Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo ventitresimo

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Capitolo ventitresimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
Capitolo ventitresimo
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Elizabeth era seduta con la madre e le sorelle, riflettendo su quello che aveva saputo e chiedendosi se fosse autorizzata a farne partecipe i familiari, quando comparve Sir William in persona, mandato dalla figlia ad annunciare ai signori Bennet il suo fidanzamento con Mr. Collins.

Dopo molti complimenti e dopo avere esternata la propria compiacenza per la prospettiva di questo nuovo legame tra le due case, costui diede la notizia a un uditorio non soltanto stupefatto, ma incredulo. Infatti Mr. Bennet, con più petulanza che cortesia, insisteva nel dire che doveva esserci certamente un errore e Lydia, sempre impulsiva e spesso sgarbata, esclamò impetuosamente:

«Buon Dio! Sir William, che cosa andate dicendo? Non sapete che Mr. Collins vuole sposare Lizzy?».

Occorreva tutta la condiscenza e la diplomazia di un uomo avvezzo alla Corte, per sopportare senza alterarsi un’accoglienza simile; per fortuna l’educazione di Sir William lo assistette in tale circostanza e, pur chiedendo il permesso di affermare che quanto diceva era vero, sopportò tutte le loro impertinenze con la più paziente gentilezza.

Elizabeth, comprendendo che toccava a lei toglierlo da una situazione così spiacevole, si fece avanti per confermare la sua asserzione, raccontando come ne avesse avuto poco prima la notizia da Charlotte stessa, e cercando di porre fine alle esclamazioni di sua madre e delle sorelle esprimendo tutte le sue congratulazioni a Sir William, imitata subito da Jane. Si fece premura anche di aggiungere alcune frasi gentili sulla felicità che ci si poteva aspettare da questa unione, sull’ottimo carattere di Mr. Collins, e la comoda vicinanza di Hunsford a Londra.

Mrs. Bennet, troppo sopraffatta per parlare finché Sir William fu presente, appena furono soli diede libero sfogo ai suoi sentimenti. Anzitutto persistette nel dubitare della cosa; in secondo luogo era sicura che Mr. Collins era stato accalappiato; terzo, sperava che non sarebbero mai stati felici insieme, e quarto, che il fidanzamento si sarebbe rotto. Ad ogni modo da tutto questo si potevano dedurre due cose: una, che la causa di tutti quei guai era Elizabeth, e due, che lei stessa e i suoi poveri nervi erano stati trattati in barbaro modo da tutti loro; e per il resto della giornata non fece che ribattere questi punti. Nulla serviva a consolarla o a placarla. Né il suo risentimento durò per quel giorno soltanto. Ci volle una intera settimana prima che potesse vedere Elizabeth senza sgridarla; un mese, prima che riuscisse a parlare con Sir William e Lady Lucas senza essere scortese; e dovettero passare molti mesi, prima che potesse perdonare a Charlotte.

L’impressione di Mr. Bennet a questo proposito fu molto più pacata, anzi espresse tutto il suo compiacimento, perché si rallegrava – disse – di scoprire che Charlotte Lucas, che egli credeva abbastanza intelligente, era invece sciocca come sua moglie e assai più di sua figlia!

Jane confessò di essere un po’ stupita di quell’unione; ma espresse meno il suo stupore che non il desiderio di vederli felici; né Elizabeth riuscì a persuaderla che la cosa era molto improbabile. Kitty e Lydia erano ben lontane dall’invidiare Miss Lucas, visto che Mr. Collins era soltanto un uomo di Chiesa, e non apprezzarono il fatto altro che come notizia da diffondere a Meryton.

  Lady Lucas, che trionfava di fronte a Mrs. Bennet avendo avuto lei per prima la fortuna di accasare bene una figlia, veniva a Longbourn più spesso del solito per parlare della propria felicità,, anche se gli acidi sorrisi e le osservazioni maligne di Mrs. Bennet sembravano fatte apposta per dissipare ogni sua idea di contentezza.

Una specie di ritegno si formò invece tra Elizabeth e Charlotte che faceva evitare a tutte e due quell’ argomento: Elizabeth era persuasa che tra loro non ci sarebbe mai più stata l’antica confidenza. La delusione provata a proposito di Charlotte l’avvicinò con accresciuta tenerezza a sua sorella, certa che la sua fiducia nella delicatezza e nella rettitudine di lei non sarebbero mai venute meno, mentre invece cominciava a impensierirsi ogni giorno di più per la sua felicità dal momento che Bingley era già partito da una settimana e non si sentiva ancora parlare del suo ritorno.

