Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 44

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Canto 44

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Canto 43 Canto 45

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CANTO XLIIII



 [1]

S
Peſſo in poueri alberghi e í picciol tetti

     Ne le calamitadi e ne i diſagi
     Meglio s’aggiugon d’amicitia i petti
     Ch ſra ricchezze inuidioſe & agi,
     De le piene d’inſidie e di foſpetti
     Corti regali: e ſplendidi palagi,
     Oue la charitade e in tutto eſtinta:
     Ne ſi vede amicitia ſé non ſinta.

 [2]
Quindi auuien che tra Principi e Signori
     Patti e cóuention ſono ſi ſrali,
     Fan lega hoggi Re, Papi, e Imperatori
     Doman faran nimici capitali,
     Perche qual l’apparenze eſteriori
     Non hanno i cor, no han gli animi tali,
     Che no mirando al torto piū ch’al dritto
     Attendon ſolamente al lor pfitto.

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 [3]
Queſti quantunqj d’amicitia poco
     Sieno capaci, perche nò ſta quella
     Oue per coſe graui: oue per giuoco
     Mai ſenza ſintion no ſi fauella,
     Pur ſé talhor gli ha tratti in humil loco
     Inſieme vna fortuna acerba e fella
     In poco tempo vengono a notitia
     Quel che in molto nò ſer de l’amicitia,

 [4]
Il ſanto Vecchiarel ne la ſua ſtanza
     Giunger gli hoſpiti ſuoi co nodo ſorte
     Ad amor vero meglio hebbe poſſanza,
     Ch’altri nò hauria fatto in real corte,
     Fu queſto poi di tal perſeueranza
     Che no ſi ſciolſe mai fin’ alla morte:
     Il Vecchio li trouo tutti benigni
     Cadidi piú nel cor che di ſuor Cygni.

 [5]
Trouolli tutti amabili e corteſi
     No de la iniquitá ch’io v’ho dipinta
     Di quei che mai no eſcono paleſi:
     Ma ſempre van cu apparenza ſinta,
     Di quanto s’ eran per a dietro oſſeſi
     Ogni memoria ſu tra loro eſtinta,
     E ſé d’un ventre foſſero e d’un ſeme
     No ſi potriano amar piú tutti inſieme.

 [6]
Sopra glialtri il Signor di Motalbano
     Accarezzaua, e nutria Ruggiero
     Si perche giá l’hauea co l’arme in mano
     Prouato quanto era animoſo e fiero,
     Si per trouarlo affabile & ſiumano
     Piú che mai foſſe al mòdo caualliero,
     Ma molto piú che da diuerſe bande
     Si conoſcea d’ hauergli obligo grande.

 [7]
Sapea che di grauiſſimo periglio
     Egli hauea liberato Ricciardetto,
     Quado il Re Hiſpano gli ſé dar dipiglio
     E co la ſiglia prendere nel letto:
     E e’ hauea tratto l’uno e l’altro figlio
     Del duca Buouo (com’io v’ ho giá detto)
     Di man de i Saracini, e de i maluagi
     Ch’ eran col Maganzeſe Bertolagi.

 [8]
Queſto debito a lui parea di ſorte
     Ch’ad amar lo ſtrígeano e ad honorarlo,
     E gli ne dolſe, e gli ne’ncrebbe ſorte
     Che prima no hauea potuto farlo,
     Quando era l’un ne l’Africana corte
     E l’altro a gli ſeruigi era di Carlo,
     Hor che fatto chriſtian quiui lo troua
     Quel ch nò fece prima hor far gli gioua

 [9]
Proferte ſenza ſine: honore, e feſta
     Fece a Ruggiero il Paladin corteſe,
     Il prudente Eremita, come queſta
     Reniuolentia vide, adito preſe,
     Entro dicendo: a fare altro nò reſta
     (E lo ſpero ottener ſenza còteſe)
     Che come P amicitia e tra voi fatta
     Tra voi ſia anchora affinitá cOtratta.

 [10]
Accio che de le due pgenie illuſtri
     Che nò han par di nobiltade al mòdo,
     Naſca vn lignaggio ch piú chiaro luſtri
     Che’l chiaro Sol per quato gira a tòdo.
     E come andrá piú inanzi & anni e luſtri
     Sara piú bello, e durerá, ſecòdo
     Ch Dio m’inſpira, accio ch’a voi noi celi
     Fin che terran l’uſato corſo i cieli.

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 [11]
E ſeguitando il ſuo parlar piú inante
     Fa il Santo Vecchio ſi: che perſuade
     Ch Rinaldo a Ruggier dia Bradamate,
     Benché pregar, ne l’un ne l’altro accade,
     Loda Oliuier col Principe d’Anglante
     Che far ſi debba queſta aſſinitade,
     Il che ſperan ch’approui Amoe e Carlo
     E debba tutta Francia comendarlo.

 [12]
Coſi dicean: ma nò ſapean ch’Amone
     CO volunta del figlio di Pipino:
     N’hauea dato I quei giorni intentione
     All’Imperator Greco Coſtantino,
     Che glie le domandaua per Leone
     Suo figlio e ſucceſſor nel gran domino,
     Se n’era pel valor che n’hauea inteſo
     Senza vederla il giouinetto acceſo.

 [13]
Riſpoſto gli hauea Amo, che da ſé ſolo
     Non era per coeludere altramente:
     Ne pria che ne parlaſſe col ſigliuolo
     Rinaldo da la corte allhora aſſente,
     Il qual credea che vi verrebbe a volo
     E che di gratia hauria ſi gran parente,
     Pur per molto riſpetto che gli hauea
     Rifoluer ſenza lui nò ſi volea.

