Naja Tripudians/XXII

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XXII.

Il treno rallentava per entrare nella stazione di Liverpool-Street e le due fanciulle si sporsero dal finestrino.

— Ecco lo chauffeur! — esclamò Leslie.

— Dove? dove?

— Là, accanto a quella signora.... quella coi capelli grigi.... vestita di nero.

— Sì, sì, — disse Myosotis un po’ nervosa. — Chi sarà quella signora?

— Ha l’aria molto aristocratica, — disse Leslie; — che sia la dama d’onore....

— Può darsi, — disse Myosotis. Indi soggiunse: — Ma non credo che quella verrebbe alla stazione.

Il treno si fermò; le fanciulle presero le loro valigie e scesero.

Lo chauffeur si avvicinò, salutò, e risalì in treno per prendere la cappelliera. [p. 144 modifica]

— Sono sole? — chiese poi, guardandosi in giro.

— Sì, sì; sole, — disse Myosotis.

— Ah, — fece l’uomo, — credevo che forse le accompagnava il signor padre....

S’avviò rapido, portando valigie e cappelliera, verso la signora dai capelli grigi che s’era fermata in fondo alla piattaforma.

Myosotis e Leslie lo seguirono, correndo un poco.

Giunte presso alla sconosciuta le due fanciulle la guardarono con timido sorriso, in attesa del suo saluto.

Ma lo chauffeur le parlava.

— Sono sole, — disse.

— Ah! sono sole? — La signora sfiorò le sorelle collo sguardo. — Allora io me ne posso andare.

— Sì, sì, — disse lo chauffeur, avviandosi verso l’uscita.

Anche la signora si mosse, camminando accanto a lui. Si volse un istante e di nuovo sfiorò collo sguardo le due ragazze senza far atto di salutarle. Poi, rivolta allo chauffeur, disse:

— Che Gaby non si metta nei pasticci!...

Lo chauffeur si strinse nelle spalle. [p. 145 modifica]

— Mah! Peggio per lei, — osservò.

E piantando in asso l’aristocratica signora dai capelli grigi, si avviò in fretta verso la grande automobile verde che, guardata da un commissionario, stazionava all’uscita sotto la tettoia.

Trotterellando dietro a lui le fanciulle non parlavano più. Myosotis si domandava perchè mai quella signora quando aveva saputo ch’erano sole, se ne era andata. Le pareva una ragione di più perch’ella restasse con loro e le accompagnasse. Vagamente si domandò anche chi poteva essere «Gaby», e in che sorta di pasticci stava per mettersi....

Ma lo chauffeur aveva caricato valigie e cappelliera sulla Rolls-Royce, ed ora teneva aperta la portiera perchè le due giovinette salissero. Entrarono nella sontuosa vettura e sedettero, sprofondando nei morbidi cuscini.

Lo chauffeur chiuse Io sportello, salì al suo posto, e via!...

.... Via, verso il turbinante cuore di Londra traverso le strade nere e affollate della City; via, lungo i neri meandri del Tamigi, e su pel sordido Cheapside e il formicolante Fleet Street e il brulicante Strand; via, oltre la grandiosa [p. 146 modifica] Trafalgar Square, e giù per l’interminabile Oxford Street e su per Regent Street e Langham Place... e fuori, verso i quartieri più aperti e lussuosi del West End. Via, costeggiando un parco immenso, e poi di nuovo il fiume, e poi un altro parco, via!...

Rombando e strombazzando, tossendo e abbaiando, l’automobile verde correva rapidissima, lasciandosi dietro una strada dopo l’altra, una piazza dopo l’altra.

Ora si susseguivano interminabili, uno identico all’altro, dei piazzali quadrati, ognuno con un giardino nel centro, e intorno le facciate delle case alte e solenni. Nel crepuscolo invernale — fosco e fuligginoso crepuscolo londinese — tutto si confondeva, grigio su grigio, ombra su ombra; le case, le strade, il cielo.... Tutto era plumbeo e livido. Pareva di correre senza posa e senza meta entro un mostruoso cinereo labirinto.

Le fanciulle dapprima si erano scambiate qualche parola, commentando la velocità della corsa, la folla di gente affaccendata, l’altezza dei grandi ponti lanciati sopra le nere acque del Tamigi.... e poi le innumerevoli e interminabili strade e piazze che tutte si assomigliavano e si [p. 147 modifica] confondevano, livide sotto la livida cappa del cielo; tutte identiche l’una all’altra, a tal punto che si aveva l’impressione di ritrovarsi continuamente là dove si era già stati....

Ma ora tacevano, guardando fuori, sbalordite, senza pensiero. Non si preoccupavano più nè dell’arrivo, nè dell’accoglienza che farebbe loro Lady Randolph. Non si preoccupavano più di nulla, non pensavano più a nulla, cullate e intontite dal celere movimento dell’automobile che le trasportava, atomi inerti in questa immensa metropoli, verso la meta sconosciuta.

Finalmente — e ormai tutt’intorno a loro si era chiusa, come una muraglia torbida, l’oscurità — l’automobile si fermò.

Myosotis, che aveva chiuso gli occhi, si drizzò di soprassalto.

— Ci siamo!

— Che gioia! — esclamò Leslie, ravviandosi i capelli.