può controvertirsi, che questi Popoli la godessero co’ Romani, dandone incontrastabile testimonianza Livio lib.9. ad annum U. C. 449. laddove dice, che avendo mancato gli Equi alla Repubblica, abbracciando il partito degli Ernici, e del Sannio, irritati i Romani, dopo aver spedito alcuni Feciali per domandar ragione di una tal mancanza, e avendo gli Equi risposto con fierezza, i Romani dichiararono loro la guerra l’anno 449., e i due Consoli P. Sempronio Sofo, e P. Sulpizio Saverrione si spinsero nelle Terre di questi Popoli, e le distrussero ; e di qui è, che avendo i nostri Popoli inviato Ambasciadori a Roma per ottener la pace, e l’amicizia, fu loro accordata la confederazione : e queste sono le parole di Livio : Ad singulas Urbes Consules ambo circumferendo bello, unum, & quadraginta Oppida intra dies sexaginta, omnia oppugnando ceperunt. Quorum pleraque diruta, atque incensa, nomenque AEquorum prope ad internicionem deletum, de AEquis triumphatum, exemploque eorum clades, ut Marrucinì, Marsi, Peligni, FRENTANI mitterent Romam Oratores pacis petendae, amicitiaeque : Iis Populis foedus petentibus datum. Quindi è, che dopo furono i nostri Frentani di grande ajuto a’ Romani, come si è accennato sopra num.7. e segg.

   15. Non può contrastarsi adunque questa confederazione : il punto sta ora in vedere la maniera, con cui seguì ; e per ciò sapere , si stima necessario premettere, come le confederazioni a tempo de’ Romani non erano tutte uguali, ma altre più eque, e altre meno eque : tanto che Menippo Legato del Re Antioco presso Livio lib. 31., che si riporta da Carlo Sigonio de Antiquo Jure Italiae lib.I. cap.1, dell’ edizione del 1593. di Francfort pag.123. dice, che tre erano i generi di queste confederazioni : Unum, cum bello victis darentur leges, ubi enim omnia ei, qui armis plus posset, dedita essent, quae ex iis habere victos, quibus multari velit, ipsius jus, arbitriumque esse. Alterum, cum bello pares aequo foedere in pacem, atque amicitiam venirent : tunc enim repeti, reddique per conventionem res ; etsi quarum bello turbata possessio sit, eas, aut ex formula juris antiqui, aut ex partii utriusque commodo componi : Tertium, cum qui hostes nunquam fuerint, ad amicitiam fociali foedere inter se jungendam coeunt, eos neque dicere, neque accipere leges, id enim victoris, & victi esse.

   16. Ciò posto, che che altri dicono intorno alla qualità della confederazione di questi nostri Popoli colla Repubblica presso Lucio Camarra più volte lodato lib.2. cap.3. esaminando egli una tale controversia dice, che la confederazione accordata a i Popoli Frentani, a i Peligni, a i Marsi, a i Marrucini, dopo la distruzione degli Equicoli, fusse equa : Iis Populis foedus petentibus datum : nimirum datum, sed aequum ; e poi appresso giustificando questo suo sentimento, e riprovando il contrario, fa vedere, che militassero i medesimi co i Romani, come Socj, specialmente in occasione delle Guerre avute in Italia co i Tarantini, coi Galli Cisalpini, e col Cartaginese, delle quali si è parlato di sopra : e se tutto ciò egli sostiene a favore de’ suoi Marrucini, de’ Peligni, de’ Marsi, Regioni meno potenti, e più vicine agli Equi, che sono posti, ove ora è Albi, e Tagliacozzo ; molto più deve credersi a favore de’ nostri Frentani, che erano Popoli assai più potenti, e più lontani dagli Equi ; e così appunto parla Livio appresso Sigonio in detto lib.I. al cap.14., ove tratta de agro, & foedere Frentanorum, con quelle parole : Frentanos AEquorum clade commotos Legatos Romam de pace, & amicitia misisse, iisque foedus petentibus datum esse: Unde post Pyrrhi bello, Frentani, ut Socii Romanis affuerunt : siquidem eo bello Frentaanae turmae Praefectus egregie se gessisse commemoratur a Floro, & belle Gallico Cisalpino inter coetera Italicorum auxilia, etiam Frentanorum a Polybio numerantur.