 [14]
Hor Rinaldo lontan dal padre: quella
     Pratica Imperiai tutta ignorando
     Quiui a Ruggier promette la Sorella
     Di ſuo parere, e di parer d’ Orlando,
     E de glialtri e’ hauea ſeco alla cella
     Ma fopra tutti l’Eremita inſtando
     E crede veramente che piacere
     Debba ad Amon quel parètado hauere.

 [15]
Quel di e la notte, e del ſeguente giorno
     Steron gran parte col Monaco faggio
     Quaſi obliando al legno far ritorno
     Benché il vento ſpiraffe allor viaggio,
     Ma i lor nocchieri a cui tanto ſoggiorno
     Increſcea homai, madar piú d’un meſſaggio
     Che ſi li ſtimular de la partita
     Ch’ aforza li ſpicar da l’Eremita.

 [16]
Ruggier che ſtato era in eſilio tanto
     Ne da lo ſcoglio hauea mai mofTo il piede
     Tolſe licentia da ql Maſtro Santo
     Ch’infegnata gli hauea la vera fede,
     La ſpada Orlando gli rimeſſe a canto
     l’arme d’ Hettorre, e il buò FrOtin gli diede
     Si p moſtrar del ſuo amor ſegno eſpffo
     Si per ſaper che dianzi erano d’effo.

 [17]
E quantunque miglior ne l’incantata
     Spada, ragione haueſſe il Paladino,
     Che con pena e trauaglio giá leuata
     l’hauea dal ſormidabile giardino,
     Che nò hauea Ruggiero, a cui donata
     Dal ladro ſu che gli die achor Frotino,
     Pur volètier, glie le dono col reſto
     De l’arme toſto che ne ſu richieſto.

 [18]
Fur benedetti dal Vecchio deuoto
     E fu’l nauilio al ſin ſi ritomaro,
     I remi all’acqua e dier le vele al Noto,
     E ſu lor (i ſereno il tempo e chiaro
     Che non vi biſogno priego ne voto
     Fin che nel porto di Marſilia entraro,
     Ma quiui ſtiano tanto ch’io conduca
     Inſieme Aſtolfo il glorioſo Duca.

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 [19]
Poi che de la vittoria Aſtolfo inteſe
     Che ſanguinoſa e poco lieta s’ hebbe:
     Vedendo che ſicura da l’offefe
     D’Affrica hoggimai Frácia eſſer potrebbe
     Péſo che’l Re de Nubi in ſuo paeſe
     Con l’efercito ſuo rimanderebbe,
     Per la ſtrada medeſima che tenne
     Quando contra Biſerta ſé ne venne.

 [20]
l’armata che i Pagan roppe ne l’onde
     Giá rimadata hauea il ſigliuol d’ Vgiero:
     Di cui nuouo miracolo, le ſpOde
     Toſto che ne ſu vſcito il popul nero,
     E le poppe e le prore muto in ſronde,
     E ritornolle al ſuo ſtato primiero,
     Poi vene il vento, e come coſa lieue
     Leuolle in aria: e ſé ſparire in breue.

 [21]
Chi a piedi e chi in arcion tutte partita
     D’ africa ſer le nubiane ſchiere,
     Ma prima Aſtolfo ſi chiamo inſinita
     Gratia al Senapo, & immortale hauere,
     Che gli venne in perſona a dare aita
     Con ogni sforzo, & ogni ſuo potere,
     Aſtolfo lor ne l’uterino clauſtro
     A portar diede il fiero e turbido Auſtro.

 [22]
Ne gliutri dico il vento die lor chiuſo,
     Ch’ uſcir di mezo di ſuol con tal rabbia
     Che muoue a guiſa d’ onde e leua in ſuſo
     E ruota fin’ in ciel l’arrida ſabbia,
     Accio ſé lo portaſſero a lor’ vſo
     Che per camino a far danno no habbia,
     E che poi giunti ne la lor regione
     Haueffero a laſſar ſuor di prigione.

 [23]
Scriue Turpino come ſuro a i paſſi
     De l’alto Athlante che i caualli loro
     Tutti in vn tempo diuentaron faſſi
     Si ch come vèir ſé ne tornoro,
     Ma tépo e homai ch’Aſtolfo i Fracia paſſi,
     E coſi poi che del paeſe Moro
     Hebbe prouiſto a i luoghi principali.
     All’Hippogripho ſuo ſé ſpiegar l’ali.

 [24]
Volo in Sardigna in vn batter di penne
     E di Sardigna andò nel lito Corſo,
     E quindi fopra il mar la ſtrada tenne
     Torcèdo alquato a ma finiſtra il morſo,
     Ne le Maremme all’ultimo ritenne
     De la ricca Prouenza il leggier corſo,
     Doue ſegui de l’Hippogripho quanto
     Gli diſſe giá l’Euangeliſta ſanto.

 [25]
Hagli cOmeſſo il Santo Euangeliſta
     Che piú giunto in Prouéza no lo ſproni:
     E ch’all’impeto ſier piú non refiſta
     Co fella e ſren: ma liberta gli doni,
     Giá hauea il piú baffo ciel, ch ſemp acqſta
     Del pder nſo: al corno tolti i ſuoni,
     Che muto era reſtato no che roco
     Toſto ch’entro Ruggier nel diuin loco.

 [26]
Véne Aſtolfo a Marſilia e venne a punto
     Il di che v’ era Orlando & Oliuiero
     E qi da Mótalbano inſieme giunto,
     Co’l buO Sobrino, e col meglior Ruggiero:
     La memoria del Sotio lor defunto
     Vieto che i Paladini non poterò
     Inſieme coſi a punto rallegrarli
     Come in tanta vittoria douea farſi.

