Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della città, e diocesi di Larino/Libro IV/Dell'ideale consacrazione della Chiesa di Tremiti

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Libro IV
Capitolo IV
§. IV.
Dell'ideale consacrazione della Chiesa di Tremiti

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Libro IV - Dell'origine, e fondazione della Chiesa di Tremiti Libro IV - Delle varie Religioni, che in diversi tempi hanno governato il monastero di Tremiti


1. IL P. Coccarella nella preaccennata sua Cronaca lib.2. cap.6. facendo la descrizione della Chiesa di Tremiti, e poi parlando della sua Consagrazione conchiude: la quale Chiesa, come si cava, da un antichissimo Istromento antico fu consagrata da un certo Almerado Pracorasense Vescovo nell’anno della nostra salute 311. imperando Costantino Magno l’anno III. del suo Imperio, dal quale tempo cominciò ad esser libera, e a nulla Diocesi esser soggetta in fuori alla Romana Chiesa. Certa cosa è adunque, che trascorsi sono mille cento novanti sette anni, che tale consagrazione fu celebrata. E quindi bisogna dire, che ei

scrivesse nel 1508. facendo questo numero la fomma del 311. unita al 1197.

   2. Suppone adunque il P. Coccarella, che questa Chiesa sia stata consagrata nel 311. della nostra Redenzione, e l’asterisce in virtù di un istrumento, che egli chiama antichissimo antico, e avendo ciò letto, e facendo nella nostra mente quella sensazione, che può fare a qualsisia, ancorché poco versato nella disciplina della Chiesa, tosto procurassimo averne un esemplare, come già dopo molte ricerche ci venne fatto averne copia da un’altra copia, che si conserva nell’Archivio de’ PP. di Tremiti, e stimiamo qui trasportarla, e farvi alcune picciole note, come sìegue.

   3. In nomine Domini Jefu Christi Amen. Tertio anno Domini Constantini Sanctissimi Imperatoris nostri Mense Februarii, Decima Indictione, Nos Almeradus Episcopus Sacrae Sedis Draconariensis clare facio, quoniam inspirante Divina Omnipotentis clementia Venerabilis Abbas Albericus Sacri Coernobii Tremitensis Insulae cum tota Congregatione Spiritualium Fratrum fuorum, construxerunt Ecclesiam in eadem Insula a novo fundamine Sanctae Dei Genitricis, & Virginis Mariae : quae Insula adjacet inter Dalmatiam, & Apuleam in Pelago Maris ; & pro quo ego Almeradus vovi me conversari in eodem Sacro Coenobio, & quotidie, spreto mundo, ibi finem meum consumare. Capit me cum maxima diligentia praedictus Venerabilis Abbas Albericus cum Spectabilibus Fratribs fuis ejusdem Sacri Coenobii, ut eandem Ecclesiam Ego praedictus Episcopus Almeradus dedicarem obsecrari. Unde ego postulantibus illis, saepius & me anxius petentibus consensum praebui praecationibus eorum : & dedicavi in Mense suprascripto, & anno Episcopatus mei decimo sexto, Indictione decima. Et postea adjutus auxilio omnium Creatoris dedicavi hanc Ecclesiam reversus sum ad Sedem Episcopatus nostri. Coepit me nimium praecari ille Abbas veniendo ad me cum caeteris Fratribm fuis, ut sicut aliquando constructum est Coenobium praedictum nullus Episcopus probatur habere aliquod dominium, aut dominationem ibidem : ita petimus, ut semper liber absque dominatione Episcoporum existat suggerendo itaque quia ideo hic Te nos conduximus ad dedicandum, propter promissionem, quam fecisti in hoc Sacro Coenobio, &. reputavimus Te quasi unum ex Fratribus nostris : & bac occasone aliquis ex tuis Successoribus praesumat nobiscum causare, & contendere, ut habeat Jurisdictionem aliquam, aut dominationem in hoc Monasterio nostro qualiscumque Episcopus. Et pro his omnibus petebant, ut facerem eis securitatem : unde ego talia audiens ab illis, pro remedio anima mea, & quia promiserunt pro hac re semper pro me orare, feci hanc libertatis, & securitatis cartulam ante praesentiam Azzonis Judicis, & alios Idoneos testes, qui hic se subscripserunt. Ut quicumque ex Successoribus meìs tentaverint pro qualicunque modo, & ingenio aliquid de eadem Ecclesia quaerere, aut aliquam Jurisdictionem, vel dominium ibi habere quaesierint, anathematis vinculo subjaceant. Et a trecentis decem, & octo Patribus Sanctis maledictionem obtineant, & sint damnati in poenam Dathan, & Abiron, & Judx traditoris : & sint separati a Sancta, & Catholica Ecclesia, & ab omni consortio Apostolorum, & Christianorum, quorum Ego praefatus Almeradus Episcopus obligo me cum Benedicto Judice eorum, & Marco Advocato meo, & Successores, qui post obitum meum in ipfo Sacro Episcopatu accedere debent ; ut nec ego, nec mei Successores, quod absit, propter dedicationem quam feci in eadem Ecclesia habere aliquam Jurisdictionem, & dominatìonem, aut qualemcumque rem de praedicto Monasterio quaereere praesumant, sed semper existamus defenfores, & adjutores in Sancto Caenobio contra qualemcumque praesumptorem, qui ibi pro hac occasione, ut praediximus, aliquid, quaerere voluerint, ut semper actio eorum vacua, & reproba, sit. Unde pro firmissima Venerabilis Abatis Alarici, tuorum Successorum, & Fratrum tuorum libertate, & fecuritate hanc cartulam scribere fecimus, & cum anulo nostroò propriis manibus nostris in cera imponentes signavimus, & te Stephanum Diaconum, & Notarium scribere hanc cartulam, jussimus intus Civitatem Dragonariensem feliciter.

