Opera dilettevole da intendere, nella qual si contiene doi itinerarij in Tartaria - Versione critica/Opera dilettevole da intendere, nella qual si contiene doi itinerarij in Tartaria, per alcuni frati dell'Ordine minore

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Opera dilettevole da intendere, nella qual si contiene doi itinerarij in Tartaria, per alcuni frati dell'Ordine minore

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Del sito e qualita, del Paese de Tartari.

Capitolo primo.


TT
Rovasi nelle parte Orientali una Provincia detta Mongal, overo Tartaria. Questa e situata da quella parte che l'Oriente si congiunge con l'Aquilone. Et de qui è il Paese di certi Popoli, che si dimandano Leitai et anche Solanghi. Da mezo giorno e la sede de li Saracini, fra l'Oriente e mezo giorno habitano gli Humi, et da l'Occidente li Naimani dal'Aquilone, circonda il Mare Oceanno. In alcuni luochi e montosa, et in alcuni ha molte pianure, ma tutta quasi in ogni canto e piena d'harena. Non e fruticosa nella centesima parte: impercioche non pol far frutto se non e irrigata da fiumare, che li rarissime se ritrovano. Onde ne Vilaggi ne Citta alcuna vi è edificata: salvo una che si dimanda Carcurim. e si dice sufficientemente esser buona. Noi certo non havemo veduto quella, ma semo ben stati vicino a meza dieta: quando a Syraorda che è la maggior corte de l'Imperatore dimorassemo, avenga che questo paese sia molto sterile: nientedimeno e molto concedente a nutrir

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bestiami. Sono certi lochi che hanno alquanti boschetti, et oltra questi legname alcuno non si ritrova. pertanto cosi l'Imperator como li Principi et altri sacociano a sedere in terra, e cuoceno le sue vivande con sterco di Bovi et Cavalli. Lo aere e mirabilmente inordinato, a meza estade, tuoni, lampi, et saette, donde molti allhora periscono, et cascano le neve alte per li campi: sono etiandio in questo paese si freddi et crudeli venti che a le fiate non si pol appena cavalcare, onde como fossemo a Orda, che cosi chiamano le stanze de l'Imperadore Principi per lo gran vento giacevamo gettati in terra, e per la gran polvere chel uento inalzava nulla vedevamo. Mai nello inverno piove, ma spesso nella estade, e cosi poco che appena la polvere e radice di herbe si possono inaquare. Qui anchora cade molte volte grande tempesta: e questo noi vedessimo che quando l'Imperator poi la elettione dovevasi ponerne la sedia regale, cadde tanta tempesta che de la subita sua resolutione CLX huomini nella corte forano somersi: e molte robe, e suoi habitacoli traherno fora. Viè ancora ne la estade tosto un gran caldo, e di subito freddo grandissimo. [p. 6r modifica]

De la forma, habito, et viver loro.                                             Cap. ij.


L
A forma de li Mongali over Tartari, e estratta da tutti gli altri huomini. Pero che tra gli occhi et le galte sono larghi più de gliatri, le galte etiandio sono prominente molto da le mascelle, hanno il naso piatto e breve, li occhi piccoli, e le palpebre fino a le ciglia elevate e sopra il capo a modo de sacerdoti, radendo da l'una e l'altra parte del fronte, piu ch'in mezzo, fanno capegli longhi, glialtri como le femine lasciono crescere de quali fanno due code e liganole drieto le orechie. Hanno li piedi piccoli, li vestimenti cosi degli huomini como de le donne sono fatti ad un medesimo modo. Non usano mantelli, cappe, o capucci ma portano veste fatte a maraviglia de Bucharanno de scarlato, over Baldaquino, qual sono forti et preciosi panni, e quelle che son fodrate hanno le pelle di fora e sono aperte da la parte de dietro, que etiam pende una coda piccola fino alli genocchi, le quale non loro lavano, ne mancho permetteno che sian lavate, ſìspecialmente fin che dura il tempo de tuoni, le sue habitatione sono rotonde a modo de paviglioni fatte di Bachette et

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verghe di sopra, a mezzo il coperto hanno una fenestra rotonda, per laqual entra lo lume, et escie lo fumo. Pero che sempre a mezzo fanno foco. Il colmo, e le bande sono coperte di feltro, del medesimo sono anche le porte, queste sue trabacche alcune se disfanno e portansi da sommieri dove si vole, altre non si possono disfare, ma nelle carette cosi intiere si portano, e quelle sempre portano seco vadano in guerra, o in altro luogo, sono molto ricchi de animali, cioe Camelli, Bovi, Capre, e Pecore, li Cavalli et altre bestie, da soma, sono appresso loro in tanta quantita che non credo, tutto il resto del mondo n'habbia tanti. Ma Porci et altri animali non hanno. Lo Imperator Baroni et altri magnati, habundano d'oro, argento, seta, e pietre preciose, li cibi de quelli son tutte le cose che si posson mangiare, havemoli veduto mangiar fino Pedocchi, bevono lo latte de li animali, & in gran quantita pur che se ne trovi di quello de bestie da soma, pero che nello inverno li richi solo ne bevono, ma li poveri cuoceno del meglio ne lacqua, e lo lasciano dissolver poi la matina ne bevono uno o doi bichieri, et a le volte piu non mangiono quel [p. 7r modifica]

giorno, quando e la sera se da a ogniuno un poco di carne, e sorbeno il brodo, ma ne l'estade che hanno del latte a sufficientia rare volte mangiono carne, se non le vien donata, o che sia stata presa a cazza come sono ucelli e fiere salvatiche.


Delli suoi costumi.                                                                       Capitolo. iij.


H
Anno alcuni costumi che son molto laudabili, et alcuni in tutto abhominevoli, sono piu obedienti a li suoi patroni che molti de noi, cosi Religiosi como seculari, impercio che portano a quelli somma riverentia, ne mai li diriano una bosia cosi facilmente, ne fariano altro di quello li viene imposto. Rare volte e quasi mai contendono insieme. Guerre, risse, questione, homicidio tra loro niuno interviene, non si ritrovano Assasini et robatori: onde le sue stanze e carette dove sono gran thesoro, ne con serrature, ne con altro instrumento se chiudeno, si alcuna bestia e smarrita colui che la vede o lassala stare, o la conduce a quelli che hanno questo officio: apresso liquali colui che l'ha perduta la ricerca, et senza alcuna

