Monziggnore, sò stato ferito

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Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti caudati letteratura Monziggnore, sò stato ferito Intestazione 2 novembre 2022 25% Da definire

Le resíe Lo scordarello
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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MONZIGGNORE, SÒ STATO FERITO.1

     Da quattr’anni a sta parte e ppochi mesi,2
Si3 vvoi dite a sti santi Imporporati:
“Minentissimo mio, semo affamati„,
Pare, pe’ ccristo, che l’avete offesi.

     Io discorro accusì, pperchè ll’ho intesi;
E sso anzi che llòro e li prelati,
Quanno senteno guai, tutti arrabbiati
Dicheno: “Aringrazziate li francesi.„

     C’ha che ffà cquela ggente in sta faccenna?
Cosa sc’entra la Francia in sto lavoro?
Sc’entra come li cavoli a mmarenna.4

     Li francesi oramai passa vent’anni
Che sse ne stanno in pasce a ccasa lòro
Senza annàsse5 a ppijjà ttutti st’affanni.6

4 giugno 1835

[p. 225 modifica]Carne allesso; e il giudice, rivestito insieme della prerogativa di testimonio, riprende: Riportatelo via, chè non è esso; ovvero: Lassatelo cqui ch’è esso, secondochè il reclamo era bene o male applicato. Nel primo caso, il povero deluso ritorna al suo posto in seno al giudice per subirvi nuove percosse: nel secondo vi subentra invece il reo convinto, e si ripetono in quella piccola società colpe, accuse e condanne. Or noi, supposta un’ingiuria, ed elevato il dialogo o più alta significazione, chiederemo al lettore, per moralità di questi versi, dove dovrebbe cercarsi l’orecchio da menare a penitenza, se cioè sul Montmartre presso il Colle Vaticano.


Note

  1. [V. l'ultima nota.]
  2. [Cioè, dall'elezione di Gregorio XVI, seguita il 2 febbraio 1831.]
  3. Se.
  4. Merenda.
  5. Andarsi.
  6. Fra gli altri sollazzi puerili, usa in Roma il seguente. Un fanciullo si asside giudice. Un altro, curvato e colla faccia in grembo a lui, è percosso da qualcuno del resto della compagnia, che si tiene ivi presso schierata. Rizzatosi allora sulla persona, dice al giudice l’offeso: Monziggnore, so' stato ferito. — Chi vv’ha ferito? — La lancia. — Annatela a ttrovà in Francia. — E ssi in Francia non c’è? — Annatela a ccerca indov’è. — E ssi nun ce vò venì? — Pijjatela pe’ un’orecchia e pportatela cqui. Con questo mandato va egli attorno, fissando in volto tutti i suoi compagni, se mai vi apparisse alcun moto dal quale arguire la verità, mentre gli esplorati si agitano fra le più curiose smorfie del mondo, per comporsi ad un aspetto d’indifferenza. Finalmente ne sceglie uno, e lo conduce al giudice, che gli dimanda: Chi è questo? Il querelante risponde: Carne allesso; e il giudice, rivestito insieme della prerogativa di testimonio, riprende: Riportatelo via, chè non è esso; ovvero: Lassatelo cqui ch’è esso, secondochè il reclamo era bene o male applicato. Nel primo caso, il povero deluso ritorna al suo posto in seno al giudice per subirvi nuove percosse: nel secondo vi subentra invece il reo convinto, e si ripetono in quella piccola società colpe, accuse e condanne. Or noi, supposta un’ingiuria, ed elevato il dialogo o più alta significazione, chiederemo al lettore, per moralità di questi versi, dove dovrebbe cercarsi l’orecchio da menare a penitenza, se cioè sul Montmartre presso il Colle Vaticano.