  Almeradus Episcopus Servus Servorum Dei 
  Ego Aio Judex.
  Ego Lupus Archipresbyter. 
  Ego Dido Mosilboni.
  Ego Adeodatus de Montesicco.

   4. Quello adunque è quello antichissimo istrumento antico, di cui parla il P. Coccarella. Egli apparisce formato nel principio del Secolo IV. e chi ha purgate le narici ben osserva, se da dovero odora di una tale veneranda antichtà. Certamente questo istrumento non è antichissimo antico, ma moderno assai, formato unicamente sull’idea di sottrarre il Monistero Tremitano, e suoi membri, che sono in Diocesi di Larino dall’autorità del proprio Ordinario. E convenendo parlarne con qualche proprietà, veniamo prima a quel divoto cominciamento : In Nomine Dñi Jefu Christi Amen. Egli è indubitato, che una tale formola non s’introdusse dal Secolo IV. ma assai più tardi, e potea avvertirlo l’Autore di questa scrittura, siccome ha bene avvertito non segnarlo coll’anno incarnationis, il quale uso non principiò, che nel Secolo XI. e vogliono, che Leone IX. se ne servisse la prima volta ne’ suoi Diplomi.

   5. Passando a cose di maggior rilievo: seguita l’istrumento : Tertio anno Domini Constantini Sanctissimi Imperatoris nostri ; e a questo terzo anno di Costantino il P. Coccarella unisce l’anno della nostra salute 311. In sua sentenza adunque l’anno 311. era il III. di Costantino, e questo egli lo dice chiaramente feguendo : Imperando Costantino Magno l’anno III. del suo Imperio : e si sa, se può accordarsi l’anno III. dell’Imperio di Costantino coll’anno 311. del Signore. Convengono gli Storici profani, ed Ecclesiailici, e anche Critici, che il primo anno dell’Imperio di Costantino fu, essendo Consoli Galerius Massimianus Aug. VI. ac Constantius Aug. VI. Costanzo Cloro morì nell’anno stesso, ma poco dopo di aver posto la corona sul capo del suo figlio M.Fl. Valerio Costantino, il quale ebbe il nome di Grande in presenza de’ principali della Milizia, dal che siegue, che l’anno III. di Costantino concorre coll’anno 308. dell’Era volgare, e che l’anno 311. di questa, o sia di Gesù Gristo, non era il III. ma il Vl di Costantino.