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difficulta se la piglia, uno honora l'altro, e liberalmente con familiarita communicano le vivande, benche poche siano apresso loro. Sono huomini di grande tolerantia, pero che alle volte che son stati uno e doi giorni senza mangiare sopportano valentemente, e cantano, e giocano, como se havessino ben mangiato. Nel cavalcare sostengono gran freddo, et anche caldo intolerabile. Fra loro quasi mai e alcun piacere, e benche molto s'imbriachino, tamen nella sua imbriachezza mai contendono. Niuno sprezza il compagno, ma quanto po li da aiuto. Le sue donne sono caste, ne tra loro mai si dice de la sua impudicitia, ma alcune di quelle dicono parole assai brutte e dishoneste, li Tartari verso tutti gli altri huomini son superbissimi, e reputano cosi nobili como ignobili da poco, e li schernissono. Onde vedemo nella Corte de l'Imperatore, il gran Prince de Rossia, e'l figliuolo de lo Re di Giorgini, e molti Soldani nissuno honor ricever da quelli, anci coloro che alla cura sua erano assegnati, benche fossero vili li andavono di sopra, e sempre tenevano il primo loco, anci spesso bisognava sedesseno drieto le sue spalle. Oltra di questo sono verso glialtri [p. 8r modifica]

huomini iracondi e disdegnosi, e quasi mai dicono la verita al principio sono losinghevoli, ma poi pungono como scorpioni. Conciosia che sono ingannatori e fraudolenti, e ad ogniuno si possono con l'astutia sua danno inciampo. Quello mal che li voleno fare a maraviglia occultano, acio non ſe ne avedano e trovino qualche remedio contra le sue astutie, sono sporchi nel mangiare, et altri suoi fatti, la imbriachezza sommamente honorano, e poi che alcuno ha molto bevuto vomita, e tosto corre a bever di laltro, prontissimi sono adimandare, a donar avarissimi, e se alcun forestiero appresso loro e morto non si dice nulla.


De la legge, et consuetudine loro.                                                          Cap. iiij.


Q
Uesto hanno nella sua legge over costume, che occidono li huomini e le donne che si trovano in adulterio manifesto. similmente se una vergine cade in fornicatione con alcuno ambedoi son messi a morte, se si ritruova qualcheduno che assasini, o robbi in palese senza pieta alcuna è ammazato. A qualunche discopre li

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consigli, maxime quando vanno a battagliare, li danno cento battiture delle maggior che possa dare un rustico col bastone. Cosi etiandio quando li minori offendono alcun de suoi maggiori non li perdonano, ma gravemente lo battono. Generalmente se maritano con tutti e suoi propinqui (eccetto la madre e la figlia che sia sorella da parte di essa madre) percio che la sarabbe da parte di padre, e la moglie di esso padre, poi la sua morte soleno torre. Anche la moglie del fratello, il piu giovene poi la sua morte overo alcun de la parentela convien che la togli. Onde essendo noi li, un certo Prencipe di Rossia che si chiamava Andrea fo accusato al Baty che menava Cavalli fori di Tartaria, e vendevali adaltri, e benche questo non fosse provato li fu data la morte. La qual cosa saputa il fratello minore e la moglie di quello ch'era morto, vennero a supplicar il prefato Prencipe che la terra non li fosse tolta, ma quello comandò al giovine che togliesse la cognata, et ad essa similmente che l'accettasse per marito, quella rispose voler piu tosto la morte, che far contro la sua legge. Costui nientedimeno ben che ambidoi rifiutassino quanto potevano, [p. 9r modifica]

constrinseli per forza a far questa cosa nephanda. Poi la morte de li primi mariti, le moglie de Tartari non facilmente piu si maritano, se non volessi forse alcuno tuor la cognata, o madregna. Non e apresso loro differentia alcuna tra bastardi, e legittimi, ma il padre da cio che vol ad ogniuno, per tanto si ben sono di sangue reale, cosi si fa Principe il figliuol naturale como quello della Regina. onde havendo il Re di Georgia, ò Scotia, doi figliuoli uno chiamato Melich legitimo, e l'altro David, nato de adulterio, morendo lasso una parte del paese al naturale Melich, a cui etiam da parte de la madre veniva il Reame per la succession feminile, venne da l'Imperator de Tartari, percio anche David prese tal camino, venuti adonque ambidoi a Corte, e dati grandissimi doni, adimandava il figliuol naturale che li fosse fatta iustitia a modo di Tartaria, e cosi fo data la sententia contro Melich, che David il maggiore la heredita che li haveva laßata il padre quietamente in pace possedesse. E conciosia che un Tartaro habbi una moltitudine di moglie, ha ogniuna casa per se, e famiglia, hor con una, hor con l'altra, mangia, beve, e dorme il Tartaro, niente di [p. 9v modifica]

meno una fra le altre e la maggiore, con laqual piu spesso dimora, et con tutto che son tante, mai di leggiero si appizano insieme.


    De le superstitiose traditioni, che loro o li suoi maggiori hanno fatto.                                                                                                              Cap. V.

P
Er certe constitutione, che loro o li suoi antecessori hanno ordinato, dicon alcuni peccati esser indifferenti, uno e poner il coltello nel foco over a qualunque modo tocchare il foco col ferro, et etiam tirar fori della caldiera le carne col coltello, over tagliar con la manera appresso il foco: Imperoche credono, cosi tagliarsi la testa al foco. Un'altro è appoggiarse a quel flagello, con che si percuote il Cavallo: perche loro non fanno cio che siano speroni, et con la medesima scorizata toccar le frezze, pigliar ucelli gioveni, et occiderli. Batter il cavallo col freno, uno osso romper con un'altro, Gettar in terra latte, o altre vivande, Urinar nella suo stanza: La qual cosa se alcuno fa di volonta, è occiso, si per necessità bisogna che dia molta pecunia a lo incantatore, dal qual vien mondato, e purificato. Il quale etiandio facci

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che la stanza con tutte le macerie passino per mezzo duoi fuochi. Innanci che a questo modo sia purificata, Niuno è ardito intrare, o portar fori alcuna cosa. Oltra di questo se qualche morsello si mette nella bocca di uno, che non lo potendo ingiottire lo mandi fuora: subitamente per la fenestra tonda della sua stanza, lo cavano fuora, e senza pieta l'ammazano. E se alcuno zappa sopra la porta della stanza di un Prencipe, perde la vita. Molte altre cose hanno simile a queste, che reputano peccati. Ammazzar li huomini, assaltar lo paese d'altri, e robarli le sue faculta, e fare contro li comandamenti e proihibitioni di Dio, è nullo peccato appresso di loro. De la vita eterna, e dannatione niente sanno, credono solamente poi la morte, viver ne l'altro mondo, moltiplicar in bestiami, mangiar, e bere, et far cioche facevano in questa vita presente. Nel principio della Luna, overo quando è piena, cominciano quello che vogliono fare, e chiamono essa Luna grande Imperatore, e pregando quella se ingenocchiano. Tutti quelli che dimorano nelle sue ſtanze bisogna che si purifichino per il fuoco, la qual purificatione si fa in cotal modo. Prima [p. 10v modifica]

pizzano duoi fuochi, e duoi haste mettono appresso quelli, et una corda in la sommita delle haste: ligano poi sopra la corda certi pezzi di Burcharano, sotto la qual corda, e ligature tra quelli fuochi passono li huomini, le Bestie, e li habitacoli. Sono ancho due donne, una de quì, e l'altra de lì, che spargendo de l'acqua, recitano certi incantamenti. Et se alcuno e ammazzato da saetta bisogna al preditto modo paſſare tutti quelli, che dimorano in quello loco. La stanza, il letto, la carètta, li feltri, le veste, e cioche hanno, da niuno si tocca, ma da tutti si rifuta como cosa immonda: Et accio brevemente dica tutte le cose, pensano che si purghino col fuoco. Onde quando viene qualche Ambasciatore, Principe, o altra persona, biſogna esso, e li suoi doni per duoi fuochi, accio si purifichi passare. Conciosia che temono non si porti qualche incanto veneno, o cosa nociva.


