Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo cinquantanovesimo

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Capitolo cinquantanovesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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«Ma Lizzy cara, dove siete andati a passeggiare?», fu la domanda che le rivolse Jane appena entrò in camera, e che tutti gli altri le ripeterono quando sedettero a tavola. Ella poté dire soltanto che avevano vagabondato senza accorgersi del tempo. Arrossì nel parlare, ma né questo, né altro, destò alcun sospetto della verità.

La serata passò tranquillamente, senza nulla di particolare. I fidanzati riconosciuti parlavano e ridevano; quelli non ancora rivelati, tacevano. Darcy non era tipo da mostrare con tono di maggiore allegria la sua felicità, ed Elizabeth, commossa e confusa, sapeva di essere felice, ma non poteva ancora provarne gli effetti, perché, oltre all’imbarazzo del momento, vedeva davanti a sé prospettarsi altri guai. Immaginava quello che avrebbe detto la sua famiglia apprendendo la cosa; sapeva che Darcy non piaceva a nessuno tranne che a Jane, e temeva perfino che l’antipatia degli altri fosse tale, che neppure la grande posizione e ricchezza di lui potessero vincerla.

La sera aprì il suo cuore a Jane. Questa, pur così poco portata a dubitare, questa volta non voleva credere assolutamente alle proprie orecchie.

«Vuoi scherzare, Lizzy? Non può essere! Fidanzata con Mr. Darcy! No, no, non devi ingannarmi. So che è impossibile».

«Cominciamo male! Contavo unicamente su di te; e se non mi credi tu, chi lo farà? Eppure parlo sul serio. Ti dico la pura verità. Mi ama ancora e siamo fidanzati».

Jane la guardò incredula: «Oh, Lizzy! Non può essere. So quanto ti è odioso».

«Non sai niente, proprio niente. Tutto ciò va dimenticato. Forse non gli volevo bene come ora, ma in questi casi la troppa memoria è imperdonabile. Questa è l’ultima volta che lo ricorderò io stessa».

Jane aveva ancora l’aspetto smarrito. Elizabeth le assicurò molto seriamente che diceva la verità:

«Buon Dio! ma può essere? Sì, ormai ti credo», esclamò Jane. «Mia cara, cara Lizzy, vorrei... mi congratulo con te. Ma sei sicura, perdona la domanda, sei proprio sicura che potrai essere felice con lui?»

«Non c’è alcun dubbio. Abbiamo già deciso che saremo la coppia più felice del mondo. Ma sei contenta, Jane? Ti piacerà avere un cognato simile?»

«Molto, moltissimo. Niente potrebbe dare tanta gioia a Bingley e a me. Ci pensavamo, ma lo credevamo impossibile. E gli vuoi veramente bene? Oh, Lizzy, fa’ qualunque cosa, ma non sposarti senza amore. Sei sicura di quello che provi per lui?»

«Oh, sì! Quando ti dirò tutto, forse troverai che sento di più di quello che dovrei».

«Che vuoi dire?»

«Ecco, devo confessarti che gli voglio più bene che tu a Bingley. Temo che andrai in collera...».

«Via, cara, cerca di essere seria. Vorrei potere parlarti sul serio. Raccontami tutto quello che devo sapere, senza altri indugi. Mi vuoi dire da quanto tempo lo ami?»

«E accaduto così gradatamente, che non so quando è cominciato. Ma credo che sia stato quando vidi la magnifica tenuta di Pemberley».

Jane tornò a chiederle di parlare seriamente, ottenendo finalmente l’effetto desiderato, e ben presto, attraverso le parole di Elizabeth, si convinse che era realmente innamorata. Rassicurata su questo punto, non le restava altro da desiderare.

«Ora sono proprio contenta», disse, «perché sarai felice come me. Ho sempre apprezzato Darcy. Non fosse che per il suo amore per te lo avrei sempre stimato, ma ora come amico di Bingley e tuo marito, nessuno, tranne Bingley e te, può essermi tanto caro. Ma Lizzy, come sei stata segreta! Quanto riserbo con me! Come mi hai detto poco di quanto è avvenuto a Pemberley e a Lambdon! Tutto quello che so, lo devo ad altri, non a te!».

Elizabeth le spiegò le ragioni del suo silenzio. Non voleva nominare Bingley, e l’incertezza sui propri sentimenti le aveva fatto ugualmente evitare di parlare del suo amico. Ma ora non volle nascondere più la parte da lui avuta nel matrimonio di Lydia. Raccontò ogni cosa, e metà della notte trascorse discorrendo.

«Buon Dio!», esclamò Mrs. Bennet il mattino seguente dalla finestra dov’era affacciata. «Quel noioso Mr. Darcy viene ancora qui col nostro caro Bingley! Che cosa gli viene in mente di stare sempre da noi? Credevo che fosse venuto per la caccia o per qualche altro motivo, ma speravo che non ci avrebbe tanto ripetutamente afflitte con la sua compagnia. Che cosa ne faremo? Lizzy, dovresti andare ancora a passeggio con lui, perché non secchi Bingley».