Jane aveva risposto subito alla lettera di Caroline e contava i giorni in attesa di potere avere qualche notizia. La lettera di ringraziamento promessa da Mr. Collins arrivò martedì, indirizzata a loro padre e scritta con tutta la solenne gratitudine che avrebbe potuto ispirare il soggiorno di un anno intero nella loro casa: sollevata la sua coscienza a questo proposito, continuava informandoli con espressioni entusiaste della sua felicità nell’aver ottenuto l’affetto della loro amabile vicina Miss Lucas, e spiegando poi che era stato appunto in vista di poter godere della compagnia di lei, che aveva così prontamente accettato il loro cortese desiderio di vederlo di nuovo a Longbourn, dove sperava poter tornare martedì a quindici, perché Lady Catherine, aggiungeva, approvava così cordialmente questo matrimonio da desiderare che avesse luogo al più presto, argomento che confidava sarebbe stato decisivo per indurre la sua amabile Charlotte a scegliere un giorno molto vicino per far di lui il più felice degli uomini.

Per Mrs. Bennet, il ritorno di Mr. Collins non era più un motivo dicompiacimento. Al contrario ne era seccata almeno quanto suo marito. Era assai strano che venisse a Longbourn invece che a Lucas Lodge; e poi era davvero inopportuno e noioso. Odiava avere degli ospiti quando stava così poco bene, e gli innamorati erano poi le persone più seccanti. Tali erano i blandi lamenti di Mrs. Bennet, che cedevano il posto soltanto a una più viva inquietudine per la prolungata assenza di Mr. Bingley.

Né Jane né Elizabeth erano più tranquille: i giorni passavano senza recare alcuna notizia tranne la voce, ben presto ricorrente a Meryton, che non sarebbe più tornato a Netherfield per tutto l’inverno; voce che irritò eccessivamente Mrs. Bennet e che essa non mancava di smentire, come una scandalosa menzogna.

Perfino Elizabeth cominciò a temere, non che Bingley fosse indifferente, ma che le sue sorelle riuscissero a trattenerlo lontano da Netherfield. Per quanto fosse restia ad accogliere un’idea che avrebbe condannato irrimediabilmente le speranze di felicità di Jane e che era ingiuriosa per la costanza del suo innamorato, non poteva impedirsi di tornare spesso con la mente sopra l’argomento: temeva che gli sforzi riuniti delle due sorelle e del suo ultrapotente amico, aiutati dal fascino di Miss Darcy e dalle distrazioni londinesi, potessero essere più forti del suo affetto.

Jane, la cui ansia era naturalmente più acuta di quella di Elizabeth, cercava però di nasconderla, e lei ed Elizabeth non parlavano mai di quell’argomento. Non c’era però da aspettarsi delicatezza simile dalla madre, che non lasciava passare un’ora senza nominare Bingley mostrando grande impazienza per il suo ritorno, e sollecitando perfino Jane a confessare che, se lui non fosse tornato, avrebbe dovuto riconoscere di essere stata trattata proprio male. Ci voleva tutta la ferma dolcezza di Jane per sopportare questi attacchi con serenità.

Mr. Collins ritornò puntualmente a Longbourn per la data fissata, ma senza trovarvi la stessa cordiale accoglienza che lo aveva salutato al suo primo arrivo. Tuttavia era troppo felice perché fosse necessario occuparsi molto di lui, e fortunatamente il dovere di corteggiare Charlotte, trattenendolo lontano, assolse tutti dal compito di perdere molto tempo a tenergli compagnia. Passava quasi tutto il giorno a Lucas Lodge, e spesso tornava a Longbourn solo per fare in tempo a scusarsi della propria assenza prima che la famiglia andasse a dormire. Mrs. Bennet era veramente in uno stato pietoso. La minima allusione al fidanzamento la gettava in un abisso di malumore, e da qualunque parte andasse non sentiva parlare d’altro. La vista di Miss Lucas le era diventata odiosa. Pensando che un giorno sarebbe succeduta a lei come padrona nella sua casa, la guardava con geloso odio. Se Charlotte veniva a trovarli, si immaginava che lo facesse quasi per anticipare l’ora del possesso, e se parlava a voce bassa con Mr. Collins era convinta che parlassero della tenuta di Longbourn, pronti a cacciare di casa lei e le sue figlie, appena Mr. Bennet fosse morto. Se ne lamentò amaramente col marito.

«È ben duro, mio caro Bennet», disse, «pensare che Charlotte Lucas sarà padrona di questa casa; sarò obbligata a cedergliela e dovrò vivere per vederla prendere il mio posto!».

«Mia cara, non abbandonarti a pensieri così tristi. Speriamo in qualcosa di meglio. Illudiamoci che possa essere io a sopravvivere!».

L’idea non era molto consolante per Mrs. Bennet, la quale, invece di rispondere, continuò sullo stesso tono:

«Non posso sopportare il pensiero che debbano avere tutta questa proprietà. Se non fosse per l’eredità non me ne importerebbe tanto».

«Che cosa non t’importerebbe?»

«Non m’importerebbe di nulla».

«Ringraziamo Dio che ti ha preservata da un tale stato di insensibilità».

«Non posso ringraziare nessuno, riguardo l’eredità. Non so capire come si possa essere così privi di coscienza da permettere che la proprietà sia tolta alle figlie per cederla a un Mr. Collins! Perché lui piuttosto di un altro?»

«Lascio a te il compito di indovinarlo», disse Mr. Bennet.