Opere minori 1 (Ariosto)/Elegie e Capitoli/Elegia IX

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Elegia IX

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ELEGIA NONA.




     Ben è dura e crudel, se non si piega
Donna a prometter quanto1 un suo fedele,
3Che lungamente l’ha servita, prega:
     Ma se promette largamente, e che le
Promesse poi si scordi o non attenga,
6Molto è più dura e molto più crudele;
     Nè fermo un sì nè fermo un no mai tenga,
Pur come ogni parola che l’uom dice,
9All’orecchie de’ Dei sempre non venga.
     E non sa ancor di quanto mal radice
Questo le sia, se ben non va col fallo
12La pena allor allor vendicatrice;
     Ma lo segue ella con poco intervallo,
Ed ogni côr che qui par sì coperto,
15Trasparente è là su più che cristallo.
     Promesso in dubbio non mi fu, ma certo:
Diceste darmi quel che, oltre l’avermi
18Promesso voi, mi si devea per merto.
     Se promettendo aveste pensier fermi
D’attender, indi li mutaste, io voglio
21Ed ho perpetuamente da dolermi.
     Del mio giudicio rio prima mi doglio,
C’ho le speranze mie sparse nell’onde,
24Credendomi fondarle in stabil scoglio.
     Dógliomi ancor, che questo error ridonde
In troppa infamia a voi, perchè vi mostra
27Volubil più che al vento arida fronde.
     Ma se diversa era la mente vostra
Dalle promesse, ed altro era in la bocca,
30Altro del cor nella secreta chiostra;
     Questo fu inganno, e più dirò che tocca2
Di tradimento: ma di par la fede
33E per questo e per quel morta trabocca.
     A queste colpe ogni altra colpa cede:

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Più si perdona all’omicidio e al furto.
36Che al pergiurarsi e all’ingannar chi crede.
     Nè mi duol sì che ’l vostro attener curto
M’abbia sommerso al fondo del martire,
39Al fondo onde non son mai più risurto;
     Come che per vergogna nè arrossire,
Nè segno alcuno della fede rotta
42Di pentimento in voi veggio apparire.
     La fede mai non debbe esser corrotta,
O data a un sol o data ancor a cento,
45Data in palese data in una grotta.
     Per la vil plebe è fatto il giuramento;
Ma tra gli spirti più elevati sono
48Le semplici promesse un sagramento.3
     Voi, donne incaute, alle quali era buono
Esser belle nel cor come nel volto,
51L’un di natura, e l’altro proprio dono;
     Troppa baldanza e troppo arbitrio tolto
V’avete, e di poter tutte le cose
54Forse vi par, perchè potete molto.4
     Se dalle guance poi cadon le rose,
Fuggon le grazie, e si riman la fronte
57Crespa e le luci oscure e lagrimose;
     Se l’auree chiome e con tal studio conte
Mutan color, se si fan brevi e rare;
60De’ vostri danni è vostra colpa fonte.
     Della vostra beltà che così spare,
Forse natura prodiga non fôra,
63Se voi di vostra fè foste più avare.
     Madonna, in nessun luogo, a nessuna ora
D’ordire inganni altrui mai s’ebbe loda,
66Sia a chi si vuol, nè agli nemici ancora.
     Chi sarà mai che con più biasmo s’oda
Notar, di quel ch’agli congiunti suoi,
69O di sangue o d’amor, cerchi usar froda?
     Tanto più a chi si fida. Or chi di noi
Eran più d’amor giunti? e chi fidarsi
72Puote mai più, ch’io mi facea di voi?

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     S’al merito e al demerito aspettarsi
L’uom deve il premio ed il supplicio uguale,
75Nè al punir nè al premiar son gli Dei scarsi,
     Come temo io che ve ne venga male,
Se ’l pentir prima e il soddisfar non giugne
78A cassar questo error più che mortale!
     S’a voi per mia cagione o macchiar l’ugne
O vedessi un crin mosso, oimè che doglia!
81Solo il pensarvi me da me disgiugne.
     Voi di periglio e me di pena toglia
Un pentir presto, un soddisfarmi intero;
84Che fia il debito vostro: quel ch’io voglia,
     Che a saper abbia altri che voi, non chero.




Note

  1. Così tutte le stampe; onde pare da intendersi: promettere quello o tutto quello di che la prega un suo fedele, che ec.
  2. Partecipa. Senso non osservato.
  3. Una tra le sentenze più belle del nostro cavalleresco poeta.
  4. Uno dei segreti, e tra i massimi, del cuor femminile, svelati dal nostro autore; che tanti dell’uman core ne seppe e dichiarò quasi in ogni pagina delle sue opere.