Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/275

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atto quarto 267

          porge se no piacere; e dentro ai petti
          non mette fuochi o fiamme; anzi, egli stesso
          le vuol soffrir, per non le dare a noi.
          Cosí le morti, i martiri e i dolori,
          per dar vita a noi altri, egli sopporta:
          onde, s’io l’amo!
          Artemona  Non dir piú: t’ho inteso, u
          Il tuo amore è ’l boccale.
          Pilastrino  Tu l’hai detto:
          con la minestra e la carne e la torta
          e tutti gli animai, gli uccelli e pesci
          e ancor con tutte le manifatture
          de l’arte di cucina. Parti ch’abbia
          perduto il senno, come soglion gli altri
          innamorati?
          Artemona  Tu sei troppo savio.
          Ne son teco, di questo. A dire il vero,
          io truovo un gran piacere nel mangiare
          e nel ber ben.
          Pilastrino  Perché tu hai cervello.
          Uno ignorante non sappria parlarne.
          Questo è l’amor divino che i dottori
          dicon ch ’è cosí santo.
          lRTEMONA. Di’, di grazia:
          che, se fosse cosi, vorrei provare
          a fargli qualche voto.
          LASTRiNO. Vorrei dirti
          prima l’antica sua genealogia.
          Ma saria cosa lunga.
          lRTEMONA. E come è fatto?
          di cera?
          LASTRiNO. Non ne vidi mai ritratto:
          come intraviene ancor di molti idii
          che fanno il grande e non si mostran mai
          in forma alcuna. Ma, se noi vogliamo
          far giudizio di lui come si debbe,