    6. Si segna questo Istrumento colla decima Indizione. Che che sia de’ contrasti, che si fanno intorno al cominciamento delle varie Indizioni : e che che fii anche del tempo, in cui principiarono le Scritture a segnarsi coll’Indizione, è certo che quella, che si appella Cesarea, e Costantiniana , della quale si fa uso ne’ Concilj, e nelle pubbliche carte non cominciò, che nell’anno 311. di modo che l’anno appresso 312. fu numerato per anno della prima Indizione : Quindi dicendosi nello Strumento, che fusse segnato nell’ anno III. di Costantino, non potea segnarsi con alcuna Indizione ; perché questa Indizione non s’introdusse nell’ anno III. ma nell’ anno VI. di questo Imperadore.

   7. Se poi si voleste seguitare la sentenza di coloro, li quali danno principj più alti alle Indizioni, alcuni fino al tempo di Augusto, e altri più in là: Questo nemmeno può giovare all’Autore dello Strumento ; imperciocché mai si unirà l’anno III. di Costantino colla decima Indizione. E volendoli portare innanzi l’Indizione, e incominciarla dall’anno I. dell’Era volgare, che corrisponde all’anno III. di Gesù Gristo, secondo il computo del Signor Cardinal Baronio, come molti hanno usato fare, nemmeno può aver luogo sul fondamento, che segnandosi il detto anno colla IV. Indizione, come fa il Pagi tra gli altri nella sua Critica Istorico-Cronologica sopra il Baronio, nel vero anno III. di Costantino cade l’Indizione XI. e se mai quell’anno fusse quello dello Strumento, cioè l’anno 311. della nostra salute, questo non si trovarebbe segnato colla X. ma colla XIV. Indizione. Questo quanto al titolo.

   8. Cominciò poi lo Strumento. Nos Almeradus Episcopus Dragonariensìs, per Draconariensis. Qui dunque Almerado si appella Vescovo di Dragonara, e il P. Coccarella lo chiama Vescovo Pracorasense. Abbiamo veduto nell’Errata corrige, se mai vi fusse errore di stampa, e non avendocelo ritrovato, fiamo ricorsi a più Cataloghi di Vescovadi antichi, e anche a’ Provinciali; siccome a chi nota i Vescovadi suppressi ne’ quattro Patriarcati, per vedere, se mai questo Almerado fusse stato qualche Vescovo Titolare, e nemmeno l’abbiamo ritrovato ; tanto più, che i Vescovi Titolari cominciarono assai tardi, e poiché con scisma si separarono da Noi le Chiese dell’Oriente, o che furono i luoghi occupati da’ Maomettani.

   9. Quindi senza altra ricerca siamo costretti ammetterlo, come abbaglio di stampa, o per inavvertenza di Copista, e cosi appellarlo Vescovo di Dragonara. Nel qual caso non può intendersi, che di Dragonara posta in quella vicinanza di Tremiti, come quella, che confina colla Diocesi di Larino, e si divide per mezzo del Frontone, o sia detto Fortore, e questo per tante altre circostanze, che sono nella Scrittura, oltre al non leggersi per tutto il Mondo Cattolico altro Vescovo di Dragonara