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 [27]
Carlo hauea di Sicilia hauuto auuiſo
     De i duo Re morti e di Sobrino preſo,
     E ch’era ſtato Brandimarte vcciſo,
     Poi di Ruggiero hauea no meno inteſo,
     E ne ſtaua col cor lieto e col viſo
     D’ hauer gittato intolerabil peſo,
     Che gli ſu fopra gli homeri ſi greue
     Che ſtara vn pezzo pria che ſi rileue.

 [28]
Per honorar coſtor ch’eran foſtegno
     Del ſanto Imperio e la maggior coIona
     Carlo mando la nobiltá del Regno
     Ad incotrarli ſin fopra la Sonna,
     Egli vſci poi col ſuo drappel piú degno
     Di Re e di Duci, e co la propria Dona
     Fuor de le mura: in cópagnia di belle
     E ben ornate e nobili Donzelle.

 [29]
l’Imperator, co chiara e lieta ſronte,
     I Paladini, e gli amici, e i parenti,
     La nobiltá, la plebe, fanno al Cote
     Et a glialtri d’amor ſegni euidenti,
     Gridar s’ ode Mograna e Chiaramonte
     Si toſto no ſinir gli abbracciamenti,
     Rinaldo e Orlando inſieme & Oliuiero
     Al Signor loro appfentar Ruggiero,

 [30]
E gli narrar, che di’ Ruggier di Riſa
     Era ſigliuol: di virtú vguale al padre,
     Se ſia animoſo e ſorte, & a che guiſa
     Sappia ferir, fan dir le noſtre ſquadre
     Co Bradamate in queſto vien Marphiſa
     Le due cópagne nobili e leggiadre,
     Ad abbracciar Ruggier vien la ſorella,
     Con piú riſpetto ſta l’altra Dozella.

 [31]
l’Imperator Ruggier fa riſalire
     Ch’era per riuerentia ſcefo a piede,
     E lo fa a par’ a par ſeco venire,
     E di ciò ch’a honorarlo ſi richiede
     Vn punto ſol no laſſa preterire,
     Ben ſapea che tornato era alla fede
     Che toſto che i guerrier ſuro all’aſciutto
     Certificato hauean Carlo del tutto.

 [32]
Con popa triomphal con feſta grande
     Tornaro inſieme dentro alla Cittade,
     Che di ſrondi verdeggia e di ghirlande
     Coperte a panni ſon tutte le ſtrade,
     Nembo d’ herbe e di fior, d’ alto ſi ſpande
     E fopra e intorno a i vincitori cade,
     Che da verroni e da fineſtre amene
     Dóne e Donzelle gittano a man piene.

 [33]
Al volgerſi de i canti in varii lochi
     Trouano archi e trophei ſubito fatti,
     Che di Biſerta le ruine e i ſochi
     Moſtran dipinti & altri degni fatti,
     Altroue palchi con diuerſi giuochi
     E ſpettacoli e mimmi e ſcenici atti,
     Et e per tutti i canti il titol vero
     Scritto: a i liberatori de l’Impero.

 [34]
Fra il ſuon d’ argute trombe, e di canore
     Piſare, e d’ogni muſica armonia,
     Fra riſo, e plauſo, iubilo, e fauore
     Del populo ch’a pena vi capia,
     Smóto al palazzo il Magno Imperatore
     Oue piú giorni quella compagnia
     Co torniamenti perfonaggi e farſe
     Danze e couiti atteſe a dilettarfe.

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 [35]
Rinaldo vn giorno al padre ſé ſapere
     Che la ſorella a Ruggier dar volea.
     Ch’in preſentia d’Orlando per mogliere
     E d’Oliuier promeſſa glie l’hauea,
     Liquali erano ſeco d’un parere
     Che parentado far nò ſi potea
     Per nobiltá di ſangue e per valore
     Che foſſe a qſto par: nò che migliore.

 [36]
Ode Amone il ſigliuol co qualch ſdegno
     Che ſenza còſerirlo ſeco, gli oſa
     La ſiglia maritar, ch’eſſo ha diſegno
     Che del ſigliuol di Coſtantin ſia ſpofa,
     Nò di Ruggier, ilqual nò e’ habbi regno
     Ma nò può al modo dir qſta e mia coſa,
     Ne fa che nobiltá poco ſi prezza
     E me virtú: ſé nò v’e anchor ricchezza.

 [37]
Ma piú d’Amon la moglie Beatrice
     Biaſma il ſigluolo: e chiamalo arrogate:
     E in ſegreto e in paleſe còtradice
     Che di Ruggier ſia moglie BradamAte,
     A tutta ſua poſſanza Imperatrice
     Ha diſegnato farla di Leuante,
     Sta Rinaldo oſtinato: che nò vuole
     Che manchi vn’ iota de le ſue parole.

 [38]
La madre c’hauer crede alle ſue voglie
     La magnanima ſiglia: la còforta
     Che dica che piú toſto ch’eſſer moglie
     D’un pouer cauallier: vuole eſſer morta,
     Ne mai piú per ſigliuola la raccoglie
     Se queſta ingiuria dal ſratel ſopporta,
     Nieghi pur con audacia: e tenga ſaldo,
     Che per sforzar nò la fará Rinaldo.

 [39]
Sta Bradamante tacita, ne al detto
     De la madre s’ arrifea a còtradire,
     Che P ha in tal riuerentia, e in tal riſpetto
     Che nò potria pèſar nò l’ubbidire,
     Da P altra parte terria gran difetto
     Se quel che no vuol far voleſſe dire
     Nò vuol pche nò può, ch’I poco e’I molto
     Poter di ſé diſporr, amor le ha tolto.

