Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/179

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E cavalcando giá pregando Iddio
che gli mandasse ventura alle mani,
per la qual cosa che di tanto rio
possa cavare i cavaiier sovrani.
Tutto quel giorno cavalcò con disio,
e po’la notte non trovò ch’il sani.
Po’ la mattina si ebe trovata,
come Iddio volle, una saputa fata.
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La qual lui salutava, e poi gli disse:
— Di stran paese qua venuta sono,
però ch’io non voleva che perisse
cotanta buona gente in abandono:
in prima che di lá mi dipartisse,
i’ procacciai di recarti un bel dono,
che, se tu M porti in corte al re davanti,
mangiar potrai co’ cavalieri erranti.
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Sapi che del reame, dond’i’vegno,
è la piú bella pulzella del mondo,
figliuola di uno re, che tiene a sdegno
ogni prod’uomo, e sic qual vuol giocondo,,
e non si può veder che per ingegno
se none un di dell’anno sanza pondo,
cioè la vilia di Santo Martino.
Allor va il bando per questo latino:
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che a quella vilia, ch’io t’ho manifesta,,
non si lasci veder persona, quando
la figliuola del re ne va alla festa
per suo diletto un poco solazzando.
Chi sará fuor, gli fie mozza la testa
a chi cadesse in cosi fatto bando,
si che in casa per téma ognun si serra,
o se ne fuggon di fuor della terra.