e questo in tempo di Costantino nemmeno era in mente di Uomo, siccome in sentenza più comune nemmeno era costrutta la Città, e come si può vedere nella Cronaca Cassinese lib.2. cap.50. in Ughellio, e
presso altri Scrittori delle cose del nostro Regno, Bolano, o Bojano Catapano di Michele Imperadore di Costantinopoli edificò Dragonara con Florentino, o sia Fiorenzola , e Civitate a tempo, che i Greci possedevano buona parte del nostro Regno, lo che avvenne nel principio del Secolo XI. Ma che che sia, se il Catapano edificasse da’ fondamenti, o che piuttosto ristauraste le tre sopraddette Città, come vogliono altri, e noi incliniamo in questo sentimento, sembrandoci duro l’asserire, che dentro lo spazio di sette anni del suo governo abbia edificato più di venti Città nel luogo, ove si dice Capitanata, e di là intorno; è certo, che il Vescovado di Dragonara non pretende una sì veneranda antichità del principio del IV. Secolo, e vogliono, che fusse eretta in Vescovado verso il Secolo X. al presente anche estinto, e suppresso.

   10. Quell’Abbas Alberici Sacri Coemobii Tremitensis Insulae cum tota Congregatione spiritualìum Fratrum fuorum, non sappiamo, se possa dirsi in Occidente Abate, e Congregazione di Monaci, o sia di Frati, che così pure si dicevano i Monaci nel principio del IV. Secolo. Sappiamo, che nel 305. S.Antonio Abate diede cominciamento alla vita Monastica, e fu detto Abate dalla voce Ebraica Abba, che significa Padre, ed egli fu il primo, che adunasse discepoli nel monte della Nitria della Tebaide, o pure, come piace ad altri fu piuttosto Asceta, e Superiore de’ Monaci, che non vivevano in comune, ma dispersi in solitudine, benché sotto la sua ubbidienza ; ma sia come si voglia, è certo, che non prima della libertà data alla Chiesa da Costantino, che fu nel 312. fu dato principio alla fondazione de’ Monisterj in oriente, e in occidente assai più tardi e si sa, che non prima de’ tempi di Valentiniano Imperadore si stabilirono in queste nostre parti Cenobj, e propriamente dopo che in.oriente, si diede perfezione all’Ordine Monastico di S. Basilio, il quale è celebre, e numeroso si sparse nelle nostre Provincie, che erano più vicine a’ Greci, cioè nella Puglia, e Calabria, nella Lucania, e Bruzj, come si è detto altrove.

   11. Siegue a dirsi nello strumento : construxerunt Ecclesiam a novo fundamine S. Dei Genitricis, & Virginis Mariae. Per quel, che si è veduto nell’antecedente §. 3. non fu l’Abate Alberico, ma bensì, come dice il P. Coccarella, il Romito, il quale per rivelazione della Bma Vergine si condusse in Costantinopoli a comprare quanto bisognava per il suo edificio, e che poi con intelligenza del sommo Pontefice ne diede l’amministrazione ad alcuni Religiosi : né può dirsi, che distrutta la Chiesa fabbricata dal Romito, Alberico la ristaurasse ; perché  in questa carta si dice, che egli la fabbricasse a novo fundaniine ; e poi dee, supporsi, che il Romito la fabbricasse molto prima, per dirsi, che poi si fusse consumata, e prima di Costantino certamente, che non vi era Costantinopoli, come si è detto nel §. antecedente.

   12. Si vuole in questa carta, che questa Chiesa fusse consagrata col titolo S. Dei Genitricis, & Virginis Mariae. È articolo della nostra Sagrosanta Religione, che la Bma Vergine Maria sia propriamente Madre di Dio : l’espressione però si chiara di Dei Genitricis non venne in uso, che dopo il Concilio Efesino generale Ecumenico, celebrato l’anno 431. contro Nestorio, il quale distinguendo due Persone in Gesù Cristo, umana una, e l’altra Divina, diceva, che la Biña Vergine non era Madre di Dio , ma di Cristo come Uomo : Onde ebbe il suo cominciamento la preghiera, che si fa alla Vergine S. Maria Mater Dei ora pro nobis & c. e con ciò l’ uso di dipingere la Bma Vergine col Bambino in braccio , e colla nota Mater Dei.