 [40]
Ne negar ne moſtrarfene cótenta
     S’ardiſce: e ſol ſoſpira, e nò riſpode,
     Poi quando e in luogo ch’altri nò la ſenta
     Verſan lachryme gliocchi a guiſa d’ òde
     E parte del dolor che la tormenta
     Sentir fa al petto, & alle chiome bionde:
     Che l’un pcuote, e l’altro ſtraccia e ſrage
     E coſi parla e coſi ſeco piange.

 [41]
Ahimè vorrò ql che nò vuol chi deue
     Poter del voler mio piú che pofs’ io ?
     Il voler di mia madre hauro in ſi lieue
     Stima, ch’io Io poſpòga al voler mio?
     Deli qual peccato puote eſſer ſi grieue
     A vna Dòzella? qual biaſmo ſi rio?
     Come queſto fará ſé nò volendo
     Chi ſemp ho da vbbidir: marito predo.

 [42]
Haura miſera me dunqj poſſanza
     La materna pietá? ch’io t’ abandoni
     O mio Ruggiero? e ch’a nuoua ſperanza
     A deſir nuouo: a nuouo amor mi doni ?
     O pur la riuerentia e l’oſſeruanza
     Ch’a i buoni padri denno i ſigli buoni
     Porro da parte? e ſolo hauro riſpetto
     Al mio ben al mio gaudio al mio diletto?

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 [43]
So quanto ahi laſſa debbo far, ſo quanto
     Di buona ſiglia al debito conuienſi,
     Io’l ſo ma che mi vai? ſé non può tanto
     La ragion: che no poſſino piú i ſenſi?
     S’Amor la caccia e la fa ſtar da canto,
     Ne laſſa ch’io diſpongha ne ch’io penſi
     Di me diſpor, ſé no quanto a lui piaccia
     E ſol quato egli detti io dica e faccia.

 [44]
Figlia d’ Amone e di Beatrice ſono
     E ſon miſera me, ſerua d’Amore,
     Da i genitori miei trouar perdono
     Spero e pietá s’ io cadero in errore,
     Ma s’ io oſſenderò Amor, chi fará buono
     A ſchiuarmi co prieghi il ſuo furore?
     Che ſol voglia vna di mie ſcuſe vdire
     E nò mi faccia ſubito morire?

 [45]
Ohimè con lunga & oſtinata proua
     Ho cercato Ruggier’ trarre alla fede,
     Et hollo tratto al fin’ ma che mi gioua
     Se’l mio ben fare in vtil d’altri cede?
     Coſi ma non per ſé l’Ape rinuoua
     Il mele ogni anno, e mai non lo poſſiede,
     Ma vo prima morir, che mai ſia vero
     Ch’ io pigli altro marito che Ruggiero.

 [46]
S’ io non faro al mio padre vbbidiente
     Ne alla mia madre, io faro almio fratello
     Che molto, e molto e piú di lor prudéte
     Ne gliha la troppa etá tolto il ceruello,
     E a queſto che Rinaldo vuol conſente
     Orlando anchora, e p me ho qſto e qllo,
     Li quali duo piú honora il modo, e teme
     Che P altra noſtra gente tutta inſieme.

 [47]
Se queſti il fior, ſé queſti ogn’ uno ſtima
     La gloria, e lo ſplédor di Chiaramonte,
     Se fopra glialtri ogn’u, glialza, e ſublima
     Piú che non e del piede alta la ſronte:
     Perche debbo voler, che di me prima
     Amon diſponga che Rinaldo e’l Conte?
     Voler noi debbo, tato men ch meſſa
     In dubbio al Greco, e a Ruggier, ſui pmeſſa

 [48]
Se la Donna s’ affligge e ſi tormèta
     Ne di Ruggier la mete e piú quieta,
     Ch’ anchor, che di ciò nuoua non ſi ſenta
     Per la citta: pur non e a lui ſegreta:
     Seco di ſua fortuna ſi lameta
     Laqual ſruir tanto ſuo ben gli vieta,
     Poi ch ricchezze no gli ha date, e regni
     Di che e ſtata ſi larga a mille indegni.

 [49]
Di tutti glialtri beni o che concede
     Natura al modo, o pprio ſtudio acqſta.
     Hauer tanta e tal parte egli ſi vede
     Qual’e quanta altri hauer mai s’ habbia viſta
     Ch’ a ſua bellezza ogni bellezza cede
     Ch’ a ſua poſſanza e raro chi refiſta,
     Di magnanimitá di ſplendor Regio
     A neſſun piú ch’alui ſi debbe il pregio.

 [50]
Ma il volgo nel cui arbitrio ſon gli honori r
     Ch come pare a lui li leua, e dona,
     Ne dal nome del volgo voglio ſuori
     Eccetto l’huom prudéte trar perſona:
     Che ne Papi, ne Re, ne Imperatori
     Non ne tra ſcettro, mitra, ne corona,
     Ma la prudétia, ma il giuditio buono
     Gratie che da’l Ciel date a pochi ſono.

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 [51]
Queſto volgo, per dir quel ch’io vo dire
     Ch’ altro non riueriſce che ricchezza,
     Ne vede coſa al modo che piú ammire,
     E ſenza: nulla cura, e nulla apprezza:
     Sia quanto voglia la beltá, l’ardire
     La poſſanza del corpo, la deſtrezza
     La virtú, il ſenno, la bontá, e piú in qſto
     Di e’ hora vi ragiono, che nel retto.

 [52]
Dicea Ruggier, ſé pur’ e Amon diſpoſto
     Che la ſigliuola Imperatrice (la
     Con Leon non concluda coſi tolto
     Al me termine vn’ anno ancho mi dia,
     Ch’io ſpero in tanto che da me deporto
     Leon col Padre de l’imperio ſia,
     E poi che tolto hauro lor le corone
     Genero indegno non faro d’ Amone.

