Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo ottavo

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Capitolo ottavo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
Capitolo ottavo
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Alle cinque le due signore andarono a vestirsi e alle sei e mezza Elizabeth fu chiamata per il pranzo. Tutti le chiesero gentilmente di sua sorella, e lei notò con piacere che l’interesse di Bingley era assai più vivo di quello degli altri, ma non poté dare notizie troppo buone. Jane non migliorava affatto. Nel sentir questo, le signore espressero due o tre volte il loro dispiacere, commentando quanto fosse noioso un brutto raffreddore, e come anche loro odiassero essere ammalate; dopo di che non ci pensarono più, e la loro indifferenza per Jane, quando non era presente, confermò Elizabeth nella sua antica antipatia verso di loro.

Il fratello era l’unico del gruppo che le andasse a genio. La sua preoccupazione per Jane era evidente, e le sue attenzioni verso di lei, Elizabeth, confortandola un poco, le impedivano di sentirsi un’intrusa come credeva di essere considerata dagli altri. Infatti, tranne Bingley, nessuno si occupava di lei. Miss Bingley si dedicava completamente a Mr. Darcy, e sua sorella non meno di lei; quanto a Mr. Hurst, che aveva per vicino, era un uomo indolente che pensava solo a mangiare, bere e giocare a carte, e che, dopo avere osservato che preferiva un cibo semplice a qualsiasi intingolo, non trovò altro da dirle.

Terminato il pranzo, Eliza tornò subito da Jane ed era appena uscita dalla camera, che Miss Bingley cominciò a criticarla.

I suoi modi furono giudicati pessimi, un insieme di orgoglio e di impertinenza; non sapeva discorrere, mancava di stile, era priva di gusto e di bellezza. Anche Mrs. Hurst era della stessa opinione, e aggiunse:

«In fondo, non ha proprio altra qualità, se non quella di essere una buona camminatrice. Non potrò mai dimenticare la sua apparizione di stamani. Sembrava una mezza selvaggia!».

«Davvero, Louisa, per poco non ce la facevo a trattenermi dal ridere. E che esagerazione accorrere a quel modo! Sgambare così per i campi, soltanto perché sua sorella aveva preso un raffreddore! Con quei capelli, tutti scarruffati, al vento!».

«Sì; e le sue gonne! Avrai osservato, immagino, la sua sottana coperta di fango per venti centimetri buoni, e il mantello che avrebbe dovuto nasconderla e che non serviva affatto allo scopo!».

«Può darsi che la tua descrizione sia esatta», disse Bingley, «ma io non me ne sono accorto affatto. Miss Elizabeth Bennet, stamani quando è entrata, mi è parsa graziosissima. E la sua gonna infangata è sfuggita proprio alla mia attenzione».

«Non certo alla vostra, Mr. Darcy», disse Miss Bingley, «e sono convinta che non vi piacerebbe affatto vedere vostra sorella andare in giro in quello stato».

«No davvero».

«Camminare per tre miglia, o quattro, o cinque, o quelle che sono, con il fango fin oltre le caviglie, e sola, tutta sola! Che ha creduto di fare? Non è altro che l’ostentazione di un’odiosa forma di orgogliosa indipendenza che tradisce tutta l’indifferenza dei provinciali al decoro».

«Dimostra anche un profondo affetto per sua sorella, il che la rende simpatica», disse Bingley.

«Temo, Mr. Darcy», sussurrò Miss Bingley, «che questa avventura avrà un poco raffreddato la vostra ammirazione per i begli occhi di Elizabeth».

«Tutt’altro», rispose lui, «erano anzi più brillanti dopo la passeggiata». Queste parole furono seguite da una breve pausa, e Mrs. Hurst riprese:

«Ho molta simpatia per Jane Bennet, che è veramente una cara ragazza e desidero con tutto il cuore che faccia un buon matrimonio. Ma con una madre e un padre simili e dei parenti così volgari, temo non le sarà facile».

«Mi pare di averle sentito dire che un loro zio è avvocato a Meryton».