   13. E poi come può accordarsi, che l’Abate Alberico colla sua Congregazione abbia a fundamine costruito questa Chiesa, e che fusse stata confagrata III. anno Domini Costantini che farebbe stato l’anno 311. della nostra Redenzione, come sopra, quandocche non prima, che negl’anni di Cristo, o meglio dell’Era volgare 312. Costantino il Grande diede con pubblici editti la pace alla Chiesa ; perché  allora vinse Massenzio coll’annuncio della vittoria, fattogli dal segno della SS. Croce, che gli apparve dal Cielo scritta EN TOY TΏI NIKA. cioè in virtù di questo vincerai, come scrive Eusebio al lib.10. della Storia cap.15. onde allora incominciò una nuova epoca, che si disse della pace della Chiesa, e si prese la libertà di fabbricar Tempj al vero Dio in luoghi aperti, e a celebrare pubblicamente Concilj , facendosi tutto prima di nascosto.

    14. Non può dirsi adunque, che prima di detto tempo siasi edificata detta Chiesa, quale il P. Coccarella nel §. passato appella Tempio, e molto meno consagrato in un luogo sì pubblico, e rinomato, quanto erano l’Isole di Tremiti; e molto più volendosi asserire nel preced. §. che pervenuta la fama del Tempio a’ Popoli circonvicini, ci concorrevano per soddisfare alla loro divozione, e cose simili. Non è dubbio, che fin dal tempo degl’Apostoli ebbero i Cristiani i luoghi, dove si adunavano ad orare, ad offerire il Divino Sagrificio, ad ascoltare la Divina Parola, a ricevere i SSmi Sagramenti, e a fare in fine altri esercizj di Religione, e il Cenacolo fu il primo luogo, dove si ragunavano gl’Apostoli per quest’effetto, come negl’Atti Apostolici al cap.1. la Casa di Maria Madre di Giovanni, cognominato Marco, parimente fu uno di questi luoghi, come dalli stessi Atti Apostolici cap. 12. e si fatti luoghi, Chiese, e non Templi appella S. Paolo scrivendo a i Corinti, e così ancora Chiese chiama S. Ignazio M., Tertulliano, Eusebio, e altri Scrittori di quei tempi: Alle volte Cryptas, Caemeteria, e spesso AEdes piorum .

   15. E queste erano alcune case segrete di persone pie, come in Roma fu quella di Pudente Senatore, Discepolo di S. Pietro, quella di Euprepia Matrona, e altre : o erano caverne sotterranee, onde i Gentili davano a’ Cristiani il nome di Nottambuloni, come quelli, che di notte si radunavano in esse a fare i di loro esercizj, e quantunque in que’ primi tempi si concedevano a’ Cristiani le Chiese, queste non erano pubbliche, né in foggia di Templi, per la qual cosa presso Minuzio Felice nell’Ottavio disputando Ceciliano contro de’ Cristiani, rimproverava loro : cur nullas Aras habent, Templa, nulla ? Sopra di che fa vedere il Baronio ad annum Chrsti 57. che i Cristiani in que’ tempi delle persecuzioni non avevano Altare visibile a’ Gentili, né Tempj a fomiglianza ’di quei, che avevano i Gentili, come poi fu fatto, quando Costantino diede la pace alla Chiesa, ed egli ne costruì alcuni, e come si legge nel Breviario Romano nell’ufficio di S. Silvestro, antea negatum erat publice Templum extruendi.