 [53]
Ma ſé fa ſenza indugio, come ha detto,
     Suocero de la ſiglia Coſtantino:
     S’ alla promeſſa non haura riſpetto
     Di Rinaldo, e d’Orlando ſuo cugino,
     Fattami inanzi al Vecchio benedetto
     Al Marcheſe Vliuiero al Re Sobrino,
     Che faro? vo patir ſi graue torto?
     O prima che patirlo eſſer pur morto?

 [54]
Deh che faro? faro dunque vendetta
     Contra il padre di lei di qſto oltraggio?
     NO miro ch’io non ſon p farlo in fretta
     O s’ in tétarlo io mi ſia ſtolto o faggio,
     Ma voglio preſupor, ch’a morte io metta
     l’iniquovecchio, e tutto il ſuo lignaggio
     Queſto non mi fará perho contèto
     Anzi in tutto fará cetra al mio inteto,

 [55]
E ſu ſempre il mio inteto & e: che m’ami
     La bella Dona, e non che mi ſia odioſa,
     Ma quado Amone uccida o facci o trami
     Coſa al fratello, o a glialtri ſuoi danoſa:
     Non le do iurta cauſa che mi chiami
     Nimico? e piú no voglia eſſermi ſpofa?
     Che debbo dunque far? debbo! patire?
     Ah nò per dio piú torto io vo morire.

 [56]
Anzi no vo morir, ma vo che muoia
     Con piú ragion queſto Leone Auguſto:
     Venuto a diſturbar tanta mia gioia
     10 vo ch muoia egli e’l ſuo padre Igiuſto
     Helena bella all’amator di Troia
     Non coſto ſi, ne a tempo piú vetuſto
     Proferpia a Pirithoo: come voglio
     Ch’ al padre e al figlio coſti il mio cordoglio

 [57]
Può eſſer, vita mia che non ti doglia
     Laſciare il tuo Ruggier per qſto Greco?
     Potrá tuo padre far che tu lo toglia
     Anchor c’haueſſe i tuoi ſratelli ſeco?
     Ma ſto in timor, e’ habbi piú toſto voglia
     D’ eſſer d’accordo con Amon che meco,
     E ch ti paia assai miglior partito
     Ceſare hauer, ch’ú priuato huom marito

 [58]
Sara poſſibil mai che nome Regio
     Titolo Imperiai: grandezza: e pompa,
     Di Bradamante mia l’animo egregio:
     11 gran valor: l’alta virtú corrompa?
     Si e’ habbia da tenere in minor pregio
     La data fede? e le promette rompa?
     Ne piú toſto d’ Amon farſi nimica
     Che quel ch detto m’ha ſempre no dica ?

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 [59]
Diceua queſte & altre coſe molte
     Ragionando ſra ſé Ruggiero, e ſpeffo
     Le dicea in guiſa ch’erano raccolte
     Da chi tal’hor ſé gli trouaua appreſſo,
     Si che il tormento ſuo piú di due volte
     Era a colei per cui patiua: eſpreffo,
     A cui nò dolea meno il ſentir lui
     Coſi doler: che i proprii affanni ſui.

 [60]
Ma piú d’ ognialtro duol che le ſia detto
     Che tormèti Ruggier: di qſto ha doglia
     Ch’ intende che s’ affligge per ſoſpetto
     Ch’ella lui laſci, e che ql Greco voglia,
     Onde accio ſi conſorti: e che del petto
     Queſta credeza e qſto error ſi toglia
     Per vna di ſue ſide cameriere
     Gli ſé qſte parole vn di ſapere.

 [61]
Ruggier qual ſemp ſui tal’eſſer voglio
     Fin’ alla morte: e piú: ſé piú ſi puote,
     O (lami Amor benigno: o m’ufi orgoglio,
     O me Fortuna in alto: o in baffo ruote.
     Immobil ſon di vera fede ſcoglio
     Ch d’ ogn’ intorno ilveto, e il mar pcuote,
     Ne giamai per bonaccia ne per verno
     Luogo mutai: ne muterò in eterno.

 [62]
Scarpello ſi vedrá di piombo o lima
     Formare in varie imagini Diamante,
     Prima che colpo di Fortuna: o prima
     Ch’ira d’Amor rópa il mio cor coſtáte,
     E ſi vedrá tornar verſo la cima
     De l’alpe il fiume turbido e ſonante,
     Che per nuoui accidèti: o buoni o rei
     Faccino altro viaggio i penſier miei.
 [63]
A voi Ruggier tutto il dominio ho dato
     Di me: ch ſorſè e piú ch’altri no crede,
     So ben ch’a nuouo principe giurato
     NO ſu di qſta mai la maggior fede,
     So che ne al modo il piú ſicuro ſiato
     Di qſto: Re ne Imperator poſſiede,
     Non vi biſogna far ſoſſa ne torre
     Per dubbio ch’altri a voi lo vèga a torre

 [64]
Che ſenza ch’aſſoldiate altra pſona
     No verrá aſſalto a cui no ſi refiſta:
     NO e ricchezza ad eſpugnarmi buona:
     Ne ſi vii pzzo vn cor gentile acquiſta,
     Ne nobiltá ne altezza di corona
     Ch’ai ſciocco volgo abbagliar ſuol la viſta
     NO beltá ch’in lieue animo può assai
     Vedrò che piú di voi mi piaccia mai.

 [65]
Non hauete a temer, ch’in ſorma nuoua
     Intagliare il mio cor mai piú ſi poſſa,
     Si l’imagine voſtra ſi ritroua
     Sculpita in lui, ch’eſſer non può rimoſſa,
     Che’l cor non ho di cera e fatto proua,
     Che gli die cento non ch’una percoſſa
     Amor: prima che ſcalia ne leuaſſe
     Quando all’imagin voſtra lo ritraſſe.

