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28
E Gismirante, dell’arme contento,
disse: — Dov’è il cavai ch’io debo avere? —
In suo presenza venncr piú di cento;
ei li provava col suo gran potere,
che montandovi su con valimento,
pur colle cosce gli facie cadere;
e disse: — Imperador, fate clie venga,
se ci ha miglior cavai che mi sostenga. —
29
Disse lo ’mperadore: — I’ n’ho ben uno,
che mangia per condotto e sta in catene,
che sopra gli altri è forte e di pel bruno.
Fusse chi lo sellasse, arestii bene;
ma ne la istalla none andrebbe niuno,
perché gli ucide ch’inanzi gli viene. —
E Gismirante vi si fé’ menare,
e giunse a lui, e cominciò a gridare.
30
Il cavallo diede una tale iscossa,
perché non era usato a quelle istrida,
che tutta ruppe la catena grossa;
e Gismirante verso lui si fida,
e diedegli col pugno tal percossa,
che ’nginochione in terra si rannida,
e lasciossi imbrigliare e por la sella,
e menar fuor com’una pecorella.
31
Quando lo ’mperador l’ebe veduto
in su quel fier cavallo, e tutto armato,
disse: — Costui debe esser prò’ e saputo,
e ’1 piú prod’uomo ch’ai mondo sic nato. —
Mandò per lui e disse: — I’ son pentuto:
i’ non vo’ che tue vadi a tal mercato;
il mio figliuol vo’ mandare a moiire,
anzi che perder te, c’ha’tanto ardire. —