Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 21. Talenti

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§. 21. Talenti

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§. XXI.

Talenti.

I
Talenti de’ Morlacchi non ànno limiti sì corti, come alcun crede, e certi Spiriti son prevenuti in loro disavvantaggio forse più del bisogno. Il Fortis scrivendo sembra, che loro faccia giustizia, quando dice, che „la svegliatezza d’ingegno, e un certo spirito naturale d’intraprendenza rendono i Morlacchi atti a riuscire in ogni sorte d’impiego“, e parlando poi con alcuno asserisce, che i loro ingegni sono più crassi, che se fossero nati in Beozia, non escludendo pure i più colti abitanti della Dalmazia. Ma dissemi un suo amico, che questa differenza da parlare a scrivere à delle ragioni particolari, nè io vo rompermi la testa per indovinarle, bensìFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 mi sembra cosa poco lodevole lo scrivere una cosa, e parlarne un’altra. Tuttochè peraltro gl’ingegni de’ Morlacchi sembranmi benissimo disposti ad apprendere qualunque cosa, essi vivono in una perfettissima ignoranza, ed il Fortis certamente volle lodarli troppo, dicendo, che anche adulti imparano leggere, scrivere, e conteggiare, non essendo generalmente abili in veruna delle tre qualità, loro attribuite. Imperocchè essi devono pensare al sostentamento della vita più, che al raffinamento dell’ingegno, che volendo anche raffinarlo, mancano loro i mezzi, laonde niente più vero, che que’ due versi di Ovidio, dove dice, che se Omero stesso fosse posto fra’ Geti (oggidì Morlacchi) diverrebbe Geta anch’esso, e per conseguenza le sue cognizioni non potrebbono estendersi più di quelle de’ Geti.
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          Si quis in hac ipsum terra posuisset Homerum,
               Esset, crede mihi, factus est ille Getes.

Pont. 4. Ep. 2.

La stessa ragione potrebbe valere per i più colti Dalmatini, che non possono essere virtuosi al paro di quegl’Italiani, da cui vengono riputati stupidi per natura. Essi si consolano peraltro, che da gente così stupida sieno provenuti degli uomini, che ànno meritati gli elogi delle più colte Nazioni. E per tacer degli altri, Marco Antonio de Dominis, ed il vivente Rogerio Boscovich ex-Gesuita, nativo di Ragusi, oggimai, se non il primo, uno de’ primi Matematici di Europa, sono due lumi, che provano abbastanza, quanto si possano perfezionare le disposizioni naturali de’ Dalmatini, pur troppo sfortunati, per non avere i mezzi necessarj, per dar prova del loro talento. Io peraltro non dirò mai, come chimericamente ebbe a scrivere taluno, che una volta nella Dalmazia regnavano le Scienze più di oggi giorno. No: Il buon gusto delle lettere s’introdusse da pochi anni in quà nella Città di Spalato, e si va introducendo sempre più, ed anche disseminando per tutta la Provincia. È poco tempo, da che si depose la Filosofia Aristotelica, e che si apprese il novo metodo di filosofare. L’unico difetto, che vi potrebb’essere stato, e che qualche poco ancora sussiste si è, che la Fisica moderna s’insegnava, senza che gli Studenti sapessero gli elementi di Geometria. Ma questa è poca cosa nella Introduzione di una nuova Scienza. Questo non è altro, che insegnar a leggere a chi non sa l’alfabetto. Non voglio più dilungarmi sopra le Scienze de’ Dalmatini, poichè nella stessa brevità, che parlai, vi potrebb’es[p. 170 modifica]sere qualche cosa di parziale agli occhi degli stranieri. Ma creda ognuno a modo suo. Io sono lontanissimo dal dar pregio ad una cosa per lo Spirito Nazionale.

Ritorniamo a’ Morlacchi. La loro ignoranza, in cui come dissi, essi vivono, li rende il bersaglio di quelli, che sanno prevalersene, ed i loro Nazionali, a cui spetta, e che potrebbon difenderli colla ragione alla mano, non si curano della infelicità di questi timidi Popoli. Sembra, che si sieno anch’essi uniformati a quell’assioma decrepito: Divide, & impera. Le Leggi del Principato, i sacri Dogmi della verità Evangelica di sovente non sono conosciuti da’ Morlacchi, che sotto un aspetto diverso a capriccio degl’Interpretatori. Quindi non sarebbe da meravigliarsi, se ignorassero le vere Leggi, e se abbondano di superstizioni.