Opere minori 1 (Ariosto)/Frammenti in ottave/Frammento II

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Frammento II

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FRAMMENTO SECONDO.1




1 Un non so che, ch’io non so ben se rio
Nominar debbio, o pur onesto e buono;
E se timor d’infamia, o se disio
Di gloria il fa, non meno in dubbio sono;
Estima alcun che di quel vase uscio
Ch’all’incauto Epimeteo fu mal dono,
E fra le pesti lo racconta e i mali
Che turban la quïete de’ mortali.

2 Questo, o rispetto o debito che sia,
Ch’io non so appunto ritrovargli il nome,
Dal voler proprio spesso l’uom devia,
E al voler d’altri il tira per le chiome:
Servo lo fa, che libero saria;
Ed io non so bene esplicarvi come,
Che in tanti casi e in tanti varî modi
Avvince l’uom d’inestricabil nodi.

3 In voi porrò, donne, l’esempio prima,
Che vi guastate mille bei piaceri,
Che se di questo non faceste stima,
Come non fanno molte, avreste intieri.
Se fate bene o male, altri l’esprima:
Vi so ben dir che appresso gl’Indi neri
Le donne, che non han tanti rispetti,
Vivon più liete in lor comuni letti.

4 Questa, che forse saría meglio detta
Opinïon, che debito o virtute,
Per minima cagion fa che negletta
Ha l’uom sovente la propria salute;
Affinitade ed amicizia stretta
Ha vïolate e in poco conto avute;
Ed a servigio e soldo de’ tiranni,
Ha fatto a’ cari amici oltraggi e danni.

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5 Lascio gli antichi esempli di soldati
Di Cesar, di Pompeo, d’Antonio e Bruto,
Che a lor patria, a lor sangue erano ingrati,
Dando a’ lor capi in le mal’opre ajuto.
Quanti n’avete, o gloriosi nati
D’Ercole invitto, a questi dì veduto,
Che vi son stati e son di côre amici,
E negli effetti poi come nemici?

6 L’essere o con Vinegia, o col Pastore,
O con altra potenza a voi nemica,
Par lor, per questo universale errore,
Ch’obblighi più che l’amicizia antica.
Di farvi danno a tutti scoppia il côre,
E pur lo fanno, ovunque lor lo dica
Questo che far il debito vien detto,
Che non si lascia innanzi altra rispetto.

7 Ma voi, che avete cognizion del strano
Stile, che al mondo o ben o mal che s’usi,2
Benché avea il luogo il cardinal toscano3
Che usar mal seppe quel degli Alidusi,
Nè lui però nè il suo fratel Giuliano
Dall’amicizia vostra avete esclusi;
Li due rampolli del ben nato Lauro,
Che fe, mentre fu verde, il secol d’auro.

8 Se fu il duca d’Urbino ubbidïente
Al zio nel guerreggiarvi, non gli tolle
Che del mal vostro, come buon parente,
Non abbia avuto il cor dì pietà molle:
Nè voi manco l’amate; onde sovente,
Con quelle maggior laudi che s’estolle
Uom di valor, vi sento l’opre belle
De’ suoi verdi anni alzar fin alle stelle.

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9 Io potrei ricordare altri infiniti
Che son stati e ancor sono amici vostri,
Benchè per tal rispetti abbian seguiti
A’ nostri danni gli avversarî nostri.
Discorrendo vi vo per questi riti,4
Acciò che di Ruggiero io vi dimostri,
Ch’esser può che Rinaldo onori ed ami,
E che a battaglia tutta volta il chiami.

10 Poichè tra lor feriti ebbeno i patti5
Che i re fêr prima e i cavalieri poi,
E giuramenti e cerimonie ed atti
Ciascun secondo i modi e riti suoi;
Fu dato il segno di venire a’ fatti,
E quinci e quindi i glorïosi,eroi,
Con lungo passo e maestrevol giro
A far le piastre risonar veniro.




Note

  1. Quete stanze si trovano al principio del c. XXXV nella prima edizione del Furioso del 1516; ma nella ristampa del 1532 furono dal poeta levate. — (Molini.)
  2. Così le stampe; ed è forma, o sintassi, come ognun vede, non chiara. Il senso è certamente: che al mondo s’usa o bene o male che ciò sia.
  3. Vuol qui l’Ariosto dar lode ai principi Estensi, perchè a malgrado delle offese che altri, costretto dal debito, aveva a lor dovuto inferire, non avessero dimenticata l’antica amicizia verso gli offensori medesimi. È dunque da intendersi «cardinal toscano» pel cardinale Giovanni de’ Medici, legato pontificio, com’era prima stato Francesco Alidosi, ucciso in Ravenna per mano del duca Francesco Maria della Rovere; «Giuliano,» il De’ Medici, duca di Nemours, fratello del cardinale Giovanni, ambedue figliuoli del Magnifico Lorenzo. Così nella stanza seguente, «il duca d’Urbino» è lo stesso Francesco Maria roveresco, che dovè capitanare l’esercito che il suo «zio» (Giulio II) aveva mosso contro il duca di Ferrara.
  4. Rito, per Consuetudine, Usanza, com’anche presso i Latini, non ha esempio nei nostri vocabolari.
  5. Altro latinismo non osservato, dalla frase Fœdus ferire.