<dc:title> volume V Oreste </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Euripide</dc:creator><dc:date>408 a. C.</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Oreste_(Euripide_-_Romagnoli)/Parodo&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20191202165437</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Oreste_(Euripide_-_Romagnoli)/Parodo&oldid=-20191202165437
volume V Oreste - Parodo EuripideEttore RomagnoliTragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu
CORIFEA Strofe I
Cheta sta, cheta, non fare strepito,
del tuo calzare lievi sian l’orme. ELETTRA alle sue compagne
Lungi dal luogo state ov’ei dorme. CORIFEA
Ecco, ai tuoi detti ottémpero. ELETTRA
Sia come l’alito di giunco tenue
CORIFEA
Odimi, come di canna fievole
levo la voce. ELETTRA
Cosí va bene.
Avanza, avanza senza rumore, senza rumore.
E dite perché qui veniste: il misero
alfine giace, immerso è nel sopore. CORIFEA Antistrofe I
Qual’è il suo stato, mia cara? Diccelo. ELETTRA
Che mal, che bene dir posso? Poco
respira, esala gemito fioco. CORIFEA
Che mai, che dici, o misera? ELETTRA
Tu gli dài morte, se dal suo ciglio
CORIFEA
Deh, sventurato, che fato orribile,
che sorte orribile t’inflisse un Dio! ELETTRA
Ingiusto ingiusto parlò il fatidico Dio dell’ambage,
allor che a noi dal tripode di Temide
impose la materna orrida strage. CORIFEA Strofe II
Vedi? Sotto il suo manto il corpo s’agita. ELETTRA
Con le tue grida, l’hai
tu risvegliato, o misera! CORIFEA
Che dormisse io pensai. ELETTRA
Questo frastuono smettere
non vuoi, da questo tetto
CORIFEA
Se dorme! ELETTRA
Il vero hai detto. —
O sacra, o sacra notte,
che il sonno doni ai miseri mortali,
dalle tartaree grotte
ai tetti d’Agamènnone
volgi, deh, volgi l’ali.
Ché noi, fra le sciagure e fra gli spasimi
perduti siam, perduti. — Oh, quale strepito?
Cara, vuoi far silenzio?
Della tua bocca il murmure canoro
rattieni, ch’ei del sonno goda il dolce ristoro. CORO
Antistrofe II
Dí: qual sarà di sue sciagure il termine? ELETTRA
Quale esser può? La morte:
ché cibo ei non desidera. CORO
ELETTRA
Ci sterminava Apòlline,
Oreste e me spingendo
il matricidio a compiere. CORO
Fu giusto atto, ed orrendo. ELETTRA
Uccidesti, ed uccisa
fosti, o mia madre: il tuo consorte, e questi
tuoi figli, ch’ora, a guisa
di cadaveri giacciono, a sterminio adducesti.
Che tu sei fra i defunti; e del mio vivere
passa la piú gran parte in grida, in gemiti,
ed in notturne lagrime.
Viver, misera me, dovrò in eterno