«Sì, e ne hanno un altro che dicono abbia qualche negozio dalle parti di Cheapside...».

«Magnifico!», aggiunse la sorella, e tutt’e due risero di cuore.

«Anche se avessero tanti zii da riempire tutta Cheapside», esclamò Bingley, «non sarebbero per questo meno graziose né meno simpatiche».

«Dobbiamo però convenire che questo diminuisce indubbiamente la loro probabilità di sposare degli uomini della buona società», rispose Darcy.

Bingley non rispose; ma le sue sorelle annuirono cordialmente e continuarono per qualche tempo a schernire il volgare parentado delle loro amiche.

Tuttavia, con una ripresa d’affetto, lasciando la camera da pranzo, si recarono da Jane e rimasero con lei fino a quando furono chiamate per il caffè. Jane stava ancora poco bene, ed Elizabeth non volle lasciarla che tardi, sulla sera, quando la vide addormentata, e le parve cosa gentile verso i suoi ospiti, più che piacevole in se stessa, scendere in sala. Entrando, trovò la compagnia intenta al gioco, e fu subito invitata a prendervi parte, ma, temendo che le poste fossero troppo alte, rifiutò con la scusa che, non volendo lasciare a lungo sola sua sorella, nel poco tempo che poteva trattenersi si sarebbe distratta leggendo. Mr. Hurst la guardò con stupore.

«Preferite leggere a giocare?», chiese. «Che cosa strana!».

«Miss Eliza Bennet», disse Miss Bingley, «disprezza le carte. È una grande lettrice e non si diletta d’altro».

«Non merito né questa lode, né questo biasimo», esclamò Elizabeth. «Non sono una grande lettrice, e ci sono anche molte altre cose che mi piacciono».

«Sono certo che vi piace assistere vostra sorella», disse Bingley, «e che questo piacere sarà presto accresciuto vedendola ristabilirsi».

Elizabeth lo ringraziò dal fondo del cuore, e si avviò verso un tavolo sul quale c’erano alcuni libri. Egli si offrì immediatamente di andarne a cercare degli altri: tutti quelli che poteva offrire la sua biblioteca.

«Vorrei che la mia biblioteca fosse più ricca, per il vostro piacere e a onor mio, ma sono così pigro che i pochi libri che ho sono sempre troppi per quello che ne faccio».

Elizabeth lo assicurò che le bastavano quelli che si trovavano in sala.

«È strano», disse Miss Bingley, «che mio padre abbia lasciato così pochi libri. La vostra biblioteca di Pemberley, Mr. Darcy, è meravigliosa!».

«È naturale che lo sia», egli rispose, «perché è l’opera di molte generazioni».

«E voi stesso l’avete molto accresciuta, comperando sempre nuovi libri».

«Non posso capire come, ai nostri giorni, si possa trascurare la biblioteca di famiglia».

«Trascurare! Non c’è pericolo che voi trascuriate nulla per migliorare quella nobile dimora. Charles, quando costruirai la tua casa, mi auguro che riesca bella anche soltanto la metà di Pemberley!».

«Magari!».

«Ma ti consiglierei di comprare il terreno da quelle parti, e di prendere Pemberley come modello. Il Derbyshire è la più bella contea dell’Inghilterra».

«Sarei felice di comprare Pemberley stesso, se Darcy la vendesse».

«Parlavo di cose possibili, Charles».

«In fede mia, Caroline, sarebbe più facile acquistare Pemberley che copiarla».

Elizabeth si interessava talmente alla conversazione che non riusciva a prestare attenzione al suo libro, per cui, messolo da parte, si accostò al tavolino dove sedette tra Mr. Bingley e sua sorella maggiore per osservare il gioco.

«È cresciuta ancora da questa primavera Miss Darcy?», chiese Miss Bingley. «Si farà alta come me?»

«Credo di sì. È già grande come Miss Elizabeth Bennet, o forse di più».

«Come vorrei rivederla! Non ho mai incontrato una ragazza più carina. Un contegno, dei modi così perfetti! Ed è così colta per la sua età; suona il pianoforte in maniera incantevole».

