Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/157

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atto quinto 149


Malfatto. Non me bravate almanco.

Prudenzio. Tu noi credi che ti farò respondere con minor rigore che non fai? Spidisciti. Vanne de sopra.

Malfatto. De sopra a chi volete ch’io vada? a voi o a questo compagno?

Luzio. A me pur no.

Prudenzio. Va’; e serra quella porta, dico.

Malfatto. Cosi?

Prudenzio. Va’ prima dentro tu.

Malfatto. Orsú! Basta. Non volete che venga con voi, ma io me nne voglio andare alla finestra.

Mastro Antonio. Oh! cosi, fradello; va’ presto.

Prudenzio. Questo insolente par che se burli di ciò che gli dicemo.

Mastro Antonio. Andemo, mistro, che sé tardo.

Prudenzio. Non ávemo de andar piú innanzi. Sonate un poco el vostro liuto.

Mastro Antonio. Si, si; lassate el cargo a mi. Trin, trin.

Prudenzio. Oh bono! oh bono! Cantate alquanto.

Malfatto. So’ ben qua, si. Ve vego bene, si.

Mastro Antonio. Questo canto non sé troppo bono.

Malfatto. Sto alla finestra. Oh Luzio! Non me senti, ch?

Mastro Antonio. A dirò ben una canzona, s’el ve piase.

Prudenzio. Ve restarò con vinculo perpetuo de obligazione astretto.

Malfatto. Voi non respondete? So’ ben io, si.

Mastro Antonio.

Mi sé tanto innamorao
in sta donna mia vicina,
che me dá gran disciplina,
che me vedo desperao.
Gnao, gno, gao, gnao.
Mi sé tanto innamorao.

Malfatto. Voglio cantar io ancora. Gao, gnao, gao, gao, misser si.