 [66]
Auorio e gemma, & ogni pietra dura
     Che meglio da l’intaglio ſi difende
     Ròper ſi può, ma non ch’altra ſigura
     Prenda: che quella ch’una volta prende,
     Non e il mio cor diuerſo alla natura
     Del marmo: o d’altro ch’ai ferro còtède:
     Pria eſſer può ch tutto Amor lo ſpezze,
     Che lo poſſa ſculpir d’ altre bellezze.

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 [581]

 [67]
     Suggiunſe a queſte altre parole molte
     Piene d’amor, di fede: e di conſorto,
     Da ritornarlo in vita mille volte
     Se ſtato mille volte foſſe morto,
     Ma quando piú de la tempeſta tolte
     Queſte ſperaze eſſer credeano in porto,
     Da vn nuouo turbo impetuoſo e ſcuro
Riſpinte in mar, lungi dal lito ſuro.

 [68]
Perho che Bradamante ch’eſeguire
     Vorria molto piú achor, ch no ha detto:
     Riuocando nel cor l’uſato ardire,
     E laſciando ir da parte ogni riſpetto,
     S’ appreſenta vn di a Carlo, e dice Sire
     S’a voſtra Maeſtade alcuno effetto
     10 feci mai che le pareſſe buono,
     Contenta ſia di non negarmi vn dono.

 [69]
E prima che piú eſpffo io le lo chieggia
     Su la Real ſua fede mi prometta
     Farmene gratia, e vorrò poi che veggia
     Che fará iuſta la domanda e retta,
     Merta la tua virtú che dar ti deggia
     Ciò che domandi o Giouane diletta
     (Riſpoſe Carlo) e giuro ſé ben parte
     Chiedi del regno mio di contentarte.

 [70]
Il don ch’io bramo da l’altezza voſtra
     E che non laſci mai marito darme
     (Diſſe la Damigella) ſé non moſtra
     Che piú di me ſia valoroſo in arme,
     Co qualúche mi vuol, pria o con gioſtra
     O con la ſpada i mano ho da prouarme,
     11 primo che mi vinca mi guadagni:
     Chi vinto ſia con altra P accompagni.

 [71]
Diſſe l’Imperator con viſo lieto
     Che la domanda era di lei ben degna,
     E che ſteſſe con l’animo quieto
     Che fará apunto quanto ella diſegna:
     Non e queſto parlar fatto in ſegreto
     Si ch’a notitia altrui toſto no vegna:
     E ql giorno medeſimo allavecchia
     Beatrice, e al vecchio Amo cor? all’orecchia

 [72]
Liquali pariméte arſer di grande
     Sdegno cOtra alla ſiglia e di grad’ ira:
     Che vider bé, con qſte ſu e domande
     Ch’ella a Ruggier, piú ch’a LeOe aſpira
     E preſti per vietar che non ſi mande
     Queſto ad effetto a ch’ella intéde e mira,
     La leuaro con ſraude de la corte
     E la menaron ſeco a Rocca ſorte.

 [73]
Qeſt’era vna ſortezza ch’ad Amone
     Donato Carlo hauea pochi di inante
     Tra Pirpignano aſſiſa e Carcaſſone
     In loco a ripa il mar molto importante,
     Quiui la ritenean come in prigione
     Con penſier di mandarla vn di in LeuSte:
     Si ch’ogni modo, voglia ella o nOvoglia
     Laſci Ruggier da parte: e Leon toglia. ’

 [74]
La valoroſa Dona che non meno
     Era modeſta ch’animofa e ſorte
     Anchor che poſto guardia non l’hauiéo
     E potea entrare e vſcir ſuor dele porte,
     Pur ſtaua vbbidiete ſotto il ſreno
     Del padre: ma patir prigione e morte
     Ogni martire e crudeltá: piú toſto
     Ch mai laſciar Ruggier, s’ hauea ppoſto

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 [75]
Rinaldo che ſi vide la ſorella
     Per aſtutia d’Amon, tolta di mano,
     E che diſpor nò potrá piú di quella,
     E ch’a Ruggier, l’haura pmeſſa in vano,
     Si duol del padre, e contra a lui fauella
     Poſto il riſpetto ſilial lontano,
     Ma poco cura Amon, di tai parole
     E di ſua ſiglia a modo ſuo far vuole.

 [76]
Ruggier che qſto ſente, & ha timore
     Di rimaner de la ſua donna priuo,
     E che l’habbia o per ſorza o per amore
     Leon, ſé reſta lungamente viuo,
     Senza parlarne altrui, ſi mette in core
     Di far che muoia, e ſia d’ Auguſto Diuo.
     E tor, ſé no l’inganna la ſua ſpeme,
     Al padre e a lui la vita, e’l regno iſieme.

 [77]
L’arme ch ſur, giá’ del Troiano Hettorre
     E poi di Mandricardo ſi riueſte,
     E fa la fella al buon Frontino porre,
     E cimier muta, ſcudo e fopraueſte,
     A qſta impreſa non gli piacque torre
     l’Aquila bianca nel color celeſte,
     Ma u cadido Liocorno come giglio
     Vuol ne lo ſcudo, e’l capo habbia vermigli

 [78]
Sceglie de ſuoi feudieri il piú fedele:
     E quel vuole, e non altri in copagnia,
     E gli fa cómiſſion, che non riuele
     In alcun loco mai, che Ruggier ſia,
     Paſſa la Moſa, e’l Reno, e paſſa dele
     Contrade d’ Oſtericche in Vngheria,
     E lungo l’Hiſtro per la deſtra riua
     Tanto caualca ch’a Belgrado ardua.