«Sono sempre meravigliato», disse Bingley, «della pazienza che hanno tutte le ragazze nel coltivarsi!».

«Tutte le ragazze! Ma, Charles, che cosa intendi dire?»

«Sì, tutte, o almeno così mi sembra. Tutte dipingono, o ricoprono paraventi, o ricamano borse. Non ne conosco una che non possegga queste abilità; e la prima cosa che mi dicono, parlandomi di una signorina, è che ha un’educazione perfetta ed è molto colta».

«La tua lista delle abilità femminili», disse Darcy, «è anche troppo esatta purtroppo. Si usa la parola “colta” per definire una signorina che spesso sa soltanto ricoprire un paravento o ricamare una borsa. Tuttavia non sono affatto d’accordo con te nell’ affermare che tutte le donne in genere meritino i tuoi complimenti. Nell’intera cerchia delle mie conoscenze non saprei trovarne più di una mezza dozzina che siano veramente colte».

«Nemmeno io», confermò Miss Bingley.

«È segno che vi fate un’idea molto alta di come dovrebbe essere una donna», disse Elizabeth.

«Sì, secondo me, una donna deve possedere molte qualità».

«Oh, certo!», esclamò la sua vivace interlocutrice, «nessuna donna può essere considerata veramente colta se non sorpassa di gran lunga la misura comune. Una donna deve possedere una conoscenza profonda della musica, del canto, del disegno e della danza, conoscere le lingue moderne, e, oltre a questo, deve avere nel suo aspetto e nel suo modo di muoversi, nella sua voce e nella sua maniera di parlare, qualcosa che la distingua veramente». «Non solo», continuò Darcy, «ma deve aggiungere a tutto questo qualcosa di ancor più importante: sapere coltivare la sua mente con delle profonde letture».

«Non c’è da meravigliarsi se conoscete soltanto sei donne di questo genere; è già strano che ne conosciate una».

«Siete così severa verso il vostro sesso?»

«Io non ho mai incontrato una donna simile. Mai ho visto tanta cultura, gusto, applicazione ed eleganza, come quelle da voi descritte, riunite in una persona sola».

Mrs. Hurst e Miss Bingley protestarono tutte e due contro la severità di questo giudizio, e stavano già per asserire di conoscere parecchie signore che rispondevano a questa descrizione, quando Mr. Hurst le richiamò all’ ordine, lamentandosi aspramente per la loro disattenzione al gioco. Troncata così ogni conversazione, Elizabeth poco dopo lasciò la sala.

«Eliza Bennet», disse Miss Bingley quando la porta si richiuse dietro di lei, «è una di quelle ragazze che cercano di farsi belle agli occhi dell’altro sesso svalutando il proprio; ed è un fatto che, con molti uomini, vi riescano. Ma, secondo me, è un mezzuccio meschino, un artificio volgare».

«Vi è senza dubbio della meschinità in ogni artificio di cui le signore si servono per accattivarsi gli uomini», rispose Darcy, al quale era rivolta principalmente questa osservazione. «Tutto quello che si presenta sotto la veste della furberia è spregevole».

Questa risposta non soddisfece troppo Miss Bingley che preferì lasciar cadere l’argomento.

Elizabeth ritornò soltanto per avvertire che sua sorella stava peggio, e che non poteva lasciarla. Bingley insistette perché fosse chiamato subito Mr. Jones, mentre le sue sorelle, convinte che un medico di campagna non potesse essere di grande aiuto, raccomandarono di mandare un espresso in città per un medico di valore. Ma Elizabeth non volle sentirne parlare, e propendeva più per la proposta di Mr. Bingley. Fu quindi deciso che, se Miss Bennet non migliorava, l’indomani mattina di buon’ora si sarebbe chiamato Mr. Jones. Bingley era proprio costernato; le sue sorelle si dichiararono desolate; ma questo non impedì loro di distrarsi e mitigare il proprio dolore cantando dopo cena dei duetti, mentre Bingley trovò invece conforto nell’impartire ordini alla governante perché l’ammalata e sua sorella fossero circondate di ogni cura.