Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo quarantasettesimo

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Capitolo quarantasettesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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«Ci ho ripensato ancora, Elizabeth», disse suo zio mentre lasciavano la città, «e davvero tutto considerato, mi sento quasi di condividere l’idea di tua sorella su questa faccenda. Mi sembra talmente impossibile che un giovane possa comportarsi in quel modo verso una ragazza non priva di protezione e di amici, ospite presso la famiglia del suo colonnello, che mi sento proprio incoraggiato a sperare il meglio. Come potrebbe non supporre che parenti e amici si mettano alla ricerca di Lydia? E come potrebbe essere accolto al reggimento dopo un simile affronto al colonnello Forster? Il gioco non vale la candela».

«Credi davvero?», esclamò Elizabeth, rianimandosi per un momento.

«Parola d’onore», disse Mrs. Gardiner, «comincio anch’io a pensarla come tuo zio. È una violazione troppo sfacciata di ogni senso dell’onore, del decoro e persino dell’interesse, perché egli se ne renda colpevole. Non posso pensare così male di Wickham. Tu stessa, Lizzy, puoi crederlo capace di tanto?»

«Forse di trascurare il suo interesse, no, ma di tutte le altre cose lo credo capace. Voglia Dio che diciate il vero! Ma non oso sperarlo. Perché allora non sarebbero andati in Scozia?»

«Prima di tutto», rispose Mr. Gardiner, «non si ha nessuna prova che non ci siano andati».

«No, ma il fatto di aver cambiato il calesse con una vettura a nolo, è un indizio che non lascia dubbi! E poi non si è trovata traccia del loro passaggio sulla strada di Barnet».

«Bene, supponiamo che siano a Londra. Possono essere lì soltanto per stare nascosti e per nessun’altra ragione. È facile che da ambo le parti siano a corto di quattrini, e possono aver trovato più economico, anche se meno sbrigativo, sposarsi a Londra piuttosto che in Scozia».

«Ma perché tanti misteri? Perché aver paura di essere scoperti? Perché il loro matrimonio dovrebbe essere segreto? Oh, no, no, non è così! Da quanto dice Jane, il suo amico più intimo è persuaso che lui non avesse alcuna intenzione di sposarla. Wickham non sposerà mai una donna priva di mezzi. Non può permetterselo. E che pregi ha Lydia, quale seduzione, se non la gioventù, la salute e l’allegria, perché lui rinunci, sposandola, ai vantaggi che avrebbe potuto trarre da un buon matrimonio? Non so quale freno poteva essere per lui il biasimo che questa disonorevole fuga avrebbe suscitato al reggimento, perché non conosco le conseguenze che possa avere un passo simile. Ma per altre obiezioni, temo che ci sia poco da illudersi. Lydia non ha fratelli che la possano difendere, e dal modo di fare di nostro padre, dalla sua indulgenza e dalla poca cura che sembra prendersi di quanto accade nella sua famiglia, Wickham si può illudere che si preoccuperà meno di ogni altro padre, in questa circostanza».

«Ma credi che Lydia sia così accecata dal suo amore da acconsentire a vivere con lui al di fuori del matrimonio?»

«Lo si direbbe; ed è veramente doloroso», rispose Elizabeth con le lacrime agli occhi, «dubitare del decoro e della virtù della propria sorella. Ma realmente, non so che cosa dire. Forse sono ingiusta verso di lei. Ma è giovanissima, nessuno le ha mai insegnato a riflettere; e negli ultimi tempi, anzi da quasi un anno a questa parte, non ha pensato che ai divertimenti e alle frivolezze. Le è sempre stato concesso di passare tutto il suo tempo nel modo più stupido e ozioso, e di seguire tutti i capricci che le passavano per la testa. Da che il reggimento è venuto a Meryton, non ha avuto in testa che civetterie, amori e ufficiali. Ha fatto tutto quello che poteva per parlare e pensare solo di questi argomenti, ingigantendo, come posso dire?... le sue facoltà affettive, che sono già abbastanza vivaci. E noi sappiamo che Wickham ha tutto quanto occorre sia nell’apparenza, sia nel modo di fare, per sedurre una donna».

«Ma tu hai sentito che Jane», disse sua zia, «non pensa tanto male di Wickham da crederlo capace di una così riprovevole condotta».

