Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/348

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340 gl’ingannati

Voto a la virginidad de todos los prelatos de Roma que le hará io dar gritos corno la gatta de heniero. Mas quiero veer se puedo, con alguna lisonia, pararme tal con está vieia vellacca alcahueta que me aga alcanzar algo con ella. Buenos dies, madonna Pasquella galana, gentil. Donde venis vos tan temprana?

Pasquella. Oh! Buon di, Giglio. Io vengo dalla messa. E tu dove vai?

Giglio. Buscando mi ventura, se puedo toppar alguna rauger che me haga alguna carizia.

Pasquella. Oh si! In buona fé, che vi mancano a voi spagnuoli! che non ce n’è niun di voi che non n’abbi sempre una decina a sua posta.

Giglio. Io verdade es che ne tiengo dos; mas non puedo andar a ellas senza periglo.

Pasquella. Che! Son gentildonne, forse, di casa porcina, ch?

Giglio. Si, a fé. Mas io queria trovar una madre que me blancasses alguna vez las camisas e me rattopasses calzas y el giuppon y que me tenesse por nolo; e io la serviria di buona gana.

Pasquella. Cerca, cerca, che non te ne mancará, no; che chi ha le gentildonne, come tu, non gli mancan le fantesche.

Giglio. Ya trobada sta, se voi volite.

Pasquella. Chi è?

Giglio. Voi misma.

Pasquella. Eh! Io son troppo vecchia per te.

Giglio. Vieia? Voto alla Virge Maria di Monsurat que me parecceis una moza di chinze o veinte annos. Vees, non le digais mas, per vostra vida, que non le puedo soffrir. Vedite piú presto se volite farmi qualche piazer, que vedente se vos trattare da giovane o da vieia.

Pasquella. No, no. Galli, via. Non mi voglio impacciar con spagnuoli. Séte tafani di sorte che o mordete o infastidite altrui; e fate come il carbone: o cuoce o tegne. V’aviam tanto pratichi oramai che guai a noi! E vi conosciamo bene, Dio grazia; e non c’è guadagno coi fatti vostri.