Origine di alcuni modi di dire popolari nel dialetto vastese/I
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I.
La lènga uaštaréule.
La lingua, ossia il dialetto vastese.
In un libro che, come questo, è destinato ad essere venduto a benefizio del monumento che verrà innalzato al Vasto a Gabriele Rossetti, è giusto lasciare il primo posto ad un aneddoto che al grande poeta e patriotto si riferisce.
Il vastese Gabriele Smargiassi, rinomato pittore dei suoi tempi, malgrado che da giovanetto avesse abbandonata la sua patria per recarsi prima a Napoli e poscia a Roma, dove godette la protezione della regina Ortensia e del figlio, che fu poi Napoleone III, non aveva dimenticato il dialetto del suo paese nativo.
Quando nel 1838 andò a Londra, per esporvi alcuni suoi quadri, non mancò di visitare l’esule concittadino Gabriele Rossetti, del quale era amicissimo; ed al cameriere, che trovò in anticamera, domandò in dialetto vastese:
— «Šta Grabbijèle?» (Ci sta Gabriele?)
Il cameriere, un Inglese, naturalmente non capì nulla; ciò che fece indispettire lo Smargiassi, il quale, alzando la voce, ripetè:
— «Li capësce ca vajje truvànne Grabbijèle Rusciätte?» (Lo capisci che vado trovando Gabriele Rossetti?)
E chi sa quanto altro tempo sarebbe durata la comica scena, se il Rossetti, che tutto aveva udito, non avesse risposto da una camera vicina:
— «Trasce, frate sê’, ca šting’aècche.» (Entra, amico mio, chè sto qui.)
Dopo essersi abbracciati e baciati affettuosamente, i due amici, che da tanti anni non si rivedevano, incominciarono a ricordare i bei tempi della loro gioventù passati insieme in Napoli; e perchè il pittore parlava il suo solito vastese, il poeta, per secondarlo, rispondeva anch’egli in dialetto.
Francesca Polidori, moglie del Rossetti, che era presente a quell’incontro, stupì, ascoltando da suo marito un linguaggio che altre volte non aveva parlato; onde curiosità la spinse a domandargli che specie di lingua fosse quella.
— «La lènga uaštaréule,» — rispose il Rossetti sorridendo. E, perchè poi comprendesse, aggiunse:
— Il dialetto vastese.