 [79]
Oue la Saua nel Danubio ſcende
     E verſo il mar maggior con lui da volta,
     Vede gran gète in padiglioni e tende
     Sotto l’inſegne Imperiai raccolta,
     Che Coſtantino ricourare intède
     Quella citta che i Bulgari glihan tolta,
     Coſtantin v’ e in pſona, e’l ſigliuol ſeco
     Con quanto può tutto l’Imperio greco.

 [80]
Dètro a Belgrado, e ſuor p tutto il mòte
     E giú ſin doue il fiume il pie gli laua:
     l’eſercito de i Bulgari gli e a ſronte
     E l’uno e l’altro a ber viene alla Saua:
     Su’l fiume il Greco per gittare il ponte,
     Il Bulgar per vietarlo armato ſtaua:
     Quado Ruggier vi giunſe, e zuffa grade
     Attaccata trouo ſra le due bande.

 [81]
I greci ſon quattro cotr’ uno, & hanno
     Naui co i ponti da gittar ne l’onda:
     E di voler, fiero ſembiante fanno
     Paſſar p ſorza alla finiſtra ſponda,
     Leone intanto con occulto inganno
     Dal fiume difeoſtandofi: circonda
     Molto paeſe, e poi vi torna: e getta
     Ne l’altra ripa i poti, e paſſa in fretta.

 [82]
E co gran gète, chi in arcion chi a piede
     Che non n’hauea di vètimila vn manco:
     Caualco lungo la riuiera: e diede
     Con fiero aſſalto a gl’inimici al ſianco:
     l’Imperator toſto che’l figliovede
     Su’l fiume cóparirſi al lato manco,
     Ponte aggiugèdo a ponte, e naue a naue
     Paſſa di la con quanto eſercito haue.

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 [83]
Il capo il Re de Bulgari Vatrano
     Animoſo e prudète e prò guerriero,
     Di qua e di la s’ affaticava in vano
     Per riparare a vn’ impeto ſi fiero,
     Quando cingendol con robuſta mano
     Leon, gli ſé cader ſotto il deſtriero,
     E poi che dar prigion mai non ſi volſe
     Con mille ſpade la vita gli tolſe.

 [84]
I Bulgari ſin qui fatto hauean teſta
     Ma quando il lor ſignor ſi vider tolto
     E creſcer dogn’ intorno la tempeſta,
     Voltar le ſpalle, oue hauean pria il volto
     Ruggier ch miſto vien ſra i Greci, e qſta
     Sconfitta vede: ſenza pèſar molto
     I Bulgari ſoccorrer ſi diſpone
     Perch’ odia Coſtantino, e piú Leone.

 [85]
Sprona FrOtin, ch ſébra al corſo vn vèto
     E inanzi a tutti i corridori paſſa:
     E tra la gète vien che per ſpauèto
     Al monte ſugge, e la pianura laſſa:
     Molti ne ferma e fa voltare il mento
     Contra i nimici, e poi la lancia abaſſa:
     E con ſi ſier ſembiante il deſtrier muoue:
     Ch ſin nel ciel, Marte ne teme e Gioue.

 [86]
Dinázi a glialtri ú Caualliero adocchia
     Che riccamato nel veſtir vermiglio
     Hauea d’oro e di ſeta vna pannocchia,
     Con tutto il gambo che parea di miglio
     Nipote a Coſtantin per la Sirocchia:
     Ma che nò gli era men caro che figlio,
     Gli ſpezza ſcudo e oſbergo come vetro
     E fa la lancia vn palmo apparir dietro.

 [87]
Laſcia quel morto e Baliſarda ſtringe
     Verſo vno ſtuol ch piú ſi vede appreſſo,
     E contra a qſto: e contra a quel ſi ſpinge
     Et a chi tróco: & a chi il capo ha feſſo
     A chi nel petto a chi nel ſianco tinge
     Il brando, e a chi l’ha ne la gola meſſo,
     Taglia buſti ache braccia mani e ſpalle:
     E il ſangue come vn rio corre alla valle.

 [88]
Non e (viſti quei colpi) chi gli faccia
     Contrailo piú: coſi n’ e ogniun ſmarrito,
     Si che ſi cangia ſubito la faccia
     De la battaglia, che tornando ardito
     Il petto volge, e a i Greci da la caccia
     Il Bulgaro che dianzi era fuggito:
     In vn mométo ogni ordine diſciolto
     Si vede, e ogni ſtèdardo a ſuggir volto.

 [89]
Leone Auguſto s’ un poggio eminente
     Vedèdo i ſuoi ſuggir s’ era ridutto:
     F. ſbigottito e meſto ponea méte
     (Perch’era in loco che ſcopriua il tutto)
     Al cauallier ch’uccidea tanta géte
     Che per lui ſol ql campo era diſtrutto:
     E non può far ſé ben n’ e oſſeſo tanto,
     Che non lo lodi, e gli dia in arme il váto.

 [90]
Ben comprède all’inſegne e fopraueſti:
     All’arme luminoſe, e ricche d’oro,
     Che quatunqj il guerrier dia aiuto a qſti
     Nimici ſuoi, non ſia perho di loro,
     Stupido mira i fopr’ humani geſti
     E tal’hor pèſa che dal ſomino choro
     Sia p punire i Greci vn’Agnol ſcefo
     Che tante e tante volte hano Dio oſſeſo.

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 [91]
E come huom d’alto e di ſublime core
     Oue V haurian molt’ altri in odio hauuto,
     Egli s’innamoro del ſuo valore,
     Ne veder fargli oltraggio hauria voluto
     Gli farebbe per vn de ſuoi che muore
     Vederne morir fei manco ſpiaciuto.
     E pder’ancho parte del ſuo regno,
     Che veder morto vn cauallier ſi degno.

