Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/157

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Disse Gibello: — Pulzella, amor mio,
s’io truovo dond’io nacqui e di che gesta,
i’ giuro ed imprometto all’alto Iddio
di tornar, se me n’andasse la testa.
Ad altra donna non mi darò io,
ch’io son donato alla vostra podestá. —
E la pulcella a Dio lo raccomanda;
Gibel del drappo ad oro fece banda.
25
Nel torno avea Gibel di sedici anni,
quando si mosse a cercar sua ventura.
Entrò ’n cammin con angosciosi affanni,
su ’n un destriere armato di misura,
e Iddio pregando andava senza inganni
che gli desse a trovar di sua natura.
Arrivò, come dice il libro el vero,
nella Val Bruna del cavalier Nero.
26
Nella Val Bruna Gibel fu arrivato,
infino a mezzo giorno e’ cavalcava,
nel cavalier Nero si fu scontrato,
che quello passo tuttavia guardava.
Cavalier né baron da nessun lato,
per lo fermo, passar non vi lasciava,
e’ sia chi vuol, vegna donde volesse,
che vassallaggio giurar noi facesse.
27
Per forza d’arme acquistati n’avea
dugento, che ’n sua corte gli fa stare,
senza quegli altri che morti egli avea,
qual vassallaggio non volea giurare.
Quando Gibello da lunga vedea,
fugli davanti e disse: — Non passare:
tosto dismonta, se non vuoi la morte,
e sta’ cogli altri a servir la mia Corte. —