Opere minori 2 (Ariosto)/Lettere/Lettera VIII

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Lettera VIII

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VIII.1

Beatissime Pater.

Avendomi Galasso mio fratello a’ dì passati fatto intendere che Vostra Santità avería piacere ch’io le mandassi una mia commedia2 ch’io avéa tra le mani; io, che già molti giorni l’avevo messa da parte quasi con animo di non finirla più, perchè veramente non mi succedéa secondo il desiderio mio, son stato alquanto in dubio, s’io mi dovea scusare di non l’avere finita, e che per recitarla questo carnevale mi restava poco tempo di finirla (e questo pel timore del giudizio di questi uomini dotti di Roma, e, più degli altri, di quello di Vostra Santità, che molto ben si conoscerà dove ella pecca, e non mi sarà admessa la escusa d’averla fatta in fretta), o se pure io la dovéa finire al meglio ch’io potéa, e mandarla, e far buono animo, e conto che quello che conoscevo io, nessun altro avesse a conoscere. Finalmente, [p. 539 modifica]parendomi troppo mancare dal mio debito, ed essere ingrato alle obbligazioni grandissime che io ho a Vostra Santità non satisfacendo a tutti li suoi cenni, ancora ch’io ne dovessi esser riputato di poco giudizio, perchè forse la mia scusa, benchè vera, non saría accettata; ho voluto fare ogni opera per mandarla, e più presto esser imputato ignorante o poco diligente, che disobbediente ed ingrato; e così l’ho ritolta súbito in mano. E tanto ha in me potuto l’essermi stata da parte di Vostra Santità richiesta, che quello che in dieci anni, che già mi nacque il primo argomento, non ho potuto, ho poi in due giorni o tre condutto a fine: ma non che però mi satisfaccia a punto, e che non ci siano delle parti che mi facciano tremare l’animo, pensando a qual giudizio la si debbia appresentare. Pure, quale ella si sia, a Vostra Santità insieme con me medesimo dono. S’ella la giudicherà degna della sua udienza, la mia Commedia avrà miglior avventura, ch’io non le spero: s’anco sarà riputata altrimente, prendasene quel trastullo almeno che delle composizioni del Boraballe3 già si soleva prendere; che, pur che in qualche modo la diletti, io me ne chiamerò satisfatto. Alli cui santissimi piedi umilmente mi raccomando.

Di Ferrara, alli xvi di gennaro MDXX.
S. Vestræ

Humilis et devotus servus
Lud. Ariostus.


Fuori — Sanctiss. D. N. Leoni Decimo.


Note

  1. Stampata dal Barotti, l. c., pag.3 89; e dal Baruffaldi, l. c., pag. 279.
  2. Intendasi la Commedia intitolata Il Negromante, com’è ben chiaro pel primo prologo della medesima. Dalla lettera XXVI apparisce che la recita che desideravasi di farne in Roma, non ebbe altrimenti effetto.
  3. Noto più comunemente sotto il nome di Baraballo, e dal Machiavelli detto ironicamente (Asino d’oro, cap. VI) «il grande abate di Gaeta,» dal luogo ond’era nativo. Ridesi ancora (ma più del papa che questo ordinava) del burlesco trionfo poetico fatto dare a costui nel 1515, mandandolo a cavalcioni di un elefante per tutte le vie di Roma. Vedi Roscoe, Vita di Leone X; Quadrio, Storia della volgar poesia; Lancetti, Dei poeti coronati; ec.