Elizabeth si trattenne a stento dal ridere a una proposta così opportuna, benché fosse veramente seccata che sua madre parlasse sempre di lui con tanta antipatia.

Appena entrati, Bingley la guardò con grande espressione di affetto e le strinse la mano con calore: non rimasero a Elizabeth più dubbi che fosse informato di tutto, e poco dopo egli disse ad alta voce: «Mrs. Bennet, non avete altri viali qui intorno, dove Lizzy possa perdersi anche quest’oggi?»

«Consiglierei a Mr. Darcy, Lizzy e Kitty», disse Mrs. Bennet, «di andare a Oakham Mount, questa mattina. E una bella passeggiata e Mr. Darcy non conosce quel posto».

«Per gli altri può andare», rispose Bingley, «ma credo sia troppo lunga per Kitty, non è vero, Kitty?».

Kitty riconobbe che preferiva stare a casa.

Darcy invece mostrò un gran desiderio di vedere il panorama da Oakham Mount, ed Elizabeth acconsentì silenziosamente. Mentre saliva in camera per prepararsi, Mrs. Bennet la seguì dicendole:

«Mi rincresce proprio, Lizzy, che sia costretta ad occuparti da sola di quell’essere antipatico. Ma spero che non ci farai caso; è tutto per amore di Jane, e poi con lui non occorre parlare molto, basta una parola ogni tanto. Non te la prendere troppo».

Durante la passeggiata decisero che egli avrebbe chiesto il consenso di Mr. Bennet quella sera stessa. Elizabeth si riservò di parlare con la madre. Non sapeva come costei avrebbe preso la cosa, dubitando che tutta la ricchezza e la posizione di Darcy sarebbero bastate a superare la sua antipatia per l’uomo. Ad ogni modo, sia che fosse decisamente contraria a quell’unione, o violentemente entusiasta, era così certa che il contegno di lei non avrebbe fatto onore al suo buonsenso, e non sopportava l’idea che Mr. Darcy dovesse subire i primi trasporti della sua gioia o le prime manifestazioni della sua disapprovazione.

Nella serata, appena Mr. Bennet si ritirò nella sua biblioteca, Elizabeth vide che Mr. Darcy si alzava per seguirlo, e fu presa da una profondissima agitazione. Non che temesse l’opposizione di suo padre, ma sapeva che avrebbe sofferto per causa sua; e che proprio lei, la sua figlia favorita, dovesse addolorarlo con la sua scelta, procurandogli timore e rammarico per questo matrimonio, era un pensiero ben triste che la rese infelice finché Mr. Darcy riapparve; ma, guardandolo, fu alquanto sollevata dal sorriso di lui.

Un momento dopo egli si avvicinò alla tavola dove era seduta con Kitty, e facendo finta di ammirare il suo lavoro, le mormorò:

«Andate da vostro padre; vi desidera in biblioteca».

Ella vi andò immediatamente. Suo padre passeggiava su e giù per la camera con aria grave e preoccupata: «Lizzy», disse, «che cosa mi combini? Hai perso la testa, per accettare quell’uomo? Non lo hai sempre odiato?».

Come rimpianse allora che i suoi giudizi passati non fossero stati più ragionevoli, le sue espressioni più moderate! Quante noiose spiegazioni le sarebbero state evitate, che ora era invece necessario dare! Così, con una certa confusione, lo assicurò del suo affetto per Mr. Darcy.

«Vuol dire, insomma, che sei decisa a sposarlo. Certamente è ricco e potrai avere più abiti e più carrozze di Jane; ma credi che questo ti renderà felice?»

«Non avete altre obiezioni», chiese Elizabeth, «oltre quella di credere che mi sia indifferente?»

«Nessuna. Sappiamo tutti che è orgoglioso e non troppo amabile; ma questo non vorrebbe dir nulla, se tu gli volessi bene davvero».

«Ma gliene voglio», rispose lei con le lacrime agli occhi. «Lo amo veramente. Vi assicuro che il suo orgoglio non è sbagliato. Ed è più che amabile. Voi non lo conoscete bene; vi prego quindi di non affliggermi parlandomi di lui in tal modo».

«Lizzy», disse suo padre, «gli ho dato il mio consenso. A un tipo simile non oserei rifiutare nulla che si degnasse di chiedermi. Per me te lo concedo, se tu sei decisa a volerlo. Ma lascia che ti consigli di riflettere ancora. Ti conosco, Lizzy, so che non potresti essere felice se tu non potessi stimare e apprezzare sinceramente tuo marito, se non lo considerassi superiore a te. Le tue brillanti qualità ti esporrebbero a dei grandi pericoli se facessi un matrimonio non adatto alla tua intelligenza. Non potresti evitare umiliazioni e dolori. Bimba mia, non darmi la pena di vederti incapace di rispettare il compagno della tua vita. Tu non sai quello che stai per fare».