   17. Tanto che in niente questi nostri Popoli restavano pregiudicati con una tale confederazione, godendo la stessa libertà, che godevano prima colle proprie Leggi, e Magistrati ; e fuori di alcuni sussidj, che contribuivano, ad altro non erano tenuti a i Romani ; come appunto parla Sigonio nel luogo cit.5 ed in comprova del suo sentimento si prevale anche dell’autorità di Livio colle seguenti parole : Quod autem supra dixi, foederatos nullam fere Populi Romani rationem duxisse, id vere dictum esse, ex eo efficitur, quod ne Magistratui quidem Romano apud se divertenti ex antiquo foedere quidquam darent, quod ex hac Liviana narratione perspicitur, quae est libro 42. L. Postumius Consul iratus Praenestinis, quod cum eo privatus sacrificii in Tempio Fortunae faciendi caussa profectus esset, nihil in se honorifice, neque publice, neque privatim factum a Pranestinis esset, priusquam ab Roma proficisceretur, literas Praeneste misit, ut sibi Magistratus obviam exiret, locum publice e pararet, ubi diverteretur jumentaque cum exiret inde, praesto essent, ante hunc Consulem nemo unquam sociis in ulla re oneri, aut sumptui fuit. ideo Magistratus mulis, tabernaculisque, & omni alio instrumento militari ornabantur, ne quid tale imperarent sociis privata hospitia habebant. ea benigne, comiterque colebant. domusque eorum Romae hospitibus patebant, apud quos ipsis diverti mos esset. Legati, qui repente aliquo mitterentur, singula jumenta per Oppida, iter qua faciendum erat, imperabant. aliam impensam socii in Magistratus Romanos non faciebant. injuria Consulis, etiam si justa, non tamen in Magistratu exercenda, & silentiun nimis aut modestum, aut timidum Praenestinorum jus velut probato exemplo Magistratibus fecit graviorum in dies talis generis imperiorum.

   18. Che poi Larino sia stata la Capitale di questa Regione de’ Frentani, già si è accennato nel cap.I. n.15., e nel cap.2. n.3., dove l’Anonimo di Milano appella Latino Urbs primaria Frentanorum, et Larinates cognomine Frentani ; e sembra, che la stessa voce di Larino lo comprovi; mentre, come asserisce il chiaro Antonio Francesco Gori, pubblico Lettore Fiorentino dell’Accademia Etrusca di Cortona, per quel, che si è detto nel precedente cap.6. n.21., e qui lo replichiamo: la parola Larino significa Nobilem, Principem : Lar, Lartes, cosi egli, in lingua Etrusca, significano Dux, Rex , Princeps, come si raccoglie da tanti Autori, ed ella avrà osservato tanti Sepolcri Etruschi, che hanno l’iscrizione, per lo più cominciano con queste parole, lOqAV . cioè Laroi IOqAV . Larthi, che sembra corrispondere al Diis Manibus, che si vede usato nelle lapidi degli antichi Romani ; onde i Dei Mani, cioè le Anime de’ Morti furono dai Toscani ancora riposte nel numero de’ Dei Lari. Ella vede ciò, che dice Tommaso Demstero su queste voci, al lib.2. cap.12. pag.135. del tom.I. Io credo, che senza dubbio Larinum sia voce Etrusca, così latinizata con tal desinenza, e che significhi, come si dice ora , la Capitale, princeps Sedes Ducis, vel Regis habitatio : Io non ci trovo veruna repugnauza a creder questo. Scaligero, e Vossio dicono lo stesso, cioè, che la parola Lar sia parola Etrusca, la quale significa Urbem primam, & principem ; e tralasciamo tanti altri Scrittori, i quali asseriscono, e comprovano questo sentimento.