«Jane è forse capace di pensare male di qualcuno? E quando mai crederebbe qualsiasi persona al mondo, qualunque sia stata la sua condotta precedente, capace di agire in tal modo, finché non ne avesse la prova? Ma Jane, come me, sa chi è veramente Wickham. Tutt’e due sappiamo che è un libertino nel pieno significato della parola, che non possiede né rettitudine né onore, che è tanto falso e imbroglione quanto vano e calunniatore».

«E tu sai davvero tutto questo?», esclamò Mrs. Gardiner, la cui curiosità di sapere come Elizabeth potesse essere informata a questo proposito, si era ridestata.

«Lo so da fonte sicura», disse Elizabeth arrossendo. «L’altro giorno ti dissi come si è comportato indegnamente verso Mr. Darcy, e tu stessa a Longbourn hai sentito in che maniera parlava di un uomo che è stato così tollerante e generoso verso di lui. E ci sono altri fatti che non posso... che non vale la pena di ripetere; ma le sue menzogne sulla famiglia di Pemberley sono innumerevoli. Da quanto mi aveva raccontato di Miss Darcy, mi aspettavo di trovare una ragazza orgogliosa, riservata e antipatica; eppure sapeva che era proprio l’opposto. Doveva sapere che è semplice e amabile come l’abbiamo trovata noi».

«Ma Lydia non sapeva la verità su Wickham? Come poteva ignorare quello di cui tu e Jane eravate informate?»

«Purtroppo, no! Ed è questa la cosa peggiore. Mentre ero nel Kent, dove incontrai molto spesso Mr. Darcy e il colonnello Fitzwilliam, suo parente, lo ignoravo io stessa. E quando tornai a casa, il reggimento doveva lasciare Meryton dopo quindici giorni, Così né io, né Jane, alla quale raccontai tutto, trovammo opportuno dire quello che sapevamo, perché a che cosa sarebbe servito distruggere la buona opinione che tutti avevano di lui? Poi, quando fu deciso che Lydia andasse con Mrs. Forster, non pensai affatto alla necessità di aprirle gli occhi sul carattere di Wickham. Non mi passò neppure per la mente che potesse essere ingannata a tal punto da lui. Avrei immaginato tutto, tranne che potesse accadere una cosa simile».

«Così, quando andò a Brighton, non avevi nessun motivo per credere che fossero innamorati l’uno dell’altra?»

«Nemmeno lontanamente. Non posso ricordare nessun segno d’affetto né da una parte né dall’altra, e sai che se ce ne fosse stata soltanto l’ombra, non c’è pericolo che a casa nostra sarebbe passata inosservata. Quando Wickham entrò al reggimento, Lydia lo ammirava molto, come noi tutte del resto. Tutte le ragazze di Meryton avevano perso la testa per lui, durante i primi mesi; ma egli non se ne occupò mai in modo particolare e perciò dopo un periodo di folle e stravagante ammirazione, l’infatuazione di Lydia passò, e altri ufficiali che le facevano la corte tornarono a essere i suoi preferiti».

Sebbene continuare a discutere su questi argomenti non potesse portare nessun nuovo elemento tale da aumentare o diminuire i loro timori o dare un particolare indirizzo alle loro speranze o congetture, non furono capaci di parlare d’altro durante tutto il viaggio. Elizabeth non riusciva a pensare a niente: stretta dall’angoscia e dal rimorso, non poteva trovare pace né oblio.

Viaggiarono con la massima velocità, e dormendo una notte lungo il percorso, raggiunsero Longbourn il giorno dopo, all’ora di pranzo. Elizabeth era sollevata all’idea che Jane non aveva dovuto logorarsi in un’attesa troppo lunga. I piccoli Gardiner, attratti dalla vista della carrozza, si fecero trovare sulla scala, e appena la carrozza fu alla porta, la gioconda sorpresa che illuminò i loro volti e si manifestò per mezzo di salti e di capriole, fu il primo gradito benvenuto. Elizabeth saltò dalla vettura, e dopo aver dato a tutti un rapido bacio, si affrettò nell’atrio, dove Jane arrivava scendendo di corsa la scala, venendo dalla camera della mamma. Baciandola con tenerezza, mentre le lacrime riempivano i loro occhi, chiese senza perdere un attimo se si avevano notizie dei fuggiaschi.

«Non ancora», rispose Jane. «Ma adesso che è venuto il nostro caro zio, spero che tutto andrà bene».

«Papà è a Londra?»

«Sì, è partito martedì, come ti ho scritto».

«E avete avuto sue notizie?»

«Una volta sola. Poche righe mercoledì, per annunciare che era arrivato bene e per darmi le istruzioni di cosa dovevo fare, come gli avevo chiesto. Aggiungeva che non avrebbe più scritto finché non avesse avuto qualche notizia importante».