Del principio dell'Imperio, over Principato

de Tartari.     Cap.     VI.


Q
U E S T A Parte Orientale, la qual habbiamo detto disopra, como si chiama

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Mongal, et in che modo è situata: Hebbe anticamente quatro Popoli (como si dice) il primo Popolo in lingua loro dicevasi Iekamongal, cioè a dire grandi Mongali. Il secondo Summongal, cioè Aquatici Mongali, che erano essi Tartari da un fiume Tartar cosi nominati, il quale bagna lo suo paese. Lo tero Merkath, Lo quarto Metrith. Tutti questi havevono una medesima forma, e lenguaggio: benche tra loro in diversi Principi, e provincie fossero divisi. Nel paese di Iekamongal, fo uno detto Chingis, Costui cominciò esser robusto Cazator, et imparò robar li huomini, e far botini, et a poco etiandio andava per le Citta, e qualunque poteva: pigliava, e facevalo suo seguace. Cosi inclinò li suoi Cittadini, che lo seguitauano per Capitaneo in male operare, et cominciò a combatter con li Aquatici Mongali, overo Tartari, e quelli soggiugò, morto lo Prencipe loro in battaglia. Doppoi vinse li Merchathi, e procedendo oltra, ottenne etiandio lo Imperio de Metrithi. Udito questo li Naimani hebbono a gran sdegno, che Chingis fosse cosi elevato: Questi havevano habuto uno valente Imperatore, a cui tutte le preditte Nationi di [p. 11v modifica]

Tartari davano tributo. Sendo questo morto successero li figliuoli in loco suo. ma perche gioveni, e stolti non sapevano regger il Popolo, erono fra loro divisi, et in diverso voler partiti: Ne per questo cessavano molestar li confini de li Tartari, e far molte Correrie. Per la qual cosa Chingis congrego insieme tutti li suoi subietti, il simile li Naimani, e Karakitai Popoli, vennero all'incontto. Pervenuti adonque in una Valle stretta, fo fatta la battaglia, et superati li Naimani, et Karakitai dalli Tartari: Quelli che potero scampare si fuggirno glialtri foro fatti prigioni. Fra questo mezzo lo Octoday delli preditti Karakitai, Cam figliuolo de Chingicam, poi che fo constituto Imperatore, edificò una certa Cittade, la quale hebbe nominata Chanil. Appresso quì, verso mezzo giorno, è un deserto grande, in elqual si dice per certo habitar huomini salvatichi, li quali niente al postuto parlano, ne hanno giunture nelle gambe, et s'e alle fiate cadeno, non si ponno levare per se stessi: ma nientedimanco hanno tanta discretione, che fanno feltri di lana de Camelle, con quali si vestono, e reparano il vento impetuosissimo. E quando sono sagittati da [p. 12r modifica]

Tartari, mettono nelle ferite certe herbe, e fortemente fuggono da quelli.


De la mutua Vittoria de Tartari, e Kithai.

Capitolo.   VII.


R
Itornati nel suo paese se apparecchiorno a guerra con li Kithai Popoli: e di subito mosso il Campo introrno nelli suoi confini, la qual cosa sentendo lo Imperatore de Kithai mosse l'essercito suo contro a quelli, e fo comessa una dura battaglia, nella quale vinti li Tartari: tutti e nobili loro furono occisi se non sette. Onde fino al di d'hoggi quando voleno battagliare qualche contrada, et alcuno menazali de occisione: dicono per il passato etiandio occisi non rimanessemo piu che sette, et tamen hora semo cresciuti in tanta moltitudine, e perciò non si spaventemo di tal cosa. Chingis, et gialtri che rimasero, se fuggirno nella sua Terra. Et conciosia che al quanto se havessino ripossato. Un'altra fiata si preparò alla guerra, et andò contro li Huyri: Questi sono Christiani Nestorini, rimasto per tanto

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vincitore, tolse, et usurpò le sue littere. Peroche li Tartari fin quà scrittura alcuna non havevano: Hora tale è la littera di Mongali. De qui partito venne al paese de Sarhuyur, e de Caraniti, e de Hudirath, li quali tutti ottenuti, ritornò nella Patria: e pigliato alquanto di riposso, ragunò tutti li suoi Soldati, et assaltò un'altra fiata li Kithai, et longamente combattendo con quelli pigliaro una gran parte del paese, e constrinsero lo Imperatore chiudersi nella sua Citta maggiore, laqual tanto tempo ossidiorno, che in tutto mancorno le vettovaglie allo essercito. Non havendo adonque, che mangiare commandò Chingiscam a suoi, che di diece huomini, uno dessero a mangiare. Quelli della Citta virilmente con sagitte, et altre machine dalli muri, se difendevano, et poi che manchorno li ſassi gettavono lo Argento liquefatto: Imperoche quella Citta era molto piena di ricchezzza. Li Tartari non potendo vincer quella con guerra, cavorno sotto terra una grande via dal Campo, sino a mezzo la Citta: e da poi discoprendosi entro, e fuori, tanto molestorno con l'arme li Cittadini, che rotte le porte, e lo Imperatore, con molti ammazzato, ottennero la [p. 13r modifica]

ra, e portorno seco in Tartaria l'oro, e l'argento con tutte le altre ricchezze lassati delli suoi in governo della Provincia. Allhora superati li Kithai Chingis fo dechiarato Imperatore: Ma fino al di de hoggi è una parte di questo paese in Mare, la qual non hanno potuto pigliare li Tartari. Sono li Kithai huomini pagani, che hanno lenguaggio per se, et etiandio (como si dice) lo vecchio e novo testamento, et le vite de Santi Padri, et Hieremiti, e chase dove orano a certi tempi, como Chiese. Dicono etiam haver Alcuni Santi: Adorano uno Dio, et liesu Christo, e credono la vita eterna, ma non si battezzano. La nostra scrittura honorano, e reveriscono: Amano li Christiani, e fanno molte elemosine, e parano huomini assai benigni, et humani. Non hanno barba nella faccia, Concordano in parte gli Tartari.

Megliori artefici non si potria trovare al Mon-

do, in qualonque opera si essercita-

no. La terra loro è ricchissima

di frumento, vino, oro, se-

ta, et altre cose.

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Della battaglia che feciono nell'India maggiore, et minore.  Cap. VIII.


C
Onciosia che, doppoi la prefatta vittoria, li Tartari havessino alquanto riposstato, partirono li suoi esserciti. Et lo Imperatore mandò delli suoi figliuoli, detto per nome Fossut, lo quale etiandio chiamavasi Cam, cioè Imperatore, contro li Comani, e quali, con molta guerra superati, ritornorno nel suo Paese. Mandò etran uno altro figliuolo, contro li Indiani, per il che supero l'India minore. Questi, sono neri Saracini, che son chiamati Ethiopi. Partito l'essercito de li, se n'andò alli Christiani, che sono ne l'India maggiore. La qual cosa, udendo il Re di quel Paese, (che da tutti è detto il Prete Ianni) congregato l'essercito, venne contro a quelli. Et haveva fatto far imagine di bronzo, le quali poste sopra li Cavalli, o piu tosto Elephanti, oppose a quelli. Drieto quelle, erano huomini con folli, over mantesi, che soffiando accendevano un foco artificiato, che di quelle abondantissimamente usciva, che con gran scorno de l'inimica gente li Cavalli, et l'inimici,

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abbrusciava. Scendea si grande fumo da quel fuoco greco in aere, che luce alcuna ivi non si potea vedere. Allhora li indiani incominciorno a scargare li archi, et far piover sagitte. Dilche molti morti alle fiere rimaseno, et gli altri confusi si partirono, ne piu havemo udito, che sian tornati.