   19. Né può dirsi col Biondo, e Razano presso Leandro Alberti, ove parla de’ Peligni p.233. terg., che non Larino, ma Frentano Gastello, che si vuole posto, ove ora sta situata Francavilla, detta da altri Frantavilla, come nota Camarra de Theat. Antiq. lib.I. cap.4. pag.55. non molto discosto da Ortona a Mare, fusse la Metropoli de’Frentani ; imperciocché questo sentimemo si ributta dal medesimo Alberti, facendo vedere, che ivi non sia mai stato un tale Castello, o Città, come si è detto nel cap.I.n.1., e quando mai questo luogo così sia stato appellato, cioè Francavilla, o Frentavilla, egli non può avere altro significato, che di Villa Frentana, o di Villa Franca, il che totalmente si oppone al sentimento di chi la vorrebbe Città Capitale.

   20. Siccome nemmeno può dirsi, che la Metropoli de’ Frentani sia stata la Città appellata con proprio nome, Frentana, porta vicino al fiume Frento ; essendo che questo sentimento anche si ributta dal medesimo Alberti nel luogo di sopra citato, e da noi se ne parla in detto cap.I. num.4., e quando così fusse, pure verrebbe situata nel Territorio de’ Larinati, quale si stendeva fino al Frontone

quindi non essendovi altra Città, che abbia preteso, o che pretenda ragionevolmente questo pregio di aver goduto la presidenza della Regione Frentana col decoro di Città Metropoli, ben può conghietturarsi, che Larino sia stato tale, come Amiterno su Metropoli de’ Vestini, Chieti de’ Marruccini, e altre Città simili.

   21. Asserendosi, che Larino fu Città degli Etrusci, e che gli Etrusci non furono liberi, che cinque Secoli prima, e cinque Secoli dopo la fondazione di Roma, resi poi Provincia de’ Romani, come diffusamente va esaminando l’Anonimo di Milano nel luogo di sopra più volte citato sect.18. num.94. e che perciò debba dirsi, che allora almeno egli perdesse il decoro di Città capitale della sua Regione; imperciocché prescindendo da quel, che sia stato prima de’ Tosani , e a tempo de’ Sabini, de’ Dalmati, e de’ Liburni, da tutto ciò non può negarsi, che a tempo de’ Toscani fu Città principale, e che poi discacciati i Toscani, rimanesse Città Metropoli, libera, e independente non solo da’ Romani, ma anche da’ medesimi Toscani, e forsi con maggior libertà di prima, e a tempo, che si abitava da altri Popoli, formando le sue leggi, e facendo quanto fusse stato di bisogno per il buon regolamento di una perfetta Repubblica.

   22. E quali fussero le Leggi, e Magistrati di questa Regione, e sua Città Capitale, in sì profonda antichità è poco meno, che impossibile rintracciarlo ; posciaché in quei rimotissimi tempi si regolavano le cose secondo la qualità de’ luoghi, e tempi : Così appunto parla Sigonio nel cit. lib.2. cap.14. de Foederat. Civitat. Legum porro, ac Magistratuum, qmbus quaeque Civitas uteretur, ratio exquiri fortasse potest, inveniri vero in tanta vetustate, qui potest ? aliarum tamen alias leges, aliosque Magistratas pro rerum, ac temporum ratione, & cujusque Republicae genere fuisse, non est difficile intelligere. Possiamo però dire, quanto ai Magistrati, che a tempo della Repubblica in Larino non mancavano i Candidati, i Censori, i Consoli, i Dittatori, i Pretori, i Potestà, i Pontefici, i Prefetti, i Questori, i Senatori, i Tribuni, gli Edili, e altri, come ne’ segg. cap.8., e 9., ove anche si parla del di loro officio.