«E la mamma come sta, come state tutti?»

«La mamma sta benino, mi pare, anche se è molto scossa. È di sopra, e sarà felice di vedervi. Non lascia ancora il suo salottino. Mary e Kitty, grazie a Dio, stanno benissimo».

«Ma tu, come stai, tu?», esclamò Elizabeth. «Sei pallida. Quante ne devi aver passate!».

Sua sorella però la rassicurò dicendole di sentirsi benissimo, e la loro conversazione fu interrotta dall’arrivo degli zii che si erano trattenuti con i bambini. Jane corse dagli zii, dando loro il benvenuto e ringraziandoli tra lacrime e sorrisi. Quando si riunirono in salotto, furono ripetute tutte le domande che Elizabeth aveva già fatto, e si venne così ben presto a sapere che Jane non poteva dare alcuna notizia. Tuttavia il suo cuore gentile non nascondeva l’ottimistica speranza che ancora non l’aveva abbandonata: dichiarò infatti sorridendo che ogni mattina si aspettava una lettera da Lydia o dal padre che desse qualche spiegazione degli avvenimenti, e, forse, annunciasse il matrimonio.

Mrs. Bennet, nella cui camera finirono per andare dopo questa breve conversazione, li ricevette proprio come era da aspettarsi. Tra lacrime e gemiti, invettive contro l’indegno procedere di Wickham e lamenti sulle proprie sofferenze, sul modo come era trattata; ebbe parole di biasimo contro tutti, senza fare però una allusione sola a chi, con la sua irragionevole indulgenza, era la maggiore responsabile degli errori di sua figlia.

«Se avessi potuto andare, come volevo, a Brighton con tutta la famiglia, questo non sarebbe accaduto; ma la povera Lydia non aveva nessuno che si occupasse di lei. Perché i Forster non l’hanno sorvegliata meglio? Sono sicura che c’è stata una grande trascuratezza da parte loro, perché non è il tipo di ragazza da fare queste cose. Sarebbe bastata soltanto un po’ di oculatezza. Ho sempre pensato che non erano adatti a incaricarsi di lei; ma non sono stata ascoltata, come avviene sempre. Povera, cara bimba! E ora Mr. Bennet è partito e sono sicura che si batterà con Wickham se lo incontra, e resterà ucciso. E che accadrà allora di noi tutti? I Collins ci cacceranno di casa prima ancora che il suo cadavere sia freddo, e se tu non avrai pietà di noi, fratello mio, non so proprio che cosa faremo».

Tutti protestarono contro queste lugubri idee, e Mr. Gardiner, dopo averla più volte rassicurata con proteste di affetto per lei e per tutta la sua famiglia, le disse che intendeva andare a Londra il giorno dopo per aiutare Mr. Bennet a ritrovare Lydia.

«Non abbandonarti a inutili pessimismi», aggiunse; «anche se è giusto aspettarsi il peggio, non è il caso di credere che sia certo. Hanno lasciato Brighton solo da una settimana. Fra qualche giorno potremo avere loro notizie, e finché non sapremo che non sono sposati o che non hanno intenzione di farlo, non dobbiamo considerare già tutto perduto. Appena in città, andrò da mio cognato e lo farò venire da me in Gracechurch Street, e lì ci consulteremo sul da farsi».

«Oh, fratello caro», rispose Mrs. Bennet; «è proprio quello che desidero! E, quando sarai a Londra, scoprili dovunque siano, e, se non fossero ancora sposati, falli sposare. Quanto al corredo, che non ritardino per questo: Lydia avrà tutto il denaro che vuole per comprarlo dopo sposata. E, soprattutto, impedisci a Mr. Bennet di battersi. Digli in che stato mi trovo, che sono fuori di me dal terrore, che ho tali tremori e brividi, tali fitte e spasimi in testa, tali palpitazioni di cuore, che non posso riposare né giorno né notte. Ma di’ alla cara Lydia di non ordinare gli abiti fino a quando non mi ha visto, perché non conosce i negozi migliori. Oh, quanto sei buono! Tu riuscirai a mettere a posto tutto, ne sono sicura!».

Mr. Gardiner, pur tornando ad assicurarla che avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere, non poté fare a meno di raccomandarle di non esagerare sia nelle speranze che nei timori, e dopo aver cercato di calmarla con questi ragionamenti fino all’ora di pranzo, la lasciarono a sfogare tutti i suoi crucci nel seno della governante, che la assisteva quando le sue figlie si assentavano.