Come forono scacciati da li huomini Canini, et

superorno li Tabethini.   Cap.  IX.


R
Itornando per deserti li Tartari, pervennero ad una Terra, Nella quale (si come alla Corte de l'Imperatore con fermezza, ne raccontorno i Chlerici Ruthenni, et altri che li erano stati, ritrovaro certi monstri, li quali hanno specie di femina, Ma poi che per molti interpreti habbeno dimandato quali fossero li huomini di quella terra, folli risposto in quel luoco tutte le femine, che nascevano haver forma humana: ma li mascoli di Canne. Mentre che dimorarono in questa Terra, li Canni nell'altra parte del fiume si congregarono insieme, et sendo d'inverno, tutti si giettorno all'acqua, poi questo

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revolgevansi nella sabia, et cosi per lo gran freddo, si congelava sopra di loro quella materia, et poi che ciò molte fiate hebbero fatto, con grande impeto assaltorno li Tartari, ma quelli giettando saette sopra loro parea, che percotessero sasis, conciosia che quelle indrieto ritornavano, ne manco l'altre sue arme li poteano dar noia alcuna. Ma essi Canni saltando in mezzo loro, molti col morder ammazzorno; et cosi foro scazzati li Tartari dalla sua Patria. Onde fin a questo tempo è un proverbio tra loro de ciò, che ridendo insieme dicono, Lo mio Padre, over Fratello, fu occciso dalli Canni, le Donne de quelli che pigliarono, menarno seco in Tartaria, et son state fino al di della sua morte. Ma de qui scampati, capitorno ad un Paese che è detto Rurithabeth: dove li habitatori son pagani, et questi con l'arme vigorosamente combattendo soggiogorno. Hanno tal gente una mirabil consuetudine, anzi miserabile, impercio che come il padre dalcuno more si raguna tutto il parentado, e lo mangiono. Costoro non hanno peli nella barba anci portano in mano un certo ferro (como havemo veduto) con lo qual sempre pelano la barba, se qualche [p. 15r modifica]

pelo ti nascesse. Molto bruti sono: Dequi lo essercito ritorno, nella sua patria.

Come foro cacciati da li monti Caspij per certi

huomini che habitano sotto terra.      Cap. X.


N
E L Medesimo tempo, che foro mandati li preditti esserciti a varie espeditioni, aviosse Chimgiscam, contra Oriente al paese de Kergis: loqual allhora non prese, ma si come ne era detto, venne alli monti Caspij, e da qella parte, che arivorno li monti, sono como di pietra adamantina, e però le sagitte, et arme loro trasse a se, a modo di Calamita. Gli huomini, che stanno tra li monti rinchiusi da Alessandro Magno, sentito il cridor de l'essercito (como si crede) comincioro a romper il monte. E quando l'altro tempo poi diece anni ritornorno li Tartari, era rotto il monte: e conciosia che provassino entrare a quelli, mai fo possibile, che una nuvola era posta innanti essi, oltra la quale piu andar non potevano: Cosi tosto erano vicini, perdevano il vedere. Costoro il simile, poi che sentiro li Tartari non proceder oltra,

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pensando questo esser da timore, corsono con impeto per andarli adosso: ma trovata la nebbia, ne loro etiandio potero passare. Innanti che venissero li Tartari alli predetti monti, passorono piu d'uno mese per una larga solitudine: et inde procedendo piu anche d'un mese, caminoro per un grande deserto. Il che fo ritrovato uno paeve, ma gente alcuna non era d'intorno: pur finalmente ritronorno uno huomo con la sua moglie, il quale menato alla presenza de Chingiscam, fo adimandato da l'imperatore, dove habitassero gli huomini di quel paese. Rispose che in terra sotto li monti habitavano: Allhora Chingiscam tenuta la sua donna, mandollo dire a quelli, che venissero a lui. Il quale andato, tutto il fatto ricontò: quelli risposero, che in tal giorno veniriano alla sua presenza, per fare il suo commandamento. Ma in questo mezzo per vie occulte sotto terra si ragunorno, e vennero disopra a battagliare con Tartari, e molti all'improvisa ammazzorno. Questi Popoli quando il Sole usciva no potevano soffrire quel strepito: Anci come era tal tempo bifognava che ponessino una orecchia in [p. 16r modifica]

terra, e l'altra fortemente chiudessino, per non udire quel suono horribile: ne etiandio a questo modo erano si cauti, che da qui molti non morissino. Veduto adonque Chingiscam, che feceva nulla, e li suoi havevano il peggio, partisse de qui, e menò seco quelli duoi, che erano stati trovati, iquali dimororno in Tartaria fino alla morte: e dimandati per qual causa habitassino sotto terra. Dissero, che in quello luoco ogni anno a certo tempo quando nasce il Sole fassi tanto romore, che non si puol per modo alcuno tollerare: la qual cosa, acciò non odano, allhora con Tympani, et altri instrumenti Musici, tutti cominciano a sonare.

Delli statuti de Chingiscam, e morte sua, con lo

numero de suoi Figliuoli e Baroni.   Cap. XI.


R
Itornando da quel Paese Chigiscam, e mancato le vettovaglie pativano gran fame: Hor per sorte foro trovate le interiore fresche di una bestia, e cavato fuora il sterco, le missero a cuocer, e poi innanzi che Chigiscam portate tutti, se posero a mangiare: Per la qual

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cosa ordinò lui, che ne sangue, ne interiori, ne cosa alcuna, che si possi mangiare (eccetti il sterco) si giettasse uia. Venuto adonque nella sua patria, ordinò li statuti, che di sopra havemo narrati: Li quali inviolabilmente osservano gli Tartari. Poi questo da una percossa de un tuono morì. Hebbe quattro figliuoli, lo primo Octoday, lo secondo Thossuthcam, il terzo Thiaday, lo quarto non sapemo il nome. Da questi quatro sono discesi tutti li Principi de Tartari. Lo primo de figliuoli di Octoday fo Cuyne, che hora è l'Imperatore. Li fratelli di costui Octoben, e Chitenen, delli figliuoli di Thossuthcam, sono Baty, Ordu, Siban, Borobaty, che è piu riccho, e possente, poi l'Imperator de tutti; Ordu piu vecchio delli Capitani. Sono quelli de Thiaday, Hurin, et Cadan. Del quarto figliuolo de Chingiscam, Mengu, Bithat, et altri molti: La Madre de Mengu detta Serocthan, e gran Signora fra li Tartari, et saluo la Madre de l'Imperatore, piu nomata, e potente de tutti (eccetto il Baty) questi sono li nomi Ordu è stato in Polonia, et Vugaria: Baty etiandio Hurin, et Caden, et Siban, et Duygeth, li quali tutti foro in [p. 17r modifica]

Ungaria, ma etiam Cirpodan, Il quale anchora è oltra mare contro certi Soldani de Saracini, et altri habitanti lo paese transmarino. Il resto è rimasto in Tartaria, cioè Mengu, Sirenen, Hubibay, Smocur, Car, Gay, Sibedey, Bora, Berca, Coresa, sono etiam molti altri Principi de quali non sapemo il nome.