   16. Quanto alla Consagrazione si dice in detta carta : Ego , parla Almerado, postulantibus illis faepius, & me anxius petentibus consensum : praebui precationibus eorum, & dedicavi in mense suprascripto, & anno Episcopatus mei decimo sexto, Inductione decima . Et postea adjutus auxilio omnium Creatoris dedicavi hanc Ecclesiam reversus sum ad Sedem Episcopatus nostri. Ben spesso abbiamo nell’Antico Testamento la memoria delle consagrazioni degl’Altari, fatte coll’unzione dell’ olio da Mosè, e da Giacobbe ; e fu solenne la dedicazione del Tempio di Salomene. E quindi l’uso di consagrarsi i Sagri Altari, quali per nascondersi da’ Gentili, trasportavano i Cristiani prima di darsi la pace alla Chiesa, dove meglio gli veniva fatto di celebrare la Sagra Sinassi : ma quatunque oltre agl’Altari fino dal tempo degl’Apostoli fussero stati dedicati a Dio alcuni luoghi, che da altri si chiamano Oratorj, e da altri Chiese, dove si ragunavano i Fedeli per le istruzioni, orazioni, e per cibarsi del Sagro pane, come si è detto : però non sappiamo se quei luoghi si consagravano con rito solenne, e se vi erano eretti Altari in titoli, come è indubitato, che succedè a tempo di S. Silveltro Pontefice, il quale dedicò solennemente la Basilica del Santissimo Salvadore in Roma, eretta da Costantino Magno, e questo non fu prima dell’anno 312. onde poi nacque il Rito della solenne consagrazione, che oggi si osserva de’ Sagri Tempj, e per testimonio di Eufebio in que’ primi tempi gl’Altari, erano di legno, e come portatili.

   17. Non bastando all’Abate, e Monaci l’aver fatta consagrare con tanta solennità la Chiesa, pregano in oltre il Vescovo esentare quel Monistero, in modo che niun Vescovo avesse sopra di esso aliquod dominium, aut dominationem : e che sempre fusse libero absque dominatione Episcoporum ; e temendo in particolare de’ successori del Vescovo consagratore, che con tale occasione, cioè della consagrazione, aliquis ex tuis successoribus praesumat nobiscum caufa re, & contendere, pregano il Vescovo liberargli . ed egli concede loro quanto dimandano in ampia forma, stendendo la proibizione ad ogn’altro Vescovo con imprecazioni di dover soggiacere, chiunque tentasse il contrario, alla pena di scommunica, alla maledizione de’ 318. Padri, intendasi Niceni, e simili altre formule, e in particolare parla di lui, e de’ suoi successori, se mai tentassero alcun dominio, o giurisdizione, a cagione della dedicazione da lui fatta, propter dedicationem quam feci : E tutto ciò dice farlo, pro remedio Animae meae.

   18. Molte cose tutte assieme qui si aggruppano, e sarebbe troppo fatica, se volessimo notarle una per una, s basterà farne ancora una massa ammontata assieme, e lasciarne lo squittino al leggitore, che non sia affatto digiuno della disciplina di que’ tempi : perché  se si pensano le cose d’allora tali, quali oggi si veggono, s’incorre certamente negl’errori di coloro, i quali non distinguendo i tempi, giammai possono concordare le scritture. E cosi dove l’ampia giurisdizione, dalla quale il Consagratore esenta il Monistero, e suoi Religiosi ? Dove 1318. Padri del Concilio Niceno, alla maledizione de’ quali soggetta coloro, che contravenissero a quanto si era disteso nel suo Diploma ? Mentre ognuno fa, che in detto tempo la celebrazione di esso non era stabilita, che solo nella mente di Dio, essendosi fatta tanti anni appresso, cioè nell’anno 325. dove l’uso di maledire i violatori di qualche ordinamento, e pregare loro calamità, e dannazione con Datan, e Abiron, e con Giuda Traditore ? Posciacche questo non cominciò, che ne’ tempi bassi, assieme col pregare benedizioni, e felicità a coloro, i quali ne fussero mantenitori. Finalmente dove la formola pro remedio Animae meae ? Posciache non fu in prattica, se non ne’ tempi bassi, come la precedente.