Benché sua cognata e suo fratello fossero persuasi che non c’era ragione alcuna perché rimanesse così appartata, non cercarono di dissuaderla, sapendola incapace di frenare la lingua di fronte ai domestici quando servivano a tavola; e pensavano che fosse meglio che una sola persona di servizio, l’unica della quale si potevano fidare, fosse al corrente di tutte le sue ansie e le sue pene su quel triste argomento.

Mary e Kitty, troppo occupate nelle loro camere per farsi vedere fino a quel momento, li raggiunsero in sala da pranzo. Una aveva lasciato i suoi libri, l’altra le sue acconciature. Tutte e due sembravano abbastanza serene e non apparivano affatto cambiate, se non per il fatto che la perdita della sorella preferita e le recriminazioni ricevute in proposito, avevano accentuato l’abituale nervosismo di Kitty. Quanto a Mary, era abbastanza padrona di sé per mormorare a Elizabeth, appena sedettero a tavola, con espressione assai grave:

«È un caso disgraziato del quale si parlerà molto. Ma dobbiamo far fronte al dilagare della malignità e spargere sui nostri animi esulcerati il balsamo della consolazione fraterna».

Poi, vedendo che Elizabeth non dava segno di voler rispondere, aggiunse: «Per quanto questo caso sia disgraziato per Lydia, noi dobbiamo trame l’utile insegnamento che la perdita della virtù è irrimediabile in una donna; che un solo passo falso la trascina in una rovina senza fine; che la sua reputazione è fragile quanto preziosa; e che non si può essere mai abbastanza guardinghi nei nostri rapporti con l’altro sesso».

Elizabeth la guardò trasecolata, ma era troppo oppressa per rispondere. Mary tuttavia continuava a consolarsi, con queste belle sentenze, della sventura che li aveva colpiti. Nel pomeriggio le due sorelle maggiori poterono passare un’altra mezz’ora insieme, ed Elizabeth ne approfittò per rivolgere altre domande a Jane. Dopo essersi sfogata nel lamentare le terribili conseguenze che avrebbe avuto quell’avventura, chiese:

«Ma dimmi tutto quello che non so ancora. Dammi altri particolari. Che ha detto il colonnello Forster? Non si erano accorti di nulla prima della fuga? Li avranno pure visti stare insieme!».

«Il colonnello Forster dice che aveva spesso dubitato che fra loro ci fosse qualcosa, soprattutto da parte di Lydia, ma niente che potesse allarmare. Mi dispiace tanto per lui! È così buono e gentile! Voleva già venire a dirci tutto il suo rincrescimento prima ancora di sapere che non erano andati in Scozia; quando poi si incominciò a temere il peggio, si è affrettato a venire».

«E Denny è convinto che Wickham non ha intenzione di sposarla? Non sa dove intendessero andare? Il colonnello Forster ha visto Denny?»

«Sì, ma, interrogato da lui, Denny negò di sapere i loro progetti e non volle dire la sua opinione in proposito. Non ripeté neppure la sua convinzione che non si sarebbero sposati, ed è per questo che spero abbia interpretato male i sentimenti dell’amico».

«E prima della venuta del colonnello Forster, nessuno di voi ebbe il più lontano dubbio che essi non si fossero sposati?»

«Come potevamo neanche supporlo? Ero un po’ inquieta: temevo per la felicità di nostra sorella in questo matrimonio perché sapevo che la condotta di Wickham non era stata sempre raccomandabile. Papà e mamma non sapevano niente di questo e consideravano soltanto che fosse un matrimonio imprudente dal lato materiale. Allora Kitty, tutta trionfante, confessò di saperne più di noi, perché Lydia nella sua ultima lettera le aveva rivelato il passo che stava per fare. Pare che fosse al corrente del loro amore già da alcune settimane».

«Ma non prima che andasse a Brighton?»

«No, non credo».

«E il colonnello Forster dava a vedere di non stimare Wickham? Lo conosce per quello che è?»

«Devo convenire che non parlò così bene di Wickham come faceva un tempo. Lo giudica avventato e scialacquatore. E da quando è stata risaputa questa triste storia, si dice anche che abbia lasciato molti debiti a Meryton. Ma speriamo che non sia vero».

«Oh, Jane! Se fossimo state meno prudenti, se avessimo detto quello che sapevamo di lui, forse tutto questo non sarebbe avvenuto!».