Della potesta, che ha l'Imperator, e gli Principi.   Cap.   XII.


L
O Imperator loro sopra tutti ha un mirabile dominio: conciosia che niuno ardisse dimorar in parte alcuna se non lui li assigna, e quello ordina il loco a Principi, li Principi a Conduttieri, li Conduttieri a Centurioni, li Centurioni a Decani: tutto quello li vien comandato sia qual tempo, e loco si voglia in guerra alla morte, senza altra contraditione obbediscono. Imperò che se lo Imperatore adimanda la figlia vergine, o sorella di alcuno, la danno senza contradire: Anci spesse volte fa adunare molte donzelle dalli confini de Tartaria, e quelle che vuol ritiene per esso: et le altre da alli suoi Baroni, et in ogni luoco dove manda

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messaggi, fa dibisogno li sia datto Cavalli, e spese senza dimora: Et similmente venga da qual parte si voglia Ambasciatori con tributi, è di necessita gli sia datto cavalli, carte e spese. Ma quelli che vengono da Terre, non sottoposte a lui, sono in gran miseria, e povertà del viver, e vestire: e massime quando vanno a Principi, e li bisogna tardare. Pero che cosi poco danno a dieci huomini, che non basteria à uno, over duoi: e se li vien fatto iniuria, non si possono lamentare, e peggio che molti doni, cosi da Principi, como Sergenti sono richiesti. Li quali se non darai fanno beffe di te, e reputano da niente, de qui noi gran parte delle cose, che n'havevano datto li Christiani per viver, fo di bisogno spender in presenti. Alla conclusione cosi tutte le cose sono in potesta de l'Imperatore, che niuno ha tanto ardire che dicesse questo è mio, quello è tuo: ma gli huomini, gli animali, e cio che possedono è suo.

Onde pochi giorni innanti fo messo un sta-

tuto sopra questa cosa. Il medesimo

dominio ha ciascun de Prin-

cipi, sopra le Provincie

che reggono.

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Della elettione dello Imperator Octoday et legatione

del Principe Baty.   Cap.  XIII.


M
Orto come è detto in sopra Chingis congregoronsi tutti li Baroni, et elessero per Imperatore Octoday suo figliuolo: il quale fatto Consiglio con suoi Principi, divise gli esserciti, e mandò il Baty, che li apparteniva nel secondo grado, contro la Terra Daltissodan, e lo paese de bismini, che erano Saracini, ma parlaveno in Comano. Intrato adonque nelle Provincie di costoro, li fece suoi sudditi: ma una Citta detta Barchin, fece gran tempo resistenza. Però che li Cittadini nel circuito della Citta havevano fatto molti fossati, e nanti che questi fossero riempiuti, non si poteva pigliarla. Li Cittadini della Citta detta Sarguit udito questo, uscirono fuori, e se renderno spontaneamente: onde non fo destrutta la Citta, ma molti de quelli ammazzatti, e fatti prigioni. Ricevute le spoglie, posero delli suoi per guardia, et andorno contra la Citta Orua. Questa era molto habitata, e ricca, truovansi entro molti Christiani, Gazari, Rutheni, Alani, et altri,

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similmente molti etiam Saracini, da quali era dominata: stava sopra un gran fiume, et era como porto spatiosissimo. Poi che li Tartari non la potero pigliare, tagliorono il fiume, e quella con tutti li habitatnti sommersono: Fatto questo se n'andoro in Rossia, dove con gran occisione de Christiani, Citta e Castelli destrussero. Kaonia Citta Metropolitana della Provincia, longamente ossediorno, et al fine presa foro ammazzati li Cittadini: Onde noi passando per quel paese trovammo infinite teste, et ossi de morto, che giacevano sopra la strada. Imperò che era stata gran Citta, e molto habitata, ma al presente è redutta quasi a nulla: et appena sono ducento chase, e li habitator de quelle, sono tenuti in estrema servitu. Partiti da Rossia, e Comania, li Tartari condussero l'essercito contra li Ungari, e Poloni, dove molti di loro rimasero morti: e (como è detto di sopra) se li Ungari havesseno virilmente fatto resistenza, si partivono al tutto confusi. De qui vennero in la Terra de Mordvani, che son infideli: e superati questi nel paese de Byleri, cioè la grande Bulgaria, e quella al tutto roinorno. Poi verso l'Aquilone contra li [p. 19r modifica]

Hastarchi, cioè l'Ungaria grande: et habuta la Vittoria, caminoro piu oltra alli Parossiti, equali hanno la bocca, e lo stomaco piccolo a maraviglia: onde non mangiano, ma cuoceno le carne, e quando son cotte, pongono la bocca sopra la pignata, e del fumo si nutriscono: e se pur mangiano qualche cosa, mangiono pochissimo. De qui vennero alli Sagomedi, li quali vivono solamente di Cazasone, e le chase, et vestimenti hanno di pelle bestia. Poi ad uno certo paese sopra il Mare Oceano, dove ritrovorno certi monstri, che in tutto hanno forma humana, ma li piedi di bove con la testa d'huomo che in faccia pare sia di cane: doi parole parlavano, como huomini, e poi latravano como cani. De qui ritornorono in Comania, e li fin al presente molti sono rimasti.

Della legatione di Cirpodan.    Cap.  XIIII.


N
El medesimo tempo, Octoday Cam mandò Cirpodan Capitano de l'essercito verso mezzo giorno contro una natione detta Chergis, la quale etiandio superò.

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Costoro sono pagani, et non hanno peli nella barba: quando more il Padre per dolore in segno de scorzo si levano da una orecchia a l'altra, como dire una correggia dalla sua faccia. Da indi Cirpodan venne alli Armeni: e passando per certi deserti trovorno monstri, che hanno forma humana, e solo a mezzo il petto un braccio con la mano, e similmente un soto piede: duoi scargavano uno Arco, e si fortemente correvano, che li cavalli non li potevano aggiungere: il suo corso era con un piede à salto, à salto, e poi che cosi erano stanchi facevano della mano l'altro piede, torcendosi como un cerchio. Anchora quando cosi erano lassi, ritornaveno all'andar de prima: questi Isidoro li appella Cyclopedi de quali alcuni ne ammazzoro li Tartari, (e si como a noi fo detto dalli Chierici Rutheni nella corte che stanno con l'Imperatore) molte fiate vennero ad esso Ambasciatori mandati da quelli, acciò havessino pace con lui. Venuti adonque li Tartari in Armenia, quella soggiogorno: et etiando una parte della Georgia, l'altra parte se rese al suo comando, e paga de tributo fino al presente Vinti Millia perpere, che son alcune [p. 20r modifica]

monte. De qui arivorno nella Terra del Soldano Devurun forte, e possente: onde Combattendo con quello, lo vincerno. In somma segvitorno piu oltre e battagliorno fino al paese del Soldano d'Halapia, et adesso anche lo possedono: deliberando tutta volta di battagliare in altre Terre non son ritornati fino al di d'hoggi nella sua Provincia. Andò il medesimo essercito ad un paese detto Calisibaldac, e fecesselo suddito: Imponendoli de tributo ogni giorno quattrocento bisanti, oltra Baldachini, et altri doni, che son obligati à Tartari: mandano etiando ogni anno à dire al Calipha, che vengha in Tartaria: ma quello con tributo, et infiniti presenti prega, che lo voglino sopportare: Nientedimeno lo Imperatore piglia, cio che manda, ma dicegli con Ambasciatori sempre che debba venire.