Elizabeth, sempre più contristata, rispose con la maggiore serietà che Mr. Darcy era proprio l’oggetto della sua scelta, spiegandogli come fossero mutati i suoi giudizi su di lui, e la sua assoluta certezza che tale affetto non era cosa di un giorno, ma che aveva subito la prova di molti mesi; e ricapitolando con grande convinzione tutte le buone qualità di Darcy, riuscì a vincere l’incredulità di suo padre e a riconciliarlo con questo matrimonio.

«Ebbene, cara», egli disse quando Lizzy ebbe finito di parlare: «non ho più nulla da dire. Se le cose stanno così, ti merita. Non avrei potuto separarmi da te, Lizzy mia, per qualcuno di meno degno».

Allora, per completare questa opinione favorevole, Elizabeth gli raccontò quello che Darcy aveva fatto spontaneamente per Lydia. Egli l’ascoltò meravigliato.

«È proprio la serata delle sorprese! E così Darcy ha fatto tutto; combinato il matrimonio, dato il denaro, pagato i debiti del giovanotto e procurato il suo brevetto di ufficiale. Tanto meglio. Mi eviterò un monte di guai e di spese. Se lo avesse fatto lo zio, avrei dovuto e voluto ripagarlo, ma questi ardenti innamorati fanno tutto a modo loro. Domani gli offrirò immediatamente di rimborsarlo, lui protesterà, pago del suo amore per te, e non se ne parlerà più».

Allora si ricordò del turbamento che Elizabeth aveva mostrato leggendo la lettera di Mr. Collins, e, dopo averla canzonata un pochino, la lasciò finalmente andare, dicendo mentre usciva:

«Se ci sono dei pretendenti per Mary o per Kitty, mandameli pure: sono a loro disposizione».

Il cuore di Elizabeth era sollevato da un gran peso, e dopo mezz’ora di calma riflessione in camera sua, poté raggiungere gli altri con sufficiente serenità. Tutto era ancora troppo recente per dar adito alla gioia, ma la serata trascorse tranquillamente; non c’era più nulla da temere, e il conforto dell’intimità e della familiarità sarebbe venuto col tempo.

Quando la madre salì più tardi nel suo spogliatoio, Elizabeth la seguì e le comunicò la grande notizia. L’effetto fu sorprendente; Mrs. Bennet rimase immobile ad ascoltare la figlia, incapace di profferire una sillaba. Ci vollero parecchi minuti prima che riuscisse a rendersi conto di quello che aveva sentito, benché, generalmente, non fosse tanto lenta nell’afferrare tutto quello che poteva essere di vantaggio alla famiglia, o che apparisse sotto l’aspetto di un pretendente per le sue ragazze. Finalmente si riebbe, si agitò sulla sua sedia, si alzò, si risedette, meravigliandosi e abbandonandosi alle più strane esclamazioni:

«Buon Dio! Dio mi benedica! Chi avrebbe pensato una cosa simile! Povera me! Mr. Darcy! Chi l’avrebbe detto! Ed è proprio vero? Oh, mia diletta Lizzy! Che gran dama, che signora sarai! Che rendita, che gioielli, che vetture avrai! Jane non sarà niente in confronto a te, niente davvero! Sono così contenta, così felice! Un uomo così seducente! Così bello, così alto! Oh, cara Lizzy! Ti prego, scusami se mi era tanto antipatico. Spero che lui ci passerà sopra. Cara, cara Lizzy! Una casa a Londra! Tutta la felicità! Tre ragazze sposate! Diecimila sterline l’anno! Oh, Dio! Che ne sarà di me? Mi pare di impazzire!».

Ce n’era abbastanza per non dubitare della sua approvazione, ed Elizabeth rallegrandosi che questa effusione fosse stata udita solamente da lei, se ne andò al più presto. Ma era appena arrivata in camera sua che la mamma la raggiunse.

«Bambina mia», esclamò, «non riesco a pensare ad altro! Diecimila sterline l’anno e forse anche più. È quasi come se tu sposassi un lord! Avrete una licenza speciale per il matrimonio! Dovete certo sposarvi con una licenza speciale! Ma, amor mio, dimmi qual è la pietanza preferita da Mr. Darcy perché la possa ordinare per domani».

Questo era un brutto indizio di quello che sarebbe stato il contegno di sua madre verso Darcy, ed Elizabeth pensò che, benché sicura dell’affetto di lui e certa del consenso dei suoi genitori, le rimaneva ancora qualcosa da desiderare. Ma l’indomani le cose andarono molto meglio di quanto si aspettava, perché fortunatamente Mrs. Bennet era così intimidita dal suo futuro genero che non osava quasi parlargli, se non per mostrare la più grande deferenza verso le sue opinioni.

Elizabeth ebbe la gioia di vedere che suo padre cercava di conoscerlo meglio, e infatti Mr. Bennet presto le disse che Darcy saliva rapidamente nella sua stima.

«Ammiro moltissimo tutti i miei generi», disse, «forse il mio preferito è Wickham, ma credo che vorrò bene a tuo marito come a quello di Jane».