«Sarebbe forse stato meglio», rispose Jane, «ma non ci era parso giusto mettere in evidenza i passati errori di una persona senza sapere se ora era cambiata. Lo abbiamo fatto a fin di bene».

«Il colonnello Forster vi disse il contenuto della lettera lasciata da Lydia a sua moglie?»

«Ce la portò a vedere». Jane la tolse dal suo taccuino e la diede a Elizabeth. La lettera diceva:

Cara Harriet,

riderai nel sentire dove vado e non posso fare a meno di ridere io stessa della tua sorpresa, domattina quando non mi troverai. Vado a Gretna Green! E se non indovini con chi, penserò che sei una sciocchina, perché c’è un solo uomo al mondo che amo, e quest’uomo è un angelo. Non potrei essere felice senza di lui e così non credo di far male a fuggire. È inutile che tu scriva a Longbourn perché la sorpresa sarà ancora maggiore quando scriverò loro firmandomi: Lydia Wickham. Che bello scherzo sarà! Non posso quasi scrivere dal gran ridere. Ti prego, scusami con Pratt se non mantengo l’impegno di ballare con lui questa sera. Digli che spero mi perdonerà sapendone la ragione, e che ballerò insieme a lui con grande piacere al prossimo ricevimento in cui ci incontreremo. Quando sarò a Longbourn manderò a prendere i miei abiti, ma ti prego di dire intanto a Sally di rammendare il vestito di mussola ricamato, prima di riporlo. Arrivederci. Salutami il colonnello Forster. Spero che brinderete alla nostra felicità. La tua amica affezionata

Lydia Bennet

«Oh, sventatissima Lydia!», esclamò Elizabeth appena ebbe letto. «Scrivere una lettera come questa in un momento simile! Meno male che aveva l’aria di credere allo scopo del loro viaggio. A qualunque cosa Wickham l’abbia poi persuasa, almeno lei non aveva in animo una tale vergogna! Povero babbo! Come deve avere sofferto!»

«Non ho mai visto nessuno più sconvolto di lui. Non ha potuto parlare per dieci minuti. La mamma si sentì subito male, e tutta la casa era in un tale scompiglio!».

«Oh Jane», esclamò Elizabeth, «ci sarà stata almeno una sola fra le persone di servizio che non abbia saputo tutto prima di sera?»

«Non lo so, speriamo che non tutti siano al corrente. Ma è difficile controllarsi in quei momenti. La mamma ebbe una crisi, e, benché cercassi di assisterla come potevo, temo di non aver fatto tutto quello che avrei dovuto! L’orrore di quanto poteva accadere mi aveva fatto quasi perdere la testa».

«Hai fatto di più di quanto eri in grado di fare. Hai l’aria sofferente. Oh, se fossi stata a casa con te! Hai dovuto sopportare tutto il peso e tutte le ansie da sola!».

«Mary e Kitty sono state molto buone, e avrebbero diviso la mia fatica, ma non mi pareva giusto verso di loro. Kitty è fragile e delicata, e Mary studia talmente che non si può privarla delle sue ore di riposo. La zia Philips venne martedì, dopo che il babbo era partito, ed è stata molto utile e di grande conforto. Anche Lady Lucas è stata molto buona. Venne mercoledì mattina per esprimerci tutto il suo rammarico e offrì la sua assistenza o quella di una delle sue figlie se potevano esserci utili».

«Avrebbe fatto meglio a starsene a casa», proruppe Elizabeth; «forse lo ha fatto a fine di bene, ma in una disgrazia come questa, meno i vicini si fanno vedere, meglio è. Nessuno può aiutare; le espressioni di cordoglio, poi, sono insopportabili. Che si accontentino di godere del nostro male e se ne compiacciano a distanza».

Chiese poi a quali espedienti intendeva ricorrere suo padre a Londra, per ritrovare Lydia.

«Credo che volesse andare a Epsom, il posto dove cambiarono i cavalli, per parlare con i postiglioni e vedere se poteva sapere qualcosa. Il suo scopo principale era scoprire il numero della carrozza che li ha rilevati a Clapham. Questa vettura era arrivata da Londra con dei passeggeri a bordo, e il babbo pensava che potesse essere stato notato il fatto che un signore e una signora avessero cambiato da una carrozza all’altra. Se poteva scoprire la casa dove il cocchiere aveva lasciato i passeggeri, contava di potere avere lì il numero della vettura da nolo. Non so quali altri progetti avesse; ma è partito con tanta fretta e così sconvolto, che mi è stato difficile sapere anche questo».