In che modo se deportano li Tartari nelle battaglie.    Cap.    XV.


O
Rdinò Chingiscam li Tartari per Decani, Centurioni, e Caporali: ma ogni diece Caporali sono sotto il governo di

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uno, e sopra tutto l'essercito uno, o doi, al piu tre Capitani: ma in tal modo che habbino uno ad ubbidire: e quando son appizzati a battaglia se comunamente tutti non fuggono, quelli che voltano le spale perdono la vita: et se uno, o duoi, over piu de diece audacemente si mettono à combatter, e li altri non si seguitono, conviene che sian morti. Similmente se accade che in diece sia preso alcuno, che li compagni non lo liberino essi, Anche sono decapitati. Le arme loro dicono esser duoi Archi, almen uno che sia buono, e tre Carcassi pieni di frezze, un manerino, e corde da tirare drieto le machine. Li ricchi hanno arme nella ponta acute, che solo tagliano da una parte, et alquanto storte. Li Cavalli armati, le gambe coperte, scudo, e panciera, ma le panciere, e coperture di cavalli, alcuni hanno di cuoro sopra il corpo con artificio duplicato, e triplicato, l'elmo di sopra è ferro, o azale: ma quello che atorno copre il collo, e la gola è di cuoro, Altri tutte queste cose hanno di ferro, fatte in questa forma. Son certe lame sottile, large como un dito, longhe un palmo, et in ciascheduna fanno otto busi piccoli, entro mettono tre correggie [p. 21r modifica]

strette e forte, accozzando le lame, una sopra l'altra: per tanto, quelle alle tre correggie con altre sottile tirrate per li busi ligano: e nella parte di sopra una correggia da l'una e l'altra parte duplicata con un'altra cusono, accio le lame stiano salde, et assettate. Questo fanno cosi a gli huomini como a li cavalli: e tanto sono lucente che si guarda entro como in un spechio. Altri nel ferro di la lanza hanno uno ancino col quale si possono tranno fuor di sella li nimici. Li ferri delle frezze son acutissimi da l'una e l'altra parte: e percio sempre alato li Carcassi portano lime per aguzare le sagitte. Hanno scuti di bachette e verghe, ma non credo che quelli usino se non nelli allogiamenti et a guardia dello Imperatore, e Principi solamente di notte. Sono astutissimi nelle guerre, conciosia che XLII anni è che batagliano con altri populi. Quando arivano alle fiumare, li maggiori hanno un cuoro tonda e leggiero nella bocca, dil quale atorno son molte orecchi: dentro quelle mettono una corda, e poi che l'hanno impito de vestimenti et altre cose, stringono fortemente e calzano per modo che pare una bala. Nel mezzo mettese cose piu grave, et etiam di sopra la [p. 21v modifica]

sella: dove si assentano como in una Nave; e ligati ala coda dil Cavallo, mandano uno dinanti che nodando governi il destrieri. Ale volte hanno doi remi e loro medesimi si voghano in terra: spinto adonque uno cavallo ne laqua, tutti li altri tengono drieto a quello. Ma gli poveri hanno ogniuno da per se una bolza o voglio dire sacco di cuore ben cusito: e messo in questo le sue robbe, lo ligano alla coda del cavallo è cosi passano il fiume como è detto di sopra.

In che modo si pol resisterli.   Cap. XVI.


N
I U N A provincia esser penso che possi fargli resistenza: inpercio che di ogni paese, qual sia sotto il suo dominio soleno far gente d'arme. E si una provincia che li sia vicina non li da soccorso destrutta quella che ossediavono con li huomini che hanno preso vano contro a questa: è pongono quelli primi nel essercito, è como si deportano male li occidono. Per tanto se gli Christiani voleno combatter con loro, fa debisogno se adunino insieme è di commune consiglio facciamo resistenza. Li combatitori habbino

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Archi forti, et balestre che molto temono, freze et dardi a sufficienza una partesana di bon ferro over manera col manego longo. Li ferri delle sagitte quando son caldi debbono temperare a modo de Tartari: cioe ne laqua mescolata col sale, accio vagliano à penetrar l'arme loro. Le spade è lanze con gli ancini chi vagliano à traher quelli di sella. Pero che facilmente cascon di quella. habbino scudi et altre arme, con quale possino defender se stessi è gli cavalli dall'arme et sagitte loro: et se alcuni non sono si ben armati debbono à l'usanza loro stare indrieto: è ferir quelli da longi con archi et balestre. Similmente, è dibisogno como habian detto di sopra fare li Tartari, ordinar le squadre: e poner lege alli combatenti, che qualunque si voltera a sachegiar nanti la vittoria debano sotto iacer à gran pena: che cosi facesse appo loro, seria morto senza altra compassione. Il loco dove si de battagliare, sia nel piano piu che si pole: accio da ogni canto si veggiano, ne tutti debbono insieme ragunarsi, ma ordinar molte schiere, ne percio troppo distante l'una da l'altra contra quelli, che prima si affrontano, è debisogno mandar un squadrone, è [p. 22v modifica]

l'altro sia preparato in suo soccorso succedere, son anchora necessarij molti speculatori ad avisar quando si moveno le ciurme: impero esse sempre squadre con squadre debbon si poner all'incontro. Conciosia che quelli ogni hora si sforzino serar in mezo l'inimico. Siano attenti, etiam dio li soldati benche fugano, non li tenir molto drieto: accio (como soleno fare) non li tirano all'inganni apparecchiati, peroche piu con fraude che con fortezza combattono, et anchora accio non si stanchino li Cavalli. Impero che noi non n'habbiamo in tanta moltitudine quanto loro. Li Tartari quelli che cavalcano un giorno tre e quatro giorni, piu non tocano. Oltra di questo si voltano e Tartari le spalle non percio debono partirse li nostri, over separarsi: questo fingono, per poter diviso l'essercito, liberamente tornar a distruger il paese Ma alpostuto li nostri Capitani metano guardie giorno è notte per lo essercito, ne fa mestier li combattenti giacer spogliati, ma sempre prompti alla battaglia. Conciosia che sempre li Tatari como demonij son vigilanti à procurare inganno, e dar nocumento alcuno. Certo quelli de loro che in guerra son caduti da [p. 23r modifica]

cavallo, è da pigliarli; pero che come son al piano fortemente sagittano e gli huomini con gli cavalli ferendo ammazzono.