   19. Ma perché  il fine dell’Autore del Diploma, non fu altro, che col mezzo d’un tal Privilegio esentare il Monistero di Tremiti, e farlo libero in ogni cosa dal proprio suo Ordinario ; stimiamo perciò fermarci, e vedere se in que’ tempi, fusse in uso una tale esenzione. E non può dubitarsi, che cominciarono i Monisteri, e i Monaci a procurare l’esenzione dalla giurisdizione de’ Vescovi non prima, che dal tempo di S. GregorioMagno, quando questo S. Pontefice in un Concilio Romano, celebrato nel 601. con un Decreto, che si applla Costituto, lo praticò ; e secondo narra l’Altaserra Asceticon. lib.7. cap.2. ciò non si usava, che assai di rado. Il solenne esempio ne diede Zaccaria I. verso la metà del Secolo VIII, quando consagrando la prima volta la Chiesa di Monte Casino con 13. Arcivescovi, e 68. Vescovi, pregato da quei Religiosi, e a riguardo d’un tanto Illustre Monistero, lo privilegiò coll’esenzione dalla giurisdizione di tutti i Vescovi, sottomettendolo al Pontefice Romano.

   20. E a tempo che si vuole dedicata la Chiesa di Tremiti, i Monaci, i quali erano tutti laici, non era in uso che tenessero Chiesa propria per fare il Sagrificio, ma si conducevano a sentir la S.Messa in quella del Vescovo, portando ancora essi le obblazioni del pane, e del vino, avendo il luogo fuori del Santuario fra i laici, benché immediatamente a’ cancelli, che chiudevano il Sagro Altare , e prima di tutti gl’altri Uomini, dalla parte sinistra della Chiesa, che era la destra di chi entrava, posta al mezzo giorno, essendo le Donne poste alla finistra. Questo si ha da molti Scrittori, che ragionano de’ primi Secoli, e si legge chiaramente nell’Orazione 32. di S. Gregorio Nazianzeno, il quale nominando per ordine quei, che assistevano alla Cliesa, mentrecche egli Sagrifi cava, rivolto a’ Monaci dice : valete Nazareorum Chori, perché  per lo più si dicevano Nazareni, e questa costumanza divenire i Monaci alla Cattedrale cogl’altri, per astìstere a’ Divini Misterj fu in uso per molto tempo appresso dalla data dell’Istrumento antichissimo antico ; come altrove è stato da Noi avvertito.

   21. Si sottoscrive : Almeradus Epifcopus Servus Servorum Dei. E ognuno sa, che questo aggiunto di Servo de’ Servi di Dio incominciò da S. Gregorio Magno, e l’usò Sigobaldo Patriarca di Aquileja nell’anno 774. sìccome nell’ 898. Giovanni IX. Arcivefcovo di Ravenna, e nel 957. Pietro Arcivescovo di Ravenna, e poi si è reso titolo ordinario de’ Papi. Seguitano le altre sottoscrizioni : Ego Aio Judex, e vuoi dire : Ego Azo per quel, che si legge nel corpo dell’Istrumento : ante praesentiam Judicis : e questo nome di Azone non fu in uso, che dopo la venuta de’ Longobardi, e noi abbiamo un Vescovo cosi nominato, Notai, e altri di Larino di tal nome in alcune scritture di detti tempi, e forse chi formò questo Istrumento lo prese dalle medesime . L’altra sottoscrizione : Ego Lupus Arcbipresbyter. Arciprete nel principio del IV. Secolo! Quell’ Arci, o Archi in Latino, per dinotar Capo posto innanzi all’Epìfcopus, Presbyter, e Diaconus, e sìmili, cominciò ad usarsi assai più tardi. L’ultima sottoscrizione : Ego Adeodatus de Monteficco. Montesicco è un luogo della Diocesi di Larino, che andava con Cliternia, al presente sta nel tenimento del territorio di Serracapriola, come in parlarsi di questa Terra nel cap.7. del presente lib.4.