 [92]
Come bambin ſé bé la cara madre
     Iraconda lo batte e da ſé caccia
     Non ha ricorſo alla ſorella o al padre
     Ma a lei ritorna, e co dolcezza abbraccia
     Coſi Leon, ſé ben le prime ſquadre
     Ruggier gli vccide e I* altre gli minaccia
     Non lo può odiar: pch’ all’amor piú tira
     L’alto valor: che qlla oſſeſa all’ira.

 [93]
Ma ſé Leon Ruggiero amira & ama
     Mi par che duro cambio ne riporte,
     Che Ruggiero odia lui: ne coſa brama
     Piú che di dargli di ſua man la morte,
     Molto co gliocchi il cerca, & alcu chiama
     Ch glie le moſtri: ma la buona ſorte
     E la prudétia de l’eſperto Greco
     Non laſcio mai che s’ affrontaffe ſeco,

 [94]
Leone, accio che la ſua gète affatto
     Non foſſe vcciſa, ſé ſonar raccolta,
     Et all’Imperatore vn meſſo ratto
     A pregarlo mando che deſſe volta,
     E ripaſſaſſe il fiume: e che buon patto
     N’haurebbe ſé la via non gliera tolta,
     Et eſſo con non molti che raccolſe
     Al ponte ond’ era entrato i paſſi volſe,

 [95]
Molti in poter de Bulgari reſtaro
     Per tutto il monte, e sin’ al fiume vcciſi,
     E vi reſtauan tutti: fe’l riparo
     Non gli haueſſe del Rio toſto diuiſi,
     Molti cader da i ponti e s’ affogaro: ■
     E molti ſenza mai volgere i vili
     Quindi lontano irò a trouare il guado,
     E molti fur prigion tratti in Belgrado,

 [96]
Finita la battaglia di quel giorno
     Ne laqual poi ch il lor Signor ſu eſtinto,
     Dano i Bulgari hauriao hauuto e ſcorno
     Se per lor non haueſſe il Guerrier vinto:
     Il buon Guerrier che’l cádido Liocorno
     Ne lo ſcudo vermiglio hauea dipinto,
     A lui ſi traſſon tutti da cui queſta
     Vittoria conofeean: con gioia e feſta.

 [97]
Vno il ſaluta: vn’ altro fegl’inchina:
     Altri la mano, altri gli bacia il piede:
     Ogn’ un quanto piú può ſé gli auuicina
     E beato ſi tien chi appreſſo il vede,
     E piú ch’il tocca, che toccar diuina
     E fopra naturai coſa ſi crede,
     Lo pregan tutti: e vano al ciel le grida
     Che ſia lor Re lor Capitan lor Guida.

 [98]
Ruggier riſpoſe lor che Capitano
     E Re fará quel che ſia lor piú a grado:
     Ma ne a baſtó ne a ſcettro ha da por mao
     Ne p ql giorno entrar vuole i Belgrado,
     Che prima che ſi faccia piú lontano
     Leon Auguſto e che ripaſſi il guado,
     Lo vuol ſeguir, ne torſi da la traccia
     Fin che noi giuga, e ch morir noi faccia.

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 [99]
Che mille miglia e piū, per queſto ſolo
     Era venuto: e non per altro effetto,
     Coſi ſenza indugiar laſcia lo ſtuolo
     E ſi volge al camin che gli vien detto
     Che verſo il ponte fa Leone a volo:
     Forſè per dubbio che gli ſia intercetto,
     Gli va dietro per l’orma in tanta fretta
     Che’l ſuo ſcudier no chiama e no aſpetta

 [100]
Leone ha nel ſuggir tanto vantaggio,
     (Fuggir ſi può ben dir piū che ritrarſe)
     Che troua aperto e libero il paſſaggio:
     Poi rompe il ponte e laſcia le naui arſe,
     No v’arriua Ruggier ch’aſcofo il raggio
     Era del Sol: ne fa doue alloggiarſe,
     Caualca inanzi che lucea la Luna
     Ne mai troua caſtel ne villa alcuna.

 [101]
Perche non fa doue ſi por, camina
     Tutta la notte, ne d’arcion mai ſcende,
     Ne lo ſpuntar del nuouo Sol: vicina
     A man finiſtra vna citta comprende,
     Oue di ſtar tutto quel di deſtina
     Accio l’ingiuria al ſuo Frontino emède:
     A cui ſenza pofarlo o trargli briglia
     La notte fatto hauea far tante miglia,
 [102]
Vngiardo era Signor di quella terra
     Suddito e caro a Coſtantino molto:
     Oue hauea p cagion di qlla guerra
     Da cauallo e da pie buon numer tolto,
     Quiui oue altrui l’entrata non ſi ferra
     Entra Ruggiero, e v’e ſi ben raccolto
     Che non gli accade di paſſar piū auante
     Per hauer miglior loco e piū abódante.

 [103]
Nel medeſimo albergo in ſu la ſera
     Vn cauallier di Romania alloggioſſe,
     Che ſi trouo ne la battaglia ſiera
     Quado Ruggier pei Bulgari ſi moſſe,
     Et a pena di man fuggito gliera
     Ma ſpauentato piū ch’altri mai foſſe,
     Si ch’Schor triema, e pargli achora ítorno
     Hauere il Cauallier dal Liocorno.

 [104]
Conoſce toſto che lo ſcudo vede
     Che’l Cauallier che qlla inſegna porta,
     E quel che la ſconſitta a i Greci diede,
     Per le cui mani e tanta géte morta,
     Corre al palazzo, & vdientia chiede
     Per dire a quel Signor coſa ch’importa,
     E ſubito intromeffo dice quanto
     Io mi riferbo a dir ne l’altro canto.