Del viaggio de Frate Giovanne Minore fin alla

prima custodia de Tartari.    Cap. xvij.


N
Oi adonque secondo il mandato della Sedia Apostolica, sendo per gir alle natione de populi de l'Oriente, elegemo prima andare alli Tartari: conciosia che temessino alcuno pericolo per loro non advenisse alla chiesa de Iddio. Per tanto prendendo camino arrivassimo dal Re di Boemia, il quale sendo nostro familiare n'hebe consigliato, che ci aviassemo verso Polonia e Rossia: peroche in Polonia haveva di sua stirpe con l'aiuto de quali potressimo intrar in Roscia, è datte le lettere hebbon condutto fece che etiam per le sue corte è cittade ne fosse datto le spese insino al Duca Bolezlao di Sclesia suo nipote. Ilqual similmente a noi era noto è familiare, onde fece il medesimo per fin che arivassimo à Conrado, Duca di Lantiscia. Alquale (favoreggiando Iddio noi) era

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all'hora venuto il Signor Vuasilicon Duca di Rossia, da cui etiam piu chiaramente intendessimo del fatto de Tartari. Perche gli haveva mandato ambasciatori, li quali gia erano tornati, ma inteso che seria bisogno noi dargli presenti, fecemo comprare de quello che in elemosyna n'era datto per subsidio del viaggio, pelle de Castori, et altri animali: laqual cosa presentendo il Duca Conrado, e la Duchessa di Cratonia l'Episcopo e certi Soldati commolti altri ne dettero di queste pelle, finalmente pregato il Duca Vuasilicon dal Duca di Cratonia l'Episcopo et Baroni ne condusse seco nel suo paese, dove ripoßati alquanti giorni a sue spese, poi che da noi pregato, fece ragunare li Episcopi legemo le littere del noſtro Santo Papa, che gli ammoniva volessino tornar alla unita della Santa Madre Chiesa, alla qual cosa noi etiam dio quanto potevamo inducessimo il Duca li Episcopi, et insieme tutti gli altri. Ma perche il Duca Daniele fratello del predetto Vuasilicone, ito al Baty, non era presente, non potero dar di questo ultima risposta, poscia Vuasilicone, ne mando con un suo sergente fino in Kionia Citta metropolitana di Rossia. [p. 24r modifica] [p. 24v modifica] [p. 25r modifica] [p. 25v modifica] [p. 26r modifica] [p. 26v modifica] [p. 27r modifica] [p. 27v modifica] [p. 28r modifica] [p. 28v modifica] [p. 29r modifica] [p. 29v modifica] [p. 30r modifica] [p. 30v modifica] [p. 31r modifica] [p. 31v modifica] [p. 32r modifica] [p. 32v modifica] [p. 33r modifica] [p. 33v modifica] [p. 34r modifica] [p. 34v modifica] [p. 35r modifica] [p. 35v modifica] [p. 36r modifica] [p. 36v modifica] [p. 37r modifica] [p. 37v modifica] [p. 38r modifica] [p. 38v modifica] [p. 39r modifica] [p. 39v modifica] [p. 40r modifica] [p. 40v modifica] [p. 41r modifica] [p. 41v modifica] [p. 42r modifica] [p. 42v modifica] [p. 43r modifica] [p. 43v modifica] [p. 44r modifica] [p. 44v modifica] [p. 45r modifica] [p. 45v modifica] [p. 46r modifica] [p. 46v modifica] [p. 47r modifica] [p. 47v modifica] [p. 48r modifica] [p. 48v modifica] [p. 49r modifica] [p. 49v modifica] [p. 50r modifica] [p. 50v modifica] [p. 51r modifica] [p. 51v modifica] [p. 52r modifica]

vato piu lo vostro Capitano, e suoi Baroni (si como mi son potuto accorger) che tutto il resto del mio dire. Ma son qui presente per la liberta della fede, e verita: ne temo uno huomo mortale. Venuta gia la sera che si dovevano licentiar da corte lo antedetto Cancellieri, sendo per partirsi la mattina seguente, fece chiamar li Frati, e gli hebbe letto le littere, che Chaam haveva mandato à Baiothnoy sute da mandar per tutto il Mondo, ammonendo quelli, che ciò che udissero tenessero a mente: Tutte queste cose predette si fecero nel primo giorno.

Come li Tartari con beffe, et inganni feciono molto appoloro dimorare li frati. Cap. XLVII.

P
Er tanto nel medesimo giorno in sera udito il tenor delle littere promettendogli quelli Baroni, e lo Cancelliere di dar à loro una copia di tal littere: li frati degiuni ritornano al suo allogiamento, che era ben lontano un miglio dal Paviglione di. B. doppoi quattro giorni F. A. & F. G. tennero a corte, e dissero à Baroni mediante l'interpreti, che si volesse degnar il Prince risponder al tenore delle littere Papale: e tosto licentiati volesse darli saluo condutto per lo suo paese. Hor

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alcuni Baroni, che se intendevono col Signore risposero, l'altro giorno, che erivo venuti a corte intendemo dal vostro parlare esservi partiti de Christianita, per veder lo essercito de Tartari: poi che tutto non è anchor ragunato insieme, ne quello haveti veduto, non fa bisogno di esser licentiati da corte, ne partirvi da qui. Alle qual parole rispose F. A. si como nel primo giorno piu fiate sopra questo detto vi rispondemo: Non siamo venuti qui prima per veder lo vostro essercito: ma portar le littere del N. S. Papa, e darli risposta: quantunque senza dubbio alcuno conseguiti per questa venuta veder voi, e le vostro essercito. Allhora partendose li Baroni, e promettendo ciò ricordare a Baiothnoy: e con celerita darli risposta, espettarono li frati dalla mattina al gran feruor del Sole fino à nona: et ultimamente senza risposta alcuna ritornano alla sua stanza. Cosi spesse fiate frequentando li altri giorni alla corte per haver licentia di andare, fomo scherniti da Tartari, e reputati da quelli, como uilissimi garzoncelli: ne degni d'haver risposta: anci como cani. Pertanto molte volte, e quasi ogni giorno givamo à Corte, e da prima fino à sesta, e tal fiata à nona in quel gran caldo del mese di Giugno, e Luglio, [p. 53r modifica]

e Luglio, senza coperta alcuna dimoraveno, chiedendo risposta, o licentia. Ma non sendo tenuti degni pur de parlare con essi, sempre ritornaveno al suo alloggiamento degiuni, et affamati. In questo modo Baiothnoy sdegnato verso di quelli, e per escusation della sua scelerita opponendogli le ostinate risposte: e comandando tre fiate, como è detto disopra, che fossero morti, li ritenne nove settimane nell' essercito, dileggiandoli come indegni de audientia. Ma gli Frati con humilta sopportando la sua malitia et indegnatione mutarono con ingegno la necessita in virtude.

Come li fecero espettare Augutha. Cap. XLVII


A
L fine suspesa la sententia per cinque settimane, e fatto littere da mandare al Papa, e parecchiati suoi ambasciatori pensò de licentiarli il giorno de san Giovambattista. Ma il terzo giorno seguente revocò quello haveva deliberato, dicendo haver inteso come veniva un grande, e solenne Ambasciatore da Chaam, figliuolo de Iddio, detto per nome Augutha. Costui como molti affirmavano era mandato a signoregiar tutta la Georgia: e nella corte dell'Imperatore era degli primi Conseglieri, e sapeva,

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come Chaam haveva rescritto al Papa, e dattoli un nuouo mandato, che si spargesse in tutto il Mondo: la copia del quale Baiothnoy voleva portassino li Frati, benche poco innanti fossero licentiati: e forse come molti credevano, si pensava di finir con questo Prince, la morte loro, che sin qua haveva differita. Onde non si potendo resister a la Tyrannia sua per tre settimane, e piu con humilta, e patientia sostenero espettando di giorno in giorno l'advenimento di Augutha. Staveno fermi, et immobili havendo per sostentation del corpo, un poco di pane et acqua a bastanza: Et alcuna volta per non haverne, degiunando fino à sera, mangiavono latte di capra, e vacche forse etiam alle volte di cavalle, e piu spesso havevano acqua pura: e per non esser à sufficienza mescolaveno col latte agro senza far mentione alcuna di vino.                              Come dapoi la venuta di Augutha si partiro.          Cap. XLVIII.


M
A pensando Frate Ascelino che facilmente con questo tardare potria perder il passaggio dil mare: che era necessario per la invernata che si approssimava, Ando à ritrovar un gran Consigliero della corte pregandolo che volessi con suo prego far che Baiothnoy

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gli espedisse promettendogli si tal cosa facesse non dovergli esser ingrato, Costui per tanto andato da Baiothnoy interpose preghieri, e bone parole per gli Frati: onde fece far per comandamento suo le littere al Papa, e metter in ponto gli ambasciatori. Hor fatto le littere, e scritti entro gli nomi de noncij, et apparecchiato al camino ecco che quel giorno nel qual parimente erano per far partita sopra giunse Augutha con lo Avunculo del Soldano di Halapia, e lo fratello del Soldano di Mosloal; che anticamente si dicea Ninive. Costoro etiandio venivano da gran Cane, à cui havevono fatto Homaggio, o per li suoi descendenti: et esso con molti doni, et presenti honorato s'havevono fatto tributarij suoi. Per tanto etiandio vennero alla presentia de Baiothnoy: e quello con molti doni adororno tre fiate ingenochiandosi come havevan fatto al gran Cane. De qui facendosi festa per tutto l'essercito, e conviti a suo costume in bever latte di cavalle, e Camelli, con canti, over cridori; et invitando li Tartari d'intorno con le moglie loro a tal solennitade, lasciorno da canto le facende nostre, e de tutti gli Ambasciatori. Sette giorni continovi sedettero à mangiare, bere, e solazzare. L'ottavo, che fu la [p. 54v modifica]

festa di Santo Iacobo, dettero licentia a Frati, che si partissero con le littere di .B. e Chaam, che dicono littere de Iddio, et insieme con messaggieri, che mandavono al Papa. Uno anno tra l'andar, e dimorar, e ritorno stettero li Frati. Ma frate Ascelino in quel viaggio stette anni tre, e sette mesi, nanti che giongesse al Pontefice. Frate Alessandro, et frate Alberico forno con lui tre anni, o poco meno. Frate Simone doi anni, e sei settimane, Frate Guiscardo che l'havevono tolto da Triphleis cinque mesi, sono como si dice da Achon, insino à quello essercito de Tartari, in Persia LVIII diete.

Della littera che fo mandata al Papa. cap. XLIX.


L
A forma della littera, la qual mandò Baiothnoy al Pontefice nostro, e tale. Per disposition divina la parola di esso Chaam mandata à Baiothnoy. Sappi Papa esser cosi. Li toi Ambasciatori son venuti, e ne hanno presentato le tue littere. Li toi Noncij hanno detto gran parole. Non sapemo se di tuo precetto, ò da se stessi habbin parlato, Tal parole erano nelle littere. Molti huomini ammazzati, estingueti, e dati in perditione: Lo comandamento stabile de Dio, e lo statuto de colui, che contiene la fazza de l'universo, cosi è appo noi:

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Qualunque udiranno quello habbino stanza sopra il proprio paese aqua, e patrimonio: e diano la uirtu a quello che contiene la faccia de l'universo. Ma qualunque il precetto, e statuto non udira ma metterasi far à l'opposito sia destrutto, e datto in perditione. Sopra cio vi mandamo questo precetto, e statuto: si voleti habitar sopra la terra nostra aqua, e patrimonio fa debisogno che tu Papa in propria persona venghi da noi: et à quello che contiene la faccia de l'universo te apresenti: e si tu non udirai lo precetto de Iddio, e di quello che contiene la faccia di tutto il mondo noi nol sapemo (Iddio il sa), e necessario che nanti che venghi mandi ambasciatori, e ne facci aviso se veni o non, se voi far pace o esser inimico la risposta di questo precetto tosto manderai a noi. Questo precetto per le mano de Aybeg, e Sargis havemo mandato: dil mese di Luglio il vigesimo giorno di la Luna: scritta nel territorio del Castello siliente.

Delle littere de l'Imperatore mandate al medesi=

mo Principe.     Cap.     L.


Q
Uesta è la forma della littera di essa Chaam; che loro dicono esser littera de Iddio. Per comandamento de Iddio vivo,

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Chingiscam figliuolo de Iddio dolce, e venerabile dice Iddio, e excelso sopra tutte le cose esso: Iddio inmortale, ma sopra la terra Chingiscam solo Signore: vogliamo questo pervenir a noticia de tutti in ogni loco: Alle provincie a noi subiette. Alle provincie à noi ribelle. Pertanto fa dibisogno tuo Baiothnoy gli exciti, e facci aviso che questo, e lo mandato de Dio vivo, et inmortale senza dimora, et etiandio fagli a sapere sopra cio la tua petitione: et in ogni loco questo mio mandato dovunca potra pervenir il noncio. E qualunque contradira sera preso à caccia: e lo suo paese rovinato, e ti certifico che ogniuno che non udira questo mio mandato sera sordo: e chi vedera ne havera cura di meterlo in essecutione sera cieco: e chiunque fara secondo il iudicio di questo cognoscendo la pace, e non pigliandola sera zoppo. Questa mia ordinatione pervengha à noticia di quelli che sanno, e non sanno. Qualunque udira, e non fara cura di osservare sera destrutto, morto: e datto in perditone. Pertanto cio manifesta o. B. E qualunque vorra la utilita della sua casa proseguira quello; e si fara nostro servo, sera salvo et honorato, e colui che contradira à questo secondo il tuo volere sforzate di castigarlo.

F I N I S.

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Errore incorso in la prima carta a tergo a

versi 27 lego vol dir dico.


Nissuno ardisca di stampare la presente opera sot-

to pena di subita scommunicatione, et perder le

opere e ducati cinquanta como nel

privilegio appare.



Stampata in Vinegia per Giovan' Antonio

de Nicolini da Sabio. Ne l'Anno del

Signore. M D XXXVII.

Adi 17 Ottobrio.